Dato che amiamo i nostri vizi, li difendiamo e preferiamo giustificarli piuttosto che toglierceli di dosso.
Seneca Lettere morali a Lucilio.
Socrate muore nel 399 A.C., condannato a morte perché accusato di empietà e di corrompere i giovani con i suoi insegnamenti. Il grande filosofo ateniese non lascia alcun documento scritto del suo insegnamento perché convinto della superiorità della tradizione orale. In quell'epoca, infatti, spesso, la parola dei saggi veniva tramandata oralmente; è noto che ogni giovane ateniese istruito conosceva l'Odissea a memoria. Peraltro, leggendo i dialoghi di Platone, Apologia e Critone, si comprende che la mancanza di testimonianze scritte del pensiero socratico furono certamente una causa del successo degli accusatori del filosofo.
Non essendo in possesso di alcun scritto di Socrate siamo costretti a ricorrere ad una costellazione di testimonianze indirette, la cui lettura risulta estremamente problematica. Nelle testimonianze lasciate su Socrate da Platone, ad esempio, risulta difficile sceverare il platonico dal non platonico. Inoltre la mancanza di testimonianze scritte autorizzò le varie e diverse correnti filosofiche successive a rifarsi agli insegnamenti del "maestro". Lo stesso Platone addita l'origine della "questione socratica" nella stessa cerchia degli allievi e degli amici del filosofo, che, nella difficoltà di fissare il contenuto di un messaggio non pienamente afferrato finirono per forgiarne ciascuno uno proprio, tendenzialmente parziale e spesso contraddittorio con quello degli altri. Agostino osserverà che i seguaci di Socrate, non avendo nulla di scritto cui fare riferimento, «presero quel che a ciascuno piacque».
Platone, suo allievo, ci ha lasciato un'ampia testimonianza scritta del proprio pensiero, anche se in alcune opere, egli dichiara di non aver messo negli scritti l'impegno dispiegato nella dialettica orale.
Secondo Platone chi mette per iscritto tutti i propri pensieri non è un filosofo. Egli sostiene che «il filosofo non scrive i concetti di maggior valore nei rotoli di carta, ma nelle anime degli uomini che egli ritiene idonei a comprenderli, a farli vivere e crescere nella propria anima e a diffonderli». Per l'uomo moderno, nato e cresciuto nell'ambito della cultura scritta, la lettura dell'opera di Platone non può essere compresa da chi non cerca di entrare in un complesso circolo ermeneutico.
Aristotele, allievo di Platone fu uomo eclettico e concreto; per la sua gloria futura sarebbe bastato l'aver eretto a sistema la logica e l'etica e l'aver realizzato un quadro preciso e gerarchico del mondo animale. Eppure, per scrivere il trattato La Politica, mirato all'individuazione della migliore forma di governo, egli fa un lavoro gigantesco: studia, con la collaborazione dei discepoli, la costituzione di 158 città greche. Con realismo riconosce che non esiste una costituzione ideale in sé, ma non si rifugia, come fa Platone nell'utopia, e sostiene che il miglior governo potrebbe essere una democrazia moderata che riservi le funzioni direttive ai più competenti, nel rispetto dell'uguaglianza politica.
Questo filosofo, amico di Filippo e maestro di Alessandro, ci ha, inoltre, lasciato trattati sulla retorica, sulla poetica e sulla politica. Sappiamo tutto sul suo pensiero che ha influenzato la cultura occidentale, dallo stoicismo al cristianesimo, dalla scolastica al naturalismo, fino a Kant. Dante Alighieri lo definì "il maestro di color che sanno".
Perché soffermarci sulla storia dei tre più grandi filosofi dell'antichità? Perché ognuno di essi aveva un criterio diverso di comunicare il proprio pensiero, modalità che influenzerà notevolmente la capacità di assimilare tale pensiero da parte dei posteri.
Lasciare all'intelligenza e alla sensibilità degli altri il compito di approfondire e diffondere, nel caso di Socrate.
Sviluppare un canovaccio scritto di princìpi, ma lasciare alle anime degli uomini la comprensione dei concetti più profondi, nel caso di Platone.
Lasciare un'immensa testimonianza scritta, avendo, forse, la consapevolezza che gran parte di quel lavoro sarebbe andato perduto (1), nel caso di Aristotele.
Più di duemila anni fa già si discuteva sulle modalità della miglior Comunicazione: esoterica (rivolta solo agli iniziati o ai discepoli), essoterica (opposto di esoterica, è rivolta al grande pubblico), orale, scritta?
Filosofi e sociologi si servono oggi del termine Comunicazione (2) per designare il carattere specifico delle relazioni umane definite come rapporti reciproci di partecipazione e di comprensione. Pertanto, il termine è sinonimo di "coesistenza", di "vita con gli altri", di "conoscenza condivisa" e indica l'insieme dei modi specifici in cui la coesistenza umana può concretizzarsi. La conoscenza condivisa, talvolta, può includere interessi e punti di vista contrastanti, cosa che può portare al conflitto, ma anche soggetti confliggenti hanno necessità di comunicare reciprocamente e ciò può proprio portare ad accordarsi sul non essere d'accordo.
Le prime definizioni di Comunicazione sono state introdotte dai sociologi; ad esempio, N. E. Miller afferma, con una definizione molto ampia, che la Comunicazione rappresenta il passaggio di informazioni da un luogo ad un altro e che diverse sono le componenti necessarie perché essa si attui.
- Sorgente. Crea l'informazione e decide a chi mandarla.
- Mittente. È chi realmente invia l'input (ad esempio una stazione radiofonica).
- Messaggio. Rappresenta il contenuto intrinseco dell'informazione.
- Codice. È il sistema di riferimento di cui è necessaria la conoscenza per tutte le componenti del processo comunicativo.
- Canale. È il mezzo usato per l'invio degli input (cavi telefonici, onde elettromagnetiche, aria).
- Ricevente. È il mezzo che realmente riceve la comunicazione (radio, televisione, fax).
- Destinatario. È il soggetto cui è destinata l'informazione.
La Comunicazione è molto antica e ha preso le mosse dalla forma più elementare della comunicazione umana: l'oralità.
Nell'antichità classica la retorica fiorisce nei centri del sapere (Atene, Roma, Costantinopoli, Alessandria), forgiando i giovani destinati a governare le sorti dei popoli. Fin dalla nascita delle prime comunità, infatti, l'arte di comunicare e persuadere è stata vitale per i detentori e per i sostenitori del potere.
Nel sistema universitario europeo la tradizione e la cultura retorica attraversano tutto il medioevo fino al rinascimento e all'età barocca.
Nel cinquecento, con la nascita della stampa tipografica a caratteri mobili e successivamente, con l'uscita dei primi giornali, la Comunicazione fa un enorme salto di qualità coinvolgendo strati di popolazione che, fino ad allora, erano stati esclusi dalla cultura scritta.
All'inizio del ventesimo secolo iniziano ad essere pubblicati, in ambito sociologico e giornalistico, lavori che introducono il concetto di media e di comunicazione di massa. Si scopre che la Comunicazione è un fenomeno condiviso da tutti gli esseri viventi, infatti anche gli animali comunicano, all'interno della propria specie e con specie diverse (anche con l'uomo) e i botanici sostengono che anche le piante comunicano (con il profumo ed il colore dei fiori, ad esempio).
Secondo i sociologi, la Comunicazione, come elemento primo dei rapporti umani, delimita la sfera di tali rapporti a quelli nei quali è sempre presente un elevato grado di libera partecipazione. Heidegger introduce un significato più ampio asserendo che «La Comunicazione realizza la partecipazione ad una situazione emotiva comune e la comprensione propria dello stare insieme».
Le teorie sulla Comunicazione vengono affinate durante la seconda guerra mondiale come conseguenza dello sforzo di controbattere la propaganda nemica e di creare una propria propaganda in patria. Questi sforzi sono condotti all'interno del sistema universitario da "scienziati politici".
I primi istituti e dipartimenti di Comunicazione, spesso associati alle scuole di giornalismo, nascono negli Stati Uniti, dopo la seconda guerra mondiale, e da allora gli Usa sono stati i capofila degli studi avanzati di Comunicazione.
Nasce la scienza della Comunicazione e vengono definiti alcuni termini di riferimento comuni a tutte le scuole.
L'uomo è caratterizzato dal fatto di aver introdotto una fondamentale innovazione nel potenziale comunicativo, la capacità di sviluppare e utilizzare una tipologia particolare di segni: i simboli (Rosengren, 2001 - Caprettini, 1997).
Un segno che è simile a ciò che esso significa è chiamato icona; ad esempio le incisioni rupestri trovate dagli archeologi sono icone.
Un segno che è collegato ad un fenomeno molto diverso è chiamato sintomo: sbadigliare può essere sintomo di noia.
Un segno direttamente causato da ciò che esso significa è chiamato segnale: ad esempio un segnale di allarme può far desistere un ladro dal compiere un furto.
Icone, sintomi e segnali hanno una stretta relazione di similarità o di causalità tra il segno e ciò che esso significa; quando la relazione tra un segno e ciò che esso significa è più o meno arbitraria (deriva, ad esempio, da una convenzione su cui esista un accordo) i segni sono chiamati simboli. Tra gli scienziati esiste un sostanziale accordo nello stabilire che solo gli esseri umani sono in grado di produrre simboli.
L'uomo ha organizzato i segni in sistemi chiamati linguaggi; si tratta di regole che mettono in relazione, icone, sintomi, segnali e simboli l'uno con l'altro e con vari aspetti della realtà. Mediante i linguaggi la realtà può essere rappresentata, compresa, valutata, spiegata e modificata. Il linguaggio è il più potente strumento comunicativo posseduto dall'uomo, uno strumento eccezionale per trasferire informazioni cognitive, affettive, persuasive e conative (4).
Circa la formazione del linguaggio, Noam Chomsky, sostiene che «Il linguaggio è il frutto dell'interazione funzionale tra una componente geneticamente predeterminata, intrinseca nel cervello già predisposto, ed una ambientale che, con società e famiglia, ne influenza l'evoluzione».
Tutte le lingue parlate dall'uomo condividono alcune caratteristiche. Esiste un piccolo numero di parole onomatopeiche, che imitano il suono della cosa significata (bang, tic tac, chicchirichì, miagolio, abbaio, raglio, splash, sibilo, strusciare).
Un'importante caratteristica comune è la doppia articolazione: le parole sono composte da combinazioni convenzionali di fonemi (cioè suoni linguisticamente rilevanti) e morfemi (unità minime di significato).
Inoltre, tutti i linguaggi hanno sviluppato una fonologia (sistema di regole che riguardano la pronuncia), una sintassi ( sistema di regole per mettere in relazione i simboli verbali tra loro), una semantica (sistema di regole per mettere in relazione i simboli verbali con gli aspetti della realtà) e una pragmatica (un sistema di regole per mettere in relazione i simboli verbali con le azioni dei comunicanti).
Infine, la comunicazione umana ha senso, è densa di significato. Infatti, il cervello umano è in grado di utilizzare le funzioni simboliche, mediante le quali noi interpretiamo i segnali che provengono dall'esterno, li analizziamo in termini spaziali, temporali, causali e intenzionali, li valutiamo secondo canoni estetici e morali e, così facendo, produciamo significato.
Il linguaggio umano è prevalentemente simbolico, ma è accompagnato da icone, sintomi e segnali corporei come la capacità di ridere, di piangere, di arrossire, di mostrare meraviglia, stupore, fastidio, noia, gioia, tristezza, arroganza, timidezza, eccetera; le ricerche più avanzate hanno mostrato che i segni non simbolici della comunicazione umana possono essere espressi, anche, del tutto inconsapevolmente.
Un'altra caratteristica della comunicazione umana è la capacità di conoscere e di mettere in pratica l'arte di inviare falsi segnali e di mentire; questa attitudine sembra che sia nata dal bisogno di fingere su qualcosa per fare piacere a qualcuno.
Questo tipo di comunicazione si articola in diverse forme: si può dire una verità esagerando il suo opposto e questa è l'ironia, si può affermare di non sapere, sapendo, e abbiamo la reticenza, si può mentire per uno scopo preciso e si ha la menzogna (5), la capacità di una società di mentire a se stessa è chiamata dai sociologi falsa coscienza (Castelfranchi, 1998).
Il linguaggio umano si è sviluppato lentamente e parallelamente alla capacità di utilizzare i simboli. Dai segnali e dalle icone fatti di gesti, mimica, grugniti, grida, disegni, manufatti si è gradatamente sviluppata una forma di comunicazione fatta di simboli verbali, con parole e frasi semplici e basate sulla doppia articolazione (Abruzzese, 2000). Questo processo, che ha richiesto, sicuramente, molti millenni, non ha comportato la perdita di importanza della comunicazione non verbale che costituisce, tuttora, una parte significativa della comunicazione umana.
Questa forma di comunicazione è comune tra gli animali, come hanno dimostrato il professore tedesco di zoologia Von Frish, che nel 1974 ha vinto il Nobel per i suoi ben noti studi sulle api, e i coniugi Gardner e Premark, che hanno dimostrato l'esistenza della comunicazione non verbale negli scimpanzé e in altri animali.
Esistono vari tipi di comunicazione non verbale umana; le manifestazioni più antiche riguardano i segnali del corpo che comunicano le emozioni. Altre forme di comunicazione non verbale sono la danza, la musica e le arti imitative come il mimo, il disegno, la pittura, la scultura, l'architettura.
Queste manifestazioni artistiche sono antiche quanto l'uomo, dato che le attività imitative sono state utilizzate per decine di millenni prima che si sviluppasse il linguaggio simbolico; si pensi che il primo strumento musicale trovato dagli archeologi, un flauto, risale ad un periodo tra i 50 mila e i 70 mila anni fa e, pertanto, precedente alla sviluppo del linguaggio.
Acquisita la capacità di comunicare attraverso i linguaggi, nel corso dei millenni, l'uomo ha sviluppato forme piuttosto avanzate di scrittura: la cuneiforme dei sumeri, i geroglifici degli egiziani, i pittogrammi dei cinesi; poi ha compiuto il grande balzo in avanti con l'alfabeto fenicio costruito sul principio secondo cui a ciascun fonema corrisponde una lettera.
Quasi nello stesso periodo si sviluppa il sistema di simboli scritti che rappresentano i numeri, a loro volta, successivamente, organizzati nel sistema decimale. Un momento decisivo per la numerazione è la nascita del concetto di zero, che ha luogo in India nel 500 a.C. e che si diffonde successivamente, attraverso il mondo arabo, in Europa (Rosengren, 2001).
Giova considerare che la Comunicazione interpersonale è stata ed è tuttora la più utile nei rapporti umani; le relazioni interpersonali sono meccanismi piuttosto fragili, infatti, troppa verità o troppa sincerità possono danneggiarle. Per questo motivo, man mano che la nostra esperienza nella gestione dei rapporti interpersonali cresce, impariamo, contestualmente, a controllare i nostri sentimenti, specialmente quando l'educazione, la convenienza o l'umanità ci suggeriscono di farlo; in un certo senso impariamo a non essere sinceri nell'interazione individuale.
Per non essere sinceri esistono tre modalità:
- la simulazione, che significa mostrare sentimenti che non proviamo,
- l'inibizione che è il non manifestare sentimenti,
- il mascheramento che consiste nel manifestare un sentimento diverso da quello che proviamo.
In quest'arte oltre all'impressione che vogliamo dare agli altri esistono anche impressioni lasciate trasparire (Rosengren, 2001). Le nostre emozioni, infatti, o la mancanza di esse, spesso, inconsapevolmente, traspaiono dalle nostre simulazioni, inibizioni o mascheramenti; in tal caso i nostri veri sentimenti vengono comunque trasmessi. Se ci rendiamo conto di questo meccanismo, che può crearci un forte imbarazzo, una via di uscita è quella di attenuare il livello con il quale le nostre sensazioni sono negativamente percepite.
La Comunicazione è in sostanza un insieme di regole che l'uomo ha costruito durante la propria evoluzione e un insieme di comportamenti inconsci dei quali dobbiamo tenere conto per non incorrere in drammatici equivoci.
Parallelamente allo crescita della comunicazione interpersonale iniziano anche a svilupparsi le "tecnologie" per la comunicazione. Le società primitive possono disporre di strumenti per la comunicazione mediata nello spazio, ad esempio i fuochi, i segnali di fumo, i suoni dei tamburi, i segnali sonori e per la comunicazione mediata nel tempo, ad esempio le tombe, le lapidi, le iscrizioni rupestri. Le prime forme di comunicazione di massa sono le riunioni che si tengono nelle piazze dei villaggi, al mercato, davanti al fuoco sacro o in luoghi di culto.
Con la nascita della scrittura e della lettura si somma alla capacità di comunicare nello spazio e nel tempo la capacità di poter moltiplicare un messaggio. Nell'antichità classica testi di autori importanti vengono trascritti da gruppi di scribi, che lavorano negli scriptoria, riproducendo, prima sui rotoli di papiro o pergamena (6) e in epoca successiva su carta (7), ciò che viene letto da un manoscritto originale. Come già visto, il grande sviluppo della comunicazione scritta si ha con le innovazioni che saranno introdotte da Johannes Gutemberg nella tecnica della stampa.
Nell'Ottocento, si creano le condizioni per nuovi e decisivi sviluppi nella tecnologia del disegno, della scrittura, del calcolo e della stampa, grazie alle seguenti invenzioni: la pressa a cilindro (1810 circa), la fotografia (1840 circa), la rotativa (1860 circa), la macchina da scrivere e la calcolatrice meccanica (1870 circa), la tecnica offset (1900 circa). Queste invenzioni rendono più veloce ed economica la produzione, riproduzione e diffusione di parole, numeri ed immagini.
Sull'alfabetizzazione dei popoli e sulla nascita della stampa è interessante ricordare alcuni concetti espressi da Marshall McLuhan. «Un medium freddo, quale il geroglifico o l'ideogramma, ha effetti ben diversi da quelli di un medium caldo (8) ed esplosivo come l'alfabeto fonetico, il quale portò poi alla tipografia. La parola stampata, con la sua intensità specialistica, spezzò i legami dei monasteri medievali, creando modelli intensamente individualistici di iniziativa e di monopolio. … La scrittura, mediante l'intensità ripetibile della stampa portò ai nazionalismi e alle guerre di religione».
Tra la fine dell'ottocento e gli inizi del novecento i media a stampa devono fronteggiare la concorrenza di un nuovo medium, le onde elettromagnetiche, teorizzate dallo scozzese James Maxwell, attorno al 1860, e verificate sperimentalmente dal tedesco Heinrich Hertz attorno al 1880.
Nel 1871 l'italiano Meucci realizza diversi modelli di telefono, depositando la relativa domanda di brevetto. Verso la fine del secolo, un altro italiano, Guglielmo Marconi, utilizza questo medium per la telegrafia senza fili, di gran lunga più potente dell'originario telegrafo elettrico a fili lanciato vent'anni prima dallo statunitense Samuel Morse. Dopo la prima guerra mondiale il nuovo medium consente un ulteriore sviluppo trasformandosi, con la radio, da mezzo di comunicazione punto a punto a mezzo di comunicazione di massa.
Nel 1895, a Parigi, i fratelli Lumière presentano una prima forma di cinema muto realmente fruibile, nel 1930 nasce il cinema con il sonoro; dopo la seconda guerra mondiale la televisione, inventata negli anni venti, inizia il suo violento processo di diffusione su scala mondiale; il "sistema televisione" si rafforza sempre più con l'introduzione della telecamera, del videoregistratore, delle cassette, dei Dvd, della possibilità di collegarsi al telefono, al computer, alla parabola satellitare.
Il telex, il telefax, le fotocopiatrici, i telefoni cellulari, Internet si rivelano tecnologie preziose per dare linfa ad un ulteriore sviluppo della Comunicazione. Negli anni 1940 - 1950 il progresso della Comunicazione compie un gigantesco balzo in avanti grazie all'introduzione del computer che dà, inoltre, origine alla società dell'informazione.
L'inizio ed il progressivo consolidarsi della scolarizzazione e l'obbligo dell'istruzione scolastica, associati alle nuove tecnologie, dànno un impulso fondamentale verso la trasformazione della Comunicazione di massa in una scienza autonoma, capace di influenzare milioni di persone.
Ultima, ma non meno importante, è la constatazione che la Comunicazione si è rivelata la funzione fondamentale per il processo della socializzazione. Di fatto, esistono due tipi di socializzazione:
- quella primaria, mediante la quale la conoscenza viene tramandata da una generazione all'altra; in tal caso i canali della comunicazione sono il patrimonio genetico e l'ambito familiare e sociale,
- quella secondaria, mediante la quale a tutti i membri di una società vengono insegnate le conoscenze e le competenze specifiche necessarie per adattarsi alla cultura generale e ai mutamenti sociali complessivi; in tal caso i canali della comunicazione sono la scuola e il lavoro.
Nel processo della socializzazione i media sono strumenti fondamentali ed estremamente efficaci perché consentono di trasferire cultura e abilità dal livello della società al livello individuale e viceversa.
Da queste premesse storiche, filosofiche, sociologiche e linguistiche trae origine la cosiddetta Comunicazione d’impresa.
Tornando alla storia dei tre filosofi greci, possiamo, ad esempio, assimilare a Socrate l'impresa che ritiene sufficiente la bontà del proprio prodotto per assicurarsi una buona Comunicazione.
Nel caso di Platone abbiamo l'impresa che è parzialmente consapevole della necessità di una buona Comunicazione, e che trasmette informazioni che lasciano zone d'ombra e costringono i soggetti ricettori ad uno sforzo di immaginazione.
Ad Aristotele possiamo associare l'impresa che è pienamente consapevole della forza della comunicazione e che utilizza, nei limiti dei propri limiti di budget, ogni strumento che le consenta di raggiungere un grande numero di potenziali fruitori dei propri messaggi.
La storia della Comunicazione d'impresa insegna che, inizialmente, ci si rivolge esclusivamente al cliente e l'oggetto della Comunicazione è rappresentato dal prodotto.
In questa accezione la comunicazione viene a coincidere con la pubblicità. Nel 1857, Charles Havas fonda a Parigi la prima agenzia di pubblicità il cui ruolo è saper parlare al consumatore attraverso un linguaggio nuovo, autonomo e specifico (9).
Il nuovo linguaggio è una sfida affascinante; all'arte pubblicitaria, infatti, si dedicano grandi artisti, come Balzac, Sand, Gautier, Hugo, Toulouse-Lautrec, Picasso, Dalì, Magritte, Mirò, Warhol (10), Hopper (11), che condurranno, in Italia, ai Dudovich, ai Depero, ai Testa, consolidando la percezione di pubblicità come fatto creativo.
È opportuno sottolineare che l'arte pubblicitaria segue il percorso della pittura del novecento; essa nasce dalle pieghe profonde dell'inconscio e del sogno, riesce a far vivere, con l'uso di animali immaginari, di visioni metafisiche, di linee, di stelle, di colori, quell'universo immaginifico che è in ognuno di noi. L'arte pubblicitaria continua ad avere successo perché "lo spettatore" sente il messaggio inconscio che essa trasmette; i profondissimi blu o gli accesissimi rossi comunicano la sensazione del mare, del cielo, del sole, dell'infinito.
Con l'evoluzione della società e con il crescere del "valore" dell'impresa, in quanto motore primario di trasformazioni economiche, sociali e, indirettamente, anche politiche, la strategia della comunicazione di impresa si arricchisce di nuovi contenuti e si rivolge a più numerose categorie di interlocutori.
Il valore dell'impresa trasmesso non è più legato solo alla garanzia e qualità dei prodotti ma fa, principalmente, riferimento alle priorità considerate rilevanti da una società che, già satura di beni di consumo, va alla ricerca di emozioni, esperienze, fantasie nuove.
Questa diversa strategia di comunicazione richiede strumenti sempre più innovativi, diversi e differenziati, per la quale la sola pubblicità si è rivelata inadeguata. Nella sezione GESTIONE D’IMPRESA sono analizzati, in dettaglio, tutti gli strumenti di una moderna Comunicazione.
Per concludere voglio ricordare a tutti gli imprenditori l'osservazione di Andy Warhol uno dei maggiori comunicatori del secolo: «Più che fare conta comunicare».
Bibliografia
Abruzzese A., A. Dal Lago, S. Baldassarini, Dall'argilla alle reti: introduzione alle scienze della comunicazione, Costa&Nolan, 2000
Calabrese o., S. Petrilli, A. Ponzi, La ricerca semiotica, Esculapio, 1993
Castelfranchi C., Bugie, finzioni, sotterfugi: per una scienza dell'inganno, Carocci, 1998
Caprettini G.P., Segni, testi, comunicazione: gli strumenti semiotici, Utet, 1997
McLuhan M., Gli strumenti del comunicare, Il saggiatore, 1967
Rosengren K.E., Introduzione allo studio della comunicazione, Il mulino, 2001
Eugenio Caruso (Articolo tratto da Comunico quindi esisto)
25/10/2007
NOTE
(1) Della mole di scritti del filosofo possediamo, infatti, solo gli scritti esoterici destinati agli allievi, spesso semplici appunti o gruppi di schede.
(2) Deriva dal latino communicare (condividere, rendere comune).
(3) La scienza dei segni si chiama semiotica (Calabrese, 1993).
(4) Indurre qualcuno ad assumere un atteggiamento, a compiere un'azione, ad acquistare un prodotto, a modificare i propri comportamenti.
(5) Sono diverse le cause che possono giustificare la menzogna, come:
non fa male a nessuno,
"loro" non devono sapere,
non sono affari loro,
riesco a prevalere,
è necessario mentire per il loro bene,
devo mentire per il loro male,
è necessario mentire per il mio bene.
(6) La pergamena si ottiene lavorando e trattando pelli di agnello, montone, asino, puledro, vitello o maiale; più l'animale è giovane migliore è la pergamena. L'uso della pergamena fu introdotto nel 200 circa A.C., dopo che il re d'Egitto Tolomeo V proibì l'esportazione del papiro. I romani oltre al papiro e alla pergamena usavano anche il libro di diverse piante quali l'acero, il platano e il tiglio.
(7) La carta fu inventata in Cina e, attraverso il mondo arabo, arrivò in Europa nel XII secolo. La prima cartiera italiana fu quella di Fabriano, fondata nel 1276.
(8) Secondo McLuhan è caldo un medium che estende un unico senso fino ad un'alta definizione, fino ad avere, cioè, sovrabbondanza di dati (la radio è, ad esempio, un medium caldo); pertanto il medium caldo non lascia molto spazio che il "pubblico" debba colmare o completare. Il medium freddo ha una bassa risoluzione ed esige un alto contributo da parte del fruitore; il telefono, ad esempio, è un medium freddo.
(9) La prima agenzia pubblicitaria italiana, la Manzoni, nasce a Milano nel 1863.
(10) Warhol nasce come pubblicitario per diventare il padre della pop-art. I suoi primi quadri riprendono, ingigantite, immagini tratte dalla pubblicità di molte marche famose: le minestre Campbell, la Coca Cola, la Pepsi Cola, le pagliette insaponate Brillo, i cornflakes Kellogg's, la frutta sciroppata Del Monte. Divenuto famoso Warhol affermerà «Quando facevo pubblicità dovevo inventare … quei disegni avevano un sentimento, avevano uno stile …. Il processo di realizzazione dell'arte commerciale era meccanizzato, ma l'atteggiamento era emozionalmente partecipe».
(11) Anche Hopper nasce come pubblicitario per diventare uno dei maggiori pittori statunitensi. A differenza di Warhol, per lui l'attività pubblicitaria era solo una fonte di entrate.
Tratto da E. Caruso, Comunico quindi esisto, Tecniche Nuove, 2005