La ragione è condannata a porsi degli interrogativi ai quali sa di non poter rispondere.
Immanuel Kant
Nel campo della generazione
elettrica il pendolo si sta
spostando sempre più
velocemente dalla parte delle fonti
rinnovabili. Una tendenza evidenziata
dal fatto che negli ultimi sei anni
l’incremento di potenza degli impianti
rinnovabili è stato costantemente
superiore rispetto a quello delle centrali
termoelettriche.
Lo scorso anno, ad esempio, la potenza
fotovoltaica installata nel mondo (99
GW) è stata superiore all’aumento netto
dell’insieme delle centrali termoelettriche a
carbone, gas, petrolio e nucleari, mentre in
Europa le rinnovabili hanno rappresentato
l’86% della nuova capacità installata.
Questo incredibile sorpasso è attribuibile
al costante aumento delle prestazioni
e soprattutto alla riduzione dei prezzi.
Solo lo scorso anno si è registrato un
calo medio del 18% per il fotovoltaico e
l’eolico a terra. Un risultato che supera
tutte le stime fatte dalle varie istituzioni.
Basta considerare che i costi del 2017
sono risultati inferiori rispetto a quelli
che la International Energy Agency (Iea)
stimava per il 2031-35 nel suo World
Energy Outlook 2012.
Per Elena Giannakopoulou, responsabile
economica del Bloomberg New Energy
Finance (Bnef), gli ultimi dati sono
raggelanti per il mondo dei fossili,
vista la prevedibile continua erosione
delle entrate legate alla gestione della
flessibilità e alla copertura dei picchi delle
future centrali termoelettriche.
Le varie agenzie internazionali ormai
ritengono che nel prossimo decennio
l’energia elettrica da fonti rinnovabili sarà
più competitiva rispetto a quella della
generazione termoelettrica non solo nelle
situazioni più favorevoli (Messico, Cile,
Brasile, India, Cina, Arabia Saudita…)
come già avviene, ma praticamente in
tutto il mondo, tanto che Bnef stima
che nel 2035 l’elettricità verde potrebbe
superare globalmente, con 16.000 TWh,
quella prodotta da combustibili fossili.
Colpisce certo che in alcuni paesi, come
avvenuto lo scorso marzo in Portogallo,
le rinnovabili riescano a soddisfare tutta
la domanda elettrica, o che a maggio, nel
Regno Unito, la produzione fotovoltaica
abbia superato per un breve periodo il
contributo del gas e del carbone. Ancora
più interessante il caso della Danimarca
dove il contributo dell’eolico ha garantito
nel 2017 il 44% dei consumi elettrici.
È vero che gli elevati incentivi passati,
in Danimarca come in Italia, hanno
comportato un aumento dei costi per i
cittadini. La situazione è però destinata a
cambiare. Il governo danese, ad esempio,
ha deciso di puntare all’ambizioso
obbiettivo di coprire entro il 2030 con le
rinnovabili almeno il 50% dei consumi
energetici complessivi rispetto all’attuale
32% e contemporaneamente di ridurre
drasticamente la tassazione sulle bollette
delle famiglie danesi.
Il nodo di calore e trasporti
Dal quadro attuale potrebbe discendere
una valutazione ottimistica sul ruolo delle
rinnovabili. In realtà, siamo solo all’inizio
di un percorso che dovrà vedere una forte
accelerazione, in particolare nel settore
del calore e dei trasporti. Secondo un
recente rapporto di Irena, per raggiungere
i risultati previsti dall’Accordo sul clima
di Parigi, la quota delle rinnovabili sui
consumi finali dovrà passare dal 19%
del 2017 a una quota pari a due terzi dei
consumi mondiali nel 2050. Per ottenere
questo risultato il contributo annuo
delle rinnovabili dovrà incrementarsi
di sei volte rispetto agli attuali livelli.
Lo sforzo maggiore dovrà avvenire nel
settore termico e in quello della mobilità,
facilitato dalla progressiva elettrificazione
di questi due comparti.
La necessità di accelerare si comprende
anche dall’analisi dell’incremento della
domanda energetica mondiale del 2017
sull’anno precedente, pari al 2,1%. Va
infatti sottolineato come solo un quarto
di questo aumento sia stato soddisfatto
dalle rinnovabili, un dato che ci fa capire
come dovranno essere intensificate sia
le azioni di aumento dell’efficienza che
quelle sulle rinnovabili.
Venendo all’Europa, gli scenari futuri
saranno legati alla definizione degli
obbiettivi al 2030. La Commissione
aveva proposto un target del 27%
per le rinnovabili, ma il Parlamento
europeo in seduta plenaria ha approvato
a larga maggioranza un target del
35%, decisamente più ambizioso, che
implicherebbe una produzione di
elettricità verde pari a circa due terzi della
domanda elettrica. È probabile che si
andrà a una mediazione sul 30% che, alla
luce della riduzione dei prezzi, secondo la
stessa Commissione non comporterebbe
un aumento dei costi complessivi.
Considerando che l’obbiettivo delle
rinnovabili previsto dalla Strategia
energetica nazionale (Sen) era pari al
28% dei consumi finali, non è escluso
quindi che possa essere necessaria una sua
revisione. Resta il fatto che, anche con
gli attuali scenari della Sen, occorre un
deciso cambio di passo.
Per il fotovoltaico, ad esempio,
bisognerebbe incrementare di 5-6 volte
l’attuale livello della potenza installata
annualmente con un aumento di 35
GW, rispetto ai 20 GW attuali. Non
sembra, però, che gli strumenti finora
messi a disposizione siano coerenti
con gli obbiettivi dati. Nel triennio
2018-20 potrebbero essere realizzati
4-6 GW solari e 1,5-2,5 GW eolici,
con un’accelerazione decisa rispetto alle
installazioni degli ultimi anni, ma non
sufficiente rispetto agli obbiettivi della
Sen.
Per un periodo transitorio serviranno
ancora dei modesti incentivi, ma quello
che soprattutto occorre per garantire
la diffusione delle rinnovabili è un
adeguamento delle regole per favorire
nuove soluzioni contrattuali come i
Power purchase agreements, per attivare
investimenti di notevoli dimensioni
per impianti che vendono l’elettricità
a privati, o la possibilità di utilizzo
dell’elettricità generata sulle coperture
solari da parte dei condomini e di
scambio di energia tra prosumers, o
ancora, la valorizzazione dei servizi che
sistemi abbinati di solare e accumulo
possono fornire alla rete.
La barriera economica sarà dunque
sempre meno influente. Anzi nel
prossimo decennio potremmo assistere
alla localizzazione di imprese al sud
favorite dall’accesso a elettricità solare a
basso costo.
È probabile che invece l’elemento più
delicato rispetto alla diffusione degli
impianti verrà dall’interazione con il
paesaggio. Riuscire a minimizzare gli
impatti, coinvolgere le realtà locali,
prevedere ricadute collaterali, come
nel caso del fotovoltaico abbinato alla
produzione agricola, saranno elementi
decisivi nel garantire una diffusione delle
rinnovabili.
Il contributo del biometano
Ci si è concentrati sul fotovoltaico e
l’eolico, che rappresentano le tecnologie
dalle quali ci si aspetta (in Italia e nel
mondo) il maggior contributo nei
prossimi decenni. Per quanto riguarda
il nostro paese, va sottolineato il ruolo
che potrà svolgere la produzione di
biometano per il possibile contributo
significativo rispetto alla domanda (8-
10 miliardi m3/a alla fine del prossimo
decennio a fronte di una richiesta attuale
di 75 miliardi m3).
Anche altri paesi spingono in questa
direzione. In Francia, ad esempio, si
reputa possibile sul lungo periodo
coprire un terzo della domanda di gas
naturale con il biometano. Ma forse
l’aspetto più interessante è legato a un
positivo ripensamento dell’agricoltura
tradizionale, con la nuova impostazione
verso doppi raccolti e l’uso del digestato
in fertirrigazione, che consentirà di
ridurre drasticamente il ricorso alla
chimica e di arricchire la fertilità dei
suoli.
Insomma, i combustibili fossili verranno
insidiati non solo sul versante della
generazione elettrica ma anche negli altri
settori. Occorre essere consapevoli della
rivoluzione in atto e cercare di governarla
per trarne tutti vantaggi possibili.
Gianni Silvestrini
Direttore scientifico Kyoto Club
e presidente Exalto / www.arpae.it 25-09-2018
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