In copertina: Annibale Carracci "il vizio e la virtù"
Italia: vizi e virtù
Eugenio Caruso
Impresa Oggi Ed.
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20. Consociativismo e corruzione negli anni settanta
Il sistema politico, privo di una reale dialettica, è andato, negli anni settanta, trasformandosi in un regime consociativo, mentre una vera democrazia dovrebbe fondarsi sulla concorrenza tra partiti. Secondo la teoria competitiva di Schumpeter se viene a mancare la concorrenza manca la democrazia.
Affermava Seneca «marcet sine adversario virtus». Inoltre la classe politica ha perduto di vista il principio che presupposto per il solidarismo è un'economia sana e che un'economia sana è una condizione irrinunciabile per proteggere un sistema politico democratico, così come quest'ultimo crea l'humus per il primo, «....il capitalismo concorrenziale, come sistema di libertà economica, e come condizione necessaria della libertà politica» afferma il premio Nobel Milton Friedman. Così, non solo la mancanza di un'opposizione reale, ma anche il sopravvento di un'economia sempre più centralizzata che opera al di fuori delle regole di mercato, sono responsabili della sconfitta della democrazia reale. Per di più, nonostante il consociativismo, la brevità di vita dei governi e delle amministrazioni locali scoraggia la realizzazione di progetti di ampio respiro. Nessun politico si fa promotore di iniziative i cui frutti elettoralistici e d'immagine sarebbero colti dal ministro o dall'assessore che lo sostituirà; l'Italia perde immancabilmente le sfide sui grandi progetti strutturali, privilegiando iniziative a misura di tempo di vita dell'amministratore di turno.
E' interessante osservare che le massime accelerazioni del fenomeno dell'illegalità e della degenerazione dello stato si hanno in corrispondenza della caduta delle pregiudiziali verso i socialisti, in occasione dell'avvio sia del centro sinistra che del pentapartito, e verso i comunisti, con il compromesso storico. Infatti, l'establishment, incapace di avviare processi di rinnovamento, baratta le riforme con la cooptazione nel sottogoverno di partiti e uomini. Per fare questo deve ampliare l'area dell'illegalità per lobbysti e faccendieri di tutte le aree politiche.
La gestione del Paese è affidata a un convitato di pietra, un occulto comitato di professionisti della politica, che, superando il concetto di governo e opposizione, tiene saldamente in pugno la gestione pubblica del Paese. La spartizione interessa i gangli vitali dell'economia: informazione, servizi, banche, industria. Il Pci, per mascherare agli occhi dei compagni la propria presenza negli organi di gestione dello stato, fa ampio uso dei cosiddetti tecnici che vengono inseriti in posti chiave del governo, dei servizi e del sistema produttivo pubblico. La presenza di uomini vicini al Pci è forte nella magistratura, nella stampa e nell'informazione televisiva; il partito esercita in alcune regioni, un vero e proprio controllo del territorio.
Nel '76, scoppia un caso di corruzione politica: una sottocommissione d'inchiesta del Senato Usa rivela, infatti, che una somma di danaro superiore al miliardo sarebbe stata versata dalla Lockheed a due ministri della difesa italiani (per vendere all'Italia i suoi apparecchi Hercules). L'episodio di corruzione ha una risonanza notevole nel Paese, tanto che il presidente della repubblica Leone, nel 1978, quando nello scandalo viene fatto il nome di suoi familiari e dei fratelli Lefebvre, amici di famiglia, il 15 giugno, con un penoso comunicato alla televisione annuncia le proprie dimissioni. Solo dopo molti anni Leone riceverà il riconoscimento della sua correttezza nell'adempimento dei compiti istituzionali.
«Leone fu probabilmente un debole incapace di opporsi alle ambizioni e alle pressioni che gli venivano dal suo entourage familiare e napoletano, ma, a differenza di altri … non era capace d'intrighi e oscuri giochi politici» (Mafai, 2001), o forse Leone fu tradito anche dal suo «vulnerabile macchiettismo» (Montanelli, 2000). L'accanimento che Ugo La Malfa, che era stato il suo principale grande elettore, e gran parte dei media usarono nei confronti di Leone , che certamente aveva spesso sgradevoli cadute di stile, è un altro aspetto oscuro delle vicende politiche del Paese; a chi poteva interessare, in quel momento, creare un caso politico? Secondo Cossiga, la cacciata di Leone, va attribuita alla volontà del Pci di mostrare i muscoli e alla paura della Dc di rompere con i comunisti (Cossiga, 2000).
Gli italiani inviano ai partiti alcuni segnali di insofferenza, infatti, l’11 giugno 1978, nonostante l'opposizione della partitocrazia, escluso il Pli, il referendum dei radicali contro il finanziamento pubblico dei partiti raccoglie un sorprendente 43,6% dei consensi, arrivando alla maggioranza nelle grandi città e in quasi tutto il Nord; nella stessa consultazione il 77% degli elettori vota no all'abrogazione della legge Reale . È una richiesta di pulizia a livello pubblico e di ordine e sicurezza a livello privato.
Il 1980 vede la manifestazione spontamea di quarantamila quadri della Fiat, inferociti, sia per la politica di appiattimento portata avanti dal sindacato, sia per il lungo sciopero contro l'azienda, impegnata nel piano di ristrutturazioni, impostato da Romiti, che prevede sensibili tagli occupazionali; questo episodio mostra che il sindacato, che ha fatto, sempre, da cinghia di trasmissione tra i partiti d’opposizione e il mondo del lavoro ha mostrato, ancora una volta, la sua incapacità d’essere, invece, cinghia di trasmissione tra le esigenze dei lavoratori e le imprese.
Questi segnali di insoddisfazione restano però isolati e non hanno alcuna influenza sul corso della politica italiana. Questa, dopo il periodo della ricostruzione e della modernizzazione degli anni cinquanta, è degenerata, negli anni sessanta, nella partitocrazia, negli anni settanta, nel consociativismo, che saranno brodo di coltura della corruzione che condurrà a tangentopoli.
Il 21 maggio 1981, Arnaldo Forlani, che aveva cercato di nascondere lo scandalo, rende pubbliche le liste della loggia massonica segreta, propaganda 2 (detta P2), sequestrate nel marzo precedente, in casa del maestro venerabile, Licio Gelli. Si scopre che affiliati alla loggia sono personalità di vertice dei servizi segreti, della guardia di finanza, di alcuni ministeri, della Rai, di aziende pubbliche, della stampa (Corriere della sera, Mattino), delle banche (Ambrosiano, Monte dei paschi di Siena, Bnl , Banco di Roma, Banco di Napoli, le più importanti). Particolarmente grave appare la forte sudditanza alla P2 del Corriere della sera, attraverso Rizzoli e Tassan Din. Racconta Cossiga che, alla fine degli anni settanta, come presidente del consiglio, era sistematicamente attaccato dal Corriere della Sera; convocò, quindi, Gelli al quale chiese spiegazioni. Di lì a poco il Corriere smise di attaccarlo.
Negli elenchi rinvenuti nella residenza di Gelli vengono trovati i nomi di 195 alti ufficiali, tra i quali i capi di Sisde e Sismi, 22 dirigenti della polizia, 14 magistrati, 59 parlamentari, 3 ministri, un giudice costituzionale, 8 direttori di giornali, 4 editori, 22 giornalisti, 128 dirigenti di aziende pubbliche, diplomatici, imprenditori. Montanelli sostiene che questa corsa verso Gelli di personaggi che, nel loro ambito professionale e di carriera, avevano già raggiunto posizioni eminenti va forse spiegata «nello spirito gregario e conformista degli italiani, falsi individualisti e autentici uomini di branco, che cercano disperatamente - soprattutto gli italiani inseriti negli ingranaggi politici o amministrativi - appoggi, maniglie, assicurazioni, controassicurazioni, Per mantenere una poltrona, per conquistarne un'altra, per garantirsi - i grand commis - una qualche nicchia privilegiata da occupare quando scatterà la pensione». Secondo Montanelli: «In questa insaziabilità e in questa insicurezza stanno le molli più forti del successo ottenuto dalla P2 e si deve pensare che Gelli avesse un'abilità diabolica nel far balenare davanti agli occhi di quei tremebondi ambiziosi altre cariche, altri onori, altre prebende» (Montanelli, 1993). Poiché gli affiliati, non erano certamente stupidi, forse non si trattava solo di far balenare davanti agli occhi ma di procurare concretamente, cariche, onori e prebende; un vero e proprio centro di potere. Inoltre, «Quando, nel 1967, il capo del Sifar, generale Giovanni Allavena, aderisce alla P2, porta in dote a Gelli i famosi fascicoli raccolti illegalmente da De Lorenzo. Quei fascicoli, che contenevano notizie sulla vita privata dei potenti di allora, costituirono l'arma del ricatto con cui Gelli costruì il suo potere» (Fasanella, 2000).
Un'altra constatazione è che Gelli e molti di questi affiliati sono in vario modo legati a fatti inquietanti avvenuti negli anni '70 (golpe Borghese, struttura parallela del Sid, depistaggio di inchieste della magistratura, scandalo degli oli minerali, traffico d'armi a Livorno, omicidio del giornalista Pecorelli, omicidio dell'avvocato Ambrosoli, terrorismo nero, scandalo Petromin, attentato al treno Italicus). Sulla P2 indagherà una commissione parlamentare d'indagine, presieduta dall'onorevole Tina Anselmi, commissione, che formulerà una relazione di maggioranza e due di minoranza.
La relazione di maggioranza della commissione parlamentare descrive la P2 come un'associazione volta a controllare il potere politico italiano attraverso la strategia terroristica, la tattica dell'infiltrazione e il controllo dei servizi segreti, la relazione di minoranza del deputato radicale Massimo Teodori indica la P2 come un'associazione al servizio del sistema partitocratico, la relazione del senatore missino Giorgio Pisanò si sofferma sulle attività truffaldine di Gelli e degli altri affiliati. La relazione di maggioranza si rivelerà, successivamente, un'occasione mancata per accertare in tempo l'esistenza, in Italia, di un tessuto che collegava criminalità, politica e imprese, mentre inoculerà l'ossessione della cospirazione stragista e del colpo di stato; questa scelta politica porrà l'accento sulla difesa della libertà dello stato e della democrazia, mentre trascurerà la malattia che lo stato incubava: la corruzione. Nel 1984, dopo tredici anni di indagini, una sentenza della corte d'assise di Roma, confermata dalla Cassazione, definisce la P2 una sorta di comitato d'affari non responsabile di cospirazioni.
L'analisi storica sulla P2 porta alla conclusione che, nei primi anni della reggenza Gelli, l'organizzazione è presente in quasi tutti i conati di colpo di stato. Di converso, nel 1976, in ambito P2, viene elaborato "il piano di rinascita democratica" che propone una stabilizzazione dello stato, in senso moderato, non più attraverso destabilizzazione e colpo di stato, ma attraverso una riforma istituzionale. Successivamente l'obiettivo della loggia si sposta dall'ambito politico a quello del controllo dell'economia del Paese (De Lutiis, 1996). La P2 diventa un'associazione, nella quale l'azione e i fini dei soci sono guidati solo da motivazioni opportunistiche; essa poggia su una rete di relazioni, che consentono di sviluppare attività di scambio, ove, ai soci viene imposto solo l'obbligo della solidarietà. Ma l'intermediazione per le attività di scambio può essere lunga e costosa, e allora la loggia ricorre a tre strumenti di "semplificazione": la criminalità organizzata, il controllo degli organi di investigazione e giudiziari e il danaro assicurato dagli istituti bancari sotto controllo. La storia della P2, va sfumando la sua origine di centro occulto di intervento sulla politica e sui governi, e si confonde e si intreccia con quella di avventurieri della finanza, di politici e boiardi di stato corrotti, di mafiosi, di trafficanti d'armi e di droga; l'ombra di Gelli aleggerà su tutte le maggiori bancarotte degli anni settanta e ottanta (Sindona, Ambrosiano, Rizzoli).
Eugenio Caruso - 4 dicembre 2018
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