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Italia: vizi e virtù. Per la prina volta un laico al governo


In copertina: Annibale Carracci "il vizio e la virtù"

Italia: vizi e virtù
Eugenio Caruso
Impresa Oggi Ed.

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21.1 Il governo a un laico

Sandro Pertini, che si è sobbarcato il compito di restituire alle istituzioni il rispetto dei cittadini, affida l'incarico, per la prima volta dopo il '45, a un non democristiano, il repubblicano Giovanni Spadolini, che, nel giugno 1981, forma un pentapartito (Dc, Psi, Psdi, Pri, Pli; 28/6/81-23/8/82), con due impegni solenni: risanare l'economia e incoraggiare la reazione popolare contro il terrorismo e la mafia; gli stessi comunisti non mostrano verso Spadolini l'ostilità che avevano nei riguardi di Cossiga e Forlani. Dice di lui Indro Montanelli: «… direttore giovanissimo del Resto del Carlino e meno giovane del Corriere della sera, poi esponente di spicco del Pri, aveva una sterminata cultura, un’onestà specchiata e una vanità così scoperta da sconfinare nell’ingenuità» (Montanelli, 2000).
L'azione dei governi, Spadolini uno e Spadolini due (23/8/82-1/12/82) , è minata, in campo economico, dal contrasto tra i fautori delle manovre espansive e quelli del rigore (il patto tra i partiti del polo laico viene messo a dura prova) e quindi è destinata all'immobilismo. Per combattere la mafia Spadolini riesce a far nominare prefetto di Palermo il generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa, che, "investiture verbali" ne fanno una sorta di successore del prefetto Mori . Alcuni politici locali protestano contro quello che definiscono un tentativo di criminalizzare la Sicilia e, ancora una volta, cercano di dipingere la mafia come un'invenzione del Nord per screditare il Sud.
Dalla Chiesa, consapevole che questi comportamenti altro non sono che una messinscena per creare un polverone attorno al vero problema e cioè i legami tra criminalità e politica, chiede maggiori poteri e l'incondizionato appoggio delle istituzioni. Ma mentre a Roma si discute sulle richieste di Dalla Chiesa, il 3 settembre '82, il generale viene assassinato con la moglie. La mafia di quegli anni si era molto rafforzata, legata a reti internazionali per il traffico della droga, collegata alla politica e all’amministrazione pubblica nella speculazione edilizia e nell’assegnazione degli appalti, pronta a negoziare il “voto di scambio”, ma pronta anche a uccidere. Questa azione criminosa si rivela, però, per la mafia, un coltello a doppio taglio, perché attira l'attenzione degli organi di informazione stranieri. Il governo è costretto a prendere decisioni importanti come la nomina di un alto commissario per le attività mafiose, l'introduzione del reato di associazione mafiosa e l'apertura al potere investigativo dei conti bancari dei sospetti.
21.2 La segreteria De Mita
Al XV congresso della Dc, nel maggio 1982, Piccoli, si presenta dimissionario e viene eletto segretario Ciriaco De Mita della Base, che viene presentato come l'unico democristiano in grado di ridimensionare il potere delle correnti. Il giudizio che di lui dà Cossiga è, come al solito, tagliente, «De Mita è rivoluzionario a una condizione: che la rivoluzione l'abbia pensata lui, l'abbia organizzata, la guidi lui e che sia fatta d'accordo con i comunisti, senza la cui presenza egli, che li detesta, ritiene di non poter esserci, in Italia, democrazia» (Cossiga, 2000). De Mita pensa come Andreotti che non vi poossa essere un governo stabile senza l'appoggio dei comunisti.
La nomina di De Mita ha un doppio significato, dare un segnale di rinnovamento e contrapporre un uomo forte a Craxi. Una delle prime stoccate al leader socialista sarà l'affermazione della non esistenza di un polo laico in quanto i partiti che dovrebbero costituirli non possono che allearsi con la Dc o con il Pci per una coalizione di governo. Il neo-segretario Dc, che era conosciuto per alcune sferzanti opinioni contro il capitale e gli industriali, deve risalire la china del consenso della borghesia, cosicchè, la sinistra Dc (in particolare Giovanni Marcora) si impegna verso il mondo imprenditoriale in un'azione di promozione dell'uomo politico, presentato come portabandiera di un ricambio generazionale.
De Mita, che mantiene l'incarico fino al 1989, si sforza di rinnovare il partito, cercando di creare l'immagine di una forza moderna e aperta. Ma, anche per lui, figlio politico del correntismo, la lotta per il rinnovamento è un'impresa che si rivela impari, cosicché la sua principale azione politica sarà quella di «collocare quanti più fedeli gli è possibile in posti chiave dell'economia pubblica e dei media» (Galli, 1993). Inoltre si prepara l'alleanza tra Andreotti e Forlani, che, non condividono i continui attacchi di De Mita a Craxi, e che vogliono contrastare il potere della sinistra interna. Nel marzo del 1983, al sedicesimo congresso del Pci, Berlinguer, pur riaffermando la validità della formula della "alternativa democratica", riconosce elementi di novità nell'atteggiamento di De Mita nei confronti dei comunisti e lancia una dura critica a Craxi, cui imputa «la finzione» di volere una politica riformista, cercando, però, l'appoggio delle componenti più conservatrici della Dc.
Gli attriti tra democristiani e socialisti, con la punta dell'iceberg dei contrasti tra i ministri economici Andreatta e Formica, costringono Spadolini alle dimissioni; si forma quindi, nel dicembre 1982, il governo "d'attesa" del quinto Fanfani (Dc, Psi, Psdi e Pli; 1/12/82-4/8/83), ma Craxi considera il governo Fanfani come «un prologo in attesa della rappresentazione» e spinge per anticipare il confronto elettorale con la Dc. Fanfani trasforma nel monocolore Fanfani sesto la precedente coalizione e Pertini manda gli italiani alle urne.
Alle elezioni politiche del 26 giugno 1983, lo sconfitto è De Mita; il suo nuovo corso non ha convinto gli italiani. La Dc scende, infatti, al 32,9%, con una perdita di oltre 5 punti, il Pci tiene, scendendo solo al 29,9%; complessivamente i partiti di centro (Dc, Psdi, Pri e Pli) raggiungono uno stentato 45%, cosicché, lo Psi, con il suo 11,4%, dà a Craxi un peso elettorale sufficiente per esercitare il "potere d'interdizione" verso una Dc stremata e per proporre la sua candidatura a presidente del consiglio.
In realtà anche Craxi esce parzialmente sconfitto da una tornata elettorale dalla quale si aspettava di raggiungere un 15% dei voti, ma riesce a camuffare la sconfitta in vittoria polarizzando l'attenzione dei media sulla sconfitta di De Mita. Lo scivolone della Dc è un forte segnale, premonitore del tracollo del partito degli anni '90, ma nessuno sembra in grado di comprendere lo stato di insofferenza dell'elettorato (l'analisi dei flussi elettorali mostrerà che la sconfitta della Dc è da attribuirsi al non voto) e De Mita resta alla segreteria solamente perché nessun altro democristiano se la sente di raccoglierne l'eredità. Almirante porta l'Msi al 6,8%, essendo riuscito a tenere insieme le due anime "doppiopetto e manganello".
21.3 Il pentapartito
La Dc non può più scegliere tra governi di centro e di centro sinistra, si apre quindi una nuova era della collaborazione tra i democristiani e i partiti che hanno partecipato alle varie esperienze di governo. Il centro-sinistra è messo in soffitta e nasce il "pentapartito" che rappresenta una svolta a destra e la chiusura definitiva con il Pci. Craxi ottiene che si riconosca una "uguale dignità" tra la Dc e i quattro alleati, formula che si traduce praticamente nel limite massimo del 50% di ministri dc e in una più "equa" spartizione dei posti di sottogoverno. Nell’agosto 1983 Craxi ottiene l’investitura a capo del primo governo a guida socialista (4/8/83-1/8/86).
Il 5 agosto 1983, un giorno dopo aver formato il suo primo governo, Craxi istituisce il Consiglio di Gabinetto, dando seguito a un impegno assunto con i partiti del Pentapartito nel corso delle consultazioni: «Si tratta - disse allora Craxi - di un Consiglio nel quale saranno rappresentate tutte le forze politiche; un Consiglio politico, che dovrà consentire consultazioni più rapide su tutte le questioni che saranno poi sottoposte al vaglio del Consiglio dei ministri, su tutte le questioni di indirizzo importanti. Si tratta di un organismo autorevole in cui saranno rappresentati anche i ministeri politici ed economici più importanti». Il Consiglio in seguito assunse un ruolo centrale e agì come sede di concertazione delle principali decisioni politiche nel successivo triennio, contribuendo alla fama di "governo forte" che assunse quell'esecutivo.
Gli anni '80 sono caratterizzati dal tentativo di Bettino Craxi di porre fine alle frustrazioni delle sinistre e di proporre lo Psi per la leadership di tutta la sinistra. Craxi cavalca l'ideologia dell'efficientismo e della tecnica, presentandosi come elemento di aggregazione di forze nuove e progressiste. Egli si rende conto che per poter giocare un ruolo significativo ha bisogno della fiducia degli strati conservatori del Paese, senza i quali non è possibile governare in Italia. Riesce a ottenerne il consenso, dopo aver mostrato una capacità di resistenza davanti alle richieste dei sindacalisti comunisti, che organizzano contro l'accordo di S. Valentino '84 violente manifestazioni di piazza e un referendum. Il 14 febbraio 1984 un decreto (detto per questo decreto di San Valentino) taglia 4 punti percentuali della scala mobile, adottando parzialmente la proposta avanzata da Ezio Tarantelli nell'aprile del 1981 sul quotidiano La Repubblica, convertendo un accordo delle associazioni imprenditoriali con Cisl e Uil. Al decreto farà seguito la conversione nella legge 219 del 12 giugno 1984.
La campagna referendaria è accesa ; da una parte il pentapartito, la Cisl, la Uil, e i socialisti della Cgil, dall'altra il Pci, Democrazia proletaria, l'Msi, il partito sardo d'azione, e la Cgil. Le ragioni del tornaconto economico suggeriscono di votare per l'abrogazione, ma gli italiani, in quel momento, dànno fiducia alla politica del risanamento economico e, il 9 e 10 giugno 1985, con il 54,3%, dicono no all'abrogazione dell’accordo di San Valentino, decretando il trionfo di Craxi e la pesante sconfitta del Pci e della Cgil. Quel referendum fortemente voluto dal Pci, segna lo snodo che porterà lentamente il sindacato a ridursi alla difesa di lavoratori superprotetti, come quelli della PA e i pensionati; inizia l’agonia dei dinosauri sindacali che fino ad allora avevano condizionato in modo improprio le politiche economiche dei vari governi.
Craxi aveva esordito con un altro successo di prestigio, il nuovo Concordato tra l’Italia e il Vaticano firmato il 18 febbraio 1984. Nel documento il cattolicesimo perde la posizione di privilegio che ne faceva la religione ufficiale dello stato: tutte le religioni sono messe, teoricamente, sullo stersso piano. Con la vittoria del referendum il successo è completo.
Al XVI congresso della Dc, De Mita vede dissolversi nella melassa democristiana ogni speranza di rinnovamento e di superamento del potere correntizio; «De Mita deve combattere contro una specie di mostro mitologico, la Dc delle correnti, le cui innumerevoli teste eruttanti fiamme si agitano attorno a lui» (De Luca, 1984). Il leader Dc deve venire a patti con una "finta" opposizione (Galli, 2001) confluita nel gruppone guidato da Scotti, notabile napoletano chiamato Tarzan per l'abilità acrobatica nel saltare da una corrente all'altra, ed è costretto a cooptare lo stesso Scotti in posizione di vice segretario.
Nel 1984, si tengono i congressi di Pli, Pri e Psdi dai quali emerge il fallimento della politica Craxiana del polo laico; i tre partiti alleati, con modalità diverse contestano la leadership di Craxi e il ruolo egemone acquisito dallo Psi.
Per il 17 giugno 1984, sono fissate le elezioni europee; durante un comizio, Berlinguer è colpito da un'emorragia cerebrale e l'11 giugno muore. I risultati delle elezioni, dànno, per la prima volta nella storia della repubblica, il leggero sorpasso del Pci (33,3%) nei confronti della Dc (33%); la morte di Berlinguer, con il suo carico di emozioni, accentuato dal fatto che l’Italia seguì in televisione, per quattro giorni, il dramma dell’agonia mediata dalla presenza all’ospedale di Padova del presidente Pertini, diede sicuramente una mano ad ottenere quel sorpasso che i comunisti agognavano da sempre.
Repubblica riporta il commento di De Mita «Noi e il Pci restiamo i due grandi poli e gli alleati ci devono attenzione e rispetto»; il Pci, d'altra parte, non può approfittare del successo per quell'anomalia, che Giorgio Galli ha definito il «bipartitismo imperfetto», che non legittima il Pci a governare, nemmeno se diventa il primo partito italiano (Galli, 2001). Il 4 ottobre '84, il deputato radicale Massimo Teodori chiede le dimissioni dal governo Craxi di Giulio Andreotti, motivandole con il suo coinvolgimento nell'inchiesta sul secondo scandalo sui petroli (Galli, 1983); un centinaio di franchi tiratori democristiani votano a favore, ma l'astensione del Pci consente di rigettare la mozione e salvare il governo Craxi. L'incomprensibile atteggiamento del Pci viene interpretato dall'opinione pubblica come la dimostrazione della volontà di mantenere un buon rapporto con la Dc, nonostante la violenta opposizione condotta durante la campagna per le elezioni europee. Pertanto, il Pci, che non coglie le occasioni per colpire il governo , e De Mita, che, nonostante le affermazioni altisonanti, è riluttante a mettersi in gioco, favoriscono l'obiettivo di Craxi di guadagnare tempo, e creano le premesse per un accordo tra Craxi e Andreotti.
La sera del 23 dicembre 1984, sul rapido Napoli-Milano esplode un ordigno, mentre il convoglio percorre una galleria dell'appennino tosco-emiliano, devastando due vetture e lasciando tra i rottami 15 morti e180 feriti; orrenda replica dell'attentato all'Italicus, del 3 agosto '74.
Il 12 maggio '85 si tengono le elezioni regionali; il Pci risulta in declino, mentre la coalizione di governo si rafforza. Il Pci, al 30,2%, penalizzato dalla politica consociativa nei riguardi della Dc e dall'atteggiamento di scontro frontale con Craxi e lo Psi, ha imboccato la curva discendente della sua parabola.
Con Craxi l’Italia avrà un governo di lunga durata, ma non un governo stabile. Il Parlamento lo mette spesso in minoranza per punirlo della sua arroganza e del suo decisionismo e De Mita lo tormenta chiedendogli un’alternanza.
Il 24 giugno '85, Cossiga è eletto presidente della repubblica con i voti di Dc, Pci, Psi, Pri, Psdi, Pli e sinistra indipendente. La decisione del Pci di assicurare l'elezione di Cossiga al primo scrutinio si può spiegare o con una situazione di disorientamento al vertice del partito dopo la sconfitta elettorale o con la speranza di stabilire un rapporto privilegiato con la Dc. Il nome di Cossiga viene spesso associato ai misteri del nostro Paese. Nelle sue memorie l'uomo politico sardo afferma «Il problema della mia conoscenza dei misteri d'Italia, oltre che avere origine nella storiografia dietrologica che caratterizza ancora gran parte della pubblicistica italiana e incombe sulla politica concreta, è collegato a un aspetto preciso della mia attività, per la parte relativa alla conoscenza, negli, anni, degli apparati segreti dello stato».
È durante la segreteria di Aldo Moro, un altro profondo conoscitore degli apparati segreti dello stato, che Cossiga riceve l'incarico di diventare l'esperto della Dc per quanto abbia attinenza alle cose militari e occulte. Infatti il primo incarico ministeriale affidato a Cossiga, per volontà di Moro, è quello di sottosegretario alla difesa. Ma, anche successivamente, Cossiga si occupa di ciò che avviene in quel ministero, specie se il ministro non è un Dc. Pertanto, da allora, Cossiga inizia ad avere contatti con i responsabili dei servizi segreti.
Aiutati, anche, dalla ripresa economica mondiale, i governi pentapartito retti da Craxi (il Craxi due dura dal 1/8/86 al 14/4/87) mettono a segno alcuni risultati importanti, il raffreddamento della scala mobile, grazie ai già citati provvedimenti di San Valentino, l'inflazione al 4,6%, la crescita del prodotto interno lordo, la forte capitalizzazione della borsa di Milano.
A fronte dei successi, vanno attribuiti a Craxi una serie di risultati negativi, che lasceranno una traccia profonda nel Paese: la crescita vertiginosa del debito pubblico, che arriverà nel 1989 a superare il prodotto interno lordo, il legame con personaggi inqualificabili, la trasformazione dello Psi in una azienda a struttura padronale, il rampantismo, l'avallo dell'oligopolio televisivo privato di Berlusconi, l'ostentazione di ricchezza, che trova l'apoteosi nei faraonici e volgari congressi del partito, il disprezzo per la "questione morale", che lo portano ad attaccare i magistrati che indagano su Roberto Calvi, sul socialista Teardo, accusato di concussione, sul finanziere Mach di Palmstein, indagato su un traffico d'armi, e a dare a questi avvenimenti l'interpretazione della persecuzione politica nei confronti del suo partito. Ma forse il vero grande fallimento, nonostante la bandiera della "centralità socialista" e il momento economico favorevole, è stato non essere riuscito a fare dello Psi un grande partito socialista di ispirazione nord-europea; il massimo dei consensi sarà, infatti, un magro 15,3%, ottenuto alle regionali del '90, nel momento di massimo fulgore della sua stella.
La riforma sanitaria, varata nel 1979, diventa un'immensa greppia per lottizzazioni e ruberie; la lottizzazione nelle aziende di stato arriva fino al livello della dirigenza tecnica, in compenso, ai manager vengono elargiti stipendi e benefits degni delle grandi multinazionali; le leggi finanziarie vedono partiti di governo e d'opposizione all'arrembaggio delle casse dello stato per favorire questa o quella categoria; la Rai è un distillato di tutto il male che esiste nel pubblico. Lo stato sociale disordinato, assistenziale e sprecone divora risorse restituendo ai cittadini servizi insufficienti e inefficienti. Le nicchie del privilegio e del parassitismo sono affollate.
Altri fallimenti della politica craxiana riguardano la politica estera e il tentativo di dare credibilità al sistema Paese. Andreotti, infatti, al ministero degli esteri prosegue nel solco dei predecessori filo arabi e anti israeliani. Lo stesso Andreotti insulta i tedeschi affermando che era meglio avere due Germanie separate, piuttosto che una riunificata. Nella guerra tra Inghilterra e Argentina per il possesso delle Falkland, l'Italia si dissocia dalla Cee che propone sanzioni economiche contro l'Argentina. In occasione del sequestro della nave da crociera Achille Lauro (7 ottobre '85) e dell'uccisione del passeggero Klinghoffer, un invalido americano ebreo, nella base aerea di Sigonella non viene concessa ai reparti statunitensi della Delta Force l'autorizzazione all'arresto dei terroristi. Come ringraziamento per il filo arabismo italiano, il 27 dicembre '85, un commando palestinese attacca a Fiumicino un banco della compagnia di bandiera israeliana, la polizia reagisce; restano sul terreno 13 morti e 75 feriti, tra terroristi, poliziotti e civili inermi. La cooperazione per lo sviluppo dei paesi del terzo mondo, sulla quale, da tempo, si indirizzano gli sguardi avidi dei partiti, si mostra una mucca dalla quale possono mungere le aziende italiane e i partiti. Con il governo Craxi, vengono beneficiati i somali Aidid e Siad Barre, e l’etiope Menghistu, despoti e assassini ai quali vengono forniti aiuti per migliaia di miliardi, dei quali, però, rigogliosi rivoli ritornano in Italia sotto diverse forme.
È interessante osservare che in un'introduzione al Principe, Craxi aveva descritto l'errore di un certo machiavellismo della politica italiana, affermando «Quest'errore oggi lo possiamo leggere benissimo: è la teoria della doppia morale, una per il principe, l'altra per i sudditi, una per lo Stato, l'altra per i cittadini, una per il partito, l'altra per il popolo. La stessa logica, l'idea che si possa fare a meno della morale comune, ha alimentato gli anni di piombo, il terrorismo. L'errore è in quel machiavellismo di comodo che ha permesso di costruire un diritto personale e privato per i potenti, e uno diverso per le genti, uno per chi governa e uno per chi è governato …», parole sagge in bocca al grande sacerdote della doppia morale, parole che potrebbero costituire l'epitaffio della classe politica italiana.
Nel frattempo, se l'establishment politico riesce a fermare le indagini dei magistrati nel Nord del Paese, in Sicilia le indagini sulla mafia vanno avanti perché è oramai diventato impossibile ignorare una serie pianificata di assassinii di giudici e procuratori. Le varie commissioni antimafia hanno raccolto, in vent'anni di attività, un'enorme quantità di materiale accusatorio, inoltre, dopo il 1984, iniziano ad aggiungersi anche le rivelazioni dei pentiti di mafia; il risultato è un maxiprocesso di mafia che si protrae dal 1986 al 1987. Oltre trecento imputati sono condannati, ma prosciolti in cassazione da un giudice siciliano (Smith, 1997). Il terrorismo rosso è in fase calante, anche se, tra l'86 e l'88, vengono uccisi Conti, ex sindaco di Firenze, il generale Giorgieri, il senatore Dc Ruffilli e due poliziotti.
Dirà di Craxi, lo storico Mack Smith, «Il suo vantato decisionismo si rivelò più uno stile di comportamento che un'effettiva capacità di governo. … Non furono pochi a sperare che un presidente del consiglio socialista avrebbe favorito una maggiore rettitudine in politica. Ma in pratica la logica dei governi di coalizione convinse questi novizi del potere a esigere una quota di posti di sottogoverno sempre più alta e una messe di tangenti più ricca rispetto ai metodi abituali degli altri partiti. Quando alcuni magistrati di Milano e di Trento cominciarono a indagare sul coinvolgimento dello Psi in fondi neri gestiti dalle banche e dai massoni di Gelli, Craxi riuscì a far trasferire le inchieste da Milano a Roma, dov'era possibile far valere l'influenza politica. Il risultato fu che tutte le inchieste furono bloccate» (Smith, 1997).
Sulla cosiddetta stabilità dei governi Craxi, osserva Massimo Riva «Non si può negare che negli ultimi tre anni, insediato l'onorevole Craxi a Palazzo Chigi, abbiamo conosciuto il più lungo governo della storia della repubblica, ma è altrettanto innegabile che non abbiamo mai avuto un governo stabile. Il record della durata è stato caratterizzato da un altro record, più vistoso di quello della durata: il record di ben 163 sconfitte del gabinetto in Parlamento. … è un record mondiale perché non c'è al mondo un Paese nel quale il Parlamento abbia tante volte denegato il consenso ad uno stesso governo». Craxi era inferocito da questa tortura, ma, nel segreto del voto, tutti coloro che non ne sopportavano l'arroganza affilavano le armi e vibravano feroci colpi a tradimento.
Il declino di Craxi, d'altra parte, è già scritto nella sua ascesa, egli viene risucchiato inesorabilmente dalle sabbie mobili del sistema di potere democristiano, con il quale finisce con il condividere la vocazione spartitoria e partitocratica.
Craxi finisce con il trascurare qualsiasi scelta di rinnovamento del costume politico e con l'introdurre nel sistema dei poteri, delle omertà e degli interessi individuali quel tecnicismo e quell'efficientismo che avrebbe dovuto utilizzare per creare un nuovo ordine democratico. Alcuni commentatori benevoli della politica italiana osservano che l'Italia è un Paese economicamente sano, nel quale la disfunzione della pubblica amministrazione non fa danni. Essi non tengono conto che i mezzi finanziari dello stato servono ad alimentare la partitocrazia piuttosto che l'efficienza dei servizi. L'Italia non investe meno degli altri paesi nella sanità, per non avere una sanità di livello europeo, gli investimenti nei settori industriali, controllati dallo stato, non sono inferiori a quelli degli altri paesi, ma lo scopo reale della creazione di posti di lavoro è quello del consenso politico a livello locale; lo "stato sociale" è la palestra del clientelismo di massa.
La Dc alimenta il suo serbatoio di voti creando condizioni di favore per i gruppi sociali a lei vicini, gli impiegati statali, gli agricoltori, i commercianti, gli artigiani, quel folto schieramento, per lo più con il cuore a destra, che accetta dalla Dc qualunque politica, a patto che lo "stato sociale" sia un po' più sociale con il proprio gruppo. Nel Sud, come afferma lo storico Michael Braun, si sono costituiti veri e propri "imperi clientelari" per i quali il "non sviluppo" del territorio rappresenta addirittura un vantaggio, perché significa la dipendenza della popolazione dal favoritismo politico.
Al XVII congresso della Dc i baroni delle varie correnti (del golfo, demitiani, dorotei, forlaniani, fanfaniani, andreottiani e area Zac) riconfermano De Mita con l'80% dei voti, lasciando all'opposizione solo gli esponenti di Forze nuove; nel frattempo si affilano le armi per la resa dei conti.
Gli ultimi mesi del secondo gabinetto Craxi sono avvelenati dalle polemiche tra Dc e Psi, poiché i democristiani pretendono un'alternanza con i socialisti nella guida del governo (la cosiddetta staffetta); nel marzo del 1987, Craxi, dopo una serie di imboscate parlamentari, è costretto a dimettersi. Cossiga conferisce l'incarico, prima ad Andreotti, poi a Scalfaro, che si defilano. Viene quindi incaricato il presidente del Senato Fanfani che costituisce il suo sesto governo, un monocolore "elettorale" che conduce gli italiani alle elezioni anticipate (14/4/87-29/7/87).
La conclusione anticipata della nona legislatura - la quarta consecutiva dal 1972 - è molto indicativa dello stato del nostro sistema partitico». Precedono questo evento diversi congressi di partito. In quello dello Psdi (gennaio '87), il segretario Nicolazzi, rilancia la sfida riformista nella quale coinvolgere, se del caso anche il Pci. Al XLIV congresso dello Psi (marzo '87), l'elemento di maggior rilievo è l'ostilità dei socialisti verso De Mita. Al XXXVI Congresso del Pri, il segretario Spadolini e il vice Giorgio La Malfa illustrano la tattica del partito come quella di cerniera tra Dc e Psi.
Alle elezioni del 14 giugno 1987, la Dc risale al 34,3%, grazie a una ripresa al Sud, che compensa le perdite del Nord , lo Psi ottiene un buon 14,3% e il Pci, in crisi di identità, scende al 26,6%. Sommando i voti di Pci, Psi, Dp e Psdi si arriva a un magro 45,6% che non consente la costituzione di un governo delle sinistre, nemmeno sommando il 3,7 % del Pri. Sono eletti, anche, per la prima volta, dei Verdi, 13 deputati e un senatore e, della Lega lombarda, un deputato e un senatore, un certo Umberto Bossi, il cui motto era «la Lombardia ai lumbard», al quale i politologi pronosticano magre figure tra i marpioni incalliti della politica. I soggetti politici nuovi (leghe, verdi, antiproibizionisti, pensionati, etc.) giungono al 14 %, indice di una tendenza a un'ulteriore frammentazionre del sistema politico. Le elezioni italiane hanno risonanza mondiale, grazie al funambolico Pannella, che riesce a portare alla Camera la pornostar Ilona Staller, in arte Cicciolina; inclusa nelle liste radicali come gesto provocatorio, la sua presenza suscita clamore, ma viene ben presto dimenticata.
Il ruolo giocato dai radicali nella vita politica italiana - fatto di provocazioni, sacrifici personali, rottura delle incrostazioni di moralismo e clericalismo del Paese, autodenunce, garantismo volto a equilibrare i poteri di accusa e difesa - rappresenta un elemento di rottura e di rinnovamento irrinunciabile per la crescita del Paese. Purtroppo la loro azione è spesso viziata dall'eccessivo protagonismo, dal vittimismo non sempre giustificato, da contraddittorietà, dall'insulto all'avversario politico. Il movimento radicale mostra l'acme della propria capacità di rinnovare la società italiana quando si muove come magnetica forza d'opinione all'esterno del gioco dei partiti, mostra i propri limiti quando entra nell'agòne politico a competere con gli altri partiti e partitini.
Dopo le elezioni, Cossiga deve superare i veti incrociati di Dc e Psi nei confronti, rispettivamente di Craxi e De Mita. Craxi è favorevole alla ricomposizione dell'alleanza dei cinque partiti, a patto che non si chiami pentapartito, del cui nome l'esponente socialista ritiene di avere l'esclusiva. I chiosatori del lessico politico introducono il termine pentacolore e viene individuato un primo ministro assolutamente evanescente, Giovanni Goria, che forma un governo debole e senza prospettive (29/7/87-13/4/88).
Al XIII Congresso dell'Msi (dicembre '87), Fini è nominato segretario e, appena eletto afferma «Non mi pare ci sia ragione di scandalo nel tentativo di attualizzare i valori permanenti del fascismo. Io rifiuto ciò che del fascismo sa di muffa: saluti romani, camicie nere, ma non mi fa paura la parola fascismo» (Galli, 2001).
Con l'approvazione della finanziaria, che aggrava la situazione del deficit pubblico, viene ritenuta conclusa la missione affidata a Goria e la Dc, nell'aprile del 1988, spinge De Mita ad accettare l'incarico per un governo pentapartito (13/4/88-23/7/89), avendo Craxi rinunciato all'esclusiva del nome. La nomina di De Mita a presidente del consiglio si rivela una trappola dei colleghi di partito per scalzarlo dalla segreteria, prima, e dal governo, poi. Nel febbraio '89, il XVIII congresso della Dc decreta, infatti, uno scambio di ruoli tra segretario e presidente: Forlani diventa segretario e De Mita presidente. Con la nomina di De Mita a capo del governo i democristiani, sapendolo, mettono l'uomo sbagliato al posto sbagliato.
Maestro negli intrallazzi di palazzo e negli intrighi, maneggione e, forse, politologo, l'avellinese, già come ministro, aveva dato dimostrazione di evidenti limiti nell'operatività, faceva poco e quel poco lo faceva male; come primo ministro, si rivela incapace di una visione strategica che vada al di là degli interessi dei suoi feudi (Montanelli, 1993). De Mita, partito con un programma di governo estremamente ambizioso, non riesce a realizzare un solo punto di quel programma; peraltro il suo atteggiamento poco flessibile e spigoloso gli crea difficoltà con i colleghi democristiani e con gli alleati.
L’8 novembre 1987, si svolgono tre referendum sull'energia da fonte nucleare; l'80,6% vota contro le norme sulla localizzazione delle centrali nucleari, il 79,7% contro i contributi agli enti locali che ospitano le centrali, il 71,9% contro la legge che consente all'Enel di partecipare alla realizzazione di centrali nucleari all'estero. I socialisti, spinti dai manager dell'Eni che non possono mettere le mani sulle forniture del combustibile nucleare, pretendono che alla volontà popolare venga data un'applicazione totalizzante imponendo l'arresto delle realizzazioni in atto e lo smantellamento delle centrali in funzione. Il danno per l'economia italiana è incalcolabile e la dipendenza energetica dall'estero sempre più grave; questa decisione scarica sul sistema produttivo italiano e sui cittadini un costo economico del quale il Paese non riuscirà più a liberarsi.
Con un quarto referendum viene affermata la responsabilità civile dei magistrati. Tra i giudici si diffonde il panico, ma ben presto si comprende che la bomba è un petardo e che tutto sarebbe rimasto come prima. Con il quinto viene abolita la Commissione inquirente per i procedimenti di accusa contro i ministri, presentata come responsabile del vanificarsi di tutte le inchieste nel mondo dei partiti. Il 21 giugno 1988, Alessadro Natta, segretario di transizione succeduto a Berlinguer e legato al passato comunista da vocazione dogmatica, passa le consegne ad Achille Occhetto. Il neo-segretario, pendola tra populismo e mondanità, tra rinnovamento e conservazione, sfata alcuni miti del passato, affermando che Togliatti era «responsabile di scelte ed atti dell'epoca stalinista», ma, nello stesso tempo, predica la fedeltà alla tradizione togliattiana. Al XVIII congresso del marzo '89, auspicando un profondo processo di rinnovamento del partito e puntando sulla politica dell'alternativa alla Dc, Occhetto è confermato segretario con un'ampia maggioranza. Durante questo congresso i comunisti parlano di riforme e, contestualmente, eliminano dal comitato centrale la componente riformista, dando la sensazione di voler cambiare senza rinnegare e senza correre rischi di strappi con "la base".
De Mita si sente accerchiato e si imbozzola in una rigida tattica di contrapposizione che lo porta a continui scontri con Pri e Psi; il capo del governo spera che la Dc faccia quadrato attorno a lui ma, diceva Andreotti «Ai quadrati di De Mita manca sempre un lato», e il 20 maggio '89 è costretto a dimettersi. Cossiga conferisce un incarico esplorativo a Spadolini, ma il 13 giugno conferma il dimissionario De Mita. Il 18 giugno 1989, le elezioni europee non portano alcun elemento di novità; prosegue, inoltre, il "veto incrociato", tra Dc e Psi; De Mita è costretto ad abbandonare . Il sesto gabinetto Andreotti (23/7/89-12/4/91), pentapartito, e il settimo, (12/4/91-28/6/92), quadripartito avendo perso i repubblicani, si caratterizzeranno per l’ossimoro del frenetico immobilismo. La politica italiana vivacchia nello stagno dalle acque ferme e Andreotti rappresenta l'archetipo del principio «Nulla deve succedere»; succederà, invece, molto, la storia avrà un'accelerazione brusca e la classe politica sarà travolta da uno tsunami inatteso.
Nel maggio del 1989, in occasione del congresso dello Psi, Craxi e il segretario della Dc, Forlani, stringono il "patto del camper", in base al quale Craxi si impegna ad attenuare la polemica con De Mita allo scopo di ristabilire le condizioni di una collaborazione di governo e di porre fine a tensioni dannose a entrambi i partiti. Successivamente, Craxi e Forlani saldano l'alleanza con il presidente del consiglio Andreotti, costituendo il cosiddetto caf (acronimo di Craxi, Andreotti, Forlani).
Antonio Padellaro, osserverà che la politica era diventata una «sfrenata orgia del potere» e che la ripartizione dei vari governatorati si decideva esclusivamente all'interno del caf. L'alleanza politica dà al Paese la dimostrazione di un sussulto di alacrità ed efficienza: è necessario, infatti, estromettere o diluire la presenza di boiardi di stato della sinistra Dc, imposti prima da Fanfani e poi da De Mita, con fiduciari del caf. Ne sono un esempio la sostituzione, rispettivamente all'Iri e all'Eni, di Prodi e Reviglio, con Nobili, fiduciario di Andreotti e Cagliari, fiduciario di Craxi. Alla Rai (Ottone, 1996), il presidente Enrico Manca, socialista, considerato la "quinta colonna" di Berlusconi, fiancheggia il triumvirato Andreotti, Craxi, Forlani, il direttore generale Biagio Agnes¸ demitiano, viene sostituito da Pasquarelli, forlaniano, come il neo-direttore del Tg1, Bruno Vespa, mentre il Tg2 diventa Telecraxi. Alla Consob va un andreottiano, all'Efim vanno un craxiano e un andreottiano, rispettivamente a presidenza e vice-presidenza. La coerenza con la linea politica del caf è assicurata anche dalle reti Fininvest; infatti, dopo l'approvazione della legge Mammì, Fedele Confalonieri fa sapere che la politica dell'informazione dei canali privati sarebbe stata «omogenea al mondo che vede nei Craxi, nei Forlani e negli Andreotti l'accettazione della libertà» (Braun, 1994).
Unico telegiornale che resta saldamente nelle mani della sinistra è il Tg3, soprannominato Telekabul, per la ferrea aderenza alle linee del Pci. Tra i media le uniche corazzate che sparano contro il caf sono La Repubblica, L'Espresso e Panorama; Berlusconi tenta un duro attacco per impossessarsi del quotidiano e dei due settimanali. Dopo battaglie legali e giudiziarie i primi due restano nelle mani dei vecchi proprietari, capitanati da Carlo De Benedetti, mentre Mondadori, con Panorama, finisce nelle mani di Berlusconi, che riesce così a controllare quasi metà del mercato televisivo, un terzo dei periodici, un quarto del mercato librario e il 50% della raccolta pubblicitaria televisiva.
Silvio Berlusconi compie i primi passi da imprenditore nel campo dell’edilizia, nella quale non è un volgare palazzinaro, ma un vero innovatore. Il quartiere Milano Due è il suo capolavoro da costruttore; questo modello di urbanistica residenziale sarà copiato da molti architetti all’estero. Nel 1978 compie il passo falso di affiliarsi alla P2 di Lucio Gelli, ma l’episodio non intacca la sua scalata. Quando la Corte Costituzionale, nel 1974 e nel 1976, apre una breccia nel monopolio televisivo della Rai, Berlusconi intuisce che quello è un settore in cui buttarsi. Trasforma Telemilano nel trampolino per creare Canale Cinque, incamera Italia Uno, che Rusconi gli concede con grande gioia, acquista Rete Quattro dalla Mondadori, casa editrice che rischiava di affondare a causa delle perdite dell’emittente televisiva. Berlusconi, navigando nei vuoti delle leggi che avrebbero dovuto regolamentare l’etere, si affida a un protettore molto potente, Bettino Craxi, che nel 1984 lo soccorre consentendogli di riaccendere le televisioni che alcuni pretori gli avevano spento.
La notte tra il 9 e il 10 novembre 1989, il mondo assiste in diretta, alla "caduta del muro di Berlino "; questo evento si lascia alle spalle il fallimento delle ideologie del XX secolo, nazismo, fascismo e comunismo. La strategia di Reagan, quella di costringere l'Urss a una costosissima corsa agli armamenti, ha rivitalizzato l'economia Usa. mentre ha messo in ginocchio quella sovietica. Il colosso dai piedi d'argilla si è sgretolato sotto il suo stesso peso. Il 12 novembre dell'89, presso una sezione del Pci bolognese, la Bolognina, Occhetto anuncia la decisione di cambiare nome al partito; scompare il Pci per fare posto al Pds (Partito Democratico della Sinistra).


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Eugenio Caruso - 26 dicembre 2018


Tratto da

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www.impresaoggi.com