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1.4 La necessità dei cambiamenti che hanno
caratterizzato la storia dell’impresa
Gli economisti affermano che allo scontro tra ideologie politico-
economiche, conclusosi alla fine degli anni ’80, è subentrato lo
scontro tra due diverse forme di capitalismo: quello tradizionale e il
“turbo-capitalismo”, che si caratterizzerebbe per aver disconosciuto
ogni paternità e per riuscire a sfuggire al controllo di qualsiasi potere
politico.
Diverse sarebbero le cause della nascita di questo capitalismo
accelerato:
- la caduta delle barriere politiche;
- le privatizzazioni;
- la tecnologia;
- la globalizzazione;
- la deregulation;
- l’importanza assunta dalle piccole e medie imprese;
- la transizione verso un’era dominata dalla conoscenza;
- un cambiamento demografico senza precedenti;
- l'importanza della produttività in tutti i processi maqnufatturieri;
- un’era non più dominata dai poteri politico e militare.
Questi elementi oggettivi, afferma Luttwak nel suo famoso Turbo-
Capitalism: Winners And Losers In The Global Economy, “Guidano
il sistema economico verso strade inesplorate, impongono regole
diverse, nuove strategie e svolte radicali ai sistemi di gestione delle
imprese, le quali stanno vivendo la transizione dall’era della competizione
a quella dell’ipercompetizione”.
In questo scenario, nel quale i paradigmi classici, le convenzioni
e le ortodossie sono messi in discussione dalle imprese più avanzate,
costantemente alla ricerca di nuove modalità per insidiare le posizioni
delle imprese concorrenti, sembra opportuno affrontare il tema
“Quali modelli di impresa risultano, oggi, più competitivi”.
In questo testo, in un periodo in cui sembrerebbe tornato di moda
lo slogan “grande è bello” che, ciclicamente, si alterna con l’avversativo
“piccolo è bello”, verrà fatto un tentativo per indicare quale dovrà
essere il modello strutturale-operativo cui l’impresa dovrà attenersi
per uscire vincente dalle complesse sfide poste dalla globalizzazione.
In questo capitolo parlerò delle fasi di nascita e sviluppo dell’impresa,
ma quest’analisi poggerà sulla disamina dell’evoluzione dell’impresa
nell’ultimo secolo; ci si renderà conto che il fil rouge che collega i vari
periodi della storia dell’impresa è il cambiamento, spesso repentino,
dirompente, imprevisto. Il ritmo del cambiamento è così rapido che
la capacità di cambiare costituisce, oggi, il principale vantaggio
competitivo delle imprese.
Vedremo nel seguito come il cambiamento
sia il mezzo di cui dispongono le imprese per evitare il declino.
Giova osservare che se il tessuto produttivo di tutti i paesi industrializzati
poggia sulla PMI, lo stesso vale per l’Italia. Vi sono però
alcuni caratteri distintivi che fanno del sistema produttivo italiano
un’anomalia.
- La dimensione media delle nostre PMI è sensibilmente inferiore
a quella degli altri grandi paesi industrializzati.
- Le PMI addette alla produzione operano principalmente nel
campo della componentistica come sub-fornitrici di grandi
imprese, per lo più estere.
- Molte PMI operano nel settore del design, molto sensibile alla
caduta dei consumi nei periodi di crisi e costantemente sottoposto
alle contraffazioni.
- La presenza della grande industria nazionale è debole, se non
marginale.
- Il sistema creditizio è fragile.
- I sistemi dei trasporti, della pubblica amministrazione, delle
politiche di sostegno alle imprese sono spesso obsoleti e impastoiati
da una burocrazia legata a centri di potere.
- La produttività delle imprese del centro-sud è ancora molto bassa, portando il valore globale a crescite inferiori all'1% annuo.
Nel corso della creazione di una nuova azienda il neo-imprenditore
dovrà tener conto di questa realtà, che rende più complessa
la gestione delle nostre imprese, ma che, probabilmente, produce gli
anticorpi necessari per sopravvivere in mercati sempre più competitivi
e globali.
Con questo libro, peraltro, non mi pongo gli obiettivi di indicare
strade da percorrere, di porre barriere ai comportamenti aziendali o
di prescrivere ricette taumaturgiche per il successo.
Qui mi comporto da storiografo e riporto quelli che sono i
successi e gli scenari, visti e vissuti in centinaia di imprese. Questi
scenari variegati e a volte contraddittori sono riportati secondo
una logica razionalista che tenta di creare ordine là dove appaiono
prevalere l’imprevedibilità, la fantasia, l’insofferenza alle regole e alle
classificazioni.
D’altra parte, ricercatori, professori universitari, consulenti
analizzano la PMI come oggetto di indagine osservabile dall’esterno
tramite gli strumenti convenzionali: modelli matematici, statistiche,
comparazioni, misure standard delle performance. Questi strumenti,
spesso, sono inadeguati e lasciano nell’ombra i valori dell’impresa
osservata; ne risultano rapporti e analisi che non dànno l’immagine
reale di questo mondo e che, anzi, contribuiscono alla diffusione di
luoghi comuni e falsità.
Io, personalmente, ho dovuto riconoscere che solo andando
all’interno dell’impresa, solo parlando con gli imprenditori e con i
suoi collaboratori è possibile coglierne le logiche della produzione,
dell’organizzazione, dell’innovazione e dello spirito di identità, che
è sempre presente, e che rappresenta uno strumento primario di
vantaggio competitivo.
Ritengo che ogni individuo che voglia seguire “la “missione di
imprenditore”, sia partendo dall’azienda del padre sia attraverso
lo strumento della startup o per altra strada, debba avere un’idea
ben precisa su come l’impresa si sia trasformata dall’epoca della
rivoluzione industriale a oggi.
Questo al fine di interiorizzare il concetto secondo il quale, alla
base del successo dell’impresa, sta la sua capacità di trasformarsi,
di evolvere, possibilmente anticipando le trasformazioni sia della
società sia del modello d’impresa.
Eugenio Caruso - 26 marzo 2019
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