Lo sviluppo dell’informazione statistica sui fenomeni della povertà e del disagio economico-sociale a livello regionale è uno degli obiettivi del progetto “Informazione statistica territoriale e settoriale per le politiche strutturali 2001-2008”, previsto da una convenzione stipulata tra Istat e Dipartimento per le Politiche di Sviluppo e Coesione del Ministero dello Sviluppo Economico, e cofinanziato dai Fondi Strutturali Comunitari.
Le risorse finanziarie destinate alle tematiche della povertà nell’ambito di tale convenzione, unitamente al finanziamento del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, hanno consentito all’Istat di diffondere alcuni indicatori di disagio che, nell’ambito della medesima convenzione, sono stati rilevati anche nel 2002 (Statistica in Breve “La povertà e l’esclusione sociale nelle regioni italiane”del 17 dicembre 2003). Nel rapporto dell'Istat, gli indicatori relativi alla zona di residenza e all’accesso ai servizi sanitari sono analizzati anche rispetto alla condizione economica delle famiglie, misurata in termini strettamente monetari (povertà relativa – vedi glossario).
Il disagio nella zona di residenza e l’accesso ai servizi sanitari
L’accessibilità a beni e servizi che, in un determinato contesto, possono essere considerati essenziali, rappresenta un’informazione di sicuro rilievo per l’analisi dell’esclusione sociale. Difficoltà di accesso più o meno marcate possono essere legate alla carenza di risorse economiche familiari oppure possono dipendere dalla carenza e/o dalla scarsa qualità dell’offerta nelle diverse aree territoriali. In ogni caso, l’analisi dei livelli di accesso a determinati beni e servizi evidenzia situazioni differenziate a seconda dell’area geografica di residenza e delle caratteristiche socio economiche della famiglia, offrendo importanti elementi conoscitivi per gli interventi di politica sociale. Queste informazioni hanno un valore conoscitivo importante anche per le imprese, specie le piccole e medie, che, sempre di più, sono coinvolte nelle problematiche sociali dei propri dipendenti.
Nell’ambito del questionario dell’indagine sui consumi delle famiglie, per l’anno 2006, sono stati inseriti cinque quesiti che indagano su alcune caratteristiche della zona di residenza e sull’accesso ad alcuni servizi sanitari. In particolare, è stato chiesto alle famiglie se la zona in cui abitano presenta problemi legati alla sporcizia delle strade; alla diffusione di criminalità, atti vandalici, violenza; alla presenza in strada di persone che si drogano, si ubriacano o si prostituiscono.
Altri quesiti si soffermano invece sulle eventuali difficoltà a utilizzare, a causa dell’affollamento o della lontananza, i servizi dell’Azienda Sanitaria Locale o il Pronto Soccorso. L’inserimento di tali quesiti nell’ambito dell’indagine sui Consumi delle famiglie, che è utilizzata dall’Istat per la stima della povertà relativa, rende possibile analizzarne i risultati anche alla luce di questo tradizionale indicatore monetario di esclusione sociale.
La presenza in strada di sporcizia; criminalità, atti vandalici, violenza; persone che si drogano, ubriacano e si prostituiscono
Una qualche forma di disagio legato alla zona di residenza viene lamentato da oltre un terzo delle famiglie residenti e, almeno a livello nazionale, i problemi denunciati non sembrano associarsi in misura rilevante alla condizione di povertà. La percentuale di famiglie relativamente povere (da qui in poi definite semplicemente come “povere”) che dichiara di avere almeno uno dei tre problemi considerati (Tabella 1) è infatti di soli due punti percentuali superiore a quella osservata tra le non povere (36,8%, contro 34,4%).
Tabella 1 Famiglie che dichiarano alcuni problemi in relazione alla zona in cui vivono per tipo di problema e per condizione di povertà. Anno 2006 (valori %)
|
Presenza in strada di: |
FAMIGLIE |
Almeno un problema |
Sporcizia |
Criminalità, atti vandalici, violenza |
Drogati, ubriachi, prostituzione |
Non povere |
34,4 |
26,9 |
15,4 |
9,1 |
Povere |
36,8 |
32,8 |
16,5 |
9,8 |
Totale |
34,7 |
27,6 |
15,5 |
9,2 |
Fonte Istat
In entrambi i casi, tuttavia, le percentuali osservate risultano leggermente superiori a quelle registrate nel 2002 (tra le famiglie povere era il 34,2%; tra quelle non povere il 31,2%), mostrando un generale aumento dei problemi legati alla zona di residenza.
Il disagio denunciato dalla gente sui media e, spesso, interpretato come “mugugni senza reale consistenza” é testimoniato da dati statistici; è impressionante scoprire che il 34,7% del campione avverta l’esistenza di almeno un problema esistente nella propria zona abitativa.
Il questionario, purtroppo, ha un limite, non inserisce tra le più importanti cause di degrado il rumore (probabilmente contemplato nella voce “almeno un problema”), che, a mio avviso è, invece, un importante parametro per stabilire il grado di vivibilità di una zona e che può essere causa di stress e di gravi patologie nervose.
Il disagio più diffuso riguarda la sporcizia delle strade che è lamentato da oltre un quarto della famiglie residenti e quasi un terzo di quelle povere. Chi, come me, ha avuto modo di viaggiare molto può confermare che sono pochi i paesi nei quali la sporcizia per le strade sia confrontabile con il “caso Italia”. Qualcuno ha mai visto un addetto all’ordine pubblico multare qualcuno perché getta una pacchetto di sigarette per terra?
La percentuale di famiglie che dichiara di vivere in una zona con presenza di criminalità, atti vandalici o violenza è pari invece al 15% e, anche in questo caso, non si osservano differenze rilevanti tra le famiglie povere (16,5%) e quelle non povere (15,4%).
Ancora più contenuta è la quota di famiglie che dichiarano di vivere in una zona con presenza in strada di persone che si drogano, si ubriacano o si prostituiscono (9,2%; quota analoga a quella che si registra per le famiglie povere).
La diffusione del disagio legato alla zona di residenza si fa più marcata passando da Nord a Sud (Tabella 2): la percentuale più contenuta si registra nel Nord-est, dove meno di un quarto della famiglie lamenta almeno uno dei problemi considerati, mentre sale al 38,1% per le famiglie del Centro e supera il 40% tra quelle residenti nel Mezzogiorno; queste ultime ripartizioni mostrano, tra l’altro, anche un peggioramento rispetto al 2002 (le percentuali erano pari rispettivamente al 34,6% e al 35,9%).
Tabella 2 Famiglie che dichiarano alcuni problemi in relazione alla regione in cui vivono e per tipo di problema. Anno 2006 (valori percentuali)
|
Presenza in strada di: |
TOTALI
PER TUTTE
LE FAMIGLIE |
Almeno un problema |
Sporcizia |
Criminalità, atti vandalici, violenza |
Drogati, ubriachi, prostituzione |
Piemonte |
32,5 |
23,3 |
17,5 |
12,0 |
Valle Aosta |
24,6 |
16,1 |
9,7 |
9,6 |
Lombardia |
32,6 |
23,2 |
15,0 |
9,1 |
Trentino A.A. |
13,0 |
6,8 |
6,6 |
4,4 |
Veneto |
24,7 |
16,1 |
11,4 |
7,3 |
Friuli V.G. |
26,2 |
20,9 |
8,8 |
5,6 |
Liguria |
35,2 |
31,0 |
12,3 |
8,3 |
Emilia R. |
25,2 |
17,4 |
12,0 |
7,9 |
Toscana |
28,6 |
21,5 |
10,8 |
9,9 |
Umbria |
28,8 |
19,1 |
16,2 |
10,4 |
Marche |
27,9 |
22,5 |
8,7 |
5,6 |
Lazio |
49,2 |
41,8 |
21,5 |
14,7 |
Abruzzo |
19,0 |
14,7 |
6,3 |
5,8 |
Molise |
25,7 |
23,5 |
8,5 |
4,7 |
Campania |
53,8 |
47,6 |
31,0 |
13,7 |
Puglia |
36,6 |
29,4 |
18,1 |
5,8 |
Basilicata |
24,2 |
21,6 |
5,9 |
3,3 |
Calabria |
36,0 |
32,4 |
11,2 |
5,0 |
Sicilia |
41,0 |
37,1 |
14,3 |
7,3 |
Sardegna |
39,8 |
33,2 |
12,2 |
8,8 |
|
|
|
|
|
Nord-Ovest |
32,8 |
24,1 |
15,3 |
9,9 |
Nord-Est |
24,0 |
16,4 |
10,9 |
7,1 |
Centro |
38,1 |
30,9 |
15,9 |
11,5 |
Centro-Nord |
31,8 |
23,8 |
14,2 |
9,6 |
Mezzogiorno |
40,7 |
35,5 |
18,1 |
8,3 |
Italia |
34,7 |
27,6 |
15,5 |
9,2 |
Fonte: Istat
Inoltre, nel Sud, ripartizione dov’è anche più elevata l’incidenza di povertà relativa, il legame tra disagio economico e problemi della zona di residenza è un po’ più evidente. Infatti, la quota di famiglie povere che lamenta sporcizia nelle strade (37,5%) è di circa tre punti percentuali superiore a quella osservata tra le famiglie non povere (34,9%). Differenze di un certo rilievo si evidenziano anche relativamente alla presenza in strada di persone che si drogano, si ubriacano o si prostituiscono: la percentuale tra le non povere è del 7,8%, mentre è del 10,2% tra le povere.
Il rapporto dell’ISTAT mostra che chi già vive un’esistenza grama a causa delle limitate risorse economiche deve sopportare anche gli estremi disagi di un vivere quotidiano incastonato in un ambiente squallido e degradato.
Nonostante l’esistenza nel nostro paese della sede del cattolicesimo mondiale, e nonostante le radici cristiane e marxiste della nostra politica, l’Italia figura sempre agli ultimi posti in termini di diritti civili e di qualità della vita.
A livello di singola regione le differenze rilevate tra il 2002 e il 2006 non sono statisticamente significative.
Nel 2006 le famiglie campane sono quelle che più frequentemente riferiscono di avere problemi nella zona di residenza: si tratta di oltre la metà delle famiglie e quasi il 60% della famiglie povere. Il 47,6% delle famiglie denuncia problemi di sporcizia, il 31% lamenta la presenza di criminalità, atti vandalici e violenza; inoltre, tali percentuali sono più elevate tra le famiglie povere (rispettivamente, 53,2% e 35,6%). Superiore al 40% anche la percentuale osservata tra le famiglie siciliane: l’elevata percentuale è imputabile principalmente alla presenza di sporcizia nelle strade (37,1%), mentre gli altri problemi mostrano un diffusione addirittura inferiore alla media italiana. Rilevante (49,2%) è, infine, la quota di famiglie residenti nel Lazio che dichiarano di vivere in una zona con problemi ancora una volta legati soprattutto alla sporcizia nelle strade (41,8%). Tale problema si spiega prevalentemente con la presenza, in questa regione, dell’area metropolitana di Roma.
In effetti, il disagio della zona di residenza tende a crescere all’aumentare dell’ampiezza del comune: si passa dal 14% dei comuni più piccoli (fino a 2.000 abitanti), al 60% delle aree metropolitane. La sporcizia nelle strade rimane in testa alla graduatoria (48,1%), affiancandosi alla presenza di criminalità (oltre il 35%) e a una quota importante di famiglie (più che doppia rispetto alla media nazionale) che riferisce la presenza di drogati, ubriachi e prostitute (22,8%). Nelle realtà metropolitane, inoltre, il legame tra povertà e problemi nella zona di residenza sembra più forte: i tre quarti delle famiglie povere dichiara di vivere in zone che presentano almeno un problema, il 66,5% denuncia sporcizia nelle strade, il 53,1% lamenta problemi di criminalità, atti vandalici e violenza e il 37,7% la presenza di drogati, ubriachi o prostitute; problema, quest’ultimo, praticamente inesistente nei piccoli centri.
La tipologia familiare risulta poco discriminante riguardo alla valutazione dei problemi nella zona di residenza: la percentuale di famiglie che dichiara almeno un problema è massima tra i genitori soli (38,3%), ma non è molto distante da quella minima osservata tra gli anziani soli (31,2%); anche tra le famiglie povere, le differenze rispetto alla tipologia familiare sono molto contenute, a evidenziare come le dichiarazioni delle famiglie sui problemi nella zona di residenza siano scarsamente influenzate dalla percezione individuale e dalle caratteristiche familiari.
In sintesi, dunque, i problemi della zona di residenza sono più diffusi nei grandi comuni, e in particolare nelle aree metropolitane, ma anche nelle regioni del Mezzogiorno; per tutti gli indicatori considerati, inoltre, un legame con la condizione di povertà diventa più evidente per le famiglie povere campane, per quelle siciliane e per quelle che vivono nelle grandi realtà metropolitane.
L’accesso all’azienda Sanitaria Locale e al Pronto Soccorso
La difficoltà a utilizzare alcuni servizi sanitari, quali l’azienda sanitaria locale (ASL) e il pronto soccorso, a causa della lontananza e dell’affollamento, rappresenta un problema rilevante soprattutto in alcuni contesti territoriali.
Nel 2006 il disagio maggiore riguarda il pronto soccorso, con il 9% delle famiglie che dichiara di avere molta difficoltà, mentre il 6,5% riferisce di avere molte difficoltà ad utilizzare i servizi offerti dalla ASL.
Tra le famiglie povere le difficoltà sono più diffuse: il 13,5% e il 10% della famiglie povere dichiara, rispettivamente, di avere molte difficoltà a utilizzare il pronto soccorso e la ASL, contro l’8,4% e il 6,1% delle non povere.
Rispetto al 2002, la situazione a livello nazionale mostra una sostanziale stabilità; gli unici cambiamenti statisticamente significativi segnalano un miglioramento nel Nord ovest, in Trentino-Alto Adige e in Sardegna.
Le regioni con maggiori difficoltà di utilizzo del pronto soccorso (valori superiori alla media) sono il Veneto (8,7%), la Valle d’Aosta (7,1%) e l’Emilia Romagna (6,6%); il Veneto e l’Emilia Romagna mostrano, tra le regioni settentrionali, la maggiore difficoltà di utilizzo anche rispetto alla ASL (5,7% e 5,0%).
Nel Centro, dove tra le famiglie povere si osservano, per entrambi gli indicatori, valori di tre punti percentuali superiori (13,1% per il pronto soccorso e 11,3% per la ASL) a quelli osservati tra le non povere (10,1% e 8,4%), la regione che presenta la quota più elevata di famiglie con molte difficoltà di accesso, sia al pronto soccorso sia alla ASL, è il Lazio (rispettivamente 13,7% e 12,6%).
Nel Mezzogiorno, infine, le difficoltà di utilizzo dei servizi sono generalmente più diffuse (13,1% per il pronto soccorso e 8,8% per la ASL), ma meno associate con la condizione di povertà. Circa il 15% delle famiglie siciliane trova molto difficile l’utilizzo dei servizi di pronto soccorso, mentre il 10% delle famiglie campane e pugliesi dichiara che è molto difficile l’utilizzo dei servizi offerti dalla ASL.
A differenza degli indicatori relativi alla zona di residenza, la difficoltà di utilizzo non cresce all’aumentare dell’ampiezza del comune di residenza; i valori più elevati (prossimi al 15%) si osservano tra i piccoli comuni (con meno di 2.000 abitanti) e nei comuni della periferia metropolitana, nei comuni cioè dove è la lontananza delle strutture a determinare la difficoltà di utilizzo, soprattutto per le famiglie povere.
La tipologia familiare risulta, in questo caso, una variabile abbastanza discriminante sulla percezione della difficoltà a usufruire dei servizi sanitari: la percentuale di famiglie che dichiara molta difficoltà (ASL e/o pronto soccorso) è più elevata tra gli anziani; si tratta, in particolare, del 15,4% degli anziani soli, dell’11,6% delle coppie e di circa il 10% delle coppie con figli e delle famiglie di altra tipologia (più spesso famiglie con membri aggregati anziani). Chiaramente la difficoltà è legata al maggior bisogno di questo tipo di servizi; gli anziani e i bambini sono le persone che più di altre usufruiscono dei servizi e, quindi, le loro famiglie hanno maggiore consapevolezza delle difficoltà legate al loro utilizzo. In effetti, “solamente” il 4,6% dei single giovani/adulti dichiara di avere molta difficoltà ad utilizzare il servizio dell’azienda sanitaria locale, contro l’11,3% dei single anziani. La percentuale è superiore al 6% anche tra le coppie di anziani (7,3%) e tra le coppie con tre o più figli (6,3%); percentuale che sale all’8,3% se si tratta di figli minori.
Tra le famiglie senza componenti anziani la percentuale di quelle che dichiarano molte difficoltà scende al 5,4% e quando non sono presenti minori è ancora inferiore (4,9%).
In conclusione, il legame tra povertà e difficoltà di utilizzo dei servizi sanitari appare più forte nelle aree territoriali dove i problemi vengono lamentati da una minore quota di famiglie; in presenza di un’offerta mediamente soddisfacente ad essere penalizzati, per problemi di attesa e collocazione geografica, sono soprattutto i poveri. Viceversa, quando le difficoltà sono più diffuse, come nelle regioni del Mezzogiorno o nei piccoli centri, i problemi divengono trasversali alle diverse fasce di popolazione e non dipendono in misura significativa dalle risorse economiche familiari.
Alcune imprese medio-grandi dispongono di un ambulatorio interno per prestare i primi soccorsi in caso di incidente e per offrire un supporto medico ai propri dipendenti.
L’accesso all’asilo nido e alla scuola materna
Nell’ambito dell’indagine Multiscopo “Aspetti della vita quotidiana”, condotta nel 2006, sono state rilevate le difficoltà incontrate, in termini di lontananza o affollamento, dalle famiglie con bambini da 0 a 5 anni nell’utilizzo di servizi offerti da asili nido o scuola materna. Poco meno del 20% delle famiglie interessate dichiara di avere avuto molte o qualche difficoltà; oltre il 50% riferisce di non aver avuto alcun problema, mentre il restante 27,8% non esprime opinione al riguardo. La percentuale più elevata di famiglie che dichiarano di aver avuto questo tipo di problema si registra tra quelle residenti nel Centro (26,2%, contro valori inferiori al 19% sia nel Nord che nel Sud) tra le quali si osserva anche la percentuale più bassa di famiglie che non sanno dare un giudizio (23,7%, contro valori che si aggirano intorno al 29%). Le difficoltà sono maggiormente diffuse tra le famiglie residenti nel Lazio (33,2%), in Piemonte (27%), in Toscana (23,5) e in Campania (23,4%). Le regioni, invece, con la maggior quota di famiglie che non hanno avuto alcuna difficoltà sono la Liguria (71%), seguita dal Trentino Alto Adige (60,4%) e dalla Calabria (60,2%).
In alcune regioni del Sud la quota di famiglie che riferisce di avere molta o qualche difficoltà si situa al di sotto del valore medio nazionale; ciò si può collegare alla ridotta partecipazione delle madri al mercato del lavoro, che può anche essere ostacolata da un’offerta di servizi all’infanzia non adeguata, scoraggiandone, al contempo, la domanda. Nel Sud, infatti, meno di un terzo delle madri di bambini fino a 5 anni dichiara di avere un’occupazione (contro i due terzi del Centro-Nord), e in alcune regioni è anche più frequente che le famiglie non sappiano dare un giudizio riguardo alla difficoltà di utilizzo dell’asilo nido e della scuola materna.
Va comunque osservato che elevate difficoltà di accesso si possono registrare anche in un contesto dove la diffusione del servizio è maggiore. È questo il caso, delle situazioni in cui fattori diversi (come più elevati tassi di occupazione femminile o mancanza di alternative nell’affidamento dei bambini) generano una forte domanda del servizio che non riesce a essere soddisfatta anche in presenza di un’offerta elevata. Rispetto ai livelli dell’offerta, quindi, la situazione di disagio può essere relativa e non solo assoluta.
Tra le famiglie residenti nella aree metropolitane e nelle loro periferie, ad esempio, le difficoltà di utilizzo dei servizi offerti da asili nido o scuola materna risultano più diffuse (oltre il 26%). Nonostante le realtà metropolitane siano quelle che presentano l’offerta più elevata, è evidente come questa non riesca comunque a soddisfare la domanda, sia in termini di vicinanza del servizio, sia in termini di affollamento. Anche la quota registrata tra le famiglie residenti nei comuni fino a 2.000 abitanti è superiore alla media (23,6%); in questo caso, però, si può ipotizzare che sia l’effettiva assenza o la
scarsità dei servizi nell’area a determinare la difficoltà di utilizzo. Il disagio è avvertito in misura decisamente più marcata dalle famiglie che, per far fronte all’esigenza di affidamento dei bambini, ricorrono, anche solo saltuariamente, a personale a pagamento. In questo caso, la quota di famiglie che lamenta difficoltà arriva al 31,7%, ma sale ulteriormente quando si risiede nel Centro-Nord e, al contempo, in famiglia è presente la madre che lavora (39,6%). Lavorare e ricorrere alla baby sitter sono condizioni associate che caratterizzano più frequentemente le donne residenti nel Centro-Nord; nel Sud, infatti, le famiglie che ricorrono a personale a pagamento per l’affidamento dei figli sono una quota molto minore (3,3% contro il 7,2% del Centro-Nord), tanto da rendere statisticamente non significativa la percentuale di famiglie che, tra queste, lamentano difficoltà a utilizzare i servizi all’infanzia. Inoltre, tra le famiglie che ricorrono alla baby-sitter, la percentuale di quelle che non sanno esprimere un giudizio è di dieci punti percentuali inferiore alla media (17,7% contro 27,8%), a mostrare come la necessità di affidare i propri figli determini una maggiore consapevolezza dell’accessibilità all’asilo nido e alla scuola materna.
In molti casi, è la rete parentale a svolgere una vera e propria funzione di supplenza all’assenza o alla scarsità di servizi, consentendo alle madri di rimanere nel mercato del lavoro. In effetti, la quota dei nuclei familiari con madre occupata che lamenta problemi di lontananza o di affollamento dell’asilo nido e della scuola materna (20,3%), pur essendo superiore alla media, è comunque più bassa di quella osservata tra le famiglie che vivono lontano dai familiari (in complesso un quarto delle famiglie con almeno un figlio fino a 5 anni) e che, avendo come unica alternativa il ricorso alla baby-sitter, percepiscono la difficoltà di utilizzo in misura più marcata (24,9%).
Viene quindi confermato il forte ruolo sussidiario che la rete di aiuti familiare gioca nel nostro Paese nei confronti dell’offerta di servizi all’infanzia: la mancanza del supporto della parentela, che in assenza di un’offerta adeguata riesce solo raramente a tradursi nel ricorso a personale pagamento, sembra determinante nell’accentuare situazioni di disagio rispetto all’utilizzo dei servizi.
Giova notare che in alcune imprese a forte presenza di lavoratrici, specie di piccoli centri, gli accordi integrativi prevedono la realizzazione di un asilo nido all’interno della realtà aziendale; anche in questo caso l'impresa può giocare un ruolo sussidario a quello pubblico.
GLOSSARIO
Famiglia: è costituita da un insieme delle persone coabitanti legate da vincoli di matrimonio, di unione di fatto o di parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi.
Nucleo familiare: è l’insieme delle persone che formano una coppia con figli celibi o nubili, una coppia senza figli, un genitore solo con figli celibi o nubili.
Spesa media familiare: è calcolata al netto delle spese per la manutenzione straordinaria delle abitazioni, dei premi pagati per assicurazioni vita e rendite vitalizie, per rate di mutui e restituzione di prestiti.
Spesa media per persona (pro-capite): si ottiene dividendo la spesa totale per consumi delle famiglie per il numero totale dei componenti.
Soglia di povertà relativa: per una famiglia di due componenti è pari alla spesa media pro-capite nel Paese. Nel 2006 questa spesa è risultata pari a 970,34 euro mensili.
Scala di equivalenza: insieme dei coefficienti di correzione utilizzati per determinare la soglia di povertà quando le famiglie hanno un numero di componenti diverso da due. Ad esempio, la soglia di povertà per una famiglia di quattro persone è pari a 1,63 volte quella per due componenti (1.581,65 euro), la soglia per una famiglia di sei persone è di 2,16 volte (2.095,93 euro).
Scala di equivalenza e linee di povertà relativa per ampiezza della famiglia. Anno 2006, euro per mese
Ampiezza della famiglia |
Coefficienti |
Linea di povertà |
1 |
0,60 |
582,20 |
2 |
1,00 |
970,34 |
3 |
1,33 |
1290,55 |
4 |
1,63 |
1581,65 |
5 |
1,90 |
1843,65 |
6 |
2,16 |
2095,93 |
7 o più |
2,40 |
2328,82 |
Fonte Istat
Rapporto ISTAT e commenti di Eugenio Caruso
27 novembre 2007
Tratto da Rapporto ISTAT