- Nel 2019 il prodotto interno lordo (Pil) è previsto crescere dello 0,3% in termini reali, in
deciso rallentamento rispetto all’anno precedente.
- Nell’anno corrente, la domanda interna al netto delle scorte fornirebbe l’unico contributo
positivo alla crescita del Pil (0,3 punti percentuali), mentre l’apporto della domanda estera netta
e quello della variazione delle scorte risulterebbero nulli.
- Nel 2019, la spesa delle famiglie e delle ISP in termini reali è stimata crescere dello 0,5%, in
lieve rallentamento rispetto all’anno precedente.
- Nell’anno in corso, il processo di ricostituzione dello stock di capitale rallenterebbe in misura
significativa. La riduzione coinvolgerebbe sia gli investimenti in macchinari e attrezzature sia
quelli in costruzioni. Nel complesso, gli investimenti fissi lordi sono previsti crescere dello 0,3%.
- La decelerazione dei ritmi produttivi inciderebbe anche sul mercato del lavoro. Nel 2019 si
prevede che l’occupazione rimanga sui livelli dell’anno precedente (+0,1%) mentre si
registrerebbe un lieve aumento del tasso di disoccupazione (10,8%). Le retribuzioni lorde per
unità di lavoro dipendente sono attese evolvere in linea con il deflatore della spesa delle famiglie
residenti (+0,9%).
- L’attuale scenario di previsione è caratterizzato da alcuni rischi al ribasso rappresentati da
una ulteriore moderazione del commercio internazionale e da un possibile peggioramento delle
condizioni creditizie legato all’aumento dell’incertezza e all’evoluzione negativa degli scenari
politici ed economici internazionali.
La decelerazione dell’economia mondiale iniziata nella seconda metà dello scorso anno è stata
confermata dagli indicatori congiunturali di inizio 2019. Le prospettive economiche, inoltre,
continuano a essere caratterizzate da rischi al ribasso quali la prosecuzione delle tensioni
commerciali, gli effetti dell’incompiuto processo di Brexit e il rallentamento congiunturale
superiore alle attese registrato in Cina.
La politica protezionistica, accentuatasi a causa delle
nuove barriere tariffarie all’importazione implementate dagli Stati Uniti, ha continuato a
penalizzare il commercio mondiale di merci in volume che, nel 2019, è atteso decelerare
sensibilmente (+2,9% rispetto al +4,0% del 2018.
Le previsioni per l’economia mondiale per il 2019 indicano un rallentamento del Pil reale al
+3,2% (+3,6% nel 2018), diffuso tra i paesi. La crescita mondiale sarà sostenuta dalle economie
emergenti e dai paesi in via di sviluppo dell’Asia (+6,1%), mentre in Giappone è attesa
proseguire la fase di moderazione (+0,8%).
Nel primo trimestre, la performance economica di Stati Uniti, area euro, Giappone e Cina è stata
migliore delle attese anche se il risultato positivo potrebbe essere stato determinato da fattori
temporanei. Negli Stati Uniti, la crescita congiunturale del Pil (+0,8% da +0,7%, 2018) è
stata trainata dal calo delle importazioni e dall’accumulazione delle scorte, mentre gli investimenti
privati e i consumi hanno continuato a decelerare. Il tasso di disoccupazione si è confermato ai
minimi storici (3,6% in aprile).
Tra gennaio e marzo, il miglioramento dell’economia dell’area euro (+0,4% da +0,2%) è
stata sostenuto prevalentemente dalla domanda interna. Riguardo ai principali paesi dell’area, in
T1 il Pil ha mantenuto in Francia il ritmo dei due trimestri precedenti (+0,3%) mentre in Spagna
si è registrata un’accelerazione (+0,7% da +0,6%). In Germania, la stima preliminare ha
mostrato una ripresa dei ritmi produttivi (+0,4%), dopo lo stallo della seconda metà dello scorso
anno.
In un contesto di forte incertezza sull’evoluzione del ciclo economico mondiale, le condizioni
monetarie nei principali paesi si sono mantenute accomodanti. La Federal Reserve e la Bce
hanno, infatti, interrotto i processi di normalizzazione della politica monetaria per valutare
attentamente l’intensità e gli effetti del rallentamento globale.
Nella prima parte dell’anno, le indagini sulla fiducia relative all’area euro hanno continuato a
mostrare segnali di debolezza. Ad aprile l’Economic sentiment indicator (ESI) elaborato dalla
Commissione europea ha registrato un’ulteriore significativa flessione e l’euro area climate
tracer ha proseguito il suo movimento verso la zona che identifica la fase di contrazione
dell’attività economica. Nello stesso mese, anche l’indice Eurocoin ha segnato la sesta
diminuzione consecutiva, riportandosi sui livelli di inizio 2015.
Queste indicazioni suggeriscono
un rallentamento dell’attività economica. In base alle previsioni più recenti della Commissione
europea, il Pil dell’area euro è atteso crescere dell’1,2% in decelerazione dal 1,9% nel 2018.
Nella media dello scorso anno, il tasso di cambio si è attestato a 1,18 dollari per euro,
mostrando un apprezzamento dell’euro rispetto alla media del 2017 (1,13 dollari per euro). Per il
2019, ci si attende un apprezzamento del dollaro rispetto all’euro, in linea con le diverse
prospettive di crescita delle due aree. Nello scenario di previsione, l’evoluzione del tasso di
cambio incorpora una ipotesi tecnica (1,13 il valore in media d’anno).
Nel 2018, il prezzo del petrolio è salito rispetto all’anno precedente (71,1 dollari al barile in media
d’anno), mantenendosi tuttavia su livelli decisamente inferiori al picco raggiunto nel periodo
2011-2014. Dall’ inizio di ottobre, le quotazioni del Brent sono scese, a causa dell’incremento
dell’offerta negli Stati Uniti, in Arabia Saudita e in Russia e della tenuta delle esportazioni
dell’Iran, a seguito dell’allentamento temporaneo delle sanzioni applicate dagli Stati Uniti. Da
gennaio 2019, si è registrata una nuova risalita del prezzo del Brent (63,2 dollari al barile la
media del primo trimestre 2019) che ha riflesso principalmente fattori di offerta legati ai tagli alla
produzione da parte dei paesi OPEC e del Canada, e le tensioni geopolitiche in Libia e in
Venezuela. In media d’anno il prezzo del petrolio è previsto attestarsi a 69,2 dollari per barile.
Previsioni per l’economia italiana
Nel primo trimestre 2019 il Pil italiano ha invertito la tendenza negativa emersa nel secondo
semestre del 2018, registrando un aumento congiunturale (+0,2%). La ripresa è stata alimentata
dal contributo positivo della domanda estera netta mentre la componente nazionale (al lordo
delle scorte) ha fornito un contributo negativo.
La fiducia di famiglie e imprese ha confermato un orientamento negativa. Ad aprile, l’indice del
clima di fiducia dei consumatori è diminuito per il terzo mese consecutivo. Tutte le componenti
sono risultate in peggioramento, con una diminuzione più contenuta per le attese sul futuro.
L’indice di fiducia delle imprese ha continuato a fornire segnali altalenanti: ad aprile è
nuovamente diminuito dopo l’aumento di marzo, mostrando un calo diffuso tra i settori economici
con un miglioramento solo per le imprese delle costruzioni. Nel settore manifatturiero, per il
quale l’indice ha segnato la diminuzione più lieve, i giudizi sul livello degli ordini e sulle attese
sulla produzione sono peggiorati evidenziando una diminuzione del saldo relativo alle scorte di
magazzino. Nello stesso mese, l’indicatore anticipatore ha registrato una flessione meno
marcata rispetto a quelle dei mesi precedenti, prospettando comunque il proseguimento di una
fase di moderazione dei ritmi produttivi.
Nel 2019, il Pil è atteso decelerare rispetto all’anno precedente (+0,3%), supportato
esclusivamente dalla domanda interna. I consumi delle famiglie, seppure in marginale
rallentamento rispetto all’anno precedente, costituiranno la principale componente a sostegno
della crescita mentre la spesa per gli investimenti segnerà una decisa decelerazione. La
moderazione del commercio mondiale determinerebbe una riduzione del volume di esportazioni
e importazioni con un conseguente contributo nullo della domanda estera netta.
Il mercato del lavoro è atteso risentire della decelerazione del Pil, confermando livelli occupazionali
analoghi a quelli dello scorso anno. Le retribuzioni mostrerebbero un rallentamento con tassi di
crescita in linea con quelli del deflatore della spesa delle famiglie residenti.
Consumi in miglioramento nel 2019
Nel quarto trimestre del 2018, la spesa per consumi dell’area euro è aumentata (+0,6%)
confermando i profili di eterogeneità tra gli andamenti dei singoli paesi, già emersi nel corso
dell’anno. La Spagna ha mostrato una maggiore vivacità già a partire dal secondo trimestre e in
T4, ha segnato il risultato più elevato tra i maggiori paesi dell’area euro. I consumi delle famiglie
in Germania sono migliorati in T4 (+0,3%), dopo la contrazione nel trimestre precedente (-0,3%)
e anche in Francia hanno segnato un andamento altalenante con una stagnazione nel quarto
trimestre (+0,3%).
Nel 2018, i consumi delle famiglie italiane hanno registrato bassi ritmi di crescita, con una
decelerazione che si è protratta fino al terzo trimestre. La spesa per consumi ha mostrato una
ripresa contenuta nel quarto trimestre (+0,2%) a cui ha contribuito la crescita robusta dei
consumi dei beni durevoli (+1,8% rispetto al +0,8% del terzo trimestre). I beni di consumo non
durevoli hanno registrato una variazione congiunturale marginalmente positiva (+0,1%) ma
comunque in aumento rispetto al trimestre precedente (-0,4%). La spesa delle famiglie per
servizi, invece, ha mostrato un rallentamento (+0,1% rispetto al +0,3%).
Per l’anno corrente si prevede un moderato incremento dei consumi delle famiglie e delle ISP
sostenuto dall’aumento del monte salari e, in misura limitata, dalle misure sul reddito di
cittadinanza. Nel 2019, in Italia la spesa delle famiglie e delle ISP in termini reali è prevista
crescere a un tasso simile a quello del 2018 (+0,5% rispetto a +0,6%). I consumi della PA,
invece, dovrebbero registrare una lieve diminuzione (-0,2% rispetto a +0,2% del 2018). In
presenza di un miglioramento del potere di acquisto, l’attuale fase di incertezza porterebbe le
famiglie ad assumere comportamenti precauzionali, determinando un aumento della
propensione al risparmio.
Processo di accumulazione del capitale in deciso rallentamento
Nel 2018, la quota degli investimenti italiani sul Pil è stata ancora inferiore ai livelli pre-crisi
(18,0% era 21,2% nel 2007). Lo scorso anno, nella media dell’area euro, tale quota è stata di 2
punti percentuali inferiore al periodo precedente il 2008-2009, sebbene Francia e Germania
abbiano sostanzialmente recuperato le posizioni pregresse.
Il processo di recupero degli investimenti italiani si è intensificato negli ultimi quattro anni (2015-
2018) con un aumento delle quote (+1,1 punti percentuali) in linea con quello dell’area euro. La
ripresa è stata comunque legata alla crescita marcata degli investimenti in mezzi di trasporto
(+25,6% l'incremento medio negli ultimi quattro anni, +7,8% nell’area euro), in parte sostenuti
dalle agevolazioni fiscali legate ai maxi-ammortamenti. Nel periodo di riferimento, anche gli
investimenti in macchinari, al netto dei mezzi di trasporto e della componente ICT, sono
aumentati (+2,3%) seppure a tassi inferiori a quelli dell’area euro (3,8%). Per l’Italia, la dinamica
di tale tipologia di investimenti è ancora inferiore rispetto a quella del periodo 1995-2007
(+3,2%), mentre nell’area euro si mantiene su velocità simili (+3,9%).
Per l’anno corrente il deciso rallentamento delle aspettative sui livelli produttivi dell’area euro e
dell’economia italiana sono attesi incidere in misura significativa sulle scelte di investimento delle
imprese. Sia gli investimenti in macchinari e attrezzature sia quelli in costruzioni sono attesi
evolvere in misura decisamente più contenuta rispetto agli anni precedenti.
Nel 2019, gli investimenti fissi lordi italiani aumenterebbero (+0,3%) beneficiando in misura
contenuta anche delle agevolazioni inserite nel decreto crescita.
Scambi internazionali ancora dinamici
Lo scorso anno gli scambi con l’estero hanno registrato un deciso rallentamento e la domanda
estera netta ha fornito un contributo lievemente negativo alla crescita del Pil (-0,1 punti
percentuali). Complessivamente, le esportazioni di beni e servizi in volume sono aumentate
dell’1,9% mentre le importazioni del 2,3% (rispettivamente +5,9% e +5,5% nel 2017).
La decelerazione degli scambi dell’Italia si è inserita in un quadro di rallentamento generalizzato
del commercio mondiale, condizionato dal peggioramento dello scenario economico
internazionale e dall’innalzamento delle misure protezionistiche.
Il minore dinamismo degli scambi di beni italiani sintetizza tendenze fortemente eterogenee tra i
mercati di destinazione e i prodotti scambiati. Al forte ridimensionamento delle vendite in volume
verso i mercati extra-europei, si è associato un lieve aumento delle esportazioni verso l’Ue. Il
calo complessivo dei volumi esportati ha, inoltre, riguardato prevalentemente i beni strumentali a
fronte di un aumento, pur se contenuto, dei beni intermedi e dei beni di consumo non durevoli.
I dati relativi al primo trimestre del 2019 indicano un aumento tendenziale degli scambi di beni
rispetto al primo trimestre del 2018, più accentuato per le esportazioni in valore (+2,0%) e
minore per le importazioni (+1,5%). Il miglioramento è associato all’aumento dei prezzi dei beni,
a fronte di una riduzione dei volumi scambiati, più marcata nel caso degli acquisti dall’estero.
Nel corso dell’anno, l’evoluzione del commercio estero sarà condizionata dalla riduzione delle
prospettive di crescita del commercio mondiale. Le esportazioni e le importazioni in volume sono
previste aumentare con intensità simili (+1,7% e +1,8% rispettivamente). Il saldo della bilancia
commerciale di beni e servizi sul Pil si manterrebbe positivo (2,4%), lievemente inferiore ai livelli
raggiunti lo scorso anno (2,5%).
Mercato del lavoro stazionario
Nel corso del 2018, nell’area dell’euro è proseguita la fase di ripresa dell’occupazione e di
riduzione della disoccupazione. I miglioramenti si sono estesi anche al primo trimestre dell’anno
corrente quando, secondo le misure riportate dalla contabilità nazionale, l’occupazione ha
segnato un ulteriore miglioramento congiunturale (+0,3%). In base ai dati delle forze lavoro, a
marzo, il tasso di disoccupazione è diminuito ulteriormente (7,7%).
Dopo la fase di sostanziale stabilità del secondo trimestre del 2018, in Italia tra gennaio e marzo
il tasso di occupazione è migliorato di 0,1 punti percentuali rispetto al trimestre precedente,
mentre il tasso di disoccupazione è tornato a scendere (10,2%), attestandosi tuttavia su valori
più elevati rispetto a quelli dell’area euro.
Nel corso del 2018, i miglioramenti dell’occupazione si sono associati a un aumento della quota
di contratti temporanei (13,4%, +1,3 punti percentuali in più rispetto all’anno precedente) ormai
vicina a quella dell’area euro (13,9%, +0,2 punti percentuali in più rispetto all’anno precedente).
Nel primo trimestre 2019, il tasso di posti vacanti, che misura la quota dei posti di lavoro per i
quali è in corso la ricerca di personale, è diminuito di 0,1 punti percentuali per il complesso delle
attività economiche, sintesi di un decremento di 0,1 punti percentuali nell’industria e di 0,2 nei
servizi. Anche le aspettative degli imprenditori sull’occupazione per i prossimi mesi sono deboli: nei
primi mesi dell’anno hanno mostrato un generale peggioramento, più accentuato nell’industria.
Per il 2019 si prevede il proseguimento dell’attuale fase di moderazione dell’occupazione. In
media d’anno le unità di lavoro sono attese rimanere vicino ai livelli dell’anno precedente
(+0,1%), mostrando una lieve ricomposizione a favore degli occupati dipendenti.
L’evoluzione dell’occupazione porterebbe a un lieve aumento della produttività reale per
occupato, la cui dinamica negli ultimi anni è rimasta significativamente inferiore a quella dell’area
euro. Le retribuzioni per dipendente manterrebbero un orientamento positivo, in linea con l’andamento
del deflatore dei consumi (+0,9%).
Inflazione in leggero rallentamento
Nei primi mesi dell’anno l’inflazione ha mostrato un aumento marginale. Nonostante
l’intensificarsi delle spinte inflative provenienti dai costi esterni, per i rincari delle quotazioni
internazionali del petrolio e il contestuale indebolimento dell’euro, la dinamica dei prezzi al
consumo è rimasta su ritmi di crescita contenuti: dopo il livello minimo di gennaio (+0,9%), il
tasso tendenziale dell’indice per l’intera collettività ad aprile è salito all’1,1%.
In un quadro caratterizzato da una evoluzione moderata della domanda di consumo e in
assenza di pressioni significative dai costi interni, la dinamica di fondo dell’inflazione si è
mantenuta particolarmente bassa, con intensità pari a circa la metà dell’inflazione totale (+0,6%
ad aprile). In particolare, i prezzi dei servizi, in rallentamento nel primo trimestre, in aprile hanno
segnato un aumento (+1,3%) prevalentemente a causa di fattori stagionali. Allo stesso tempo è
proseguita la fase deflativa, in atto da oltre un anno, per i beni industriali non energetici. In un
contesto di peggioramento del clima di fiducia delle famiglie, nella distribuzione finale sono
prevalsi i comportamenti volti ad assorbire in parte gli aumenti provenienti dalle fasi
immediatamente precedenti. A livello di produzione, per i beni di consumo non alimentari
destinati al mercato interno, i prezzi hanno, infatti, registrato una accelerazione (+1,3% a marzo,
+1,0% a fine 2018).
Nei primi mesi del 2019, la maggiore debolezza della domanda di consumo nel nostro Paese
rispetto a quella dell’area euro ha confermato il gap nell’inflazione a favore dell’Italia sia nella
misura totale sia per la componente di fondo (ad aprile 0,6 e 0,7 punti percentuali in meno
rispettivamente).
In prospettiva, sotto le ipotesi di una attenuazione dei fattori inflazionistici provenienti dal canale
esterno, con una stabilizzazione del prezzo del petrolio e del cambio dollaro-euro sui livelli medi
di aprile, la dinamica dei prezzi al consumo confermerebbe nei prossimi mesi le attuali tendenze.
Una maggiore moderazione è attesa nella seconda parte dell’anno in corrispondenza del
confronto con un periodo dello scorso anno caratterizzato dai rincari energetici. Nel quadro di
una domanda di consumo ancora lontana da una fase di irrobustimento e di una dinamica
salariale in rallentamento per il rientro dell’accelerazione dovuta ai rinnovi nel pubblico impiego,
l’apporto inflazionistico delle determinanti interne di costo rimarrà moderato. Nella media del
2019 il deflatore della spesa per consumi finali delle famiglie è previsto attestarsi su un valore
appena inferiore all’1%, con una diminuzione di 0,2 punti percentuali rispetto ai tassi di crescita
del biennio precedente; il deflatore del Pil, dovrebbe registrare un tasso di crescita lievemente
inferiore (+0,8%).
Incertezze dello scenario di previsione
Nell’attuale scenario di previsione, si ipotizza il proseguimento della fase di politica monetaria
accomodante e un conseguente effetto limitato dell’incertezza sui mercati finanziari e del credito.
Tuttavia, l’evoluzione di alcuni fattori quali l’acuirsi delle tensioni commerciali, le decisioni
connesse alla Brexit e più in generale alla fase di ricostituzione del Parlamento europeo,
potrebbero generare un aumento dell’incertezza sui mercati finanziari.
Utilizzando il modello MeMo-It dell’Istat, rispetto alle variabili esogene specificate, per il 2019 si è
quantificata l’ipotesi di un peggioramento delle condizioni di incertezza economico politica.
Un peggioramento delle condizioni di incertezza, misurato da un ritorno del
relativo indicatore ai livelli medi del periodo 2012-2014, avrebbe effetti prevalentemente sulle
scelte di investimento delle imprese portando a una riduzione degli investimenti in macchinari e
attrezzature (-0,9 punti percentuali) rispetto allo scenario base. Conseguentemente, il totale
degli investimenti diminuirebbe (-0,3 punti percentuali) ma non si verificherebbe una riduzione
significativa del Pil.
Revisioni del precedente quadro previsivo
Rispetto al quadro diffuso a novembre 2018, l’attuale scenario previsivo mostra una significativa
revisione al ribasso.
Il cambiamento dello scenario internazionale si è riflesso in una riduzione delle previsioni di
crescita del commercio mondiale (-0,9 punti percentuali) e del Pil mondiale (-0,3 punti
percentuali). Conseguentemente, le previsioni di crescita delle esportazioni e importazioni si
sono sensibilmente ridotte anche se il contributo della domanda estera netta è rimasto invariato.
L’ampliamento del gap tra previsioni di crescita dell’economia degli Stati Uniti e quella dell’area
euro ha portato a una revisione al ribasso del tasso di cambio. Allo stesso tempo anche la
previsione per il prezzo del petrolio è stata ridotta.
In un contesto internazionale di crescita più moderata anche le componenti di domanda sono
state riviste al ribasso. Il contributo della domanda interna diminuisce di un punto percentuale
rispetto alle previsioni di novembre 2018 condizionato dalle revisioni in negativo dei consumi
delle famiglie residenti e ISP (-0,7 punti percentuali) e degli investimenti (-2,9 punti percentuali).
ISTAT.it - 23 maggio 2019
Tratto da