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Capitolo 2
Maturità dell’impresa
2.6 La Qualità totale
Tra gli strumenti dell’impresa moderna un discorso a parte, sia
pur sintetico, merita il cosiddetto total quality management. Oggi,
infatti, la Qualità totale è una filosofia trasversale a tutte le funzioni
aziendali (per questo motivo la indichiamo con la Q maiuscola). È la
metodologia con la quale deve essere affrontata la vita in azienda. È
proprio l’impresa nella sua fase di maturità che deve essere capace di
interiorizzare nel proprio DNA e nei propri collaboratori lo spirito
della Qualità.
Parlando di Qualità, è normale pensare immediatamente all’industria
giapponese dove è essa è nata; ma, ironia della sorte, non
furono i giapponesi gli ideatori della Qualità. La sua origine è statunitense
e risale a un gruppo di statistici che, tra gli anni ’20 e ’30,
lavoravano nella divisione controllo della Qualità della Western
Electric, un’azienda industriale della ITT. Alla Western si cercava
una metodologia in grado di arginare il fenomeno della variabilità
dei prodotti, all’uscita delle linee di produzione. La tecnica messa
a punto da quei pionieri è quello che oggi è chiamato Statistical
Process Control (SPC). Alla fine della Seconda Guerra Mondiale,
William Edwards Deming e Joseph Juran, della Western Electric, e
Armand Feigenbaum, ex-responsabile della Qualità della General
Electric, in qualità di membri delle forze d’occupazione per la ricostruzione
industriale insegnarono ai giapponesi le tecniche della
Qualità. Molti anni dopo, gli elevati livelli qualitativi raggiunti dai
giapponesi indussero il sistema produttivo occidentale a interpellare
Deming, Juran, Feigenbaum e un altro guru della Qualità, Philip
Crosby, un ex-dirigente della ITT, per attingere nuovamente alle
dimenticate tecniche della Qualità.
Il concetto di Qualità ha subìto una grande evoluzione; nei primi
anni ’50, i giapponesi utilizzarono le teorie di Deming e soci per
la ricostruzione della loro struttura industriale puntando, sostanzialmente,
al miglioramento dei processi di produzione. Particolare
cura veniva rivolta ai controlli effettuati per ridurre il numero di difetti
che si presentavano nell’arco del processo di produzione, dalla
materia prima o dal semilavorato al prodotto finito.
In Italia, la Qualità diventa la parola d’ordine degli anni ’80,
quando le aziende, anche le PMI, si rendono conto che l’attenzione
ai dettagli genera affidabilità e quindi vantaggio competitivo e iniziano
a farsi certificare secondo le norme ISO 9000.
Mentre l’Occidente rincorreva i giapponesi nell’adottare i principi
della Qualità, questi avevano posto gli obiettivi della Qualità più avanti, adottando il metodo di produzione just-in-time,
nell’ambito dei principi del kaizen (miglioramento continuo). Il metodo
consiste in una procedura organizzativa in grado di consegnare
il prodotto finito, prelevandolo direttamente dalla catena di montaggio,
invece di mandarlo ad ampliare il livello delle scorte in attesa
della vendita.
L’industria automobilistica Toyota fu la prima a convincersi della
validità di due principi: la Qualità resta un’arma competitiva molto
potente, ma la possibilità di una consegna immediata di un prodotto
ordinato quasi “su misura” può diventare fonte di notevole vantaggio
competitivo. La Toyota ha introdotto anche il concetto di Zero muda
(zero attività inutili), individuando sette muda:
1. Difetti. Sono errori di realizzazione e rifacimenti o anche produzione
di parti e prodotti non necessari.
2. Sovrapproduzione. La sovrapproduzione è la produzione o
l’acquisizione di beni prima che siano effettivamente richiesti. È uno spreco molto pericoloso per le aziende perché tende a
nascondere problemi di produzione. La sovrapproduzione infatti
deve essere immagazzinata, gestita e protetta, generando quindi
altri sprechi.
3. Trasporti. Ogni volta che un prodotto è trasferito rischia di
essere danneggiato, perso, ritardato e così via, così diventa un costo
che non produce valore. I trasporti non introducono alcuna
trasformazione al prodotto che il cliente sia disposto a pagare.
4. Attese. Si riferisce sia al tempo impiegato dai lavoratori nell’attesa
che la risorsa sia disponibile, sia al capitale immobilizzato in
beni e servizi che non sono ancora stati consegnati al cliente.
5. Scorte. Le scorte, siano esse in forma di materie prime, di materiale
in lavorazione o di prodotti finiti, rappresentano un capitale
che non ha ancora prodotto un guadagno, sia per il produttore,
sia per il cliente. Ciascuna di queste tre voci che non sia ancora
elaborata per produrre valore è uno spreco. Il just-in-time è l'approccio organizzativo-gestionale che persegue i seguenti
scopi: zero scorte, zero scarti, zero set-up-time, zero fermate, zero trasporti, zero attese.
6 Movimento. È simile ai trasporti, ma si riferisce, anziché ai
prodotti, ai lavoratori o alle macchine. Questi possono subire
danneggiamenti, usure, problemi di sicurezza.
7. Processi inutilmente costosi. Usare risorse più costose del
necessario per le attività produttive o aggiungere funzioni in più,
oltre a quelle che aveva originariamente richiesto il cliente, produce
solo sprechi. C’è un particolare problema in tal senso che
riguarda gli operatori. Gli operatori che possiedono una qualifica
superiore a quella necessaria per realizzare le attività richieste
generano dei costi per mantenere le proprie competenze che
vanno sprecati nella realizzazione di attività meno qualificate.
La Qualità subisce un’importante evoluzione e oggi abbraccia tutti
gli aspetti operativi di un’impresa; si parla infatti di Qualità totale,
ed essa non è più monopolio del sistema produttivo giapponese. Con
l’evoluzione dei principi della Qualità cambia anche il rapporto tra
management e dipendenti: dall’organizzazione basata sul “controllo”
del lavoro si è passati, oggi, al principio del “consenso”.
Il total quality management (TQM) è una disciplina che oggi
abbraccia l’intera organizzazione, dalle relazioni tra gli stakeholders
alla produzione. Con l’introduzione della parola total nel concetto
di Qualità è stato introdotto un aspetto olistico della gestione; inoltre,
dai criteri e dai metodi d’impostazione della Qualità, attraverso
l’autodiagnosi organizzativa ogni impresa può seguire un percorso
metodologico per conseguire l’eccellenza del business.
La Qualità totale ha comportato l’immissione nell’organizzazione
aziendale di gerarchie flessibili, lavoro di squadra, auto-regolamentazione
dei lavoratori, utilizzo di strumenti per quantificare il successo
e per realizzare un continuo miglioramento dei compiti e dei processi.
Il total quality management dovrebbe essere l’obiettivo finale
di ogni impresa, che dovrà essere però consapevole che il processo
d’attuazione richiede tempo, impegno e risorse. La strada seguita da
molte imprese è quella di raggiungere, gradualmente, livelli qualitativi
sempre più elevati. Negli Stati Uniti il TQM è diventato oramai
un must per tutte le imprese, tanto che il Malcom Baldrige National
Quality Award, istituito nel 1987 e consegnato ogni anno dallo stesso
presidente degli USA alle sei aziende distintesi nel campo della Qualità totale, è per ogni azienda l’oggetto del desiderio. La stessa ambizione
mostrata dalle imprese giapponesi nei confronti del premio
sulla Qualità, istituito negli anni ’50 e dedicato all’americano William
Edwards Deming.
È necessario, comunque, sottolineare la situazione di ritardo
dell’UE rispetto a USA e Giappone nell’applicazione della Qualità
come strumento di competitività dell’apparato produttivo. La Commissione
dell’UE ha analizzato alcuni elementi di comparazione e
sono emerse le seguenti considerazioni:
- manca una “cultura omogenea” della Qualità e quindi un’immagine
europea della Qualità;
ciò penalizza nella competizione, poiché la Qualità potrebbe
diventare l’asse orizzontale di una politica industriale europea,
tesa al mantenimento o all’acquisizione di quote di mercato;
- siamo in ritardo circa il ruolo della Qualità quale elemento di
management;
- stiamo perdendo occasioni per una maggiore partecipazione del
personale interno e quindi per una sua maggiore soddisfazione e
una migliore qualità della vita;
- non si aiutano sufficientemente le PMI;
- siamo in ritardo nell’introduzione della Qualità nei servizi
pubblici.
D’altra parte non si può dimenticare l’importanza che ha avuto
l’introduzione della Qualità nello sviluppo dell’impresa moderna,
specialmente dal 1994, quando è stata effettuata una prima importante
revisione delle norme ISO.
Le esigenze poste dalla revisione del 1994 pongono infatti in evidenza
quattro aspetti innovativi:
- Il baricentro passa dalla qualità del prodotto alla qualità dell’organizzazione.
- La qualità non interessa solo la produzione, ma si rivolge anche
al settore dei servizi, nell’accezione più ampia.
- Ci si è resi conto che nella logica per processi è necessario coinvolgere
tutta la struttura degli stakeholders.
- L’attenzione si è spostata dal “sistema di Qualità” alla “gestione
del sistema di Qualità”, ponendo l’accento, quindi, sul miglioramento
continuo più che sul controllo.
È interessante notare che le nuove norme sulla Qualità (le ISO
9001:2000) stimolano, ancor più delle revisione del 1994, l’adozione
dell’approccio per processi come mezzo di facile identificazione e
gestione delle opportunità di miglioramento delle imprese di produzione
e di servizio. Per la prima volta viene riconosciuto il ruolo centrale
della leadership, non più chiamata a svolgere un ruolo basato su
comando e controllo, ma investita di precise responsabilità. Il 14 novembre
2008, l’ISO ha pubblicato la nuova edizione ISO 9001:2008,
a cui non sono stati aggiunti o tolti requisiti, ma solo meglio specificati
quelli esistenti. Il 26 novembre 2008 in Italia, l’UNI ha ritirato
l’edizione 2000 per sostituirla con la UNI EN ISO 9001:2000/2008.
La ISO 9001:2000/2008 prevede un approccio globale e completo
di certificazione per cui non è possibile escludere settori o processi
aziendali, se presenti nell’organizzazione, necessari a soddisfare i
clienti.
Eugenio Caruso - 8 agosto 2019
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