7. L'immagine dell'impresa
Una buona o ottima immagine di un'impresa rappresenta un patrimonio di inestimabile valore. Essa favorisce i rapporti con tutti gli stakeholder e quindi genera business, ma essa deriva anche dal giudizio degli stakeholder, verso i quali devono, quindi, indirizzarsi gli sforzi dell'azienda.
L'immagine di un'impresa è l'insieme di due componenti, una cognitiva e una emotiva. La prima è costituita dai numeri, dai fatti, da esperienze dirette o indirette avute con l'azienda, dai comportamenti, dalle risposte; la seconda è costituita dal coinvolgimento emotivo, dal ricordo, dalla tradizione, dai valori, dall'orientamento personale di chi esprime la valutazione.
Comunque, qualunque sia il messaggio che l'impresa invia al mondo esterno, esso dovrà essere tale da non creare discrasie con l'immagine che dell'azienda hanno i dipendenti; infatti, tanto più brillante è l'immagine proiettata all'esterno tanto maggiore sarà il riflesso negativo sulle persone che quotidianamente toccano con mano una realtà aziendale diversa.
L'immagine interna deve essere coerente con quella esterna, anzi, nel processo di costruzione della propria immagine ci si dovrà focalizzare innanzitutto sugli aspetti interni, organizzativi e culturali.
La grande impresa costruisce, generalmente, la propria immagine con la pubblicità, chi puntando sugli aspetti cognitivi (la globalizzazione delle mode e dei gusti, l'antirazzismo, l'unione tra i popoli, la famiglia, la natura), chi privilegiando il coinvolgimento emotivo (l'esclusività, il messaggio provocatorio, l'anticonformismo, il mito giovane, la bellezza, il ricordo).
Nel caso di una piccola o media impresa la trasmissione dell'immagine raramente avviene attraverso messaggi pubblicitari; generalmente, viene sfruttato il tessuto delle relazioni che tiene uniti gli stakeholder verso i quali, giorno per giorno, vengono trasmessi la cultura, i valori, la vision e la mission aziendali e dai quali vengono recepiti gli stimoli per un progressivo miglioramento dell'immagine stessa.
Una leadership accorta dovrebbe tenere sotto controllo la qualità della propria immagine presso gli stakeholder, anche affidandosi a terzi, neutrali nel giudizio.
8. L'innovazione
Un'impresa che voglia sopravvivere in un mercato, nel quale l'ipercompetizione (2) è legge, dovrà fare dell'innovazione la propria regola di vita.
L'impresa dovrà, quindi, entrare in una logica di innovazione continua e l'innovazione dovrà interessare vari aspetti dell'impresa, il prodotto, il servizio, il processo, il management, la logistica, il marketing; essa dovrà entrare in ogni componente delle catene del valore alla Porter, sia orizzontali, che verticali, per creare valore per l'insieme degli stakeholder, partendo dalla creazione di valore per ogni singola attività che, in qualche modo, coinvolga l'azienda.
L'innovazione può essere di tipo incrementale, fatta di piccoli passi, oppure può essere dirompente, può scardinare gli schemi costituiti, cambiare i paradigmi esistenti, creare un circolo virtuoso nel quale si arriva a distruggere l'esistente per sostituirlo con il nuovo, che una volta diventato obsoleto, viene sostituito da qualcosa d'altro.
E' ovvio che un'impresa non può vivere quotidianamente con questo secondo tipo di innovazione, ma essa deve avere nel proprio dna la possibilità di avviare un processo di innovazione "rivoluzionaria", quando la leadership si rende conto che, per evitare il declino, è venuto il momento di far partire una nuova curva di sviluppo.
Per avviare un processo di innovazione continua l'impresa ha bisogno di forti e condivise valenze culturali, il gusto della sfida, la fiducia, la libertà e la passione di aprire nuove vie, ma, fondamentalmente, ha bisogno di un detonatore e questo detonatore è la creatività, senza la quale non sono possibili né miglioramenti incrementali, né, tantomeno la citata «distruzione creativa».
L'imprenditore dovrà quindi verificare, per ogni area di attività dell'impresa, la presenza della cultura dell'innovazione. Dovrà cercare di non criticare le proposte non realizzabili, ma incoraggiare costantemente e premiare lo sforzo creativo teso al miglioramento.
9. Il capitale intellettuale
E' noto, anche ai meno esperti di organizzazione aziendale, che il capitale immateriale di un'azienda moderna (conoscenza, informazioni, brevetti, esperienze acquisite, risultati della R&S) costituisce una delle prime fonti di vantaggio competitivo.
L'importanza che le risorse intellettuali stanno acquistando nella transizione verso una nuova economia e come queste risorse stiano inesorabilmente sostituendo capitale e forza lavoro come asset strategici di un'impresa sono fatti che possono essere mostrati con alcune semplici considerazioni.
- Il valore di un prodotto percepito dal cliente risiede sempre più negli aspetti intangibili (design, immagine aziendale, reputazione, emozione, ricordo) che sono frutto delle risorse intellettuali e sempre meno nella sua materialità.
- Aziende che utilizzano in maniera preponderante il capitale intellettuale hanno capitalizzazioni di borsa enormemente superiori al valore degli asset tangibili.
- Nelle imprese, il lavoro manuale è stato, in gran parte, sostituito dall'automazione, che, sia nella fase di progettazione, sia in quella del controllo, deve fare sempre riferimento a risorse intellettuali.
Giova sottolineare, inoltre, che gli asset legati al capitale intellettuale hanno caratteristiche completamente diverse da quelle che contraddistinguevano gli asset tangibili.
- Il capitale intellettuale è un bene che si rivaluta nel tempo, invece di deprezzarsi come per i beni materiali.
- Il capitale intellettuale non si consuma nel tempo, anzi tende ad aumentare con l'uso.
- Il capitale intellettuale, non è un bene statico, ma, come in una reazione a catena, ha una grande velocità di diffusione e di proliferazione.
- Il capitale intellettuale può essere detenuto da persone, verso le quali l'impresa deve inventare nuove modalità di interazione (vedi ad esempio la politica della partnership).
- Il capitale intellettuale, oltre che essere fonte di business in quanto tale, è anche elemento di formazione della cultura dell'innovazione nell'impresa e quindi apportatore di vantaggi competitivi su due fronti.
Questa atipicità degli asset intellettuali rispetto a quelli materiali ha, ovviamente, costretto le aziende a riorganizzarsi e strutturarsi in modo da fertilizzare e valorizzare al meglio questo capitale.
Le imprese dovranno gestire le risorse umane in modo da puntare sui seguenti obiettivi.
- Creare nuovo capitale intellettuale.
- Consolidare e diffondere la conoscenza all'interno dell'azienda.
- Massimizzare lo sfruttamento del capitale intellettuale, acquisendo sui mercati vantaggi competitivi duraturi.
- Quantificare il valore del capitale intellettuale dell'impresa.
- Attraverso la comunicazione e il coinvolgimento cercare di catturare quelle eventuali conoscenze latenti che possono essere patrimonio ignorato di qualcuno tra gli stakeholder.
L'imprenditore di un'impresa tesa verso l'incremento e la valorizzazione del capitale intellettuale, oltre ad avere un'ottima visibilità delle competenze che l'azienda dovrà sviluppare, non guardando al passato, ma pensando al futuro, dovrà adeguarsi a questa realtà di impresa e spostare il proprio focus sui seguenti aspetti.
- La gestione di persone che operano in un'ottica di empowerment.
- L'identificazione e l'inserimento delle competenze necessarie per ogni ruolo chiave.
- La creazione di una learning organization che consenta di definire un percorso di sviluppo delle conoscenze mirato e allineato alle scelte strategiche.
- Il monitoraggio costante del livello di sviluppo del capitale intellettuale.
L'attenzione agli asset immateriali dovrà essere molto più accurata di quella che la leadership dedicava agli asset materiali; la velocità dei cambiamenti e l'attrattività della concorrenza sono due elementi con i quali l'imprenditore dovrà avere a che fare quotidianamente pertanto la presenza costante e cooperativa con tutto il mondo degli stakeholder dovrà essere un must imperativo per l'imprenditore, sia per individuare sempre nuove fonti di capitale intellettuale, sia per evitare la perdita delle fonti già in suo possesso.
10. La customer satisfaction
Che lo scopo principale di un'impresa sia creare e conservare una clientela è un assioma che è oramai nel dna di tutte le aziende. In un mercato ipercompetitivo lo sforzo dalle imprese è rivolto all'ottimizzazione di due parametri:
- la customer retention, cioè la percentuale di clienti che compiono l'acquisto presso l'impresa, ovvero il tasso di fedeltà praticata,
- la customer loyalty, cioè la percentuale di clienti che, consapevolmente sono fedeli, ovvero il tasso di fedeltà voluta.
L'impresa è consapevole che un cliente trattenuto non è un cliente fedele, mentre è fedele il cliente che vuole comprare dall'impresa e non dalla concorrenza perché non è un cliente semplicemente soddisfatto, ma molto soddisfatto.
E' evidente che monitorare costantemente il livello della customer satisfaction è forse l'attività dalla quale dipende prioritariamente la sopravvivenza dell'impresa. L'impegno non è facile, anzi ha gradi di difficoltà notevoli, specie perché la qualità della fornitura, percepita dal cliente non sempre corrisponde alla qualità che l'impresa ritiene di erogare.
La soluzione, specie se non si è in presenza di beni di largo consumo, sta nella "casa degli stakeholder", nella quale, tutti e quindi anche il cliente, concorrono a definire la qualità del prodotto e l'impresa è in grado di conoscere, del cliente, i bisogni impliciti, quelli espressi, ma anche quelli latenti.
Grazie a questa conoscenza l'impresa potrà erogare la propria fornitura in base a tre tipologie di qualità.
- La qualità implicita che è propria delle prestazioni che i clienti considerano normale ricevere e che quando vengono erogate producono uno stato di non-insoddisfazione.
- La qualità espressa che deriva da quelle prestazioni che i clienti apprezzano se le riscontrano.
- La qualità latente che è correlata a prestazioni inattese dal cliente e hanno un'influenza molto positiva sulla customer satisfaction.
Va comunque detto che la qualità latente diventa presto una qualità implicita (il cliente si aspetta quello che prima era una sorpresa) e se l'impresa vuole mantenere elevato il grado di soddisfazione del cliente dovrà inventarsi un'altra qualità latente, mantenendo il pendolo della qualità in continua oscillazione tra qualità latente e qualità implicita.
Si è detto che quantificare la customer satisfaction è un'attività molto complessa, esistono, comunque, una serie di elementi, come quelli indicati nel riquadro, la cui analisi può dare informazioni su di essa.
Effettuare consegne precise e corrispondenti agli ordini.
Rispettare i tempi di consegna.
Adottare termini di pagamento flessibili e a misura del cliente.
Avere una discreta gamma di prodotti.
Imballare i prodotti in modo razionale, funzionale e gradito al cliente.
Usare imballaggi ecologici.
Essere capaci di adattarsi alle esigenze della commercializzazione.
Sostenere i prodotti con un'efficace attività di marketing.
Organizzare azioni promozionali.
Avere personale con adeguato grado di autonomia.
Avere prodotti con ciclo di vita adeguato.
Curare i contatti interpersonali.
Avere personale cortese e gradevole nei rapporti interpersonali.
Fornire spiegazioni e materiali, esaurienti e completi.
Avere procedure di comunicazione tecnologicamente avanzate.
Proporre soluzioni di servizio innovative.
Disporre di un adeguato servizio assistenza clienti. |
Questi indicatori di customer satisfaction possono essere modificati o integrati, in funzione della tipologia di business dell'azienda, ma sarebbe opportuno che ciascuna azienda compili un elenco di parametri, come quello del riquadro, e su di esso faccia, periodicamente un attento monitoraggio. Per quantificare in un dato numerico la customer satisfaction, l'imprenditore, in funzione della tipologia del proprio business, potrebbe assegnare a ciascun parametro una scala di valori e definirne, quindi, con un "voto", il valore.