Dopo aver commentato di PLATONE il Timeo, il Simposio, lo Ione, il Critone, l'Apologia di Socrate, il Fedone, l'Eutifrone, il Carmide, il Lachete, il Liside, l'Alcibiade Maggiore, l' Alcibiade minore, l'Ipparco, gli Amanti, il Teage, l'Eutidemo, il Protagora, il Gorgia, il Cratilo, il Menone, l'Ippia Maggiore, l'Ippia minore, il Menesseno, il Clitofonte, il primo libro della Repubblica, il Crizia, il Teeteto, il Sofista, mi dedico ora al Politico.
Il grammatico Trasillo, nel I secolo d.C., seguendo un'affinità di argomento, ordinò le opere platoniche in gruppi di quattro:
1. Eutifrone, Apologia di Socrate, Critone, Fedone
2. Cratilo, Teeteto, Sofista, Politico
3. Parmenide, Filebo, Simposio, Fedro
4. Alcibiade primo, Alcibiade secondo, Ipparco, Amanti
5. Teage, Carmide, Lachete, Liside
6. Eutidemo, Protagora, Gorgia, Menone
7. I ppia maggiore, Ippia minore, Ione, Menesseno
8. Clitofonte, La Repubblica, Timeo, Crizia
9. Minosse, Leggi, Epinomide, Lettere
Altre opere spurie sono:
Definizioni, Sulla giustizia, Sulla virtù, Demodoco, Sisifo, Erissia, Assioco, Alcione, Epigrammi.
COMMENTO AL POLITICO
Il Politico è un dialogo scritto da Platone in seguito al suo secondo viaggio in Sicilia (366-365 a.C.)[1] e dedicato, come si evince dal titolo, a temi politici.
Come è noto, la politica costituisce uno dei principali interessi di Platone, il quale, stando alla Lettera VII, avrebbe in gioventù deciso di dedicarsi alla filosofia proprio con l'intento di istituire una società armonica, ordinata e orientata al bene.[2] A questo scopo, nella Repubblica egli tratteggia la fisionomia della città ideale, organizzata in tre classi su imitazione dell'anima umana e governata da un gruppo di sovrani filosofi. È probabile che già nelle intenzioni di Platone l'utopia della Repubblica dovesse rimanere inattuata, avendo la funzione di modello per chi, educato alla filosofia, avesse voluto e potuto risanare una città malata.[3]
Dopo questa grande opera, Platone torna sullo stesso tema nel Politico e nelle Leggi, nei quali sviluppa ulteriormente il proprio pensiero, cercando di trovare un giusto mezzo tra l'eccellenza del modello da lui proposto e l'effettiva applicabilità delle sue teorie nella realtà.[4] In particolare, nel Politico Platone ricerca la definizione di «politico» mostrando come questi si distingue dal «sofista» per identificarsi tout court con il «filosofo», l'unico in grado di governare rettamente una polis.[5]
Ciò inoltre spiega la mancanza nel corpus platonico di un dialogo intitolato Filosofo, in cui presumibilmente si sarebbe dovuta ricercare la definizione di «filosofo», così come veniva richiesto da Socrate all'inizio del Sofista.[6] È infatti probabile che Platone non abbia sentito la necessità di scrivere un dialogo con questo intento, dal momento che l'indagine su sofista e politico risulta esaustiva nel delineare le caratteristiche del filosofo.[7]
Il Politico, insieme ai dialoghi Teeteto e Sofista, costituisce una trilogia, l'unica riconoscibile nel corpus platonico. Al termine del Teeteto, Socrate rimanda la continuazione della discussione alla mattina successiva, dandosi appuntamento con Teodoro nello stesso posto; il rinvio è al Sofista, che infatti vede gli stessi personaggi, a cui si aggiunge lo Straniero di Elea, discutere sugli argomenti concordati; a questi due dialoghi si aggiunge infine il Politico, in cui si continua ancora la stessa discussione, e che vede lo Straniero discutere con il giovane Socrate di argomenti politici. Ad essi funge idealmente da preambolo il Parmenide: sia nel Teeteto che nel Sofista viene ricordato l'incontro avvenuto parecchi anni prima tra Socrate e l'ormai anziano Eleate.
All'inizio del Politico lo Straniero di Elea ha appena terminato di discutere con Teeteto:[8] giunti alla definizione di «sofista» restano da ricercare quelle di «politico» e «filosofo». Teeteto, tuttavia, è ancora troppo giovane e la stanchezza gli impedisce di proseguire con una nuova indagine, ragion per cui passa il testimone all'amico e coetaneo Socrate, omonimo del filosofo lì presente. Lo Straniero e il giovane Socrate iniziano così a indagare la figura del «politico», partendo dalla definizione tradizionale secondo cui questi è un pastore di uomini. Ciò non soddisfa però lo Straniero, il quale, dopo una digressione sul mito di Crono, torna sull'argomento e propone una nuova definizione in grado di distinguere la politica dalle altre arti a essa correlate, basandosi sull'analogia con la tessitura. Infine, lo Straniero analizza i diversi tipi di governo, classificandoli dal migliore al peggiore, e fa alcune considerazioni sulle leggi e il ruolo della politica.
Come già il Sofista, anche il Politico è dedicato a ricercare una definizione, quella appunto di «politico», attraverso il metodo diairetico. Lo Straniero, aiutato dal giovane Socrate, parte dalla considerazione che il politico, l'«uomo regale», non è tanto diverso da un padrone di casa: entrambi infatti gestiscono qualcosa che è a loro sottoposto, sia essa una città o una grande famiglia. Bisogna però specificare meglio chi sia il politico e in cosa consista la sua arte; a questo scopo si ricorre alla diairesi, distinguendo inizialmente la scienza conoscitiva (di cui l'arte regale è una parte) dalle scienze pratiche, e in seguito dividendo di volta in volta in due l'oggetto di ricerca. Attraverso questo metodo si percorre il seguente cammino d'indagine:
«Della scienza conoscitiva vi era per noi all'inizio una parte relativa al comando: una sua parte, rappresentata secondo un'analogia, fu definita "preposta al comando assoluto". L'allevamento degli animali viventi fu a sua volta separato dall'arte del comando assoluto come fosse un suo genere, e non di poco conto: e una specie dell'allevamento degli animali fu quello dell'allevamento in gruppo, dal quale a sua volta fu distinta la scienza del condurre al pascolo gli animali che camminano. Da quest'ultimo genere fu separata in particolare l'arte di allevare animali senza corna. E quanto alla parte di essa che non è la meno importante, non si devono intrecciare tre definizioni insieme, se si vuole raccoglierla in un solo nome, chiamandola "scienza del condurre al pascolo animali di razza non incrociata". E nella sezione che si separa da quest'ultima, l'unica ancora rimasta per il gregge bipede e che si occupa del guidare gli uomini, proprio questa è ormai l'oggetto della ricerca, e l'abbiamo chiamata "arte del regnare" e "politica" nello stesso tempo.»
(Politico)
In questo modo, lo Straniero e il giovane Socrate giungono alla tradizionale definizione di "politico" come pastore di uomini. Tuttavia, come fa notare lo Straniero, una simile definizione non è affatto soddisfacente, poiché si adatta non solo al politico, ma anche al medico o al maestro di ginnastica: se allevatore è chi si prende cura del gregge, e se il politico è allevatore di uomini, chi può negare che questo titolo si adatti anche al medico e al maestro di ginnastica, i quali procurano il bene agli uomini?
Lo Straniero e il giovane Socrate si rendono conto che il risultato della loro indagine è ambiguo, segno che il metodo diairetico è stato applicato in modo poco rigoroso. Occorre dunque, affinché il ragionamento non venga screditato, vagliare nuove strade e cercare una definizione che sia univoca.
A questo punto, per studiare meglio l'argomento, lo Straniero decide di rivolgersi al mito, in particolare a quello dell'età di Crono. Narra lo Straniero che, mentre al tempo attuale la Terra e gli altri corpi celesti si muovono del moto che conosciamo, in passato, quando era Crono a governare, il mondo si muoveva in senso opposto. Questo movimento contrario aveva degli effetti notevoli sulla Terra e sui suoi abitanti: lo stesso ciclo della nascita e della morte era invertito rispetto all'attuale, e così gli uomini, invece di nascere da una madre, nascevano dal terreno già vecchi, e ringiovanivano con il passare del tempo, godendo senza sforzi dei frutti che la terra offriva loro spontaneamente. Tuttavia, anche quest'età dell'oro volse al termine, e, giunto il momento, Crono, da timoniere dell'universo, bloccò il moto del mondo, rovesciandone il senso di rotazione e causando enormi stragi, dando così inizio alla fase attuale. La vita nel nuovo ciclo è però ben diversa da quella del ciclo precedente, poiché piagata da una progressiva degenerazione che porta il mondo verso il caos. In questa nuova condizione gli uomini, privati della guida del dio, si trovarono inizialmente in difficoltà, e solo grazie ai doni degli dèi (in particolare, il riferimento qui è a Prometeo) poterono salvaguardare la propria esistenza e continuare a vivere.
L'utilità di questo mito, afferma lo Straniero, è di mostrare come l'analogia con il pastore si adatta bene al regno di Crono (il quale, come un timoniere su una nave, manteneva l'ordine nell'universo), ma perde di efficacia se calata nella realtà attuale, caratterizzata dal caos. In questo consiste l'errore di poco prima: nel cercare una definizione per il politico, ci si è rivolti a un modello troppo elevato, divino, e quindi irraggiungibile in una comunità di esseri umani. Non resta dunque che continuare l'indagine.
Il ricorso al mito di Crono ha mostrato i limiti dell'analisi svolta fino a quel punto dallo Straniero di Elea e dal giovane Socrate: il modello proposto dal governo di una divinità ha portato l'indagine troppo lontano, e il discorso fino allora compiuto, afferma lo Straniero, è simile a un dipinto di cui si sono delineati i contorni, ma di cui non è ancora stata colorata la parte centrale. Per togliersi d'impiccio è dunque necessario riprendere l'analisi, e separare l'arte regia da tutte le altre arti che le sono affini e che con essa condividono la medesima definizione.
Lo Straniero propone un'analogia con l'arte del tessere: come la tessitura (cioè l'arte di intrecciare la trama e l'ordito) è ben diversa dalle arti a essa connaturate (come ad esempio l'arte della cardatura, della filatura, della cucitura), così l'arte regia, ovvero la politica, deve essere distinta da tutte quelle arti che le sono affini. Da un lato vi sono arti che sono cause di qualcosa, cioè realizzano una cosa come la tessitura realizza un tessuto, e dall'altro vi sono arti che sono concause, cioè producono strumenti con i quali si realizza la cosa, come la cardatura o la filatura. Seguendo questo schema, lo Straniero separa la politica, che è causa dello Stato, dalle altre arti a essa ausiliarie, come ad esempio l'arte della guerra. L'analogia con la tessitura, inoltre, pone bene in chiaro quello che per Platone deve essere lo scopo della politica: tessere caratteri e individui ricorrendo a modelli riconosciuti ben solidi, così da generare un'unità.
Giunti a questo punto, lo Straniero ha isolato l'arte regia e può dedicarsi ad analizzare i diversi tipi di governo. Questi vengono divisi in base al numero di uomini che li presiedono, se cioè vi è un solo uomo, pochi oppure una moltitudine; secondariamente, ciascuno di questi tre tipi di governo può essere o meno retto dalle leggi. Si ottengono così sei tipi di governo, che vengono ordinati dal migliore al peggiore:
- Monarchia, cioè il governo di uno solo, tra tutti il migliore se chi governa è saggio e agisce nel rispetto delle leggi
- Aristocrazia, cioè il governo di pochi esperti
- Democrazia retta da leggi, senza dubbio la forma di governo peggiore tra quelle in cui vige un codice di leggi perché sottomessa ai capricci della moltitudine
- Democrazia non retta da leggi, la più vivibile tra le forme di governo degenerate
- Oligarchia, cioè il governo di pochi malvagi (nella Repubblica viene chiamata timocrazia)
- Tirannia, cioè il governo di un tiranno, il quale mira unicamente al proprio tornaconto disinteressandosi del popolo.
A questi sei lo Straniero aggiunge un settimo, che consiste nel governo dei filosofi tratteggiato nella Repubblica e che viene separato da tutti gli altri. Il compito del buon politico nella polis è emanare leggi giuste e imporne il rispetto, anche con la forza se necessario: come nel Gorgia e nella Repubblica, anche nel Politico chi governa una città è paragonato a un medico, il quale a volte deve ricorrere a cure dolorose pur di risanare un paziente, anche se questi è contrario. Con quale diritto, infatti, un paziente può accusare un medico di averlo curato contro la sua volontà, se dall'operato del medico egli è guarito e quindi ne ha tratto un miglioramento? Per risanare la città malata è dunque necessario far rispettare le leggi e persuadere i cittadini della loro bontà con l'arte oratoria o, in casi estremi, ricorrere alla violenza, esiliando gli oppositori politici e uccidendo i colpevoli di reati.
Ogni techne è tale perché sa trovare in sé la propria misura, riconosce cioè la propria legge, e riesce a collaborare con le altre a lei affini riconoscendo una medesima legge: la politica quindi, in quanto techne, dovrà articolare le varie technai a essa congeneri in modo che ognuna occupi il posto che le compete, così che esse possano muoversi all'unisono e generare quello che potrebbe definirsi un kosmos politico dove le diverse arti si riuniscono in un'unità.[10]
Note al commento
1 Platone, Tutte le opere, a cura di E.V. Maltese, Roma 2009, p. 551.
2 Lettera VII 325e-326b.
3 M. Vegetti, Introduzione a: Platone, La Repubblica, a cura di M. Vegetti, Milano 2007, pp. 129-139.
4 F. Adorno, Introduzione a Platone, Laterza, Roma-Bari 1997, p. 181.
5 In Eutidemo 305d viene detto esplicitamente che il sofista è a metà tra il politico e il filosofo.
6 Sofista 217a.
7 F. Adorno, Introduzione a Platone, Laterza, Roma-Bari 1997, pp. 179-180.
8 Si immagina che il Politico sia ambientato nella stessa giornata in cui è ambientato il Sofista. Cfr. Politico 258a.
9 F. Adorno, Introduzione a Platone, Laterza, Roma-Bari 1997, p. 184 sgg.
10 F. Adorno, Introduzione a Platone, Laterza, Roma-Bari 1997, pp. 184-5.
TESTO
SOCRATE: Ti devo molta riconoscenza, Teodoro, per avermi fatto conoscere Teeteto e nello stesso tempo anche lo
straniero. (1)
TEODORO: Presto, Socrate, mi ringrazierai tre volte tanto, non appena essi ti avranno tratteggiato sia la figura del
politico, sia quella del filosofo.
SOCRATE: Bene. In questo modo, caro Teodoro, diremo di aver ascoltato ciò dalla persona più capace per quanto
riguarda i calcoli e la geometria?
TEODORO: In che modo, Socrate?
SOCRATE: Benché tu abbia assegnato un uguale valore a ciascuno di questi uomini, essi, per il loro effettivo
valore, sono distanti l'uno all'altro più di quanto si possa rappresentare secondo una proporzione matematica propria
della vostra arte.
TEODORO: Bene, Socrate, per il nostro dio Ammone, e giustamente, e certamente con buona memoria mi
rimproveri per il mio errore di calcolo.
Di questo ti chiedo conto più tardi. E tu, straniero, non stancarti affatto di essere compiacente nei nostri confronti,
ma subito, sia che tu scelga prima l'uomo politico, sia che tu scelga il filosofo, quando lo hai scelto, comincia a trattarlo.
STRANIERO: Questo lo si deve fare, Teodoro: una volta che abbiamo cominciato l'esame di queste cose, non si
devono lasciare prima di averle condotte a termine. Ma con questo nostro Teeteto come devo regolarmi?
TEODORO: A proposito di che cosa?
STRANIERO: Lo lasceremo riposare prendendo al suo posto il suo compagno di esercizi, questo Socrate qui? O
cosa consigli?
TEODORO: Fai questa sostituzione, proprio come dici: poiché sono entrambi giovani, sopporteranno più facilmente
ogni fatica, se si riposeranno.
SOCRATE: E può darsi, straniero, che entrambi abbiano chissà da dove una certa parentela con me. Per quanto
riguarda uno di loro, voi dite che mi assomigli per le fattezze del volto, per quanto riguarda l'altro, ha il nome uguale al
mio, e il nome fa pensare ad una certa familiarità. Noi dobbiamo essere sempre attenti nel riconoscere chi ci è affine
durante le conversazioni. Con Teeteto dunque ho intrecciato io stesso ieri delle conversazioni e adesso l'ho ascoltato
mentre rispondeva, ma di Socrate non posso dire né una cosa né l'altra. Bisogna che anche costui sia posto sotto
osservazione. A me dunque risponda più avanti, adesso invece risponda a te.
STRANIERO: Sarà così . Socrate, hai ascoltato Socrate?
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: Sei d'accordo con quello che dice?
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: Mi sembra che da parte tua non ci siano opposizioni, e allo stesso modo, per quel che mi riguarda,
dovrei avere ancora meno ragioni di oppormi. Ma dopo il sofista è necessario, per quel che mi sembra, che noi due
prendiamo in esame l'uomo polì tico. Allora dimmi: dobbiamo porre anche costui fra le persone dotate di scienza, o
come facciamo?
SOCRATE IL GIOVANE: Facciamo così .
STRANIERO: Dobbiamo allora distinguere le scienze, come quando prendevamo in esame il precedente?
SOCRATE IL GIOVANE: Forse sì .
STRANIERO: Non proprio secondo la stessa procedura, Socrate, mi sembra che deve avvenire la divisione.
SOCRATE IL GIOVANE: E allora?
STRANIERO: Allora secondo un'altra procedura.
SOCRATE IL GIOVANE: Mi sembra verosimile.
STRANIERO: Dove si troverà il sentiero della politica? Infatti bisogna trovarlo, e, dopo averlo distinto dagli altri,
dobbiamo assegnargli un unico tratto distintivo, e dopo aver indicato per le altre diramazioni del sentiero un'altra unica
specie, dobbiamo fare in modo che la nostra anima pensi tutte le scienze come appartenessero a due specie.
SOCRATE IL GIOVANE: Questo, io credo, è ormai tuo compito, straniero, e non mio.
STRANIERO: Bisogna, Socrate, che sia compito anche tuo, quando la questione ci sia chiara.
SOCRATE IL GIOVANE: Dici bene.
STRANIERO: Dunque l'arte del calcolo e alcune altre arti affini a questa non risultano prive dell'aspetto operativo,
offrendo invece soltanto quello coonoscitivo?
SOCRATE IL GIOVANE: è così .
STRANIERO: Mentre le arti che riguardano la costruzione di case e tutte quelle manuali possiedono un aspetto
scientifico che è connaturato ed inerente così per dire all'aspetto operativo, e insieme conducono a compimento i corpi
da essi generati e che prima non esistevano.
SOCRATE IL GIOVANE: E allora?
STRANIERO: In questo modo allora separa tutte le scienze, chiamando le une "operative", le altre "conoscitive".
SOCRATE IL GIOVANE: Sia pure così : dell'unica scienza considerata nella sua interezza vi siano due specie.
STRANIERO: Considereremo forse il politico come un re, come un padrone, e ancora come un amministratore della
casa, chiamando con tutti questi nomi una sola cosa, oppure diciamo che vi sono tante arti quante sono i nomi con cui
vengono chiamate? Ma preferisco che tu mi segua di qui.
SOCRATE IL GIOVANE: Per dove?
STRANIERO: In questa direzione. Se un privato cittadino sia in grado di dare un parere a uno dei medici che
esercitano pubblicamente la professione, non è necessario assegnargli il nome dell'arte identico a quello che possiede
colui a cui dà consigli?
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: E allora? Se un privato cittadino è in grado di consigliare chi regna su una regione, non diremo che
possiede la scienza che necessariamente deve possedere il governante stesso?
SOCRATE IL GIOVANE: Lo diremo.
STRANIERO: Ma l'arte di regnare non appartiene a chi è davvero re?
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: E chi la possiede, che sia un governante o un privato cittadino, non sarà in ogni caso corretto
chiamarlo "uomo regale", proprio in virtù di quest'arte?
SOCRATE IL GIOVANE: Sì , mi sembra giusto.
STRANIERO: Lo stesso discorso vale per l'amministratore della casa e per il padrone.
SOCRATE IL GIOVANE: E allora?
STRANIERO: Come allora? Ci sarà forse una certa differenza fra l'organizzazione di una grande famiglia e la
dignità di un piccolo Stato, dal punto di vista del potere?
SOCRATE IL GIOVANE: Nessuna.
STRANIERO: E forse, in base a quel che abbiamo adesso esaminato, è chiaro che vi è un'unica scienza che riguarda
tutto ciò: sia che uno la chiami "regia" o "politica" o "dell'amministrazione della casa", non c'è alcuna differenza tra noi
e quello.
SOCRATE IL GIOVANE: E allora?
STRANIERO: Ma questo è chiaro, ossia che ogni re ha ben poche possibilità di mantenere il potere con le proprie
mani e in generale con la forza fisica, in confronto alla perspicacia e alla forza dell'animo.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì , è chiaro.
STRANIERO: Vuoi che affermiamo che il re ha più familiarità con il conoscere che con l'arte manuale e in generale
pratica?
SOCRATE IL GIOVANE: E dunque?
STRANIERO: La politica e il politico, l'arte del regnare e il re, noi riuniremo tutto ciò in un medesimo punto, come
se si trattasse di un unico concetto?
SOCRATE IL GIOVANE: è chiaro.
STRANIERO: Non potremmo procedere in successione logica, dividendo, dopo di ciò, l'aspetto conoscitivo delle
scienze?
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: Presta attenzione se ci sarà possibile scorgere una fenditura all'interno di questo aspetto.
SOCRATE IL GIOVANE: Spiegami quale.
STRANIERO: Questa qui. Prima vi era per noi una certa arte del calcolo.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: La quale appartiene, io credo, assolutamente al gruppo delle arti che possiedono l'aspetto
conoscitivo.
SOCRATE IL GIOVANE: E come no?
STRANIERO: All'arte del calcolo che riconosce la differenza fra i numeri assegneremo forse un compito più
grande, oltre a quello di dare un giudizio a ciò che riconosce?
SOCRATE IL GIOVANE: E allora?
STRANIERO: E ogni architetto non opera lui stesso, ma sovrintende quelli che operano.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: Mette a disposizione la conoscenza, non la manualità.
SOCRATE IL GIOVANE: è così .
STRANIERO: A buon diritto si potrebbe dire che partecipa dell'aspetto conoscitivo della scienza.
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: Ma, credo, a costui che giudica non conviene porre un termine né abbandonare il lavoro, come fa chi
calcola, ma deve ordinare a ciascuno di quelli che operano ciò che è conveniente, finché essi non abbiano realizzato
quanto è stato loro affidato.
SOCRATE IL GIOVANE: Giusto.
STRANIERO: Non contengono forse tutte quante l'aspetto conoscitivo le arti di questo genere e quante si
accompagnano all'arte del calcolo, anche se questi due generi si differenziano fra loro perché uno fornisce giudizi e
l'altro comanda?
SOCRATE IL GIOVANE: Così sembra.
STRANIERO: Dunque se di tutta quanta la scienza conoscitiva distinguessimo definendo una parte "preposta al
comando" e l'altra "preposta al fornire giudizi", potremmo dire di aver operato un'accurata divisione?
SOCRATE IL GIOVANE: Secondo la mia opinione sì .
STRANIERO: Per chi compie un qualcosa insieme è preferibile essere dello stesso avviso.
SOCRATE IL GIOVANE: E come no?
STRANIERO: Finché noi prendiamo insieme parte di questa conversazione dobbiamo lasciar perdere i pareri degli
altri.
SOCRATE IL GIOVANE: E allora?
STRANIERO: Avanti, in quale di queste due arti potremmo considerare colui che esercita l'arte del regnare? Lo
porremo nell'arte preposta a fornire giudizi, come fosse un osservatore, o piuttosto lo considereremo come appartenente
a quella preposta al comando, dal momento che si tratta di un padrone?
SOCRATE IL GIOVANE: E come non orientarci piuttosto per quest'ultima?
STRANIERO: Bisognerebbe a sua volta osservare l'arte del comando per vedere se in qualche modo si può
suddividere. E mi sembra che la suddivisione possa essere concepita così : come l'arte dì coloro che rivendono al minuto
si distingue chiaramente da quella di chi vende i propri prodotti, anche il genere regio mi pare che sia distinto da quello
degli araldi.
SOCRATE IL GIOVANE: Come?
STRANIERO: Ricevendo in un primo tempo i prodotti comprati da altri, i rivenditori a loro volta li rivendono in un
secondo tempo.
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: Dunque anche la classe degli araldi, ricevendo ordini pensati da altri, in un secondo tempo
impartisce a sua volta ordini ad altri.
SOCRATE IL GIOVANE: Verissimo.
STRANIERO: E allora? Uniremo insieme all'arte regia quella di chi interpreta, di chi esorta, dell'indovino,
dell'araldo, e molte altre arti affini a queste, le quali hanno tutte quante la caratteristica di impartire degli ordini? Oppure
vuoi, secondo il raffronto che abbiamo fatto poco fa, che anche il nome rappresentiamo sulla base di questo raffronto,
dal momento che anche il genere di coloro che esercitano il potere assoluto non ha pressoché nome, e così distinguiamo
queste cose, e cioè considerando il genere dei re nell'arte del potere assoluto, senza occuparci di tutto il resto, ma
lasciando che attribuiscano un altro nome alle altre?
La ricerca che abbiamo intrapreso riguarda colui che esercita un potere, non il suo contrario.
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: Poiché tale specie è stata convenientemente distinta da quelle, avendo cioè distinto il potere che si
esercita in vece altrui da quello connaturato a chi lo impartisce, non è forse quest'ultimo che a sua volta è necessario
dividere, se c'è ancora la possibilità che una qualche divisione si presenti in noi al suo interno?
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: E a me sembra che ci sia: ma seguimi e dividi con me.
SOCRATE IL GIOVANE: E come?
STRANIERO: Non troveremo che tutti quelli che esercitano un potere, quanti ne possiamo immaginare, e che si
servono del comando, comandano in funzione dì un qualcosa che deve essere generato?
SOCRATE IL GIOVANE: E come no?
STRANIERO: Non è assolutamente difficile separare in due parti tutte le cose che vengono generate.
SOCRATE IL GIOVANE: E come?
STRANIERO: Fra tutte queste distinguiamo quelle inanimate da quelle animate.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: Proprio in base a queste suddivisioni, dividiamo la parte dell'arte conoscitiva che si occupa del
comando, se vogliamo dividerla.
SOCRATE IL GIOVANE: In base a quale criterio?
STRANIERO: Assegnando una sua parte alla generazione di ciò che è inanimato, un'altra a quella di ciò che è
animato: e ogni cosa così risulterà ormai divisa in due.
SOCRATE IL GIOVANE: Assolutamente sì .
STRANIERO: Tralasciamo allora una di queste parti, e prendiamo l'altra, e dopo averla presa, divideremo il tutto in
due parti.
SOCRATE IL GIOVANE: Quale delle due dici che si deve prendere?
STRANIERO: Senza dubbio la parte che riguarda il comando degli animali viventi. Infatti non è compito della
scienza regia presiedere gli esseri inanimati, come quella degli architetti, ma, cosa più nobile, gli animali viventi, ed è
relativamente ad essi che dispone del suo potere.
SOCRATE IL GIOVANE: Giustamente.
STRANIERO: E per quanto riguarda la nascita e l'allevamento degli animali viventi si potrebbe osservare che da un
lato vi è l'allevamento individuale, e dall'altro la cura comune della prole quando si trova in gruppi.
SOCRATE IL GIOVANE: Giustamente.
STRANIERO: Ma troveremo che il politico non alleva il singolo, come un bifolco o uno scudiere, ma sarà simile
piuttosto ad un allevatore di cavalli e anche di buoi.
SOCRATE IL GIOVANE: Quel che stato appena detto è evidente.
STRANIERO: Chiameremo allora quella parte dell'allevamento dei viventi nella quale molti animali insieme
SOCRATE IL GIOVANE: Vanno bene l'uno e l'altro termine, così come ci capiterà nel discorso.
STRANIERO: Bene, Socrate: se eviterai di occuparti troppo seriamente dei nomi, apparirai più ricco di intelligenza
man mano che ti avvicini alla vecchiaia. Ora dobbiamo fare come ci ordini: per quanto riguarda l'allevamento in
gruppo, potrai forse vedere in quale modo, avendo messo in luce che l'oggetto della ricerca è duplice, quel che ora si
ricerca nel doppio in seguito si ricercherà nella metà?
SOCRATE IL GIOVANE: Ci proverò. Anche a me sembra che vi sia una forma di allevamento propria degli
uomini e un'altra propria delle fiere.
STRANIERO: Hai diviso nel modo assolutamente più premuroso e con grande disinvoltura: e speriamo che per
quanto è possibile in futuro non dobbiamo sopportare questo inconveniente.
SOCRATE IL GIOVANE: Quale?
STRANIERO: Facciamo attenzione a non separare una parte troppo piccola rispetto alla grandezza e al numero del
tutto, e a non separarla dalla specie cui appartiene: ma la parte che viene separata abbia sempre insieme la specie. è
bellissimo separare direttamente dal resto l'oggetto della ricerca, nel caso in cui questo si svolga in modo corretto, come
tu poco fa hai fatto, quando, ritenendo di avere tra le mani la distinzione, hai affrettato il discorso, vedendo che si
orientava verso gli uomini: ma, amico, non è un lavoro sicuro il lavoro d'intaglio, ma è molto più sicuro procedere
tagliando attraverso le parti mediane, e sarà più facile imbattersi nei tratti distintivi delle cose. Questo è assolutamente
importante nella ricerca.
SOCRATE IL GIOVANE: Che cosa vuoi dire con questo, Straniero?
STRANIERO: Bisogna che io cerchi di spiegarmi ancor più chiaramente, per la benevolenza che nutro verso il tuo
carattere, Socrate. Nell'attuale circostanza è impossibile chiarire tutto senza tralasciare nulla. Si deve cominciare a
spostare in avanti, anche se di poco, il problema, perché sia più comprensibile.
SOCRATE IL GIOVANE: Come mi spieghi che non abbiamo agito bene poco fa facendo quella divisione?
STRANIERO: In questo modo: come se uno volendo intraprendere la divisione in due parti del genere umano,
dividesse come molti di qui dividono, e cioè la stirpe dei Greci come un'unità separata da tutte, mentre, per quanto
riguarda tutte le altre stirpi, che sono infinite di numero e non hanno relazioni di nessun tipo e che non s'intendono le
une con le altre per la diversità della lingua, le chiamano con un unico nome "barbaro", e credono che si tratti anche, in
virtù di quest'unica denominazione, di un unico genere. Oppure, come se un tale ritenesse di dividere il numero in due
specie separando il numero diecimila da tutti gli altri, quasi per distinguerlo in un'unica specie, e assegnando a tutto il
resto un unico nome, e, in base a quella denominazione, anche quest'ultimo genere, separato da quell'altro, ritenesse che
fosse diverso dal primo e unico. Dividerebbe meglio e in maniera più attinente alla divisione, secondo le specie e per
due, chi separasse il numero in pari e dispari, e la stirpe umana in maschio e femmina, mentre separasse i Lidi o i Frigi
(2)
o alcuni altri popoli opponendoli a tutti gli altri, allorquando fosse nella difficoltà di trovare che l'uno e l'altro dei
termini che ha separato costituiscono un genere e una parte nello stesso tempo.
SOCRATE IL GIOVANE: Giustissimo. Ma la difficoltà consiste proprio in questo, Straniero: come si potrebbe
comprendere con maggiore chiarezza che il genere e la parte non sono la medesima cosa, ma sono differenti fra loro?
STRANIERO: Oh, carissimo fra tutti gli uomini, non fai una richiesta di poco conto, Socrate. Ora noi abbiamo
divagato più del dovuto dal discorso che avevamo stabilito, ma tu ci chiedi di divagare ancora di più. Ora dunque, com'è
naturale, torniamo di nuovo indietro: seguiremo queste cose in seguito, in un momento di tranquillità, cercandone le
tracce. Ma a questo fatto in ogni caso fai attenzione: non credere di aver mai udito da me una chiara distinzione di
queste cose.
SOCRATE IL GIOVANE: Quali cose?
STRANIERO: Che cioè specie e parte sono diverse fra loro.
SOCRATE IL GIOVANE: E perché?
STRANIERO: Perché quando vi sia una specie di qualcosa, è necessario che sia anche parte della cosa di cui è detta
specie; ma non vi è alcuna necessità che la parte sia specie. In questo modo piuttosto che in quell'altro, Socrate, devi
dire che sempre mi esprimo.
SOCRATE IL GIOVANE: Sarà così .
STRANIERO: Spiegami questa cosa dopo di ciò.
SOCRATE IL GIOVANE: Che cosa?
STRANIERO: Il punto da cui è partita la digressione che ci ha condotti qui. Sono per lo più convinto che è partita
da quel momento in cui, interrogato su come si deve dividere l'allevamento in gruppo, tu hai affermato con grande zelo
che due erano i generi degli animali viventi, quello umano, e l'altro che comprende tutti gli altri animali e che è
anch'esso unico.
SOCRATE IL GIOVANE: Vero.
STRANIERO: E allora mi sembrò che tu, separando una parte, ritenessi di tralasciare tutto il resto come fosse un
unico genere, poiché avevi un medesimo nome da assegnare a tutti costoro che rimanevano, chiamandoli "bestie".
SOCRATE IL GIOVANE: Sì , anche questo era così .
STRANIERO: Probabilmente, o giovane fra tutti più ardito, se ci fosse un altro animale dotato di intelligenza, come
sembra che siano le gru, o qualche altro simile, che denomini secondo gli stessi criteri che hai adottato tu,
contrapponendo l'unità del genere della gru a tutti gli altri animali viventi, e veneri il proprio genere, radunando
insieme, invece, tutti gli altri generi, compreso quello degli uomini, non potrebbe fare a meno di chiamarli usualmente
"bestie". Cerchiamo allora di guardarci da simili errori.
SOCRATE IL GIOVANE: E come?
STRANIERO: Evitando di dividere tutto il genere degli animali viventi, per essere meno esposti agli errori.
SOCRATE IL GIOVANE: Non bisogna esaminare così .
STRANIERO: E infatti anche allora si sbagliava prendendo questa direzione.
SOCRATE IL GIOVANE: E allora?
STRANIERO: Quella parte della scienza conoscitiva che era preposta al comando e che in un certo senso
riguardava, secondo noi, il genere dell'allevamento degli animali, riguardava gli animali in gruppo. O no?
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: Già allora tutto il genere animale era stato diviso in domestico e selvatico. Quelli che hanno una
natura che si può addomesticare si dicono "domestici", quelli che si mostrano ritrosi all'addomesticamento, "selvatici".
SOCRATE IL GIOVANE: Bene.
STRANIERO: Quella scienza cui noi stiamo dando la caccia si doveva e si deve ricercare fra gli animali domestici,
presso gli animali che vivono in gruppo.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: Non dividiamo dunque, come allora, rivolgendo la nostra attenzione al tutto, e non affrettiamoci, per
giungere rapidamente alla politica. Infatti questo ha fatto sì che noi anche ora provassimo quella condizione di cui parla
il proverbio.
SOCRATE IL GIOVANE: Quale?
STRANIERO: Siccome non abbiamo diviso bene e con tranquillità siamo giunti più tardi al traguardo.
SOCRATE IL GIOVANE: Ed è quasi un bene, Straniero, che si sia verificato ciò.
STRANIERO: Sia così . Cerchiamo di dividere un'altra volta dal principio l'allevamento in comune: forse la stessa
discussione, nel corso della sua esposizione, ti chiarirà meglio anche ciò verso cui stai tendendo. E spiegami questo.
SOCRATE IL GIOVANE: Che cosa?
STRANIERO: Questa cosa, se ti è capitato di averla spesso sentita da alcuni: io so infatti che non ti è mai successo
di venire a conoscenza degli allevamenti di pesci nel Nilo e di quelli che sono negli stagni regali: tutt'al più li avrai
osservati nelle fontane.
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente: questi ultimi li ho visti anch'io, mentre degli altri ho appreso l'esistenza da
molte persone.
STRANIERO: E per quanto riguarda gli allevamenti delle oche e quelli delle gru, quand'anche non fossi andato
errando per la pianura tessalica, sei stato informato e sei convinto che esistano.
SOCRATE IL GIOVANE: E allora?
STRANIERO: Ti ho rivolto tutte queste domande per questo motivo, perché l'allevamento degli animali in gruppo
avviene sia in acqua sia sulla terra ferma.
SOCRATE IL GIOVANE: è così .
STRANIERO: Non sembra anche a te di dover dividere in questo modo la scienza che si occupa dell'allevamento in
comune, assegnando l'una e l'altra parte di essa all'una e all'altra forma di allevamento, denominando l'una "allevamento
in acqua" l'altro "allevamento sulla terra ferma"?
SOCRATE IL GIOVANE: Sì , mi sembra giusto.
STRANIERO: E non staremo a ricercare a quale delle due arti appartiene il genere regio. è universalmente chiaro.
SOCRATE IL GIOVANE: E come no?
STRANIERO: Ognuno dividerebbe il genere dell'allevamento sulla terra ferma che fa parte dell'allevamento in
gruppo.
SOCRATE IL GIOVANE: E come?
STRANIERO: Distinguendo fra animali che volano e animali che camminano sulla terra.
SOCRATE IL GIOVANE: Verissimo.
STRANIERO: E allora? Il politico si deve ricercare nella classe di coloro che camminano sulla terra? Non credi che
anche la persona più stolta, così per dire, la penserebbe così ?
SOCRATE IL GIOVANE: Sì , lo penso.
STRANIERO: Bisogna dimostrare che la scienza che riguarda l'allevamento degli animali che camminano si divide
in due parti, come poco fa per ìl numero.
SOCRATE IL GIOVANE: è chiaro.
STRANIERO: Mi sembra di vedere due vie che si rivolgono verso quella parte in cui il nostro discorso si è mosso:
una, che è la più veloce, che separa una piccola parte da una grande parte, l'altra, che contiene in sé quel principio per
cui prima dicevamo che bisogna il più possibile dividere a metà, è più lunga. è possibile percorrere una delle due strade,
quale delle due vogliamo.
SOCRATE IL GIOVANE: Come? Non possiamo percorrerle entrambe?
STRANIERO: Insieme sì , carissimo: una alla volta, è chiaro che si può.
SOCRATE IL GIOVANE: Allora una alla volta entrambe io le scelgo.
STRANIERO: Non è difficile, perché il resto da dire è poco: ma in principio, o se ci fossimo trovati a metà strada,
sarebbe stato per noi difficile rispondere alle tue richieste. Ora invece, se ci pare giusto così , prendiamo prima la strada
più lunga: non essendo ancora stanchi, più facilmente la percorreremo. Considera questa divisione.
SOCRATE IL GIOVANE: Dimmi.
STRANIERO: Fra gli animali domestici, quelli che camminano sulla terra e vivono in gruppo sono da noi divisi per
natura secondo due specie.
SOCRATE IL GIOVANE: In base a che cosa?
STRANIERO: In base alla natura di quelli che sono generati senza le corna e quelli che ne sono provvisti.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì , mi sembra.
STRANIERO: Divisa in due la scienza del condurre al pascolo gli animali che camminano, attribuisci una
definizione all'una e all'altra parte, servendoti del discorso. Sarebbe per te un'impresa più difficile del solito se fossi tu a
volerle denominare.
SOCRATE IL GIOVANE: E come bisognerebbe dire?
STRANIERO: Così : divisa in due la scienza del condurre al pascolo gli animali che camminano, una delle due parti
va assegnata alla classe degli animali con le corna e che vivono in gruppo, l'altra alla classe degli animali che vivono in
gruppo e sono senza corna.
SOCRATE IL GIOVANE: Sia così come è stato detto: in ogni caso è stato sufficientemente dimostrato.
STRANIERO: Ed è per noi evidente che il re conduce al pascolo una mandria di animali scornati.
SOCRATE IL GIOVANE: Come non sarebbe chiaro?
STRANIERO: Dopo aver spezzato questa mandria, tentiamo di assegnargli quello che gli spetta.
SOCRATE IL GIOVANE: Va bene.
STRANIERO: Vuoi forse dividerla in base a quegli animali che hanno l'unghia spezzata e in base a quelli che hanno
la cosidetta unghia unita, o in base all'incrociarsi o meno delle razze? Hai capito.
SOCRATE IL GIOVANE: Che cosa?
STRANIERO: Che la famiglia dei cavalli e degli asini ammette per natura il generarsi per incrocio di una razza con
l'altra.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: Quanto al resto della mandria di animali domestici dalla fronte spianata, non possono unirsi una
specie con un'altra specie per generare.
SOCRATE IL GIOVANE: E come no?
STRANIERO: E allora? Ci sembra che il politico abbia cura della natura che permette l'incrociarsi delle razze o
quella che ammette solo l'incrocio con la propria razza?
SOCRATE IL GIOVANE: è chiaro che si occupa di quella specie che non consente contatti con razze diverse.
STRANIERO: E quest'ultima, come si è fatto prima, a quanto pare noi dobbiamo dividere in due.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì , lo dobbiamo fare.
STRANIERO: E la famiglia degli animali viventi che sono domestici e vivono in gruppo è stata ormai tutta quanta
divisa, fatta eccezione per due generi.
Infatti il genere dei cani non è degno di essere annoverato fra gli animali che crescono in gruppo.
SOCRATE IL GIOVANE: No, certo. Ma come distinguere i due generi?
STRANIERO: Come sarebbe giusto che Teeteto e tu dividiate, dal momento che voi due capite la geometria.
SOCRATE IL GIOVANE: Come?
STRANIERO: Con la diagonale e di nuovo con la diagonale della diagonale.(3)
SOCRATE IL GIOVANE: Come dici?
STRANIERO: La natura, di cui è fornita la stirpe di noi uomini, ha forse generato, per il nostro camminare,
qualcosa di diverso dalla diagonale che è in potenza due piedi?
SOCRATE IL GIOVANE: Nulla di diverso.
STRANIERO: E la natura che appartiene al restante genere avviene a sua volta sulla base di una diagonale che ha
come potenza la diagonale della nostra potenza, se è vero che è stata generata due volte due piedi.
SOCRATE IL GIOVANE: Come non potrebbe essere? Comprendo quel che vuoi spiegare.
STRANIERO: Inoltre non possiamo osservare, Socrate, un'altra di quelle cose che giustamente si potrebbero
ritenere degne di riso e che ci è capitata mentre dividevamo?
SOCRATE IL GIOVANE: Quale?
STRANIERO: Il nostro genere umano è stato unito in sorte e posto in concorrenza con il genere più semplice e
insieme più facile a trattarsi.(4)
SOCRATE IL GIOVANE: Vedo l'assurdità in cui ci siamo imbattuti.
STRANIERO: E allora? Non è logico che ultimo giunga il più lento?
SOCRATE IL GIOVANE: Sì , avviene così .
STRANIERO: Non ci rendiamo conto di questo, che ancor più ridicolo appare il re che è in concorrenza con il
gregge, e che, correndo, si mette in competizione con colui che fra gli uomini è il più allenato in questa agevole vita?
SOCRATE IL GIOVANE: Ma certamente.
STRANIERO: Ora, Socrate, è maggiormente chiaro quel che si detto allora nella ricerca intorno al sofista.(5)
SOCRATE IL GIOVANE: Che cosa?
STRANIERO: Vale a dire che in base a questo procedimento di condurre i discorsi, non ha più importanza ciò che è
più dignitoso rispetto a ciò che non lo è, e questo metodo non svaluta affatto ciò che non ha alcun valore rispetto a ciò
che ha più valore, ma tende di per sé a cogliere la verità più pura.
SOCRATE IL GIOVANE: Mi sembra verosimile.
STRANIERO: Dunque, dopo di ciò, perché tu non mi preceda domandandomi la via più breve di cui si parlava
quando si cercava un termine per il re, non sarò io stesso a precederti?
SOCRATE IL GIOVANE: Assolutamente sì .
STRANIERO: Dico che allora si doveva dividere direttamente il genere degli animali che camminano sulla terra in
bipedi e quadrupedi, ma osservando che il genere umano era ancora legato in sorte con il solo genere degli alati,
bisognava dividere di nuovo il gruppo dei bipedi nell'essere sprovvisti di piume e nell'esserne provvisti, e fatta questa
divisione e avendo ormai messo in luce l'arte del condurre al pascolo gli uomini, portando l'uomo politico e regio per
collocarlo come un auriga su di essa, gli si dovevano consegnare le redini dello Stato, poiché gli sono familiari e poiché
possiede questa scienza.
SOCRATE IL GIOVANE: Va bene, come se avessi pagato il debito, hai pronunciato questo discorso, aggiungendo
come interesse la digressione e saldandolo completamente.
STRANIERO: Avanti, riassumiamo il discorso sul nome da assegnare all'arte del politico, riprendendolo dall'inizio
fino alla fine.
SOCRATE IL GIOVANE: Ma certamente.
STRANIERO: Della scienza conoscitiva vi era per noi all'inizio una parte relativa al comando: una sua parte,
rappresentata secondo un'analogia, fu definita "preposta al comancfo assoluto".
L'allevamento degli animali viventi fu a sua volta separato dall'arte del comando assoluto come fosse un suo genere,
e non di poco conto: e una specie dell'allevamento degli animali viventi fu quello dell'allevamento in gruppo, dal quale
a sua volta fu distinta la scienza del condurre al pascolo gli animali che camminano.
Da quest'ultimo genere fu separata in particolare l'arte di allevare animali senza corna. E quanto alla parte di essa
che non è la meno importante, si devono intrecciare tre definizioni insieme, se si vuole raccoglierla in un solo nome,
chiamandola "scienza del condurre al pascolo animali di razza non incrociata". E quella sezione che si separa da
quest'ultima, l'unica ancora rimasta per il gregge bipede e che si occupa del guidare gli uomini, proprio questa è ormai
l'oggetto della ricerca, e l'abbiamo chiamata "arte del regnare" e "politica" nello stesso tempo.
SOCRATE IL GIOVANE: Ma certamente.
STRANIERO: E veramente, Socrate, abbiamo compiuto questa ricerca così come tu ora hai detto?
SOCRATE IL GIOVANE: Che cosa vuoi dire?
STRANIERO: Abbiamo trattato l'argomento proposto in modo assolutamente esaustivo? Oppure proprio questo
principalmente la ricerca ha tralasciato, di svolgere sì il discorso, ma di non elaborarlo in modo del tutto esaustivo?
SOCRATE IL GIOVANE: Come dici?
STRANIERO: Tenterò di rendere ancora più chiaro a noi due quel che ora penso.
SOCRATE IL GIOVANE: Puoi parlare.
STRANIERO: Fra le numerose arti che prima ci sono apparse e che sono preposte al condurre le greggi degli
animali viventi, non era forse una sola la politica e di un solo gruppo si occupava?
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: Il discorso ha appurato che questa non è la scienza che si occupa del nutrimento dei cavalli né delle
altre fiere, ma dell'allevamento in comune degli uomini.
SOCRATE IL GIOVANE: è così .
STRANIERO: Osserviamo la differenza che passa fra tutti i pastori e i re.
SOCRATE IL GIOVANE: Quale?
STRANIERO: Osserviamo il caso in cui uno degli altri che possiede il nome di un'altra arte gli dica e pretenda dì
voler diventare insieme a lui allevatore del gregge.
SOCRATE IL GIOVANE: Come dici?
STRANIERO: I commercianti, ad esempio, e i contadini e tutti i fornai, e inoltre i maestri di ginnastica e la classe
dei medici, tu sai che tutti costoro potrebbero assolutamente contendere con il ragionamento con i pastori che
conducono al pascolo il genere umano, e che abbiamo chiamato "politici", dal momento che essi stessi si prendono cura
dell'allevamento umano, e non solo del gregge degli uomini, ma anche di quello dei loro capi?
SOCRATE IL GIOVANE: Parlerebbero in modo corretto?
STRANIERO: Forse. Questo lo vedremo, per ora sappiamo che nessuno entrerà in controversia con l'allevatore di
buoi su nessuna di queste argomentazioni, ma egli stesso, l'allevatore di buoi, si occupa del nutrimento delle mandrie, è
medico, è come un paraninfo, e riguardo al parto e alla cura dei neonati è l'unico in grado di conoscere l'arte ostetrica. E
ancora, per quanto i suoi piccoli nati ricevano in parte quella quantità di gioco e di musica concessa dalla natura, nessun
altro è più capace di lui nell'addolcirli e nell'addomesticarli rendendoli mansueti ed essendo perfettamente in grado di
eseguire la musica per il suo gregge mediante gli strumenti e la nuda bocca. Lo stesso comportamento vale per gli altri
pastori. O no?
SOCRATE IL GIOVANE: Giustissimo.
STRANIERO: Come dunque il nostro discorso intorno al re può rivelarsi corretto e inattaccabile, quando lo
consideriamo pastore e allevatore del gregge umano, privilegiando nella scelta lui solo, anche se molti altri rivendicano
quel primato?
SOCRATE IL GIOVANE: Non può esserlo affatto.
STRANIERO: Dunque poco fa avevamo ragione di temere sospettando di aver colto con il discorso la forma del
potere regale, ma di non essere stati capaci di delineare con precisione la figura del politico, cosa che non potrà mai
accadere fin tanto che, liberandolo da coloro che gli si sono riversati addosso e da quelli che gli sono avversari per
quanto riguarda i diritti sulla pastorizia, e separatolo da quelli, riusciremo a mostrarlo da solo e nella sua purezza. è
giusto?
SOCRATE IL GIOVANE: Giustissimo.
STRANIERO: Dobbiamo far ciò, Socrate, se non vogliamo che alla fine il nostro discorso sia screditato.
SOCRATE IL GIOVANE: No, non dobbiamo assolutamente far questo.
STRANIERO: Partendo da un altro principio dobbiamo di nuovo percorrere un'altra strada.
SOCRATE IL GIOVANE: Quale?
STRANIERO: Mescolando nel discorso un gioco, per così dire. Dobbiamo servirci di una parte cospicua di un mito
importante, e per il resto, come prima, distinguendo una parte da un'altra, giungeremo al vertice della nostra ricerca.
Non è giusto così ?
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: Presta attenzione al mio mito, come fanno i bambini: in fondo non hai lasciato da molti anni i giochi
di bambino.
SOCRATE IL GIOVANE: Puoi parlare.
STRANIERO: Fra i racconti di un tempo - e molti altri ve ne saranno ancora - vi era anche il presagio che riguarda
quella che fu chiamata la contesa di Atreo e di Tieste.(6)
Hai certamente ascoltato e ricordi quel che dicono che accadde allora.
SOCRATE IL GIOVANE: Alludi forse all'indizio divino rappresentato dall'agnello dal vello d'oro?
STRANIERO: Nient'affatto, ma al mutamento del tramonto e del levar del sole e degli altri astri, poiché dove ora si
levano, in quel luogo allora tramontavano, mentre sorgevano dalla parte opposta, sin quando il dio, avendo reso
testimonianza ad Atreo, mutò il corso degli astri nella fase attuale.
SOCRATE IL GIOVANE: In effetti si dice anche questo.
STRANIERO: E da molti abbiamo udito della sovranità di Crono.(7)
SOCRATE IL GIOVANE: Da moltissimi, direi.
STRANIERO: E allora? E sul fatto che anticamente si veniva generati dalla terra e non secondo accoppiamenti
reciproci?
SOCRATE IL GIOVANE: Anche questa è una di quelle cose che anticamente si è raccontata.
STRANIERO: Tutte queste cose traggono origine da una medesima condizione, e, oltre a queste, innumerevoli altre
e ancora più meravigliose di queste, ma per la quantità di tempo trascorsa alcune di esse sono andate perse, altre invece
ci sono giunte in ordine sparso e si narrano ciascuna separata da un'altra. Ora si deve parlare di quella condizione che fu
responsabile di tutti questi racconti e che nessuno mai disse: una volta spiegata, ci servirà per le nostre argomentazioni
riguardanti il re.
SOCRATE IL GIOVANE: Dici benissimo. Parla senza tralasciare nulla.
STRANIERO: Ascolta. Questo universo ora è lo stesso dio che lo guida insieme nel cammino e lo segue nei suoi
movimenti, ora lo lascia andare, quando i movimenti circolari dell'andata abbiano ormai raggiunto il limite di tempo
prestabilito, e di nuovo, muovendosi spontaneamente, volge la sua orbita dalla parte opposta, poiché è un essere vivente
che ha ottenuto in sorte un'intelligenza per opera di colui che lo ha costituito in principio. Questo ritornare indietro è di
necessità generato dentro di lui per questa ragione.
SOCRATE IL GIOVANE: Per quale?
STRANIERO: Conviene identificare la condizione per cui si è identici a se stessi e sempre allo stesso modo
solamente con ciò che più di tutto è divino, mentre la natura del corpo non appartiene a questo ordine. Ciò che noi
abbiamo chiamato "cielo" e "cosmo" ha ricevuto da chi lo ha generato molti attributi divini, ma prende parte anche della
natura del corpo: da questo fatto deriva che gli è impossibile non prendere assolutamente parte del mutamento, anche se
per quanto gli è possibile, stando quanto più può identico a se stesso, si muove di un solo movimento.
Perciò assunse il moto di circonvoluzione, proprio perché minima fosse la deviazione del suo movimento. A
nessuno è consentito volgere da sé continuamente se stesso se non a colui che guida tutti i corpi che si muovono: ma
d'altra parte non gli è concesso muoversi ora in un senso, ora in quello contrario. In base a tutto ciò non dobbiamo
affermare né che sia il cosmo stesso a muovere sempre se stesso, né che sia sempre interamente fatto ruotare dal dio
secondo movimenti circolari che siano di due tipi diversi ed opposti, né che lo volgano due dèi che hanno intendimenti
opposti fra loro, ma come è stato detto poco fa e ora è l'unica cosa che rimane, e cioè che ora è condotto da una causa
divina da esso diversa, procurandosi nuovamente la vita e ricevendo dall'artefice l'immortalità ristoratrice, ora invece,
quando viene lasciato, si muove da solo, e l'abbandono avviene in un occasione tale che possa percorrere al suo ritorno
molte decine di migliaia di orbite, per il fatto che essendo un complesso enorme e assai equilibrato si muove poggiando
su un piede piccolissimo.
SOCRATE IL GIOVANE: Tutto quello che hai trattato mi sembra assai verosimile.
STRANIERO: Dopo aver riflettuto su quel che abbiamo appena detto, osserviamo quella condizione che prima
abbiamo affermato che sia responsabile di tutti gli eventi prodigiosi. Ed ecco questa condizione.
SOCRATE IL GIOVANE: Quale?
STRANIERO: Essa consiste nel fatto che il movimento circolare del tutto ora si svolge secondo il movimento
attuale, ora al contrario.
SOCRATE IL GIOVANE: E qual è il nesso allora con quei miti?
STRANIERO: Si deve ritenere che questo mutarsi sia fra tutti i movimenti che avvengono nel cielo quello più
imponente e più completo.
SOCRATE IL GIOVANE: è verosimilmente così .
STRANIERO: Dunque bisogna pensare che imponenti mutamenti si verifichino allora anche in noi che abitiamo
all'interno di esso.
SOCRATE IL GIOVANE: Anche questo fatto mi pare verosimile.
STRANIERO: Non sappiamo che la natura degli animali viventi sopporta di malanimo i mutamenti di grande
portata, numerosi e della specie più varia?
SOCRATE IL GIOVANE: E come no?
STRANIERO: Necessariamente avvengono dunque in quell'occasione gli stermini più grandi degli altri animali, e
anche il genere degli uomini sopravvive in piccola parte: riguardo a costoro avvengono altri patimenti, numerosi,
incredì bì lì e inaspettati, ma questo è il più importante e che si accompagna al rivolgimento dell'universo, allorquando
avviene il mutamento della direzione nel senso opposto a quello attuale.
SOCRATE IL GIOVANE: Quale?
STRANIERO: Quell'età che ciascuno degli animali viventi aveva, questa per prima fra tutte si fermò, e tutto quanto
era mortale cessò di procedere verso la vecchiaia senza avere più i tratti distintivi di questa età, e mutando direzione in
senso contrario veniva generato più giovane e più tenero: i capelli bianchi dei più vecchi diventavano neri, le guance
lisce di coloro che portano la barba portavano di nuovo ciascuno verso la primavera trascorsa, e i corpi dei giovani,
diventando ogni giorno e ogni notte lisci e più piccoli, tornavano nuovamente alla natura di neonati, simili ad essi sia
nell'anima sia nel corpo. Da questo punto in poi, consumandosi ormai, scomparivano del tutto. D'altro canto, i cadaveri
di chi in quel tempo moriva di morte violenta, facendo esperienza di questi stessi eventi, rapidamente scomparivano e in
pochi giorni venivano annientati.
SOCRATE IL GIOVANE: Come si generavano, in quel tempo, straniero, gli animali viventi? E in che modo
nascevano gli uni dagli altri?
STRANIERO: è chiaro, Socrate, che in quel tempo la natura non consentiva gli accoppiamenti reciproci, mentre
quel genere che allora si diceva che nascesse dalla terra, proprio questo in quel tempo esisteva, il quale appunto
ritornava alla vita dalla terra, e di questo genere conservavano memoria i nostri primi antenati, che vivevano nel tempo
che seguiva la fine del ciclo precedente, e che dunque nascevano all'inizio di questo: di questi discorsi cui molti ora
ingiustamente non prestano fede, costoro si fecero araldi per noi. Bisogna, credo, considerare quello che avviene
successivamente. Questo infatti è quel che segue al ritorno dei vecchi alla natura di bambini, e cioè che da morti che
sono e che nella terra si trovano, tornando ivi nuovamente a ricomporsi ed essendo richiamati in vita, seguono la
direzione della nascita che ritorna indietro, prendendo la direzione opposta; ed essendo di necessità generati, secondo
questo discorso, come figli della terra, assumono così il nome e la definizione, per quanti di essi il dio non condusse
verso un'altra sorte.
SOCRATE IL GIOVANE: Questo è senza dubbio ciò che viene dopo quella situazione precedente. Ma quella vita
che tu dici che si sviluppò al tempo della potenza di Crono si verificò in quei cicli o in questi? è chiaro che negli uni e
negli altri cicli accade che si venfica il mutarsi del moto degli astri e del sole.
STRANIERO: Hai seguito bene il discorso. Quanto alla tua domanda sul fatto che tutto veniva generato
spontaneamente per gli uomini non riguarda affatto il ciclo che c'è ora, ma anche questo si verificava in quello anteriore.
Allora il dio guidava innanzitutto la stessa rotazione, prendendosene totalmente cura, e - cosa che avviene allo stesso
modo anche adesso in alcuni luoghi - tutte le parti del cosmo venivano ripartite dagli dèi che le governavano: e dei
demoni divini come fossero pastori avevano ripartito anche gli animali viventi secondo i generi e i gruppi, e ciascuno
bastava in tutto a ciascun gruppo essendo esso stesso pastore, sicché non vi era nessun essere selvatico e nessuno
procurava cibo all'altro, e non esisteva affatto guerra né rivolta. Ma vi sarebbe molto altro da dire riguardo a quel che
segue a tale assetto dell'universo. Quanto si dice degli uomini e della loro vita in cui tutto si generava spontaneamente,
si è detto per questo motivo. Il dio li guidava ed era loro capo, come adesso gli uomini, che sono animali più vicini alla
natura divina, portano al pascolo le altre specie a loro inferiori: quando il dio li portava al pascolo non vi erano forme di
governo, né acquisti di donne e di figli. Tutti ritornavano in vita dalla terra, e non vi era alcun ricordo delia situazione
precedente: questi beni allora mancavano, però avevano abbondanza di frutti dagli alberi e da molta altra vegetazione,
senza esser generati mediante l'agricoltura, ma offerti spontaneamente dalla terra. Nudi e senza coperte vivevano
trascorrendo la maggior parte del tempo all'aria aperta: le stagioni erano temperate perehé non provassero dolore, e
avevano confortevoli letti costituiti dall'erba abbondante che cresceva di continuo dalla terra. La vita di cui stai
ascoltando il racconto, Socrate, è quella di coloro che vissero al tempo di Crono: questa di adesso, invece, che il
discorso indica come del tempo di Zeus, tu stesso la stai sperimentando di persona. Saresti in grado e vorresti giudicare
la più felice fra queste due esistenze?
SOCRATE IL GIOVANE: Nient'affatto.
STRANIERO: Vuoi che io giudichi per te in qualche modo?
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: Se allora coloro che furono allevati da Crono, avendo essi molto tempo a disposizione e la possibilità
di poter incontrarsi e discorrere non solo con gli uomini, ma anche con le bestie, si servivano di tutte queste circostanze
favorevoli per la filosofia, conversando con gli animali e fra loro, e cercando di sapere da tutte le specie se una che in
possesso di una particolare capacità avesse mai fatto esperienza di qualcosa che si distinguesse dal resto nell'accrescere
il capitale dell'intelligenza, si giudicherà facilmente il fatto che vi è un'immensa differenza, in relazione alla felicità, fra
quelli che vivono adesso e quelli che vivevano allora: ma se riempiendosi a sazietà di cibo e di bevande conversavano
fra loro e con gli animali dicendo quel che vien detto di essi anche ora, anche questo, secondo quel che mi sembra, è
assai facile da giudicare.
Tuttavia lasciamo perdere queste cose, finché non compaia qualcuno capace di spiegarci se quelli che vissero in quel
tempo avessero desiderio della scienza e del far uso dei discorsi: noi dobbiamo parlare del motivo per cui abbiamo
risvegliato il mito affinché possiamo portare a compimento quello che ci resta ancora da dire dopo questo.
Dopo che il tempo di tutti questi eventi ebbe fine, e bisognava che il mutamento avvenisse, e tutto il genere di coloro
che si erano generati dalla terra era ormai annientato, avendo ogni anima pagato il debito mediante la generazione di
tutte le specie, e ricadendo sulla terra sotto forma di semi tante volte quante a ciascuna era stato ordinato, allora il
timoniere dell'universo, come lasciando la barra dei timoni, si ritirò nella sua vedetta, e a quel punto il destino e un
innato desiderio fecero di nuovo fare una conversione al cosmo. Tutti gli dèi che governavano nei loro luoghi insieme
alla divinita pì u importante, riconoscendo ormai quel che era avvenuto, lasciarono le parti del cosmo di cui essi si
occupavano: e quello, mutando direzione e scontrandosi nelle sue parti, messo in moto dagli opposti impulsi, uno al
principio e l'altro alla fine, provocando in esso una grande scossa, determinò un altro sterminio di animali d'ogni sorta.
Dopo questi eventi, trascorso il tempo necessario, facendo ormai cessare il tumulto e lo scompiglio, e ottenuta la calma
dopo quegli sconvolgimenti, esso si dispose in modo da mantenere il ritmo consueto della sua corsa, avendo cura e
forza esso stesso delle cose che avvenivano in sé e di se stesso, cercando di ricordare, per quanto possibile,
l'insegnamento del suo artefice e padre. In principio dunque realizzava questo in modo più preciso, alla fine invece in
modo più fiacco: causa di questo è la sua parte corporea che vi è nella mescolanza, che è la proprietà congenita della
natura di un tempo, poiché partecipava di un grande disordine prima di giungere all'ordine attuale. Tutto il bene di cui è
provvisto lo possiede in virtù di colui che lo ha escogitato: ma da quella sua condizione di un tempo riceve tutte quante
le difficoltà e i difetti che sono nel cielo, e le riproduce negli animali viventi.
Quando allevava in sé gli animali insieme al suo pilota, le cose che non andavano erano di poco conto, mentre vi
generava grandi beni: quando invece si separa da quello, immediatamente dopo l'abbandono guida sempre tutte le cose
nel modo migliore, ma andando avanti nel tempo e ingenerandosi in esso l'oblio, prende sempre più potere la sua antica
condizione di mancanza d'armonia, e alla fine del tempo ecco che degenera, e i beni hanno scarso valore, mentre,
facendo un'abbondante fusione dei mali corrispondenti, corre il rischio di giungere alla distruzione di se stesso e delle
cose che sono in esso. Perciò il dio che già un tempo lo ha ordinato, vedendo che si trova in difficoltà, preoccupato che
quello, trovandosi nella tempesta e nello scompiglio, si annienti e affondi nel mare infinito della dissomiglianza,
tornando nuovamente a sedere presso il timone di quello, volgendo in un'altra direzione ciò che era stato attaccato dal
morbo o si era dissolto nella fase precedente, quando il cosmo era stato abbandonato a se stesso, lo ordina e,
raddrizzandolo, lo rende immortale e senza vecchiaia. Questa è la fine delle cose che abbiamo raccontato: per quanto
riguarda l'argomentazione del re è sufficiente collegarci al discorso di prima. Avendo il cosmo mutato direzione, e presa
la strada che porta alla generazione di adesso, l'età di nuovo si fermò, e si ripetevano fatti nuovi e opposti a quelli di
prima. Crescevano gli animali viventi che poco mancava che scomparissero per la piccolezza, mentre i corpi appena
nati dalla terra, diventati vecchi, di nuovo morivano e scendevano nella terra.
Anche tutte le altre cose mutavano, imitando e accompagnando ciò che l'universo provava, e anche l'imitazione della
gravidanza, della nascita, e dell'allevamento si accompagnava di necessità all'andamento in generale: non era più
possibile che l'animale venisse generato nella terra a causa dell'accordo di elementi eterogenei, ma come all'universo era
stato ordinato di essere signore assoluto del suo cammino, così allo stesso modo anche alle stesse sue parti era
provenuto l'ordine da una simile direzione, per quanto era possibile, di concepire da sole, di generare, e di allevare. E
siamo ormai arrivati alla ragione per cui tutto il discorso si è messo in moto.
Sugli altri animali ci sarebbe molto da dire e si potrebbe fare una lunga esposizione sull'origine da cui ciascuna ha
mutato il suo corso e sulla ragione di ciò: sugli uomini invece il discorso è più breve, e più conveniente in questa sede.
Privati della cura di quel dio che ci possedeva e che ci guidava al pascolo, tutti gli altri numerosi animali che avevano
natura feroce diventarono selvatici, mentre gli uomini stessi, deboli e senza protezione, venivano sbranati da quelli, e in
quei tempi primitivi erano ancora senza mezzi né risorse, poiché era mancata l'alimentazione spontanea, e non sapevano
procurarsela, per il fatto che in precedenza non erano stati costretti da necessità alcuna. Per tutti questi motivi erano
venuti a trovarsi in difficoltà enormi. Di qui provengono i doni, come anticamente si narra, donati a noi dagli dèi
insieme al necessario insegnamento ed educazione: il fuoco da Prometeo,(8) e le arti da Efesto (9) e dalla sua compagna
d'arte,(10) i semi e le piante da altri. E tutto quanto è servito a stabilire la vita umana è provenuto da questi doni, dal
momento che, come si è appena finito di dire, gli dèi smisero di occuparsi degli uomini, e questi dovevano da soli
guidare se stessi e aver cura di sé, come tutto il cosmo, a imitazione del quale e nella cui compagnia viviamo e siamo
per tutto il tempo generati, ora in questo modo, un tempo in quell'altro. Abbia così termine il mito, e noi lo useremo per
vedere quanto abbiamo sbagliato mostrando nel discorso precedente l'uomo regale e quello politico.
SOCRATE IL GIOVANE: Come e quanto grave è l'errore che tu dici che abbiamo causato?
STRANIERO: Da un lato è cosa di poco conto, dall'altro è assai dannoso e ben maggiore e più grave di quanto mi
sembrava allora.
SOCRATE IL GIOVANE: In che senso?
STRANIERO: L'errore consiste nel fatto che, interrogati sul re e sul politico che provengono dal ciclo attuale e dalla
generazione attuale, abbiamo detto del pastore che proviene dal ciclo opposto che guidava le mandrie umane di allora, e
per di più divino anziché mortale, e proseguendo in questa direzione siamo andati del tutto fuori strada: quanto invece al
fatto che lo abbiamo messo in rilievo come colui che governa tutto lo Stato, senza dire in che modo lo diventi, pur
avendo detto in questo senso il vero, non si è detto tutto e nemmeno in modo chiaro, e per questa ragione, anche se
meno gravemente di quell'altra circostanza, abbiamo sbagliato.
SOCRATE IL GIOVANE: Vero.
STRANIERO: Bisogna allora che, delineando a quanto pare il modo con cui governa lo Stato, speriamo di fornire
così in maniera compiuta la definizione di uomo politico.
SOCRATE IL GIOVANE: Bene.
STRANIERO: Per queste ragioni abbiamo anche presentato il mito, perché, riguardo all'allevamento in gruppo, si
potesse dimostrare non solo che tutti lo pretendono, in concorrenza con colui che rappresenta l'oggetto della nostra
ricerca, ma anche perché osservassimo con maggior chiarezza che colui al quale unicamente spetta, secondo l'esempio
dei pastori e degli allevatori di buoi, di aver cura dell'allevamento umano, è anche l'unico degno di portare quel nome.
SOCRATE IL GIOVANE: Giusto.
STRANIERO: Credo, Socrate, che questo ritratto del pastore divino sia ancora troppo sproporzionato rispetto al
paragone con il re, poiché gli uomini politici che vivono adesso sono simili a quelli che da essi sono governati,
soprattutto se si considerano i loro caratteri, e sono molto più vicini anche per quanto riguarda l'educazione e
l'allevamento di cui prendono parte.
SOCRATE IL GIOVANE: Senza dubbio.
STRANIERO: Non servirebbe né poco né molto farne oggetto della nostra ricerca, sia che si generino in un modo o
in quell'altro.
SOCRATE IL GIOVANE: E come no?
STRANIERO: Ritorniamo nuovamente indietro di qui. A proposito di quella che dicevamo che fosse arte del potere
assoluto per gli animali viventi, che si prendeva cura non di uno solo ma di tutti insieme, e che allora chiamammo
direttamente "arte dell'allevamento in gruppo", ti ricordi ancora?
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: Riguardo a quest'arte in un certo senso abbiamo sbagliato: non siamo stati assolutamente in grado di
comprendere in essa l'uomo politico né di assegnargli un nome, ma si è celato alla nostra vista sfuggendo alla
definizione che volevamo assegnargli.
SOCRATE IL GIOVANE: Come?
STRANIERO: Sono tutti gli altri pastori che prendono parte all'allevamento delle singole mandrie, mentre l'uomo
politico non vi prende parte: ma noi gli abbiamo comunque assegnato il nome da ciò, mentre gli si doveva assegnare il
nome di un qualcosa comune a tutti questi.
SOCRATE IL GIOVANE: Dici la verità, se mai esisteva tale nome.
STRANIERO: Perché non si poteva dire che il prendersi cura era un'attività comune a tutti, quando non si delineasse
né come allevamento né come un'altra attività? Ma se l'avessimo chiamata "arte di prendersi cura del gruppo" o "arte di
prendersi cura" o "di averne premura", in base a tutte queste definizioni ci sarebbe stato possibile comprendere anche il
politico insieme agli altri, dal momento che questa è l'indicazione che ha fornito il discorso.
SOCRATE IL GIOVANE: Giusto. Ma secondo quale criterio avremmo fatto, dopo dì ciò, la divisione?
STRANIERO: Secondo gli stessi criteri che abbiamo adottato prima, dividendo l'arte dell'allevare in gruppo in
esseri che camminano e in esseri che non volano, in quelli che non permettono incroci di razze e in quelli senza corna, e
dividendo secondo questi stessi criteri anche la scienza che si prende cura del gruppo, avremmo ugualmente fatto
rientrare nel discorso la sovranità regale di adesso e quello in vigore all'epoca di Crono.
SOCRATE IL GIOVANE: Mi sembra logico. Ma ora voglio ricercare che cosa avviene dopo di ciò.
STRANIERO: è chiaro che se avessimo enunciato in questo modo la definizione di "arte che si occupa del gruppo",
non sarebbe mai successo che alcuni venissero in controversia con noi perché non esiste affatto la cura di qualcosa.
come allora fu giustamente contestato che non vi era alcuna arte in noi degna di essere chiamata "dell'allevare", e
quand'anche ve ne fosse una, spetterebbe a molti prima e piuttosto che ad un re.
SOCRATE IL GIOVANE: Giustamente.
STRANIERO: D'altro canto nessun'altra arte, prima e di più di quella del regnare, avrebbe la pretesa di affermare di
essere l'arte di prendersi cura di tutta quanta la comunità umana e di esercitare il suo potere su tutti gli uomini.
SOCRATE IL GIOVANE: Dici bene.
STRANIERO: Dopo di ciò, Socrate, comprendiamo che proprio avvicinandoci alla fine sbagliavamo di frequente.
SOCRATE IL GIOVANE: Che cosa vuoi dire?
STRANIERO: Questo: che se anche ci rendevamo assolutamente conto che vi era un'arte che si prendeva cura del
gruppo dei bipedi, per nulla al mondo dovevamo chiamarla direttamente "del regnare" e "politica", come se la
distinzione fosse così compiuta.
SOCRATE IL GIOVANE: E allora?
STRANIERO: Innanzitutto, ed è quel che stiamo dicendo, bisognava modificare il nome, orientandolo verso la cura
piuttosto che verso l'allevamentO, in secondo luogo potevamo dividerla: e non di poco conto potrebbero ancora essere
queste divisioni.
SOCRATE IL GIOVANE: Quali?
STRANIERO: Quella per cui avremmo potuto in un certo senso dividere il pastore divino da chi si prende cura del
genere umano.
SOCRATE IL GIOVANE: Giustamente.
STRANIERO: Una volta divisa questa arte del prendersi cura, sarebbe stato di nuovo necessario separarla in due
parti.
SOCRATE IL GIOVANE: In quali?
STRANIERO: In base alla costrizione violenta e alla volontaria accettazione.
SOCRATE IL GIOVANE: Perché?
STRANIERO: Anche su questo punto prima abbiamo sbagliato, facendo la questione più semplice del necessario, e
volendo considerare alla stessa stregua il re e il tiranno, mentre essi sono quanto di più dissimile ci sia, e così anche il
modo con cui l'uno e l'altro esercitano il potere.
SOCRATE IL GIOVANE: Vero.
STRANIERO: Ora, correggendo nuovamente, come dicevo, separiamo in due l'arte del prendersi cura del genere
umano, in costrizione violenta e volontaria accettazione?
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: E chiamando "tirannica" quell'arte di chi si impone con la violenza, e "politica" quella che volentieri
si prende cura degli animali viventi bipedi, i quali volentieri la accettano, non possiamo dimostrare che chi possiede
quest'arte e si assume questa cura è realmente un re e un politico?
SOCRATE IL GIOVANE: Può darsi, straniero, che le nostre argomentazioni sull'uomo politico abbiano in questo
modo termine.
STRANIERO: Sarebbe bello per noi, Socrate. Su questo punto non dovresti pensarla così solo tu, ma anch'io, con te,
di comune accordo. Ora, secondo la mia opinione, non mi pare che noi abbiamo ancora terminato di delineare la figura
del re, ma come scultori che, affaticandosi talvolta inopportunamente, lavorano con lentezza perché a ciascuna delle
loro opere aggiungono ornamenti che sono più numerosi e più grandi del dovuto, anche adesso noi, per chiarire
rapidamente e in modo assai conveniente l'errore che abbiamo commesso nella trattazione di prima, ritenendo che per il
re convenisse realizzare un grande modello, assumendoci l'onere della grandiosa mole del mito, siamo stati costretti a
usarne una parte più ampia del necessario: perciò abbiamo allungato troppo il racconto, e non abbiamo affatto posto una
conclusione al mito, ma il nostro discorso, come un animale dipinto, pare che abbia il contorno esterno sufficientemente
delineato, ma non abbia assunto l'evidenza che si ottiene con i colori e con le combinazioni di colori. Ma più del
disegno e di tutta l'opera della mano, è chiaro che con il discorso e la parola conviene rappresentare l'animale vivente
nella sua interezza per chi può seguire: per gli altri attraverso l'opera della mano.
SOCRATE IL GIOVANE: Questo è giusto: mostraci dove ancora tu dici che non abbiamo parlato in modo
adeguato.
STRANIERO: è difficile, mio caro, spiegare adeguatamente qualcosa di molto grande senza far uso di modelli.
Ciascuno di noi corre il rischio di non riconoscere più da sveglio tutto quel che sapeva in sogno.
SOCRATE IL GIOVANE: Che senso ha quello che dici?
STRANIERO: Assai fuor di luogo, a quanto pare, devo aver messo in movimento, nella presente circostanza, quella
condizione che è in noi riguardante la scienza.
SOCRATE IL GIOVANE: E allora?
STRANIERO: Anche il modello stesso, o uomo beato, ha bisogno a sua volta del modello.
SOCRATE IL GIOVANE: E allora? Parla, senza indugiare per riguardo nei miei confronti.
STRANIERO: Bisogna parlare, visto che anche tu sei pronto a seguirmi.
Noi sappiamo che i bambini, quando hanno appena imparato le lettere...
SOCRATE IL GIOVANE: Che cosa?
STRANIERO: Sappiamo che riconoscono sufficientemente bene ciascuna lettera quando si trova nelle sillabe più
brevi e in quelle più facili, e diventano capaci di osservarle con chiarezza.
SOCRATE IL GIOVANE: E come no?
STRANIERO: Non riconoscendo di nuovo queste stesse lettere in altre sillabe, si ingannano nell'opinione e nella
parola.
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: E questo metodo qui non sarà assai facile e bello per condurli verso cio che ancora non conoscono?
SOCRATE IL GIOVANE: Come?
STRANIERO: Riportarli prima davanti a quelle sillabe nelle quali avevano una corretta opinione di quelle stesse
lettere, e dopo averli riportati, metterli di fronte a ciò che ancora non è conosciuto, e, facendo un confronto, dimostrare
la somiglianza e la natura che vi è nell'una e nell'altra combinazione, finché, ponendo accanto a tutte le lettere non
conosciute quelle di cui si ha corretta opinione, queste ultime siano indicate con chiarezza, e indicatele, e diventate così
dei modelli, permettano di dare il nome a ciascuna lettera che si trovi in ciascuna sillaba, quando è diversa e come lo è
rispetto alle altre, quando è identica e come lo è rispetto a se medesima.
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: Non abbiamo dunque compreso in modo adeguato questo, e cioè che il modello nasce allorquando
ciò che è identico, disperdendosi nel diverso, viene correttamente riconosciuto, e, dedotto sia nell'uno che nell'altro,determina una sola vera opinione che si riferisce ad entrambi?
SOCRATE IL GIOVANE: Sì , mi sembra.
STRANIERO: Adesso dovremmo stupirci se la nostra anima, che per natura prova questa stessa cosa in relazione
agli elementi costituenti di tutte le cose, ora è unita dalla verità in relazione a ciascun elemento che sia elemento
costitutivo di qualche cosa, ora in relazione a tutti gli altri elementi che ineriscono ad altre cose si lascia trasportare, e
congettura corrette opinioni solo in merito ad alcuni elementi di queste stesse combinazioni, ma questi stessi elementi
non li sa riconoscere quando sono posti in mezzo a grandi e non facili complessi di cose?
SOCRATE IL GIOVANE: Non c'è affatto da stupirsi.
STRANIERO: Come, amico, si potrebbe, partendo da una falsa opinione, giungere alla verità, e arrivando anche ad
una piccola parte di essa, procacciarsi l'intelligenza?
SOCRATE IL GIOVANE: Non sarebbe affatto possibile.
STRANIERO: Se dunque queste cose sono generate in questo modo, non ci potremmo sbagliare, tu ed io, se, avendo
dapprima cercato di osservare la natura di un modello preso nella sua totalità in un altro piccolo modello preso parte per
parte, dopo intendessimo, attribuendo quella medesima specie da quelle meno significative a quella più importante
dell'essere re, provare a conoscere, attraverso un modello, la cura degli affari della citta condotta a regola d'arte, perché
diventi realtà quel che prima per noi era sogno?
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente è giusto.
STRANIERO: Bisogna ritornare di nuovo al discorso di prima, e cioè che, dal momento che numerosissime persone
contendono al genere regio la cura dello Stato, bisogna separare tutti costoro e lasciare quello da solo, e per questa
ragione dicevamo di avere bisogno di un modello.
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: Quale modello il cui ambito di applicazione sia lo stesso di quello della politica, di grandezza assai
limitata, si potrebbe usare come termine di paragone per scoprire adeguatamente quel che stiamo ricercando? Vuoi che
scegliamo, per Zeus, Socrate, se non abbiamo altro a portata di mano, l'arte del tessere? E questa, se ti pare giusto, non
la scegliamo tutta? Sarà forse sufficiente quell'aspetto che riguarda la tessitura della lana: probabilmente questa sua
parte, una volta che è stata scelta, ci darà tesimonianza di ciò che noi vogliamo indagare.
SOCRATE IL GIOVANE: E come no?
STRANIERO: Perché anche adesso non facciamo per l'arte del tessere la stessa cosa che abbiamo fatto prima,
quando, separando le varie parti e le parti delle parti, abbiamo diviso ciascuna di esse, e, passato in rassegna il più
brevemente possibile tutto quanto, ritorniamo a ciò che ora ci interessa?
SOCRATE IL GIOVANE: Come dici?
STRANIERO: Ti darò come risposta la mia stessa trattazione.
SOCRATE IL GIOVANE: Quello che dici va benissimo.
STRANIERO: Tutto quanto ci fabbrichiamo e ci procuriamo o ci serve per far qualcosa oppure rappresenta un
riparo per non subire qualcosa e fra i mezzi di riparo alcuni sono antidoti divini e umani, altri sono strumenti di difesa.
Fra questi strumenti di difesa vi sono le armi per far guerra e ripari per difendersi: e fra questi ripari vi sono le tende e le
difese che servono contro il freddo e il caldo. E fra queste difese vi sono i tetti e le coperture: e di queste coperture
alcuni sono tappeti, altri indumenti. E fra gli indumenti alcuni risultano d'un solo pezzo, altri uniti di più pezzi: di questi
ultimi alcuni sono cuciti, altri sono senza cuciture. Fra questi alcuni sono costituiti di nervi vegetali, altri animali: di
questi ultimi alcuni sono incollati con l'acqua e la terra, altri stanno insieme da soli. A questi ripari e coperture che sono
realizzati con elementi che stanno insieme da soli diamo il nome di "vestiti" e quest'arte che si occupa soprattutto del
confezionamento dei vestiti ora la chiamiamo, prendendo il nome dalla sua attività, "arte del confezionare vestiti", così
come allora avevamo chiamato l'arte che si occupa del governo dello Stato "politica"? E diciamo che l'arte del tessere,
occupando la parte più importante nel confezionare i vestiti non differisce per nulla, se non nel nome, dall'arte del
confezionare vestiti, come allora quella del re da quella del politico?
SOCRATE IL GIOVANE: Verissimo.
STRANIERO: Dopo di ciò dovremo concludere che, riguardo all'arte del tessere i vestiti, esposta in questi termini,
un tale forse potrebbe pensare che si sia parlato a sufficienza, non essendo forse in grado di capire che non si è ancora
distinta dalle arti ausiliarie che ad essa sono vicine, mentre è stata separata da molte arti a lei connaturate.
SOCRATE IL GIOVANE: Da quali arti a lei connaturate? Dillo.
STRANIERO: A quanto sembra non hai seguito il discorso: mi pare si debba tornare indietro, cominciando dalla
fine. Se infatti comprendi il concetto di parentela, questa ora noi l'abbiamo separata da quell'arte, dividendo l'insieme
delle coperture in quelle che ci si mette intorno e in quelle che si mettono sotto.
SOCRATE IL GIOVANE: Capisco.
STRANIERO: E abbiamo eliminato dalla discussione tutta la lavorazione che si fa con il lino, con lo sparto e con
tutti quelli che un momento fa abbiamo chiamato, secondo un'analogia, "nervi vegetali": abbiamo inoltre messo da parte
l'arte di lavorare il feltro, e quell'arte che per unire insieme si serve della foratura e della cucitura, di cui la parte più
significativa è rappresentata dall'arte del calzolaio.
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: E l'attività di conciare le pelli per fabbricare coperture di un solo pezzo e le arti di costruire i tetti, sia
quelle che trovano applicazione nel fabbricare case e in tutto il costruire in generale, sia quelle che, nelle altre arti, sono
specializzate nella costruzione di ripari contro l'acqua corrente, le abbiamo messe tutte da parte; e così anche tutte quelle
arti che si occupano di difese e ci procurano marchingegni atti a impedire sia i furti sia gli atti di violenza, le quali si
occupano della fabbricazione di coperchi e delle compaginazioni delle porte, arti in parte assegnate all'arte del
falegname: lasciammo da parte l'arte di fabbricare le armi che è una suddivisione di quella enorme e varia capacità
dell'arte di costruire ripari difensivi. E subito sin dall'inizio separammo tutta quanta l'arte magica che si occupa degli
antidoti, e abbiamo mantenuto, come parrebbe, quella specializzata nelle protezioni contro il freddo che è diventata
l'oggetto della ricerca, e che fabbrica ripari di lana, il cui nome è "arte del tessere".
SOCRATE IL GIOVANE: Mi pare che sia così .
STRANIERO: Ma questo non e ancora stato detto in modo completo, figliolo. Chi in principio intraprende la
fabbricazione di vestiti sembra agire in modo opposto rispetto alla tessitura.
SOCRATE IL GIOVANE: E come?
STRANIERO: Il fatto è che, da un lato, vi è un certo intreccio, in qualche modo, del tessuto.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: Dall'altro, ciò che era stato unito e fuso si scioglie.
SOCRATE IL GIOVANE: A che cosa alludi?
STRANIERO: Mi riferisco al lavoro proprio dell'arte del cardatore.
Avremo il coraggio di chiamare "arte del tessere" l'arte del cardare e considerare il cardatore alla stregua di un
tessitore?
SOCRATE IL GIOVANE: Nient'affatto.
STRANIERO: E se uno chiama "arte del tessere" quell'arte specializzata nella fabbricazione dell'ordito e della
trama, dà un nome ingannevole e falso.
SOCRATE IL GIOVANE: Come no?
STRANIERO: E allora? Per quanto riguarda tutta l'arte del follone e quella del rammendare, non dobbiamo
attribuire assolutamente loro una certa attenzione e un certo interesse rivolti ai vestiti, o tutte queste le chiameremo arti
del tessere?
SOCRATE IL GIOVANE: Nient'affatto.
STRANIERO: Ma tutte queste contenderanno alla prerogativa propria dell'arte del tessere la cura e la produzione di
vestiti, da un lato assegnando a quella la parte più importante, ma, d'altro canto, attribuendo anche a se stesse ruoli assai
considerevoli.
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: Oltre a queste, allora, bisogna pensare che anche le arti che fabbricano gli attrezzi per la laborazione
della tessitura rivendicheranno il fatto di essere concause di ogni prodotto tessile.
SOCRATE IL GIOVANE: Giustissimo.
STRANIERO: Dunque per noi saranno sufficientemente delineati i contorni del discorso relativo alla tessitura, di
cui abbiamo scelto una parte, qualora la considerassimo la più bella e la più importante fra quante si occupano del
contezionamento di vesti di lana. O diremmo qualcosa di vero, ma non chiaro né completo, senza aver prima separato
anche tutte queste da quella?
SOCRATE IL GIOVANE: Giusto.
STRANIERO: Dunque, dopo di ciò, non bisogna fare come diciamo, perché il nostro discorso proceda qui di
seguito?
SOCRATE IL GIOVANE: Come no?
STRANIERO: Osserviamo prima di tutto che vi sono due arti che riguardano tutto ciò che viene fatto.
SOCRATE IL GIOVANE: Quali arti?
STRANIERO: Quella che è concausa del confezionamento del prodotto, e quella che è la causa vera e propria.
SOCRATE IL GIOVANE: E come?
STRANIERO: Quelle che non fabbricano la cosa stessa, ma che procurano gli strumenti agli artigiani, senza le quali
mai potrebbe essere fabbricato ciò che viene commissionato a ciascuna arte, queste sono le concause, mentre quelle che
si occupano direttamente e realizzano la cosa stessa sono le cause?
SOCRATE IL GIOVANE: Questa spiegazione ha una sua logica.
STRANIERO: Dopo di ciò diciamo che tutte le arti che fabbricano fusi e spole e tutti gli altri strumenti che
prendono parte alla produzione di vesti sono concause, mentre quelle che si occupano dei vestiti stessi e li fabbricano
direttamente sono le cause?
SOCRATE IL GIOVANE: Giustissimo.
STRANIERO: E, fra le cause, l'arte di lavare e di cucire e quante si occupano di questi prodotti, mi pare assai
conveniente radunarle chiamandole "arte del follone", come fossero tutte una parte vicina a quell'arte, alla molteplice
arte dell'ornamento.
SOCRATE IL GIOVANE: Bene.
STRANIERO: E l'arte del cardare e l'arte del filare e quante hanno a che fare con la produzione del vestito, di cui
diciamo che sono parti, insieme rappresentano quell'unica arte che è il risultato di tutte le arti di cui tutti parlano, ovvero
l'arte del lavorare la lana.
SOCRATE IL GIOVANE: Come no?
STRANIERO: Dell'arte del lavorare la lana vi siano due parti, e l'una e l'altra di queste due siano
contemporaneamente generate come parti di due arti
.
SOCRATE IL GIOVANE: Come?
STRANIERO: L'operazione del cardare e di fare metà di quel che fa la spola e tutto quanto divide le une dalle altre
le cose che sono insieme, tutte queste operazioni è possibile considerarle come una cosa sola che fa parte della stessa
arte del lavorare la lana, e noi abbiamo già sperimentato due grandi arti che riguardano tutto questo, l'arte del collegare
e del separare.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: All'arte di separare appartengono quella del cardare e tutte quelle ora dette: l'arte di separare che si
riferisce alla lana e ai fili, e che si realizza in un modo con la spola, e nell'altro con le mani, possiede tutti i nomi che
poco fa sono stati detti.
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: Riprendiamo di nuovo una parte dell'arte del collegare che nello stesso tempo è parte dell'arte del
lavorare la lana che in essa si trova: tralasciamo invece tutto quanto fa parte dell'arte del separare, dividendo l'arte del
lavorare la lana in una parte che si occupa di separare e in un'altra che si occupa di collegare.
SOCRATE IL GIOVANE: Si proceda alla divisione.
STRANIERO: Bisogna che tu divida, Socrate, la parte che si occupa del collegare e nel contempo del lavorare la
lana, se è vero che siamo sufficientemente intenzionati a cogliere l'arte del tessere di cui prima si è detto.
SOCRATE IL GIOVANE: Dunque bisogna.
STRANIERO: Certo, si deve: e diciamo che di quella vi è una parte che si occupa del torcere e un'altra che si
occupa dell'intrecciare.
SOCRATE IL GIOVANE: Capisco bene? Mi sembra che tu dica che la fabbricazione del filo dell'ordito fa parte del
torcere.
STRANIERO: Non solo, ma anche quella della trama: oppure troveremo che quello nasca senza che lo si torca?
SOCRATE IL GIOVANE: Nient'affatto.
STRANIERO: Definisci anche ciascuno di questi due: forse il definirli ti potrebbe essere opportuno.
SOCRATE IL GIOVANE: Come?
STRANIERO: In questo modo: fra i prodotti dell'arte del cardare non diciamo che quella cosa allungata e che ha una
certa ampiezza è il pennecchio?
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: Di questo pennecchio ciò che è stato girato dal fuso ed è divenuto filo solido, devi dire che questo
filo è il filo dell'ordito e che l'arte del filo dell'ordito sarà quella che lo rende diritto.
SOCRATE IL GIOVANE: Giustamente.
STRANIERO: Quei fili che ricevono la torcitura rilassata, e hanno quella tenerezza, nelle giuste proporzioni, da
poter resistere, intrecciandosi all'ordito, all'impeto del follone, li diciamo "trama" e "arte del far trame" quella ad essi
ordinata.
SOCRATE IL GIOVANE: Giustissimo.
STRANIERO: è ormai universalmente chiara la parte che riguarda l'arte del tessere che ci siamo proposti di
esaminare. Qualora una parte dell'arte di collegare, all'interno dell'arte del tessere, realizzi, mediante la retta tessitura
della trama e dell'ordito, un intreccio, chiamiamo tutto ciò che è stato intrecciato "vestito di lana", e l'arte che è preposta
alla sua realizzazione "arte del tessere".
SOCRATE IL GIOVANE: Giustissimo.
STRANIERO: Bene. Perché non abbiamo risposto subito che l'arte di intrecciare trama e ordito non è arte del
tessere, ma abbiamo girato intorno dando invano numerosissime definizioni?
SOCRATE IL GIOVANE: Ma a me, straniero, nessuna delle cose dette sembra che sia stata detta invano.
STRANIERO: E in tutto questo non vi è nulla di incredibile: ma forse, amico, potrebbe sembrarlo. A proposito
allora di un inconveniente di questo genere che più volte in futuro potrebbe assalirti - e non sarebbe affatto incredibile,
infatti - ascolta un discorso che ha a che fare con tutte le cose che sono state dette.
SOCRATE IL GIOVANE: Parla.
STRANIERO: Per prima cosa vediamo tutto ciò che eccede e tutto ciò che fa difetto, per poter per analogia elogiare
e biasimare le cose che ogni volta vengono dette in modo più prolisso del dovuto, e così l'atteggiamento opposto, nei
dibattiti di questo genere.
SOCRATE IL GIOVANE: Bisogna farlo.
STRANIERO: Se il nostro discorso vertesse su queste cose, credo, sarebbe corretto.
SOCRATE IL GIOVANE: Quali cose?
STRANIERO: Sulla lunghezza e sulla brevità e sulla sovrabbondanza in genere e sul difetto: l'arte del misurare si
riferisce infatti a tutte queste cose.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: Dividiamola allora in due parti: bisogna farlo in relazione a ciò di cui ora ci stiamo occupando.
SOCRATE IL GIOVANE: Puoi dire come avviene la divisione.
STRANIERO: Così : da un lato secondo le reciproche relazioni cui prendono parte grandezza e piccolezza, dall'altro
secondo la necessaria esistenza di c
iò che viene generato.
SOCRATE IL GIOVANE: Come dici?
STRANIERO: Ti sembra che si possa dire che, secondo natura, ciò che è più grande di null'altro deve dirsi maggiore
se non di ciò che è più piccolo, e che a sua volta ciò che è più piccolo non è minore di null'altro se non del più grande?
SOCRATE IL GIOVANE: Mi sembra.
STRANIERO: E allora? E il superare nei discorsi e nei fatti la natura della giusta misura, e l'essere da quella
superati, non diremo che è cosa che avviene realmente, in cui, fra l'altro risiede soprattutto la differenza fra quanti di noi
sono cattivi e quanti sono buoni?
SOCRATE IL GIOVANE: Mi sembra.
STRANIERO: Dobbiamo considerarli due aspetti dell'essere e due forme di giudizio, il grande e il piccolo, ma non
come dicevamo poco fa, cioè che si devono solo porre in relazione reciproca, ma piuttosto come si è detto ora, dicendo
cioè che essi da una parte sono in relazione reciproca e dall'altra in relazione con la giusta misura: vorremmo forse
sapere la ragione di questa asserzione?
SOCRATE IL GIOVANE: E allora?
STRANIERO: Se si concederà che la natura del più grande in relazione a null'altro si pone se non in relazione al più
piccolo, non sarà mai in relazione alla giusta misura. O no?
SOCRATE IL GIOVANE: è così .
STRANIERO: Dunque faremo sparire le arti stesse e tutte le opere che da quelle derivano con questo discorso, e
faremo sparire anche la politica che adesso è oggetto della nostra indagine e l'arte del tessere di cui abbiamo parlato?
Tutte queste arti infatti fanno attenzione a non eccedere o a venir meno alla giusta misura, non come se ciò non fosse
penoso al loro operato, ma come se lo fosse veramente, e salvaguardando in questo modo la giusta misura realizzano
tutte le cose buone e belle.
SOCRATE IL GIOVANE: E allora?
STRANIERO: Se dunque faremo sparire la politica, ci troveremo in difficoltà, quando dopo di ciò rì cercheremo la
scienza regia?
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: Dunque, come nel Sofista costringemmo ad essere ciò che non è, dal momento che il discorso ci
sfuggì in questo modo,(11) così anche adesso non dobbiamo forse costringere il più e il meno a diventare
commensurabili non soltanto fra loro ma anche in relazione al generarsi della giusta misura? Infatti non è possibile che
né il politico né nessun altro che sia esperto in qualche attività diventi incontestabilmente esperto, se prima non ci siamo
accordati su questo punto.
SOCRATE IL GIOVANE: Dunque anche adesso bisogna assolutamente fare la stessa cosa.
STRANIERO: Quest'opera, Socrate, è ancora più grande di quella - benché anche di quella ricordiamo quanto fosse
lunga - ma stabilire un certo tipo di presupposto intorno a queste cose è assolutamente ragionevole.
SOCRATE IL GIOVANE: Quale presupposto?
STRANIERO: E cioè che avremo bisogno di quel che è stato detto per dimostrare il concetto stesso di esattezza. Per
quanto riguarda ciò che in relazione alla nostra attuale ricerca viene dimostrato in modo appropriato e in maniera
adeguata, mi sembra ci soccorra assai convenientemente questo discorso, cioè che si deve ugualmente ritenere tanto che
esistano tutte le arti, quanto che il maggiore e il minore insieme devono misurarsi non solo l'uno con l'altro, ma anche in
relazione con il generarsi della misura. Esistendo questa relazione, vi sono anche quelle, e se esistono quelle, vi è anche
questa relazione, ma se non esistono né l'uno né l'altro dei due termini, nessuno di questi due sarà mai.
SOCRATE IL GIOVANE: Questo è giusto: ma che cosa avviene dopo di ciò?
STRANIERO: è chiaro che potremmo dividere l'arte del misurare, come si è detto, separandola così in due parti:
all'interno di una sua parte consideriamo tutte le arti che calcolano numero, lunghezza, altezza, larghezza e velocità in
relazione all'opposto, all'interno della seconda quante sono in rapporto con ciò che è giusta misura, con il conveniente,
con l'opportuno, con il dovuto, e con tutto quanto si pone nel mezzo distinto dagli estremi.
SOCRATE IL GIOVANE: E l'una e l'altra divisione di cui parli sono di grande valore, e assai differenti fra loro.
STRANIERO: Ciò che talvolta, Socrate, affermano la maggior parte delle persone raffinate,(12) pensando di
enunciare qualcosa di originale, vale a dire che l'arte del misurare si riferisce a tutto quello che è generato, proprio
questo lo abbiamo già detto adesso. Tutti gli elementi che si trovano nell'arte partecipano in certo senso della misura:
ma siccome non si ha l'abitudine di indagare dividendo secondo le specie, si fanno direttamente convergere in un
medesimo punto tali cose tanto differenti, ritenendole simili, e si fa anche l'opposto quando si dividono le altre cose non
secondo le specie. Bisognerebbe invece, non appena si faccia esperienza della comune partecipazione di molte cose,
non andarsene prima di aver scorto in essa tutte le differenze, quante sono quelle basate sulle specie, e qualora si
osservino nella molteplicità le dissomiglianze di ogni sorta, non dovrebbe essere possibile smettere di osservarle turbati,
prima di aver messo insieme nell'essere di un genere tutto ciò che gli è connaturato, rinchiudendolo dentro un'unica
somiglianza. Dunque si ritenga di aver parlato abbastanza di queste cose, sia su ciò che è in difetto, sia su ciò che è in
eccesso: facciamo solo attenzione al fatto che sono emersi due generi dell'arte del misurare che si riferiscono a queste
cose, e ricordiamoci quali diciamo che essi sono.
SOCRATE IL GIOVANE: Ricorderemo.
STRANIERO: Dopo questo accogliamo un altro discorso che si riferisce a queste stesse cose che stiamo ricercando
e al dibattito che è al centro di queste nostre discussioni.
SOCRATE IL GIOVANE: Quale discorso?
STRANIERO: Se ci facessero una domanda riguardante quelle conversazioni tipiche degli scolari, intorno alle
lettere dell'alfabeto, diciamo che allorché un tale sia interrogato su quali lettere compongano un qualsiasi nome, questa
indagine per lui mira al solo problema che gli viene presentato piuttosto che a renderlo più esperto di tutti i problemi
che riguardano la grammatica?
SOCRATE IL GIOVANE: è chiaro che lo si fa per renderlo più esperto riguardo a tutti i problemi.
STRANIERO: Perché noi a nostra volta ora abbiamo intrapreso la ricerca sul politico? Forse l'abbiamo proposta per
questo tipo di persona, piuttosto che per diventare più esperti nella discussione riguardante ogni genere di problemi?
SOCRATE IL GIOVANE: Anche questo è chiaro: per diventare più esperti riguardo ai problemi in genere.
STRANIERO: Perciò nessuno che avesse un po' di cervello vorrebbe andare a caccia del discorso sull'arte del
tessere in funzione di quella. Ma, credo, sfugge alla maggior parte delle persone che in alcune delle cose dotate di essere
sono generate certe somiglianze facilmente comprensibili e percepibili, le quali non è affatto difficile mettere in luce,
qualora, a chi di esse chiedesse conto, si volesse darne una dimostrazione non supportata da fatti, e addirittura senza un
discorso che le definisca, secondo un modo semplicistico di procedere: ma per ciò che è più importante e degno della
massima stima non c'è nessuna immagine che venga realizzata con evidenza per gli uomini, la quale, una volta che è
stata mostrata, a colui che intenda soddisfare l'animo di chi interroga su quelle cose, permetta di essere sufficientemente
soddisfatto, mettendo egli queste cose in accordo con qualcuna delle sensazioni. Perciò bisogna esercitarci a saper dare
e ricevere il discorso relativo a ciascuna cosa: le cose incorporee, che sono le più belle e le più importanti, sono indicate
con chiarezza da nient'altro se non dal discorso, e in funzione di queste sono tutte le cose che ora stiamo dicendo. In
ogni caso, riguardo a qualsiasi problema, ci si esercita più facilmente nelle cose meno importanti piuttosto che intorno a
quelle più importanti.
SOCRATE IL GIOVANE: Hai detto benissimo.
STRANIERO: Ricordiamo dunque il motivo per cui abbiamo detto tutto questo intorno a questi argomenti.
SOCRATE IL GIOVANE: Quali sono le ragioni?
STRANIERO: Il motivo riguarda soprattutto quel senso di noia con cui abbiamo fastidiosamente accolto la
lunghezza espositiva circa l'arte del tessere, e quella relativa al rivolgimento di tutto quanto il cosmo, e quell'altra,
propria del sofista, relativa alla sostanza del non essere, pensando che contenevano una lunghezza eccessiva; e per tutto
ciò abbiamo criticato noi stessi, temendo di aver fatto troppi giri di parole e, nello stesso tempo, troppo lunghi. Affinché
allora noi non dobbiamo in futuro sopportare un simile inconveniente, confermami che quello che noi due abbiamo
detto prima lo abbiamo detto proprio per questo.
SOCRATE IL GIOVANE: Sarà così : ma dimmi subito il seguito.
STRANIERO: Dico allora che tu ed io, memori delle parole che adesso sono state pronunciate, dobbiamo ogni volta
biasimare ed elogiare la brevità e nello stesso tempo la lunghezza degli argomenti di cui ci troviamo sempre a parlare,
senza giudicare le lunghezze nelle reciproche relazioni, ma secondo quella sezione dell'arte del misurare che allora
dicemmo di dover tenere a mente, vale a dire in rapporto a ciò che è conveniente.
SOCRATE IL GIOVANE: Giusto.
STRANIERO: Ma non giudicheremo tutto secondo questo criterio.
Infatti non avremo affatto bisogno di accordare la lunghezza al godimento del discorso, se non come un'aggiunta:
per quanto riguarda la ricerca di ciò che ci siamo proposti, il discorso ci consiglia di desiderare come secondo bene, e
non come primo, il modo più facile e più veloce di trovare l'oggetto della nostra ricerca, mentre ci prescrive di tenere
molto più in conto e di considerare come primo bene il procedimento per cui si è in grado di dividere secondo specie. E
anche per il discorso corrispondente: se risulta troppo lungo, ma viene elaborato così da rendere più agevole la ricerca
di chi ascolta, questo discorso dobbiamo curare e non turbarci per la lunghezza; se invece risulta troppo breve,
dobbiamo comportarci allo stesso modo. E ancora, oltre a ciò, a proposito di chi biasima nel corso di simili
conversazioni la lunghezza dei discorsi e non ammette il loro girare intorno, il discorso suggerisce che costui non deve
essere liquidato in tutta fretta perché critica le cose dette solo per la loro lunghezza, ma bisogna anche che ritenga di
dimostrare che i discorsi più brevi rendono più esperti nella discussione quelli che vi prendono parte, e più abili a
trovare la dimostrazione, mediante il discorso, delle cose che sono; mentre delle altre critiche e degli altri elogi verso le
altre cose non si deve far vedere di preoccuparsi né di ascoltare affatto simili discorsi. E basta con queste cose, se anche
tu sei d'accordo: torniamo di nuovo al politico, applicando ad esso il modello della suddetta arte del tessere.
SOCRATE IL GIOVANE: Dici bene e facciamo come dici.
STRANIERO: Dunque il re è stato separato da molte di quelle arti che gli sono affini, e soprattutto da tutte quelle
che si riferiscono all'allevamento in gruppo: rimangono, diciamo, fra le concause e le cause, quelle che si riferiscono
allo Stato stesso, le quali, per prime, dobbiamo dividere fra loro.
SOCRATE IL GIOVANE: Giustamente.
STRANIERO: Sai che è difficile dividerle in due? Il motivo, io credo, sarà non meno evidente andando avanti.
SOCRATE IL GIOVANE: Bisogna allora fare così .
STRANIERO: Dividiamole separando un membro da un altro come per le vittime sacrificali, dal momento che non
possiamo dividerle in due. Bisogna quanto più possibile dividere sempre secondo il numero più vicino al due.
SOCRATE IL GIOVANE: Come facciamo adesso?
STRANIERO: Come prima, quando consideravamo concause tutte quelle arti che procuravano strumenti per l'arte
del tessere.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: E ora dobbiamo fare la stessa cosa, anzi ancora di più dobbiamo fare così : bisogna considerare come
concause tutte quelle arti che fabbricano un qualche piccolo e grande strumento per lo Stato. Senza di esse mai ci
sarebbe lo Stato, né l'arte politica, ma, d'altro canto, nessuna opera dell'arte del regnare potremo considerarla opera loro.
SOCRATE IL GIOVANE: No, certamente.
STRANIERO: Ed è difficile la strada che vogliamo intraprendere, cercando di distinguere questo genere dagli altri:
perché se si dice che fra le cose che sono una è come strumento di un'altra, mi pare si sia detto qualcosa di ragionevole.
Tuttavia, a proposito di un altro dei beni che vi sono nello Stato, diciamo questo.
SOCRATE IL GIOVANE: Che cosa?
STRANIERO: Diciamo che non ha potere di strumento. Infatti questa cosa non viene fabbricata in vista della
produzione, come uno strumento, ma per la salvaguardia di ciò che è stato prodotto.
SOCRATE IL GIOVANE: Di cosa parli?
STRANIERO: Alludo a quella specie assai varia fabbricata per contenere cose secche e umide, adatta all'uso sul
fuoco e non adatta, e che con una sola definizione chiamiamo "vaso", e si tratta di una specie assai diffusa e nient'affatto
conveniente, io credo, alla scienza che stiamo indagando.
SOCRATE IL GIOVANE: E come no?
STRANIERO: Bisogna osservare un'altra terza specie di questi beni, terrestre e acquatica, errante e non errante, di
grande valore e di scarso valore, ma che ha un solo nome, poiché è tutto in funzione del sedersi, fungendo sempre da
sedile a qualcosa.
SOCRATE IL GIOVANE: Che cos'è?
STRANIERO: Lo chiamiamo "mezzo di trasporto", e non è certamente opera dell'arte politica, ma piuttosto dell'arte
di costruire, dell'arte del vasaio e di quella del fabbro.
SOCRATE IL GIOVANE: Capisco.
STRANIERO: E la quarta specie? Non si deve affermare che vi è un'altra specie di questi beni nella quale rientrano
la maggior parte delle cose di cui si è parlato prima, l'insieme dei vestiti, la maggior parte delle armi, le mura difensive,
e tutte quante le fortificazioni fatte di terra e di pietra che servono a cingere e a proteggere, e molte altre cose ancora?
Siccome tutto ciò viene fabbricato per la difesa sarebbe giusto assegnare il nome di "complesso difensivo", e sarebbe
molto più ragionevole ritenere la maggior parte di ciò opera dell'arte del costruire le case e del tessere piuttosto che
dell'arte della politica.
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: E come quinta specie potremmo considerare quella riguardante l'ornamento e la pittura, e quanto,
servendosi di questa e della musica, realizza imitazioni artistiche che vengono elaborate solo in funzione del nostro
piacere e che a buon diritto si potrebbero comprendere in un'unica definizione?
SOCRATE IL GIOVANE: Quale definizione?
STRANIERO: Si potrebbe dire "divertimento", in un certo senso.
SOCRATE IL GIOVANE: E allora?
STRANIERO: Converrà chiamare con quest'unico nome tutte quelle cose: infatti nessuna di tutte queste avviene per
uno scopo serio, ma solo per gioco.
SOCRATE IL GIOVANE: Anche questo lo capisco abbastanza.
STRANIERO: E ciò che procura un corpo a tutte le cose da cui e in cui attingono tutte le arti ora dette nel corso
della loro attività di fabbricazione, ovvero una specie varia, generata mediante il concorso di molte altre arti, non la
considereremo come sesta?
SOCRATE IL GIOVANE: A quale alludi?
STRANIERO: All'oro e all'argento e a quanto si scava dalle miniere, e a quello che l'arte del tagliare gli alberi e la
potatura in generale, attraverso l'attività del recidere, fornisce all'arte del costruire e all'intrecciare: e ancora l'arte di
scortecciare le piante, e anche l'arte del calzolaio che lacera le pelli dei corpi animali, e quante arti si riferiscono a simili
cose, e quelle che sono specializzate nella lavorazione del sughero, del papiro, e delle corde e che fornirono il modo di
fabbricare specie composte da generi che composti non sono. Tutto questo lo chiamiamo "il bene che per primo venne
generato per gli uomini", e che non è complesso, e non è affatto opera della scienza regia.
SOCRATE IL GIOVANE: Bene.
STRANIERO: Il procurarsi il nutrimento, e tutto ciò che, unendosi mediante le sue parti al corpo, ha un qualche
potere di servire parti di esso, si deve dire che appartiene alla settima specie, chiamando tutto ciò "la nutrice di noi", se
non abbiamo un altro nome più bello da dare: attribuendo tutto questo all'agricoltura, alla caccia, alla ginnastica, alla
medicina, all'arte culinaria, le nostre attribuzioni risulteranno più appropriate che se le assegnassimo alla politica.
SOCRATE IL GIOVANE: E come no?
STRANIERO: Quasi tutto quanto appartiene ai beni dello Stato, a eccezione degli animali domestici, credo si debba
considerare in questi sette generi. Osserva: la cosa più giusta da fare era considerare in principio la "specie che per
prima fu generata per gli uomini", poi lo "strumento", il "mezzo di trasporto", la "difesa", il "divertimento",
l'"alimento". Se ci è sfuggito qualcosa di non troppo importante, che si possa collegare con le cose suddette, come la
forma delle monete, dei sigilli, e di ogni altro stampo che viene coniato, lo tralasciamo. Queste ultime cose, infatti, non
appartengono a nessun genere importante affine a quegli altri, ma le une fra l'ornamento, le altre fra gli strumenti, a
forza, certamente, e tuttavia senza ombra di dubbio, trascinandole, si accorderanno. Quanto all'acquisto di animali
domestici, fatta eccezione per gli schiavi, risulterà chiaro che essi sono tutti compresi nell'arte di allevare in gruppo che
prima si è suddivisa.
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: Sono rimasti gli schiavi e tutti i servi, fra cui suppongo si porranno in evidenza coloro che
contendono al re perfino il modo con cui è intrecciata la sua veste, come allora erano avversari dei tessitori coloro che si
occupano di filare e di cardare e di quant'altro dicemmo: ma tutti gli altri, definiti come concause, sono stati eliminati,
insieme alle loro opere ora citate, e separati dall'attività propria del regnare e da quella politica.
SOCRATE IL GIOVANE: Mi sembra di sì .
STRANIERO: Via, concentriamo l'attenzione su quelli che restano, avvicinandoci a loro, per poterli conoscere in
modo più sicuro.
SOCRATE IL GIOVANE: Dunque bisogna fare così .
STRANIERO: Troviamo che i più importanti servitori, osservandoli dal nostro punto di vista, hanno un'occupazione
e un carattere che sono all'opposto di quello che sospettavamo.
SOCRATE IL GIOVANE: Chi sono essi?
STRANIERO: Coloro che si possono comprare e che si possono acquistare in questo modo: costoro possiamo
chiamarli schiavi senza entrare in controversia con nessuno? Non saranno affatto pretendenti dell'arte del regnare.
SOCRATE IL GIOVANE: E come no?
STRANIERO: E allora? Quanti degli uomini liberi si mettono spontaneamente al servizio di questi di cui si è appena
detto, trasportando i prodotti dell'agricoltura e di tutte le altre arti dall'uno all'altro, e distribuendoli in maniera
conveniente, gli uni sulle piazze, gli altri andando di città in città, per mare e per terra, scambiando il denaro con altre
cose e danaro con lo stesso danaro, persone che abbiamo chiamato "cambiavalute", "commercianti", "e venditori al
minuto", forse entrano in contesa con l'arte della politica?
SOCRATE IL GIOVANE: Può darsi per quanto riguarda l'arte dei commercianti all'ingrosso.
STRANIERO: Ma riguardo a coloro che vediamo che sono mercenari e che a tutti offrono prontamente il loro
servizio, non ci capiterà mai di trovare che essi sono avversari dell'arte del regnare.
SOCRATE IL GIOVANE: E come potrebbero?
STRANIERO: E che dire di quanti ogni volta ci rendono tali servizi?
SOCRATE IL GIOVANE: A quali servizi alludi e di chi parli?
STRANIERO: Fra queste persone vi è la categoria degli araldi, e quanti diventano esperti nelle lettere, poiché
spesso hanno reso tali servizi, e alcuni altri abilissimi in molte altre cose che si prendono cura dei magistrati. Come li
chiameremo costoro?
SOCRATE IL GIOVANE: Come dicevi adesso, ovvero "servi", e non "uomini che detengono il potere negli stati".
STRANIERO: Ma, io credo, non ho avuto una visione nel sonno quando dicevo che da questa parte sarebbero
apparsi coloro che si sarebbero distinti per contendere le prerogative all'arte politica. Benché potrebbe sembrare del
tutto assurdo cercare costoro fra persone che vivono in una qualche condizione servile.
SOCRATE IL GIOVANE: Proprio così .
STRANIERO: Avviciniamoci e mescoliamoci a coloro che non sono stati ancora esaminati. Sono quanti possiedono
una parte di una scienza servile che ha rapporti con l'arte della divinazione: sono ritenuti interpreti, in un certo senso,
degli dèi presso gli uomini.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: E anche la classe dei sacerdoti, come comunemente si dice, è esperta nell'offrire i nostri doni agli dèi,
mediante i sacrifici, in conformità con le loro intenzioni, e di richiedere, mediante le preghiere, l'acquisto dei beni per
noi: queste mansioni fanno entrambe parte in un certo senso di un'arte servile.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì , mi sembra.
STRANIERO: Ormai mi sembra che abbiamo quasi raggiunto quella traccia indefinita verso cui ci muoviamo. La
figura dei sacerdoti e quella degli indovini sono assai piene di superbia e godono di fama considerevole per l'importanza
delle loro funzioni, al punto che in Egitto non è possibile per un re governare senza l'arte sacerdotale, ma se capita che
qualcuno di un'altra classe, in un primo momento, lo ottenga con la violenza, è inevitabile che in seguito sia ascritto in
questa classe: e inoltre anche fra i Greci, in molti luoghi, si potrebbe trovare che alle magistrature più importanti viene
ordinato di celebrare i sacrifici più importanti fra quelli relativi a tali cose. E anche presso di voi non risulta meno
chiaro quello che dico: si dice infatti che qui, a chi ottenne in sorte di essere re, furono trasmessi, fra gli antichi sacrifici,
i più venerandi e quelli più vicini alle tradizioni degli antenati.
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: Allora dobbiamo prendere in esame questi re designati dalla sorte che insieme sono anche sacerdoti,
e i loro servi, e una certa folla di persone non meglio precisata, che poco fa è apparsa a noi in tutta la sua evidenza, dopo
che quelli di cui prima si parlò vennero separati.
SOCRATE IL GIOVANE: A chi alludi quando parli di costoro?
STRANIERO: Mi riferisco soprattutto a persone stravaganti.
SOCRATE IL GIOVANE: Perché?
STRANIERO: Il loro è un genere vario, come può apparire a chi li osserva per un momento. Molti di questi uomini
infatti assomigliano a leoni e a Centauri, (13) [291b] e ad altri sono simili, moltissimi ai Satiri e alle bestie deboli e
astute: si scambiano rapidamente l'uno con l'altro i tratti distintivi e le prerogative. E proprio un momento fa, Socrate,
mi sembra di aver scorto questo genere di persone.
SOCRATE IL GIOVANE: Puoi parlare: mi pare che tu stia proprio scorgendo qualcosa di stravagante.
STRANIERO: Sì . La stravaganza in tutti discende dall'ignoranza. E infatti anche ora io stesso mi trovai in questacondizione: all'improvviso mi sono turbato osservando la schiera di persone che si muove attorno alle faccende legate
all'amministrazione dello Stato.
SOCRATE IL GIOVANE: Quale schiera?
STRANIERO: Si tratta dell'imbroglione più grande fra tutti i sofisti e il più esperto in quest'arte: e costui dobbiamo
separarlo, benché sia difficilissimo farlo, da coloro che sono effettivamente uomini politici e regali, se vogliamo
scorgere con chiarezza l'oggetto della nostra ricerca.
SOCRATE IL GIOVANE: Certo questo non deve essere trascurato.
STRANIERO: No di certo, almeno secondo me: e spiegami questo.
SOCRATE IL GIOVANE: Che cosa?
STRANIERO: Non è la monarchia per noi una delle forme del potere politico?
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: E dopo la monarchia si potrebbe parlare, io credo, del potere retto dai pochi.
SOCRATE IL GIOVANE: E come no?
STRANIERO: Come terza forma non abbiamo il comando della moltitudine, vale a dire quella che viene
denominata "democrazia"?
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: Se sono tre non diventano in qualche modo cinque, dal momento che generano due altre da se stesse,
oltre a se stesse, con due altri nomi?
SOCRATE IL GIOVANE: Quali?
STRANIERO: Esaminandole ora dal punto di vista della loro imposizione violenta e da quello del libero consenso
che esse ottengono, e secondo la povertà e la ricchezza, e secondo la legge e l'illegalità insite in esse, dividendo per due
la prima e la seconda forma di governo, in quanto doppie, alla monarchia si danno due nomi, poiché si presenta sotto
due forme diverse che sono la "tirannide" e la "monarchia ereditaria".
SOCRATE IL GIOVANE: E allora?
STRANIERO: Quando ogni volta uno Stato è dominato da pochi quel governo viene denominato "aristocrazia" e
"oligarchia".
SOCRATE IL GIOVANE: E certamente.
STRANIERO: E quanto alla democrazia, sia che la moltitudine governi con la violenza, sia che goda del libero
consenso su chi possiede le ricchezze, e custodisca più o meno diligentemente le leggi, generalmente nessuno è solito
cambiare il suo nome.
SOCRATE IL GIOVANE: Vero.
STRANIERO: E dunque? Riteniamo che sia giusta una di queste forme di governo che sia definita secondo questi
limiti, ovvero che abbia la sua ragion d'essere nell'uno, nei pochi, e nei molti, nella ricchezza e nella povertà,
nell'imposizione violenta e nel libero consenso, accompagnata da leggi scritte o dall'assenza di leggi?
SOCRATE IL GIOVANE: Che cosa lo impedisce?
STRANIERO: Osserva più chiaramente, seguendomi da questa parte.
SOCRATE IL GIOVANE: Da quale?
STRANIERO: Rimarremo fedeli a quello che si è detto all'inizio della discussione, oppure ci troveremo in
disaccordo?
SOCRATE IL GIOVANE: A che cosa alludi?
STRANIERO: Dicevamo, io credo, che il potere regale appartiene ad una delle scienze.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: E fra queste scienze non a tutte, ma abbiamo scelto, fra le altre, una certa scienza preposta al
giudicare e al comandare.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: E di quest'ultima preposta al comando una parte si rivolge agli oggetti inanimati, un'altra agli esseri
viventi: e dividendo secondo questo criterio siamo arrivati qui, senza tralasciare quella scienza, anche se non siamo
ancora riusciti a specificare in modo adeguato di quale scienza si tratti.
SOCRATE IL GIOVANE: Quello che dici è giusto.
STRANIERO: Allora noi non facciamo forse questa considerazione, vale a dire che non i pochi né i molti, non il
libero consenso né l'imposizione violenta, non la povertà né la ricchezza, servono a fissare i limiti delle forme di
governo, ma una certa scienza, se vogliamo aderire a quel che si è detto prima?
SOCRATE IL GIOVANE: è impossibile non fare così .
STRANIERO: Necessariamente ora bisogna così considerare questo, e cioè in quale mai di queste forme di governo
capiti di trovare una scienza che si occupi del potere che viene esercitato sugli uomini, la quale, a quanto pare, è la più
difficile e la più importante da procurarsi. Bisogna infatti prenderla in considerazione per vedere quali sono le persone
che dobbiamo tenere lontane dal re assennato, persone che pretendono di essere uomini politici, e di questo fatto
riescono a convincere molti, ma che in realtà non lo sono affatto.
SOCRATE IL GIOVANE: Bisogna far ciò, secondo le indicazioni che il discorso ci ha fornito.
STRANIERO: Forse non credi che la moltitudine all'interno dello Stato sarebbe in grado di procurarsi questa
scienza?
SOCRATE IL GIOVANE: E come?
STRANIERO: Ma in uno Stato di mille cittadini potrebbero sufficientemente procurarsela cento o anche cinquanta
di essi?
SOCRATE IL GIOVANE: Se fosse così , si tratterebbe dell'arte più semplice di tutte: sappiamo infatti che fra mille
uomini non si troverebbe mai un numero così grande di eccellenti giocatori di scacchi da poter reggere il confronto con
quelli che vi sono fra gli altri Greci, neppure i re. Bisogna che chi detiene la scienza del regnare, che abbia o no il
potere, secondo il discorso di prima, sia chiamato "uomo regale".
STRANIERO: Ricordi bene. Seguendo questo discorso, io credo, bisogna ricercare il giusto potere in uno solo, e in
due, e generalmente nei pochi, qualora sia davvero giusto.
SOCRATE IL GIOVANE: E allora?
STRANIERO: Dobbiamo pensare che costoro, sia che governino con il consenso, sia che non ce l'abbiano, sia che
abbiano leggi scritte sia che non le abbiano, sia che siano ricchi sia che siano poveri, come adesso pensiamo,
conformino il loro potere, quale che sia, secondo un'arte. Riteniamo che il loro ruolo non sia meno diverso da quello dei
medici, i quali, visitandoci sia che lo vogliamo sia che non lo vogliamo, tagliandoci, bruciandoci o infliggendoci
qualche altra sofferenza, e nel caso agiscano secondo le regole scritte o senza di esse, e siano ricchi o poveri, senza
dubbio li diciamo nondimeno medici, fino a che, presiedendo alla loro arte, purificandoci, o facendoci in altro modo
dimagrire, o anche facendoci crescere di peso, soltanto per il bene dei corpi, e migliorando la nostra condizione da
peggiore che era, ciascuno di essi, fornendo le proprie cure, salvano l'oggetto delle proprie cure: secondo questo criterio
e non secondo un altro considereremo, come penso, che questo è l'unico termine accettabile per definire il potere
dell'arte medica e di una qualsiasi altra.
SOCRATE IL GIOVANE: Senza dubbio.
STRANIERO: è necessario che anche fra le forme di governo, a quanto pare. si distingua come quella giusta, e
addirittura come l'unica forma di governo, quella in cui si possa trovare che i governanti sono davvero esperti, e non
solo lo sembrino, e sia che governino secondo le leggi, sia che governino senza, e con il consenso o senza il consenso, e
che siano poveri o ricchi, nessuna di queste cose dev'essere calcolata in relazione a nessun principio che faccia
riferimento a una retta forma di governo.
SOCRATE IL GIOVANE: Bene.
STRANIERO: E sia che uccidendo o anche bandendo alcuni cittadini agiscano per il bene dello Stato purificandolo,
sia che riducano le sue dimensioni esportando delle colonie come uno sciame d'api, oppure, inserendo chissà da dove
altre persone da fuori e facendole diventare cittadini, ne accrescano le dimensioni, finché, facendo uso della scienza e
del senso di giustizia, lo salvano rendendolo migliore, per quanto possibile, rispetto ad una peggiore condizione
precedente, allora si deve dire che una forma di governo organizzata in tal modo e che corrisponde a tali requisiti sia
l'unica giusta forma di governo. Quanto a tutte le altre che possiamo citare, dobbiamo dire che non sono costituzioni
legittime né realmente tali, ma emule di quella: e quelle che diciamo che hanno buone leggi la imitano nei suoi aspetti
più belli, le altre in quelli più deteriori.
SOCRATE IL GIOVANE: Per quanto riguarda il resto, straniero, mi pare si sia detto in modo conveniente: ma sul
fatto che si deve governare anche senza leggi, è difficile da ascoltare, anche se si è detto.
STRANIERO: Facendomi questa domanda, Socrate, mi hai preceduto di poco. Avevo infatti intenzione di chiederti
se accetti tutto quanto è stato detto, o se rigetti qualcosa del mio discorso: ora è ormai chiaro che sarà nostra intenzione
trattare questo punto riguardante la piena liceità di governare senza le leggi.
SOCRATE IL GIOVANE: E come no?
STRANIERO: In un certo senso è chiaro che l'arte del fare le leggi rientra nell'arte del regnare: ma il meglio è che
non siano le leggi ad avere forza, ma l'uomo regale che è assennato. E sai perché?
SOCRATE IL GIOVANE: Mi dici perché?
STRANIERO: Perché una legge, anche se comprendesse perfettamente ciò che è migliore e nello stesso tempo pìù
giusto per tutti, non sarebbe mai in grado di dare gli ordini migliori: infatti le incongruenze degli uomini e delle azioni,
e il fatto che non vi è mai nulla, per dire, che non sia in fermento nella condizione umana, non permettono che
nessun'arte, quale che sia, sveli qualche semplice formula, in nessun ambito, valida per qualsiasi questione e in tutti i
tempi. Su questo siamo d'accordo?
SOCRATE IL GIOVANE: E dunque?
STRANIERO: Cerchiamo di vedere perché la legge tende proprio a questo, quasi fosse un uomo autoritario e
ignorante e che a nessuno permette di fare alcunché contro il suo ordine, né lascia che alcuno lo interroghi, neppure a
proposito di qualche novità che eventualmente sia accaduta, e che sia migliore rispetto alla norma che lui stesso ha
prescritto.
SOCRATE IL GIOVANE: Vero: la legge si comporta con ciascuno di noi assolutamente come ora hai detto.
STRANIERO: Non è dunque impossibile che ciò che viene sempre generato senza complicazioni si trovi bene con
ciò che non è mai semplice?
SOCRATE IL GIOVANE: Può darsi.
STRANIERO: Perché mai dunque è necessario stabilire le leggi se è appurato che la legge non è la cosa più giusta?
Bisogna cercare la ragione di ciò.
SOCRATE IL GIOVANE: E dunque?
STRANIERO: Dunque anche presso di voi, e così anche in altre città, non vi sono esercizi che gli uomini praticano
in gruppo e riguardano sia la corsa, sia altro, che sono finalizzati alla gara?
SOCRATE IL GIOVANE: Sì , ve ne sono molti, certamente.
STRANIERO: Avanti, ora richiamiamo di nuovo alla memoria le prescrizioni di coloro che, secondo la loro arte,
fanno fare esercizi, mettendosi alla guida di simili prove.
SOCRATE IL GIOVANE: Che cosa vuoi dire?
STRANIERO: Alludo al fatto che essi ritengono che non ci sia tempo di seguire accuratamente uno per uno,
prescrivendo ciò che conviene a ciascun corpo, ma in maniera più grossolana ritengono che si debba, in generale e
rivolgendosi ad un vasto numero di persone, creare delle disposizioni che tengano conto del vantaggio che possono
procurare ai corpi.
SOCRATE IL GIOVANE: Bene.
STRANIERO: Perciò anche quando adesso prescrivono a gruppi di persone esercizi fisici di uguale intensità,
insieme li spingono a cominciare, insieme anche li fanno cessare dalla corsa, dalla lotta e da tutte le altre fatiche che
riguardano il fisico.
SOCRATE IL GIOVANE: è così .
STRANIERO: E dobbiamo ritenere che anche il legislatore, che è a capo di gruppi di persone per quanto riguarda
l'amministrazione della giustizia e le relazioni reciproche fra i cittadini, non sarà mai in grado, impartendo ordini a interi
gruppi di persone, di assegnare esattamente a ciascuno ciò che gli conviene.
SOCRATE IL GIOVANE: è certamente verosimile.
STRANIERO: Ma, io credo, stabilirà la legge per la maggior parte di persone, e in generale, e così in modo
grossolano, per ciascuno, emanando sia leggi scritte, sia leggi non scritte, ma legiferando, in ogni caso, secondo le
consuetudini degli antenati.
SOCRATE IL GIOVANE: Giusto.
STRANIERO: Giustamente senza dubbio. Come uno potrebbe mai acquisire una capacità tale, Socrate, da rimanere
accanto a ciascuno, sempre, per tutta la vita, prescrivendogli esattamente ciò che è conveniente? Perché, se avesse le
capacità di far ciò, come credo, uno qualsiasi di quelli che hanno realmente ricevuto la scienza regia, difficilmente
collocherebbe degli ostacoli dinanzi a se stesso, scrivendo queste leggi di cui si è detto.
SOCRATE IL GIOVANE: Così sembra da quel che è stato detto adesso, straniero.
STRANIERO: Ma sarà più chiaro ancora, mio caro, dalle cose che stiamo per dire.
SOCRATE IL GIOVANE: Quali cose?
STRANIERO: Queste qui. Facciamo a noi stessi l'esempio di un medico o di un maestro di ginnastica che stia per
partire per un viaggio e si allontani dai suoi assistiti per un lasso di tempo considerevole, come è immaginabile, e che
pensi che gli allievi di ginnastica o i malati non ricorderanno i precetti: non avvertirà l'esigenza di scrivere loro un
promemoria, o come si comporterà?
SOCRATE IL GIOVANE: Farà così .
STRANIERO: Cosa farebbe se, contrariamente a quanto aveva preventivato, stesse lontano per un tempo più breve,
tornando nuovamente a casa? Probabilmente non avrebbe il coraggio di stabilire altri precetti contro quelli scritti, nel
caso fossero sopravvenuti altri fatti più positivi per i malati dovuti ai venti o ad altro motivo, contro ogni aspettativa,
fatti diversi dai soliti per un volere di Zeus, ma perseverando riterrebbe opportuno di non doversi allontanare dalle
antiche norme a suo tempo formulate, né di prescriverne altre lui stesso, non avendo neppure il malato il coraggio di
agire diversamente rispetto a quei precetti scritti, come se questi fossero curativi e salutari, mentre precetti diversi
procurassero malattie e non fossero conformi all'arte medica: oppure se tutto ciò si verificasse all'interno della scienza e
della vera arte, in ogni caso non vi sarebbe assolutamente un'enorme risata per la formulazione di questi simili precetti?
SOCRATE IL GIOVANE: Assolutamente.
STRANIERO: A chi ha legiferato con leggi scritte e non scritte sul giusto e sull'ingiusto, sul bello e sul brutto, sul
buono e sul malvagio, per la collettività degli uomini, vale a dire per quanti, ciascuno nel proprì o Stato, sono condotti al
pascolo secondo le leggi di coloro che le hanno redatte, qualora giunga colui che le ha scritte secondo l'arte o qualcun
altro simile, non gli sarà possibile stabilire altri precetti contrari a questi? Oppure anche questo divieto apparirebbe in
verità non meno ridicolo di quell'altro?
SOCRATE IL GIOVANE: E dunque?
STRANIERO: Sai qual è il discorso che molti fanno su questo punto?
SOCRATE IL GIOVANE: Ora non lo so.
STRANIERO: è un discorso in apparenza conveniente. Dicono infatti che, se qualcuno conosce leggi migliori di
quelle esistenti in precedenza, costui deve legiferare cercando di persuadere ciascuno nel suo Stato, senza ricorrere a
procedure diverse.
SOCRATE IL GIOVANE: E allora? Non è giusto?
STRANIERO: Può darsi. E se uno, anziché servirsi della persuasione, impone con la violenza qualcosa di migliore,
rispondi, quale nome avrà questa violenza? Non rispondere ancora; prima rivediamo quegli esempi che abbiamo fatto in
precedenza.
SOCRATE IL GIOVANE: Che cosa vuoi dire?
STRANIERO: Se un tale, senza usare la persuasione con il suo paziente, ma adoperando correttamente l'arte, contro
le regole scritte costringa ad agire in modo migliore un bambino, un uomo, o una donna, quale nome avrà questa
violenza? Non ne avrà uno qualsiasi, tranne quello che indica l'errore contro quest'arte, quello di "danno alla salute"? E
medici che gli hanno imposto le cure, un danno alla salute e operazioni prive del supporto dell'arte medica?
SOCRATE IL GIOVANE: Quello che dici è verissimo.
STRANIERO: E allora che cos'è per noi quello che viene chiamato "errore contro l'arte politica"? Forse
"ignominia", "malvagità", "ingiustizia"?
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: E riguardo a coloro cui è stato imposto con la violenza, contro le leggi scritte e le consuetudini degli
antenati, di agire diversamente, vale a dire secondo norme più giuste, migliori e più belle delle precedenti, coraggio
allora, il biasimo di questa gente per tale imposizione, se non vuole essere il biasimo più ridicolo fra tutti, tutto ogni
volta potrà dire tranne che coloro cui è stata imposta la violenza hanno subito, da parte di coloro che l'hanno arrecata,
cose turpi, ingiuste, malvagie?
SOCRATE IL GIOVANE: Quello che dici è verissimo.
STRANIERO: Ma se chi impone la violenza è ricco, gli ordini imposti sono giusti, se è povero, sono ingiusti?
Oppure, quando uno, faccia o no uso della persuasione, sì a ricco o povero, agisca secondo leggi scritte o contro di esse,
compie cose vantaggiose, non dev'essere forse questo, e ì ntorno a questi fatti, il criterio più vero che funge da guida per
la retta amministrazione dello Stato, in base a cui l'uomo saggio e onesto governerà sui sudditi? Come il timoniere che
cercando di assicurare ciò che è sempre vantaggioso per la nave e per i naviganti, senza stabilire norme scritte, ma
disponendo della sua arte come legge, mette in salvo i compagni, allo stesso modo potrebbe avere origine una retta
forma di governo grazie a coloro che sono in grado di governare così , fornendo essi la forza della loro arte che è
superiore a quella delle leggi? E non vi è errore per i governanti assennati in tutto ciò che fanno, finché garantiscano
un'unica cosa ma importante, vale a dire di essere capaci, amministrando sempre a vantaggio di coloro che vivono nello
Stato la perfetta giustizia con senno e competenza, di metterli in salvo e di renderli migliori, per quanto possibile, da
peggiori che erano. Non è vero?
SOCRATE IL GIOVANE: Non si può ribattere a quello che è stato appena detto.
STRANIERO: E neppure si può ribattere a quell'altra tesi.
SOCRATE IL GIOVANE: Di quale parli?
STRANIERO: Quella secondo cui la moltitudine, quale che sia, se assumesse tale scienza, mai sarebbe in grado di
amministrare lo Stato in modo assennato, ma si deve ricercare quell'unica forma di governo, che è la giusta forma di
governo, nel potere limitato ai pochi o ad una sola persona, mentre le altre si devono considerare imitazioni, come
anche un momento fa è stato detto, ed alcune la imitano in meglio, altre in peggio.
SOCRATE IL GIOVANE: Che cosa vuoi dire con ciò? Neppure un momento fa ho ben capito la questione relativa
alle imitazioni.
STRANIERO: E non è una questione di poco conto, se, dopo che si è messo in moto questo discorso, lo si lasci
perdere e non si indichi l'errore che ora lo riguarda, trattandolo sino in fondo.
SOCRATE IL GIOVANE: Quale?
STRANIERO: Questa cosa bisogna ricercare, una cosa che non è certamente consueta né facile da osservare:
tuttavia cerchiamo di coglierla. Avanti: dal momento che per noi è giusta soltanto questa forma di governo di cui
abbiamo parlato, tu sai che le altre, servendosi delle leggi scritte di quest'ultima, in questo modo si devono mettere in
salvo, compiendo ciò che ora elogiamo, anche se non è la cosa più giusta?
SOCRATE IL GIOVANE: Che cosa vuoi dire?
STRANIERO: Alludo al fatto che nessuno nello Stato deve avere il coraggio di far nulla che sia contro le leggi, e
che chi si assume questa responsabilità sia punito con la morte e con ogni pena estrema. E questo è ciò che si ha di più
giusto e di più bello come secondo ordinamento, se si volesse cambiarlo con il primo di cui si è detto: ma dobbiamo
esporre come si è generato questo ordinamento che abbiamo detto che fosse il secondo. O no?
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: Ritorniamo di nuovo alle immagini delle quali ogni volta è necessario servirsi per rappresentare i
governanti regali.
SOCRATE IL GIOVANE: Quali immagini?
STRANIERO: Quella del valente timoniere della nave e del medico che vale come molti altri messi insieme.
Consideriamo una certa figura dopo averla modellata proprio sulla scorta di quest'ultime.
SOCRATE IL GIOVANE: Quale?
STRANIERO: Questa. Immaginiamo che tutti noi, riguardo a queste persone, pensassimo di subire a causa loro fatti
terribili. Se infatti gli uni e gli altri fra costoro volessero mettere in salvo uno di noi potrebbero farlo, ma se volessero
rovinarci ci potrebbero rovinare, tagliandoci, e bruciandoci, e imponendoci di versare loro degli onorari come fossero
delle tasse, dei quali onorari spendono una piccola e quasi inesistente parte per le cure del malato, mentre il resto lo
utilizzano loro stessi e quelli che vivono con loro: e per completare l'esempio, ricevendo denaro come compenso dai
parenti o da nemici del malato, lo uccidono.
I timonieri della nave a loro volta compiono innumerevoli altre azioni del genere, abbandonandovi soli mentre la
nave prende il largo, e causando sciagure in mare aperto vi gettano in mare, e compiono altre atrocità. Immaginiamo
ancora che, dopo aver ragionato su questi fatti, volessimo prendere in proposito una decisione, di non concedere più a
nessuna delle due arti plenipotenziarie di esercitare il loro potere su schiavi e liberi, e di radunarci tutti noi in assemblea,
o il popolo intero o solo i ricchi, lasciando che semplici cittadini e altri artigiani espongano la loro opinione sulla
navigazione e sulle malattie, insomma sull'uso che dovremmo fare delle medicine e degli strumenti medici nei confronti
dei malati, e sul funzionamento delle navi e degli strumenti di bordo per le necessità della navigazione e per i rischi che
possono avvenire nella navigazione a causa dei venti e dei mari e all'incontro con i pirati, e qualora si debba affrontare
una battaglia navale, sull'uso di grandi navi contro altre simili. Essendo queste le opinioni della maggioranza su tali
questioni, vuoi che siano espresse da un medico e da un timoniere, vuoi da altri semplici cittadini, scritte su tavolette e
affisse alle colonne, o anche considerate come consuetudini non scritte degli antenati, conformandoci a tutte queste,
ormai, per tutto il tempo che verrà, navighiamo e assumiamoci la cura dei malati.
SOCRATE IL GIOVANE: Quel che hai detto è senza dubbio assurdo.
STRANIERO: Ammettiamo ancora che ogni anno siano nominati i magistrati pubblici, sorteggiati fra i ricchi o fra
tutto il popolo: e che i magistrati in carica esercitino il potere, secondo le leggi scritte, sia per la guida delle navi, sia per
la cura degli ammalati.
SOCRATE IL GIOVANE: Questo è ancora più difficile.
STRANIERO: Osserva il seguito. Come per ogni magistrato sarà trascorso l'anno, bisognerà, dopo aver formato dei
tribunali con membri sorteggiati, in base a una scelta operata in precedenza, fra i ricchi o fra tutto il popolo, condurre
dinanzi a costoro i magistrati e far rendere conto del loro operato, e chi vorrà li accuserà di non aver guidato le navi
durante l'anno secondo le leggi scritte e le antiche consuetudini degli avi: e lo stesso vale per la cura dei malati. E se
qualcuno di loro verrà condannato, si valuterà che cosa devono subire o quale multa devono pagare.
SOCRATE IL GIOVANE: Ma soltanto per il fatto che uno desideri e accetti spontaneamente di esercitare il proprio
potere in simili magistrature, costui dovrebbe assai giustamente subire qualsiasi cosa e pagare una multa.
STRANIERO: E dunque bisognerà ancora stabilire una legge a proposito di tutto questo: se uno risulterà fare una
ricerca, contro le leggi scritte, sull'arte del timoniere, e sul navigare, oppure su ciò che è salutare e sulla verità dell'arte
medica, ponendolo in relazione ai venti, al caldo e al freddo, ed escogitasse abilmente una teoria in argomento,
innanzitutto non si dovrà chiamarlo esperto della scienza medica né esperto del pilotare le navi, ma metereologo (14),
loquace sapiente, e in secondo luogo, con l'accusa di corrompere gli altri più giovani e di convincerli ad applicarsi
all'arte del timoniere e a quella medica non secondo le leggi, ma facendo loro esercitare il potere assoluto su navi e
ammalati, chi volesse, fra coloro a cui è concesso farlo, potrebbe denunciarlo e portarlo dinanzi ad un tribunale. E se
sembri persuadere i giovani o i vecchi contro le leggi e le norme scritte, sarà punito con le norme più severe. Nulla
infatti deve essere più saggio delle leggi: nessuno ignora l'essere esperti nell'arte medica e l'essere sani, l'essere esperti
nell'arte del timoniere e il navigare. è possibile, per chi lo voglia, apprendere le leggi scritte e le consuetudini degli
antenati che sono stabilite. Se dunque si verificasse una situazione quale noi descriviamo, Socrate, circa queste scienze,
quella del comando in guerra, e quella che riguarda in generale la caccia, quale che sia, e l'arte della pittura o tutta l'arte
dell'imitazione in ogni sua parte, e l'arte di costruire e quella di fabbricare le suppellettili, quale che sia, o anche
l'agricoltura e il complesso delle arti relative alle piante, o se anche assistessimo alla nascita, secondo le leggi scritte,
dell'allevamento di cavalli, o dell'arte di pascolare le mandrie, o della divinazione, o di ogni parte inclusa nell'arte del
servire, o dell'arte degli scacchi, o di tutta l'arte del calcolo, sia pura, sia applicata alla superficie, alla profondità, alla
velocità, cosa mai risulterebbe, se tutto fosse ordinato così , cioè se si accordasse alle leggi scritte, e non all'arte?
SOCRATE IL GIOVANE: è chiaro che tutte le arti andrebbero completamente in rovina per noi, e neppure in
seguito esse potrebbero mai nascere a causa di questa legge che impedisce di far ricerche: sicché la vita, che anche ora è
dura, diventerebbe in quel tempo futuro assolutamente insopportabile.
STRANIERO: E questo allora? Se costringessimo ciascuna delle arti di cui si è detto a conformarsi alle leggi scritte,
e ad essere a capo di queste leggi scritte uno fra noi eletto per alzata di mano o estratto a sorte, e se costui, d'altra parte,
senza darsi affatto pensiero delle leggi scritte, o per un certo guadagno o per ottenere privatamente un beneficio,
tentasse di agire in modo diverso e contrario a queste, senza avere alcuna conoscenza, questo non sarebbe un male più
grave ancora di quello di prima?
SOCRATE IL GIOVANE: Verissimo.
STRANIERO: Chi avesse il coraggio di agire contro queste leggi, intendo quelle leggi che si basano su di una vasta
esperienza e che sono derivate ciascuna dal valente contributo di alcuni consiglieri che hanno anche convinto la
moltitudine ad emanarle, farebbe un errore infinitamente più grande di un altro errore, e sconvolgerebbe ogni attività
ancor più di quel che fanno le leggi.
SOCRATE IL GIOVANE: Come non potrebbe?
STRANIERO: Per queste ragioni, per chi intorno a qualsiasi questione fissa leggi e norme scritte vale il secondo
procedimento, ossia di non permettere mai, né a una persona sola, né alla moltitudine, di far nulla, neppure una piccola
cosa, contro di esse.
SOCRATE IL GIOVANE: Giusto.
STRANIERO: Tali leggi, dunque, non saranno imitazione della verità, in ciascuna sua parte, queste leggi che sono
state scritte da coloro che sono per quanto possibile esperti?
SOCRATE IL GIOVANE: Come no?
STRANIERO: E dicevamo che la persona esperta, il vero uomo politico, se ricordiamo, farà molte cose
conformandosi all'arte, nella sua attività, senza darsi pensiero delle leggi scritte, qualora gli sembrino migliori altre cose
che contrastino con le leggi che lui stesso ha redatto e indirizzato ad alcuni cittadini lontani.
SOCRATE IL GIOVANE: Lo dicevamo.
STRANIERO: Dunque un uomo qualunque o una qualsiasi moltitudine per i quali siano stabilite leggi, quando
quell'autentico uomo politico?
~SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: Se agissero così senza possedere la scienza, cercherebbero di imitare il vero, e imiterebbero in modo
pessimo: ma se fossero provvisti dell'arte, questo non è più imitazione, ma è quella cosa colta in se stessa nel suo
aspetto più vero, o no?
SOCRATE IL GIOVANE: Assolutamente sì .
STRANIERO: E prima abbiamo stabilito che nessuna moltitudine è in grado di ricevere nessun genere di arte.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì , lo si era stabilito.
STRANIERO: Allora se vi è un'arte del regnare, la massa dei ricchi e tutto il popolo mai potrebbero assumere
questa scienza politica.
SOCRATE IL GIOVANE: Come potrebbero?
STRANIERO: Bisogna che tali forme di governo, come pare, se intendono imitare il meglio possibile quell'autentica
forma di governo in cui vi è uno solo che governa con l'ausilio dell'arte, quando siano state poste le leggi per esse, mai
nulla facciano contro quelle norme scritte e le consuetudini degli antenati.
SOCRATE IL GIOVANE: Hai detto benissimo.
STRANIERO: Quando siano i ricchi a imitarla, allora chiamiamo "aristocrazia" tale forma di governo: ma se essi
non si prendono cura delle leggi, "oligarchia".
SOCRATE IL GIOVANE: Può essere.
STRANIERO: E quando poi uno solo governi secondo le leggi, imitando colui che è provvisto di scienza, lo
chiamiamo "re", senza distinguere nel nome se chi esercita questo governo da solo secondo le leggi sia fornito della
scienza o dell'opinione.
SOCRATE IL GIOVANE: Può essere.
STRANIERO: Dunque se anche un tale, essendo realmente dotato di scienza, esercitasse da solo il potere, gli si
assegnerà in ogni caso lo stesso
SOCRATE IL GIOVANE: Mi pare che sia così .
STRANIERO: E quando uno solo governi senza agire secondo le leggi e neppure secondo le consuetudini, ma
pretenda, come un tale che possiede la scienza, di dover compiere, muovendosi contro le leggi scritte, ciò che è
sommamente bene, mentre un certo insano desiderio e una forma di ignoranza sono a capo di questa imitazione, non
bisognerebbe allora chiamare "tiranno" ogni persona che si comporta così ?
STRANIERO: E allora?
SOCRATE IL GIOVANE: Così è nato il tiranno, diciamo, e il re, e l'oligarchia e l'aristocrazia, e la democrazia,
quando gli uomini non tollerarono più quell'unico monarca, e si convinsero che nessuno era degno di esercitare un tale
potere, così da volere e avere la possibilità di governare con virtù e con scienza, e così da assegnare a tutti in modo equo
ciò che è giusto e pio, ed ebbero paura che avrebbe vessato, ucciso, e compiuto malvagità ai nostri danni ogni volta che
avesse voluto. Ma se vi fosse un re come noi diciamo, sarebbe amato e reggerebbe da solo, guidandola felicemente, una
forma di governo perfettamente giusta.
SOCRATE IL GIOVANE: E come no?
STRANIERO: Adesso, invece, dato che non esiste, come diciamo, un re negli stati così come nasce negli alveari,
uno che nel corpo e nell'anima appaia immediatamente superiore a tutti, occorre riunirsi in assemblea e scrivere le leggi,
a quanto sembra, mettendoci sulle tracce della forma di governo più vera.
SOCRATE IL GIOVANE: Può essere.
STRANIERO: Ci stupiamo dunque, Socrate, di quanti siano e quanti saranno i mali che si verificano in tali forme di
governo, essendo queste basate su di un tale fondamento per cui le azioni vengono compiute secondo le leggi scritte e
secondo le consuetudini e non accompagnate alla scienza, del quale fondamento se un'altra arte si servisse, è
universalmente chiaro che distruggerebbe tutto quanto è fatto così ? O ancor più dobbiamo stupirci del fatto che lo Stato
sia per natura un'entità che ha forza? Benché ora gli stati subiscano da tempo infinito tali cose, tuttavia alcuni di essi
sono stabili e non sono stati ancora abbattuti: ma talvolta, molti, come navi che colano a picco, vanno in rovina, e sono
già andati, e dovranno ancora andare per l'inettitudine dei timonieri e dei marinai che hanno enorme ignoranza intorno a
enormi questioni: parlo di quelli che pur non sapendo nulla delle questioni dello Stato ritengono di comprendere, fra
tutte le arti, quest'arte con grandissima chiarezza in tutte le sue parti.
SOCRATE IL GIOVANE: Verissimo.
STRANIERO: Qual è dunque fra tutte queste forme di governo non giuste quella con cui è meno difficile convivere,
visto che sono tutte difficili, e quale la più insopportabile? Dobbiamo prendere in considerazione questo aspetto, anche
se diciamo che è superfluo rispetto a quanto esposto adesso? No di certo, ma in generale tutti facciamo ogni cosa in
funzione di qualcosa di simile.
SOCRATE IL GIOVANE: Bisogna sì considerarlo: e come no?
STRANIERO: Devi dire allora che delle tre forme la medesima si distingue per la sua asperità e la sua estrema
accessibilità.
SOCRATE IL GIOVANE: Come dici?
STRANIERO: Non parlo di nient'altro se non della monarchia e del governo dei pochi e dei molti: sono le tre forme
di governo di cui abbiamo parlato in principio del discorso che ora si è svolto.
SOCRATE IL GIOVANE: Lo erano dunque.
STRANIERO: Dividiamo ciascuna in due e facciamole diventare sei, e come settima separiamo da esse la giusta
forma di governo.
SOCRATE IL GIOVANE: Come?
STRANIERO: Abbiamo detto che dalla monarchia discendono monarchia ereditaria e monarchia tirannica, dal
governo dei non molti quelle che con nome felice chiamammo aristocrazia e oligarchia. Dal governo dei molti discende
quella che con una semplice denominazione abbiamo stabilito essere la democrazia: ma adesso anche questa, a sua
volta, deve essere considerata duplice.
SOCRATE IL GIOVANE: Come? In quali parti la possiamo dividere?
STRANIERO: In maniera non diversa dalle altre, anche se il suo nome non è già duplice: ma il governare secondo
le leggi e contro le leggi è caratteristica di questa come delle altre.
SOCRATE IL GIOVANE: E così dunque.
STRANIERO: Quando allora ricercavamo la retta forma di governo questa divisione non ci serviva, come prima
abbiamo dichiarato: d'altro canto, dopo che quella l'abbiamo messa da parte, riconoscendo invece necessaria l'esistenza
delle altre, l'illegalità e la legalità che è presente in esse divide ciascuna di queste in due.
SOCRATE IL GIOVANE: Mi pare sia così , adesso che è stato fatto questo discorso.
STRANIERO: La monarchia allora, collegata a buone norme scritte che chiamiamo "leggi", è la migliore fra tutte e
sei: ma se non vi fosse la legge sarebbe duro e insopportabile convivere.
SOCRATE IL GIOVANE: Può darsi.
STRANIERO: Quanto a quella dei non molti, come il poco è a metà fra l'uno e i molti, così dobbiamo pensare che
essa stia a metà fra l'una e l'altra. Mentre quella retta dalla moltitudine è debole sotto ogni suo aspetto e non può nulla di
grande, né in bene né in male, in confronto alle altre, poiché in essa le cariche sono distribuite in piccole parti a molti.
Perciò fra tutte le forme di governo è la peggiore, se sono fornite di legge, è invece la migliore se vanno in senso
opposto alle leggi: il vivere in democrazia le supera tutte, se sono prive di disciplina; se invece hanno un ordinamento,
la democrazia diviene la vita meno sopportabile, mentre è cosa assai più eccellente e migliore vivere nella prima,
eccezion fatta per la settima. Da tutte, infatti, quella deve essere separata, come il dio dagli uomini, da tutte le altre
forme di governo.
SOCRATE IL GIOVANE: Mi sembra che le cose avvengano in questo modo e lo siano anche, e si deve fare come
dici.
STRANIERO: Dunque bisogna tenere lontani anche coloro che prendono parte a tutte queste forme di governo, fatta
eccezione per chi possiede la scienza, perché non sono dei politici ma dei faziosi, e mettendosi a capo delle più grandi
illusioni, sono anch'essi una falsa illusione, ed essendo d'altra parte i più grandi ciarlatani e imbroglioni, sono i sofisti
più grandi fra i sofisti.
SOCRATE IL GIOVANE: Può darsi che questa definizione si ritorca nel modo più giusto contro i cosidetti politici.
STRANIERO: Bene. Questo per noi è da considerarsi assolutamente come un dramma teatrale; secondo quanto fu
detto or ora, vale a dire che si era scorto un tiaso di Centauri e di Satiri che si doveva separare dall'arte politica: adesso
così , a stento, senza dubbio, è stato separato.
SOCRATE IL GIOVANE: Mi sembra di sì .
STRANIERO: Rimane una cosa diversa da ciò, più difficile ancora da separare, per il fatto di essere piuttosto affine
al genere regio e nel contempo più difficile a comprendersi: e a me sembra che proviamo una condizione simile a coloro
che purificano l'oro.
SOCRATE IL GIOVANE: Come?
STRANIERO: Anche quegli artigiani separano prima di tutto la terra, le pietre e molti altri elementi impuri: dopo di
ciò, rimangono ancora mescolati quegli elementi preziosi connaturati all'oro e che si possono separare soltanto con il
fuoco, il rame e l'argento e talvolta anche l'acciaio, i quali, separati a stento mediante il vaglio ottenuto attraverso la
fusione, ci permettono di vedere quello che viene chiamato "oro puro", da solo in se stesso.
SOCRATE IL GIOVANE: Si dice che queste cose avvengono così .
STRANIERO: Analogamente, pare, anche ora abbiamo separato gli elementi diversi, e quelli estranei, e quelli che
non sono amici della scienza politica, lasciando invece gli elementi preziosi e connaturati ad essa: fra questi, l'arte di
comandare gli eserciti, il potere giudiziario e quella parte dell'arte oratoria che, associandosi all'arte del regnare e
persuadendola alla giustizia, guida con essa gli affari dello Stato: qual è il modo più semplice, se si separano anche
queste, dì mostrare quell'oggetto della nostra ricerca nudo e solo di per sé?
SOCRATE IL GIOVANE: è chiaro che dobbiamo provare a far questo in qualche modo.
STRANIERO: Grazie a questo tentativo esso risulterà evidente: si può provare a metterlo in luce attraverso la
musica. Allora dimmi.
SOCRATE IL GIOVANE: Che cosa?
STRANIERO: Vi è per noi, in un certo senso una forma di apprendimento della musica e in genere di tutte le
scienze che riguardano i mestieri manuali?
~SOCRATE IL GIOVANE: Sì , esiste.
STRANIERO: E allora? Riguardo al fatto che dobbiamo o meno apprendere una qualsiasi di queste scienze, diremo
che a sua volta è una scienza anche questa, che si riferisce alle stesse cose, o come?
SOCRATE IL GIOVANE: Diremo così : che anche questa è una scienza.
STRANIERO: Dunque dovremo ritenere di comune accordo che questa è diversa da quelle?
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: E che nessuna di esse deve governare su un'altra, oppure quelle su quest'ultima, oppure questa deve
governare e reggere tutte le altre?
SOCRATE IL GIOVANE: Quest'ultima su quelle.
STRANIERO: Allora tu ammetti che quella scienza che si riferisce al dover apprendere o meno debba per noi essere
a capo di quella che viene appresa e che ci insegna?
SOCRATE IL GIOVANE: Sicuramente.
STRANIERO: E anche quella del persuadere, se si deve persuadere o no, su quella del poter persuadere?
SOCRATE IL GIOVANE: Come no?
STRANIERO: Bene. A quale scienza attribuiremo la facoltà di persuadere la massa e il volgo mediante il racconto
di miti, e non con l'insegnamento?
SOCRATE IL GIOVANE: è chiaro, io credo, che anche questa prerogativa si debba attribuire all'arte oratoria.
STRANIERO: E, ancora, a quale scienza noi attribuiremo la possibilità di sapere se per mezzo della persuasione o
con un metodo violento dobbiamo agire in qualche modo nei confronti di qualcuno o starcene assolutamente tranquilli?
SOCRATE IL GIOVANE: A quella che sovrintende l'arte del persuadere e quella del dire.
STRANIERO: Altro non è, credo, se non la capacità del politico.
SOCRATE IL GIOVANE: Quello che dici va benissimo.
STRANIERO: A quanto pare si è separato rapidamente dalla politica ciò che appartiene all'arte oratoria, in quanto
quest'ultima costituisce una specie diversa che è al servizio di quella.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: Che cosa si deve pensare a sua volta di tale capacità?
SOCRATE IL GIOVANE: Di quale?
STRANIERO: Alludo a quella capacità che ci permette di sapere come combattere con ciascuno con cui abbiamo
scelto di combattere: diremo che essa non appartiene o appartiene ad un'arte?
SOCRATE IL GIOVANE: Come potremmo pensare che non appartiene all'arte questa capacità che l'arte del
comandare gli eserciti e l'impresa della guerra in genere contribuiscono a sviluppare?
STRANIERO: Quanto alla capacità dì decidere consapevolmente se si deve combattere oppure lasciare
amichevolmente perdere, ammettiamo che sia diversa da questa oppure uguale a questa?
SOCRATE IL GIOVANE: è inevitabile che sia diversa, se si aderisce a quel che si è detto prima.
STRANIERO: Non dichiareremo che quella è a capo di questa, se dunque intenderemo allo stesso modo di prima?
SOCRATE IL GIOVANE: Lo dico.
STRANIERO: Quale arte mai cercheremo di indicare come la signora di quella terribile e grande arte che rientra nel
complesso dell'arte della guerra, se non quella che in realtà è l'arte del regnare?
SOCRATE IL GIOVANE: Nessun'altra.
STRANIERO: Non la considereremo scienza politica, ma serva di questa, la scienza degli strateghi.
SOCRATE IL GIOVANE: No, è naturale.
STRANIERO: Avanti, prendiamo in esame anche la capacità dei giudici che giudicano rettamente.
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: Forse tale capacità non ha maggior potere, per certi versi, del giudicare intorno ai contratti che sono
stabiliti sulla base di tutte quelle norme redatte da un re legislatore? Adottando tali norme e considerando, in relazione a
quelle, ciò che in quei contratti fu stabilito giustamente e ingiustamente, essa offre il suo particolare valore che consiste
nel voler risolvere le reciproche accuse senza lasciarsi vincere né da doni né da timori, né da pietà, né da altre forme di
inimicizia o di amicizia, se decidesse di muoversi contro l'ordinamento voluto dal legislatore.
SOCRATE IL GIOVANE: No, ma all'incirca quanto tu hai detto è opera di questa capacità.
STRANIERO: E troviamo che la forza dei giudici non è quella propria dell'arte del regnare, ma consiste nel
custodire le leggi ed è al servizio di quella.
SOCRATE IL GIOVANE: Mi pare di sì .
STRANIERO: Chi ha osservato tutte le scienze di cui si è detto deve considerare che nessuna risultò essere scienza
politica.
Quella che è davvero arte del regnare non deve agire essa stessa, ma presiedere quelle che hanno capacità di agire,
essendo essa in grado di riconoscere l'occasione più o meno propizia in cui debbano sorgere e muovere i primi passi gli
eventi più importanti all'interno degli stati, mentre le altre devono eseguire gli ordini.
SOCRATE IL GIOVANE: Giusto.
STRANIERO: Per questa ragione, riguardo alle scienze di cui abbiamo appena trattato, poiché una non può essere a
capo dell'altra e neppure di se stessa, ma avendo ciascuna un suo preciso campo di azione, hanno assunto
opportunamente un nome appropriato al carattere specifico delle loro attività.
SOCRATE IL GIOVANE: Sembra che sia così .
STRANIERO: Quella che è a capo di tutte queste scienze e che si occupa di tutte le leggi e di tutte le questioni che
si riferiscono allo Stato, e tutto tiene insieme in modo perfetto come fosse una trama, includendo, mediante il nome di
ciò che ha in comune con le altre, la sua prerogativa, potremmo chiamarla assai giustamente, a quanto pare, "politica".
SOCRATE IL GIOVANE: Assolutamente sì .
STRANIERO: Vogliamo dunque trattare l'arte politica sul modello dell'arte del tessere, ora che tutti i generi delle
arti e delle scienze relativi allo Stato ci si sono mostrati nella loro evidenza?
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: Dell'intreccio che l'arte del regnare connette insieme, a quanto pare, bisogna parlare: si deve dire,
cioè, qual è, in che modo lo connette insieme, e che tipo di tessuto ci fornisce.
SOCRATE IL GIOVANE: è chiaro.
STRANIERO: Siamo costretti a parlare di una questione difficile da chiarire, a quanto sembra.
SOCRATE IL GIOVANE: Ad ogni modo bisogna parlare.
STRANIERO: Che una parte di virtù sia in un certo senso differente da un'altra specie di virtù è un'affermazione che
diventa oggetto di dibattito da parte di coloro che sono inclini alle controversie sui discorsi, ed è soprattutto esposta alle
opinioni dei molti.
SOCRATE IL GIOVANE: Non ho capito.
STRANIERO: Ma ripeto di nuovo il concetto. Il valore, credo, tu ritieni che sia per noi una parte della virtù.
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: E consideri anche la temperanza diversa dal coraggio, ed eppure anche questa è parte di ciò di cui è
parte anche quello.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: Intorno a queste cose bisogna prendere il coraggio di mostrare un singolare discorso.
SOCRATE IL GIOVANE: Quale?
STRANIERO: Che questi due sono in certo modo radicalmente nemici tra loro, e si contrappongono in molte delle
cose che sono.
SOCRATE IL GIOVANE: Come dici?
STRANIERO: Si tratta di un discorso davvero insolito. Infatti si dice che tutte le parti della virtù siano amiche fra
loro.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: Consideriamo e prestiamo attenzione se ciò è assolutamente così semplice, o se più di tutto vi è
divergenza per le cose affini a queste in qualche determinato aspetto.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì , di' pure come possiamo condurre l'analisi.
STRANIERO: In tutte le cose si deve ricercare quello che diciamo "bello", e che consideriamo diviso in due specie
opposte fra loro.
SOCRATE IL GIOVANE: Parla in modo ancora più chiaro.
STRANIERO: Alludo all'agilità e alla velocità, sia in relazione ai corpi, sia alle anime, sia ancora all'estensione
della voce: di queste cose, vuoi che siano in se stesse, vuoi che siano riflesse nelle loro immagini - mi riferisco ai
prodotti dell'imitazione musicale e della pittura - di una di esse hai mai fatto le lodi, o sei mai stato presente a sentire un
altro che tesseva elogi?
SOCRATE IL GIOVANE: E allora?
STRANIERO: E non ricordi di come tessono questo elogio in ciascuna di queste situazioni?
SOCRATE IL GIOVANE: Nient'affatto.
STRANIERO: Potrei spiegartelo con parole così come l'ho in mente?
SOCRATE IL GIOVANE: Perché no?
STRANIERO: Mi pare che tu ritenga che tale concetto sia facile: consideriamolo però in generi opposti di cose.
Riguardo infatti a molte azioni, e spesso ogni volta che rimaniamo ammirati per la velocità, l'energia, e l'agilità del
pensiero e del corpo e, ancora, anche della voce, elogiando questa proprietà, la chiamiamo facendo uso di una sola
definizione, ovvero quella di "valore".
SOCRATE IL GIOVANE: Come?
STRANIERO: "Agile" e "valoroso" diciamo prima di tutto, e poi "veloce" e "valoroso", e allo stesso modo per ciò
che risulta energico: e, assegnando generalmente il nome che dico e che è comune a tutte queste qualità naturali, le
elogiamo.
SOCRATE IL GIOVANE: Sì .
STRANIERO: E allora? Non abbiamo spesso elogiato in molte delle azioni la specie di ciò che viene prodotto con
tranquillità?
SOCRATE IL GIOVANE: E certamente.
STRANIERO: Non ci esprimiamo allora dicendo il contrario di quello che dicevamo di quelle?
SOCRATE IL GIOVANE: Come?
STRANIERO: Mi riferisco al fatto che ogni volta parliamo di mitezza e di temperanza, quando siamo ammirati per
ciò che viene compiuto di lento e morbido, riguardo al pensiero e all'azione, e ancora, riguardo alla voce, per ciò che è
piano e grave, e per tutto il movimento ritmico e per tutta la poesia in genere, che in modo conveniente fanno uso della
lentezza: non il nome di valore ma quello di decoro noi attribuiamo a tutto ciò.
SOCRATE IL GIOVANE: Verissimo.
STRANIERO: E allorché entrambe queste due specie diventano secondo noi inopportune, noi le critichiamo
mutando i nomi dell'una e dell'altra, e assegnandoli a sua volta alle realtà opposte.
SOCRATE IL GIOVANE: Come?
STRANIERO: Chiamandole "violente" e "pazzesche" se sono più agili del dovuto, e se appaiono più veloci e più
dure, "vili" e "inerti" quelle più gravi, più lente e più tenere: e generalmente queste proprietà, sia la natura
temperante sia quella valorosa che è all'opposto, come caratteri cui è toccato di essere in contesa fra loro, non le
troviamo mescolate nelle azioni inerenti a tali proprietà, e anzi potremo osservare, se terremo dietro a questo, che coloro
che le possiedono nell'anima sono in contesa fra loro.
SOCRATE IL GIOVANE: Dove dici?
STRANIERO: In tutti questi casi di cui ora abbiamo parlato, come mi pare, e in molti altri. Infatti, secondo la loro
affinità, io credo, all'uno o all'altro carattere, le persone elogiano alcune cose ritenendole corrispondenti alla loro natura,
mentre biasimano quello che vi è di diverso come fosse loro estraneo, diventando assai nemici fra loro e in relazione a
molte questioni.
SOCRATE IL GIOVANE: Può darsi.
STRANIERO: La differenza fra queste specie, che ho illustrato in questi casi, è un gioco: ma nelle questioni più
importanti accade che sia la malattia più terribile che possa capitare agli stati.
SOCRATE IL GIOVANE: A quale tipo di questioni alludi?
STRANIERO: Al complesso dei mezzi che servono per vivere, a quanto pare. Coloro che si distinguono per
regolare la propria vita in base al decoro sono sempre inclini a vivere una vita tranquilla, badando da soli ai propri
affari, stringendo, così , in patria relazioni con tutti, ed essendo ugualmente inclini a vivere in un certo senso in pace,
riguardo a ogni genere di questione, con gli stati esteri; e per questo amore della tranquillità che è piuttosto inopportuno
rispetto al dovuto, qualora compiano ciò che hanno in animo, trascurano il fatto di essere inetti alla guerra, e
dispongono allo stesso modo anche l'animo dei giovani, essendo sempre alla mercé di chi li assale: per cui non in molti
anni essi, e i figli e tutto quanto lo Stato spesso diventano schiavi, da una precedente condizione di libertà, senza che se
ne accorgano.
SOCRATE IL GIOVANE: Parli di una grave e terribile condizione.
STRANIERO: E quelli inclini piuttosto al valore? Non è forse vero che, incitando continuamente i loro stati alla
guerra, per un desiderio più intenso del dovuto di una vita di questo genere, entrando in inimicizia con molti e potenti, o
mandarono in rovina la patria, o la resero schiava, o la consegnarono in mano ai nemici?
SOCRATE IL GIOVANE: Capitano anche queste cose.
STRANIERO: Come negare che, in questi casi che abbiamo appena passato in rassegna, questi due generi sono
l'uno con l'altro in una molteplice, continua, ed enorme inimicizia e discordia?
SOCRATE IL GIOVANE: Non lo negheremo affatto.
STRANIERO: Dunque non abbiamo trovato ciò che sin dall'inizio indagavamo, e cioè che parti non piccole della
virtù sono per natura differenti fra loro, e obbligano coloro che le posseggono ad agire proprio in questo modo?
SOCRATE IL GIOVANE: Può darsi.
STRANIERO: Consideriamo allora questo.
SOCRATE IL GIOVANE: Che cosa?
STRANIERO: Se vi sia una delle scienze che si occupa della composizione di elementi, la quale realizzi un
qualsiasi prodotto fra i suoi lavori, anche se il più vile, formandolo di proposito con elementi dannosi e utili, oppure se
ogni scienza, in ogni luogo, respinga, per quanto possibile, gli elementi dannosi, assumendo invece quelli necessari e
utili, e da questi ultimi elementi, simili e dissimili fra loro, raccogliendoli tutti in uno, modelli un qualcosa che abbia
una sua potenza unificatrice e un suo tratto distintivo.
SOCRATE IL GIOVANE: E allora?
STRANIERO: Neppure quella che, secondo natura, è veramente per noi la politica potrà mai formare uno Stato
mettendo insieme di proposito onesti e malvagi, ma è chiaro che prima, per gioco, li mette alla prova, e in seguito, dopo
la prova, li consegnerà a chi sia in grado di educarli e di svolgere questo servizio, dirigendo e presiedendo essa stessa,
come l'arte del tessere dirige e presiede passo dopo passo, i cardatori e quelli che predispongono tutte le altre cose utili
alla tessitura, indicando a ciascuno i lavori che essa ritiene necessari alla sua opera di intreccio.
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: Analogamente mi pare che l'arte del regnare, avendo la prerogativa propria dell'arte del dirigere, non
permetterà a quanti educano e allevano in conformità alla legge, di esercitare i giovani a esercizi che non contribuiscano
a un costume dì vita appropriato alla combinazione specifica di quell'arte, mentre in questo senso soltanto esorterà a
educare: e quanti non sono atti a prender parte a un costume di vita improntato a valore, a temperanza, e a quant'altro
tende alla virtù, ma sono allontanati dalla violenza di una natura malvagia verso l'ateismo, la tracotanza, l'ingiustizia,
costoro essa lì scaccia dallo Stato punendoli con la morte, con l'esilio, e con i segni del massimo disprezzo.
SOCRATE IL GIOVANE: Così si dice.
STRANIERO: E quelli che si rivoltano nell'ignoranza e anche in grande meschinità li aggioga nel genere degli
schiavi.
SOCRATE IL GIOVANE: Giustissimo.
STRANIERO: Quanto agli altri, le cui indoli, se opportunamente educate, possono elevarsi a nobiltà d'animo, e
accettare, accompagnandosi all'arte, di unirsi fra loro, di queste indoli, allora, sia quelle che tendono piuttosto al valore -
ritenendo in proposito la politica che i loro saldi costumi di vita siano simili alla natura dell'ordito -, sia quelle che
tendono all'ordine e al decoro, che usano un filo spesso e molle, e, secondo l'immagine di prima, dello stesso genere di
quello usato per la trama, tendendole in direzioni opposte, tenta in tal modo di legarle e intrecciarle insieme.
SOCRATE IL GIOVANE: In quale modo?
STRANIERO: Prima di tutto accordando insieme con divino legame la parte della loro anima che è eterna, sulla
base della loro affinità, e facendo la stessa cosa, dopo questo divino legame, con la loro parte mortale, ma questa volta
con legami umani.
SOCRATE IL GIOVANE: Che cosa intendi dire con questo?
STRANIERO: Intendo dire che l'opinione realmente vera e sicura intorno a ciò che è bello, giusto, buono e ai loro
contrari, qualora sia insita nelle anime, è divina e nasce in un genere divino.
SOCRATE IL GIOVANE: Detto così , quel che intendi è appropriato.
STRANIERO: Non sappiamo forse che si addice soltanto al politico e all'onesto legislatore la possibilità di far
nascere proprio questa opinione, mediante l'ispirazione dell'arte del regnare, in coloro che prendono correttamente parte
dell'educazione, e di cui poco fa parlammo?
SOCRATE IL GIOVANE: è almeno verosimile.
STRANIERO: Chi non ha la possibilità di far questo, Socrate, mai lo chiameremo con i nomi che ora sono stati
oggetto della ricerca.
SOCRATE IL GIOVANE: Giustissimo.
STRANIERO: E allora? Un'anima valorosa, assumendo tale verità, non si addomestica e non vorrebbe così prendere
parte soprattutto di ciò che è giusto, mentre, se non la possiede, non tende piuttosto verso una natura ferma?
SOCRATE IL GIOVANE: Come no?
STRANIERO: E che dire della natura che tende al decoro? Non diviene, almeno come può diventarlo in una forma
di governo, realmente saggia e temperante quando prende parte di queste opinioni, mentre, se non partecipa delle
opinioni di cui parliamo, non assume assai giustamente una vergognosa fama di stoltezza?
SOCRATE IL GIOVANE: Certamente.
STRANIERO: Dunque non dobbiamo dire che siano mai saldi quell'intreccio e quel legame che i malvagi stringono
con se stessi e quelli che i buoni stringono con i malvagi, né che esista una scienza che possa mai seriamente servirsene
in tali situazioni?
SOCRATE IL GIOVANE: Come infatti?
STRANIERO: Pertanto in coloro che sono nati da nobile origine e la cui indole sin dall'inizio è stata educata
secondo tale natura, solo in essi questi legami sono ingenerati mediante le leggi, e per costoro è come un rimedio voluto
dall'arte, e, dicevamo, questo è il legame più divino delle parti che compongono la natura della virtù, parti dissimili e
inclini a direzioni opposte.
SOCRATE IL GIOVANE: Verissimo.
STRANIERO: Quanto agli altri legami rimasti, che sono legami umani, se esiste questo legame divino, non è
difficile né pensarli né, una volta che li si è pensati, realizzarli.
SOCRATE IL GIOVANE: Come dici e di quali legami parli?
STRANIERO: Parlo dei legami riguardanti matrimoni tra sudditi di diverse città, e di quelli inerenti alla comunanza
degli scambi dei giovani da sposare, e di quelli che regolano la loro privata consegna e le nozze. La maggior parte non
si unisce correttamente, in questo genere di legami, in funzione della procreazione dei figli.
SOCRATE IL GIOVANE: E allora?
STRANIERO: Per quanto riguarda la caccia alla ricchezza e alla potenza in tali legami, perché bisognerebbe
spendere le proprie energie a criticarla, quasi fosse degna di un discorso?
SOCRATE IL GIOVANE: Per nulla.
STRANIERO: Piuttosto è ragionevole parlare di costoro che si prendono cura della parentela, per vedere se
agiscono secondo un comportamento non corretto.
SOCRATE IL GIOVANE: Mi pare verosimile.
STRANIERO: Essi agiscono non partendo da un unico giusto discorso, ma inseguono la tranquillità del momento
presente, e ora con il dimostrarsi affettuosi con chi è loro simile, ora con il detestare chi non lo è, assegnano a tale
insofferenza la parte maggiore.
SOCRATE IL GIOVANE: Come?
STRANIERO: Le persone che regolano la loro vita secondo il decoro vanno in cerca di un costume che rispecchi il
proprio, e, per quanto loro possibile, prendono moglie tra donne appartenenti alla loro classe, e le fanciulle da loro date
in sposa vengono affidate a uomini che appartengono a questa classe: e così si comporta il genere dei valorosi, quando
insegue la sua stessa natura, mentre entrambi i generi dovrebbero fare il contrario.
SOCRATE IL GIOVANE: Come? E perché?
STRANIERO: Perché il valore, se si genera in molte generazioni senza mescolarsi alla natura temperante, in
principio è nel pieno delle forze, ma alla fine degenera assolutamente nella follia.
SOCRATE IL GIOVANE: Mi pare verosimile.
STRANIERO: D'altra parte, l'anima eccessivamente piena di ritrosia, che rifiuta di mescolarsi alla valorosa audacia,
nascendo in questo modo per molte generazioni, diviene più tarda del necessario, e alla fine viene generalmente resa
mutila.
SOCRATE IL GIOVANE: Anche questo mi sembra che accada così .
STRANIERO: Dicevo che non è affatto difficile stringere questi legami quando ambedue i generi hanno una sola
opinione riguardo a ciò che è bello e buono. Questa, infatti, è nel suo complesso l'unica opera di tessitura dell'arte del
regnare, vale a dire non permettere mai che un costume di vita temperante si allontani da quello dei valorosi, ma
intrecciandoli insieme mediante la conformità delle opinioni, gli onori, i disonori, la buona fama, le consegne delle
garanzie reciproche, e componendo da questi elementi un tessuto liscio e, come si dice, "ben lavorato", possa affidare
sempre in comune a costoro i poteri negli Stati.
SOCRATE IL GIOVANE: Come?
STRANIERO: Dove occorra un solo governante, scegliendo come preposto uno che abbia queste due qualità; ma
dove occorrano più governanti, mescolando parti uguali dell'una e dell'altra qualità di costoro. Da un lato i costumi dei
governanti temperanti e moderati sono assai cauti, giusti, e conducono alla salvezza, ma mancano di forza e di una certa
energica ed operosa arditezza.
SOCRATE IL GIOVANE: Mi sembra che sia così anche questo.
STRANIERO: D'altra parte i comportamenti valorosi hanno più bisogno di quegli altri di giustizia e di prudenza, ma
nelle loro azioni si distinguono per l'audacia. Tutto quanto avviene nello Stato non potrebbe avere successo, sia in
privato sia in pubblico, se non vi fossero questi due elementi.
SOCRATE IL GIOVANE: Come no?
STRANIERO: Diciamo che questo è il compimento del tessuto, intrecciato con retta tessitura, dell'attività politica:
allorché l'arte del regnare, unendo insieme nella conformità del pensiero e in amicizia il costume di vita degli uomini
valorosi e temperanti e le loro vite, realizza fra tutti i tessuti quello più sontuoso e migliore, e avvolgendo tutti gli altri,
schiavi e liberi, che sono nello Stato, li tiene uniti in questo intreccio, e regge e dirige senza tralasciare nulla di quanto
convenga ad uno Stato felice.
SOCRATE IL GIOVANE: Hai elaborato benissimo per noi la figura dell'uomo regale e quella del politico,
straniero.
Traduzione di Patrizio Sanasi
NOTE
1) Per quanto riguarda i personaggi, Teodoro era un matematico di Cirene (si veda, a questo proposito,
poche battute più avanti, l'invocazione di questo personaggio a Zeus Ammone, che aveva il suo luogo di culto nel
deserto libico), Teeteto, che non prende assolutamente parte alla discussione, era scolaro di Teodoro, mentre Socrate il
giovane è anch'egli matematico e filosofo ateniese. Non si hanno invece notizie sullo straniero di Elea, presentato a
Socrate nel Sofista. Per quel che concerne l'ambientazione del dialogo, si suppone che esso si svolga nello stesso giorno
in cui si svolge il Sofista.
2) I Lidi e i Frigi abitavano la regione situata al centro dell'Asia Minore occidentale.
3) Per distinguere i bipedi dai quadrupedi, Platone ricorre qui alla geometria: se è vero che in geometria è possibile
costruire, su una diagonale, un quadrato di due piedi di area, in relazione al camminare, il bipede si potrà accostare alla
diagonale, il quadrupede «alla diagonale della diagonale».
4) Ironica allusione al porco.
5) Cfr. Sophista.
6) Ermes aveva donato ad Atreo un agnello dal vello d'oro che la moglie Aerope donò al fratello di lui e suo amante
Tieste. Ma Zeus, per testimoniare il suo favore ad Atreo, mutò il corso degli astri.
7) Nell'antica mitologia greca Crono è il figlio minore del Cielo e della Terra. Qui si allude ad un gruppo di
leggende in cui viene rappresentato come sovrano di una remota età dell'oro.
8) Di Prometeo, antico semidio, venerato dagli artigiani dell'Attica come supremo artefice, è nota la leggenda (cfr.
Esiodo, Theogonia 562 sgg.) secondo la quale con la sua astuzia avrebbe rubato il fuoco celato da Zeus, riportandolo
sulla terra, e fornendo così all'uomo un elemento essenziale per il progresso delle tecniche.
9) Efesto era dio degli artigiani e fabbro lui stesso.
10) Qui si allude ad Atena, la quale, oltre che dea protettrice di Atene nell'Attica, era anche venerata come patrona
delle arti e dei mestieri.
11) Cfr. Sophista 12) Si tratta probabilmente dei Pitagorici.
13) I Centauri erano mostri mitici - uomini nella parte superiore, e cavalli in quella inferiore - mentre i Satiri, cui si
accenna subito dopo, erano creature che vivevano nei boschi ed avevano tratti animaleschi (come la coda di cavallo o le
zampe di capra).
14) Ironico gioco di parole: metereologo viene usato tanto nell'accezione di "meteorologo" (ovvero di studioso di
fenomeni celesti) quanto in quella di "parlatore al vento".
AUDIO
https://www.youtube.com/watch?v=6WYcSQCczes
Eugenio Caruso 18- 12 -2019
Tratto da