L'analisi del Censis, nel 41° rapporto sullo stato sociale del Paese descrive un'Italia a due velocità: da una parte lo sviluppo economico delle imprese che si conferma positivo, dall'altra una società che non rispecchia lo stesso trend ma anzi se ne distacca. Lo sviluppo economico delle imprese si muove, infatti, su dinamiche che filtrano poco fra la gente, e, quindi, non si traducono in progresso sociale.
È la «degenerazione antropologica», la modalità espressiva quotidiana degli italiani: ne sono teatro gli stadi e le famiglie. In casa aumentano violenze e separazioni.
Il numero dei telefonini continua a crescere; li possiede l'86,4% della popolazione contro il 92,1% di possesso delle televisioni. Il telefonino è utilizzato dal 76,9% degli uomini e dal 75% delle donne con punte di oltre il 96% fra i giovani di età di 14-29 anni.
I fruitori di Internet hanno raggiunto il 45,3% della popolazione (più del 10% sono gli utenti abituali), il 68,3% è costituito da giovani tra i 14 e 29 anni.
Nei Comuni, salgono del 52% le entrate derivanti dalle multe agli automobilisti.
Per il 69% degli italiani, in caso di bisogno si può contare sull'aiuto degli altri.
Buona è la partecipazione dei cittadini ai problemi della comunità: il 17,9% si organizza, spesso o molto spesso, con altri per un obiettivo comune. Soprattutto sulla sicurezza.
Il 76,1% dice che «nessuno si preoccupa di ciò che accade agli altri», mentre per il 56,4% valgono «di più i propri interessi che gli altri».
Gli italiani sono sfiduciati delle istituzioni. In particolare dello stato, il 52,4% dice di essere poco o per niente soddisfatto del suo operato. Maggiori successi li riceve il comune (sfiducia al 32,7%).
Un terzo del reddito delle famiglie va per casa ed energia. Questi costi erodono, infatti, il 31% degli stipendi. È diminuita, d’altra parte, la spesa per l'alimentazione (dal 21,1% del 1996 al 18,9% del 2006).
Università, uno studente su cinque è fuori sede. Si tratta di 350 mila studenti che frequentano atenei lontani dalla propria città. La spesa media mensile per le loro famiglie ammonta a 1.100 euro.
Il 22% della popolazione italiana, ossia circa 13 milioni di persone, vive in zone in cui è presente la criminalità organizzata. Si tratta di cittadini del sud, pari al 77,2% della popolazione di quattro regioni (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia). Dopo l' indulto i detenuti sono diventati 43.957. Nei penitenziari oltre un terzo è straniero, per lo più clandestini.
Nel seguito riportiamo le considerazioni generali elaborate dal CENSIS.
In continuità con gli ultimi anni il Censis conferma una sequenza positiva di lungo periodo (dal rifiuto dell’ipotesi del declino, alla patrimonializzazione, dall’individuazione di schegge di vitalità economica fino al piccolo silenzioso boom descritto lo scorso anno).
Oggi si può confermare una visione positiva: sia perché cresce nelle imprese la qualità delle strategie competitive (di nicchia, di offerta sul mercato del lusso, di lavoro su commessa, ecc.); sia perché si va allargando la base territoriale dello sviluppo; sia perché abbiamo finalmente anche noi dopo decenni alcuni importanti big-players. Ed è una visione positiva che sembra poter superare anche le turbolenze finanziarie addensatesi negli ultimi mesi.
Tuttavia, le dinamiche di sviluppo in atto nelle imprese restano dinamiche di minoranza, che non filtrano verso gli strati più ampi della società.
Lo sviluppo non filtra sia perché non diventa processo sociale, sia perché la società sembra adagiarsi in un’inerzia diffusa, una specie di antropologia senza storia, senza chiamata al futuro. Una realtà sociale che diventa ogni giorno una "poltiglia" di massa; impastata di pulsioni, emozioni, esperienze e, di conseguenza, particolarmente indifferente a fini e obiettivi di futuro, quindi ripiegata su se stessa. Una realtà sociale che inclina pericolosamente verso una progressiva esperienza del peggio. Settore per settore nulla quest’anno ci è stato risparmiato: nella politica come nella violenza intrafamiliare, nella micro-criminalità urbana come in quella organizzata, nella dipendenza da droga e alcool come nella debole integrazione degli immigrati, nella disfunzione delle burocrazie come nello smaltimento dei rifiuti, nella ronda dei veti che bloccano lo sviluppo infrastrutturale come nella bassa qualità dei programmi televisivi. Viviamo insomma una disarmante esperienza del peggio.
Tanto che, quasi quasi al termine” poltiglia” di massa si potrebbe (con eleganza minore) sostituire il termine più impressivo di “mucillagine”, quasi un insieme inconcludente di “elementi individuali e di ritagli personali” tenuti insieme da un sociale di bassa lega.
Pertanto in una società così inconcludente appare difficile attendersi l’emergere di una qualsivoglia capacità o ripresa di sviluppo di massa, di “sviluppo di popolo” come si diceva una volta; e le offerte innovative possono venire solo dalle nuove minoranze attive, ovvero:
- la minoranza che fa ricerca scientifica e innovazione tecnica è orientata all’avventura dell’uomo e alla sua potenzialità biologica;
- la minoranza che, nella scia della minoranza industriale oggi rampante, fa avventura personale e sviluppo delle relazioni internazionali (si pensi ai giovani che studiano o lavorano all’estero, ai professionisti orientati ad esplorare nuovi mercati, agli operatori turistici di ogni tipo, ecc.);
- la minoranza che ha compiuto un’opzione comunitaria, cioè ha scelto di vivere in realtà locali ad alta qualità della vita;
- la minoranza che vive il rapporto con l’immigrazione come un rapporto capace di evolvere in termini di integrazione e coesione sociale;
- la minoranza che si ostina a credere in una esperienza religiosa insieme attenta alla persona e alla complessità dello sviluppo ai vari livelli;
- e le tante minoranze che hanno scelto l’appartenenza a strutture collettive (gruppi, movimenti, associazioni, sindacati, ecc.) come forma di nuova coesione sociale e di ricerca di senso della vita.
Si tratta senz’altro di una sfida faticosa, che le citate diverse minoranze dovranno verosimilmente gestire da sole. Ma sfida desiderabile, per continuare a crescere forse anche con un po’ di divertimento; sfida realistica, perché non si tratta di inventare nulla di nuovo ma di mettersi nel solco di modernità che pervade tutti i Paesi avanzati.
Giuseppe De Rita, presidente del Censis, richiesto di dare un'interpretazione schematica al 41° rapporto della sua istituzione ha affermato: " Il problema dell'Italia di oggi è collegare il 20-25% del paese che fa il Pil, vive un boom consolidato, traina il paese vendendo in tutto il mondo, con la parte inerte, un corpaccione afflosciato simile a una mucillagine. Lì è il declino di cui si parla da più parti. C'è un paese che si sta strutturando in modo eccezionale, con la patrimonializzazione delle famiglie in case e in azioni, con forti spinte di vitalità da parte della piccola e media impresa e ampi spazi di manovra per i big players. Ed esiste l'altra faccia: un ammasso cresciuto dal basso, afflosciato, incapace di progettare sfide collettive, molto menefreghista. Per collegare quel quarto che produce con i tre quarti improduttivi - dice De Rita - l'unica strada è far crescere la minoranza trainante. Aiutare le imprese che si affacciano sul mercato. Preparare i giovani alle sfide, sottraendoli alla bambagia di un benessere inesistente ".
Tratto da 41° Rapporto Censis sullo stato sociale