Il tema delle modifiche istituzionali è sempre stato molto sentito e credo sia importante discuterne oggi. Ci sono dei temi più importanti di altri: e quello riformista è un argomento attuale. Vediamo di cosa si tratta.
In sostanza, il dibattito verteva sulla necessità del nostro sistema istituzionale di adeguarsi e uniformarsi alle realtà europee a noi vicine e prossime. Un tema questo che era considerato importante. Tutti si convincevano che era necessario porre un limite alle nostre anomalie. E quindi nasceva una discussione molto interessante e sotto vari aspetti molto sentita. Certamente, dopo tanti anni di discussioni occorreva una leadership che si facesse carico di realizzare qualche modifica dal punto di vista concreto. E questo si è avverato diciamo almeno in due fasi.
La prima è stata quella che ha portato alla nascita di un sistema maggioritario e bipolarista delle nostre istituzioni. Un avvicinamento al modello europeo che da tante parti veniva invocato come la risposta ai problemi del nostro sistema politico che non aveva garantito la governabilità. Adesso il potere esecutivo indirettamente veniva rafforzato e questo sembrava essere una risposta positiva alla richiesta di maggiore liberalizzazione dell’economia e della società. Il sistema si è semplificato e migliorato. I governi sono divenuti governi quasi tutti di legislatura. E l’economia è sembrata riprendere il proprio momento virtuoso di crescita.
Tuttavia, dopo alcuni momenti lunghi possiamo dire che lo scontento e il diffuso malessere e protesta contro il sistema politico maggioritario è tornato nel dibattito politico. Siamo ora in un disagio sociale reale a cui le istituzioni privatizzate non sono in grado di dare risposte concrete. Le istituzioni sono state privatizzate nel senso che la sfera privata e la sfera pubblica sono state poste su due registri diversi qualche decennio fa. In che senso? Nel senso che il mercato e le politiche liberiste hanno individuato nel pubblico non un partner ma un antagonista. E questa è stata le regola di tanti anni. Ora anche. Ma in modo meno evidente. Anzi sembrerebbe, da più parti, rinascere una necessaria politica di intervento statale nell’economia per sanare le molte ingiustizie sociali che le politiche monetarie restrittive, diciamo così, hanno introdotto nell’economia e nella società.
Un tempo la regole d’oro era spesa pubblica per sostenere la domanda interna e i consumi. Una politica espansiva che si poteva sostenere grazie ad una solidità del sistema monetario. Oggi la situazione è molto più complessa. Poi ci sono anche delle ragioni politiche. Lo stato sociale è stato ridimensionato da un apparato, passatemi il termine, un po' ideologico che è stato egemone per molti anni. Certamente la riduzione della burocrazia è stata positiva e la di riduzione della presenza dello stato nell’economia ha consentito lo sviluppo di un'economia di mercato più matura ed europea. L’Europa infatti è stato il protagonista di questo passaggio. Un'Europa in parte da cambiare.
Gli stati membri hanno visto diminuire le loro prerogative fiscale e monetarie per rafforzare le istituzioni europee. L’integrazione e la comunità economica europea. Un momento di unione e coesione di economie di molti partner e strategicamente e politicamente unite. Una governance in crisi questa. Che molti attori politici fanno fatica a reindirizzare per un obiettivo di crescita e di sostenibilità.
La governance è uno dei momenti più importanti del progetto comunitario. La comunità europea ha creato una coesione economica e sociale ma che tuttavia ha dato adito a molte voci contrarie e alla nascita di nuove povertà e difficoltà. In questo caso, si ripropone su scala multilaterale quel problema sociale e politico degli stati membri dell’Europa.
Ora veniamo a dare una risposta a un interrogativo che è sempre stato presente in Europa e nei paesi più avanzati. Si può dire che le politiche di tagli e privatizzazioni hanno davvero reso più efficiente e meno sprecone la mano pubblica? Oppure hanno soltanto acuito le fisiologiche tendenze alle disparità sociali di un'economia di mercato?
La mia risposta vuole essere realista, un progresso c’è stato nel senso che le inefficienze e i costi dello statalismo sono stati molto ridotti, eppure la dinamica sociale non ha trovato una sua serenità e ottimizzazione. La politica, ecco che torna il tema delle riforme, è in una fase di indecisione, non contando sulla retorica e sul sovranismo buono che ritorna, nel senso che sembra mancare una visione chiara e un indirizzo forte. Sembrerebbe, ma non sono sicuro, che prevalga il pensiero debole. Non esistono verità ma opinioni e tutto si può mettere in discussione sotto il vaglio di una critica forte e serrata. Poi, siamo in presenza di una critica? E' passata di moda anche tra gli intellettuali? I valori e le ideologie, le idee classiche ritornano ma in modi e modalità che ne contraddicono la validità. Ecco la crisi. Di linguaggio e di valori. Sono temi analizzati tante volte dalle nostre istituzioni pubbliche e private. E si potrebbe parlare a lungo di questo. Ora direi, che in questo breve articolo, ho delineato qualche piccolo contributo alla crescita e al progresso. Che sono la nostra meta di moderati, che auspicano la ricerca del dialogo e della differenza come riposta ai problemi politici. Un risposta che si articola su più livelli e che cerca di trovare un metodo e una originalità programmatica. Non dobbiamo ritenere che l’analisi matura non sia necessaria per la comprensione dei problemi ma dobbiamo altresì cercare delle risposte attente e socialmente interessanti. Ecco dunque l’obiettivo che ci si era prefissi. E che dobbiamo raggiungere. Perché l’analisi è opportuna proprio quando le cose sono complesse e difficili da comprendere. In questo momento, ci sono molte difficoltà e non sempre è facile ragionare. Tuttavia, un pensiero solidale di mercato, come alternativa, rinnovato può essere una delle idee da approfondire e sulle quali tornare a discutere.
Corrado Caruso.
http://ladiscussione.altervista.org
23 gennaio 2020
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