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Bersani contro gli sprechi dei finanziamenti alle imprese del Sud.

Ho molti amici imprenditori nel Sud Italia e, grazie a loro, da anni ho scoperto la vergogna dei soldi dei fondi strutturali per le aree dell’obiettivo 1 dilapidati. Sovente gli amici mi hanno accompagnato a visitare zone industriali disseminate di “cadaveri” di imprese: capannoni industriali nuovi o in via di disfacimento completamente abbandonati. «Vedi – mi dicevano – queste sono fabbriche realizzate con i fondi della 488; i soldi sono serviti solo ad arricchire qualche falso imprenditore e qualche amministratore». «Il meccanismo è molto semplice, basta preparare un progetto industriale credibile, avere buoni collegamenti con il Ministero, essere in grado di presentare una fideiussione bancaria per un importo limitato, avere la possibilità di fare delle soprafatturazioni che sfuggano al controllo della banca concessionaria ed eclissarsi dopo aver intascato i soldi.»
Nonostante tutti sapessero, il flusso di danaro non si è mai fermato, una parte è servito a realizzare fabbriche funzionanti e attive, gestite da veri imprenditori, ma la maggior parte si è perso nei canali della disonestà e della connivenza politica.

Il 16 gennaio 2008 è apparso su Repubblica.it il seguente articolo di Antonello Caporale che riporta una serie di considerazioni di Pierluigi Bersani. Forse anche i politici hanno capito come funziona il meccanismo?

«"I soldi possono far bene, possono far niente e possono far male", dice Pierluigi Bersani. Negli ultimi anni al Sud i soldi hanno creato molti problemi. Più problemi che soluzioni, più emergenze che sviluppo, più delinquenza che legalità. Cinquanta miliardi di fondi straordinari, per metà europei, negli scorsi sei anni sono corsi via come un fiume in piena. Spesi, ma già persi. Fuggiti dalle tasche di Bruxelles, bruciati in migliaia di progetti senza capo né coda.

Nei prossimi sei anni la cifra salirà a cento miliardi. Raddoppierà. Come il rischio che ancora una volta si comporrà il treno dei desideri, gettoni d'oro smistati per pacchetti di clientele invece che per bisogni certi da soddisfare. L'uomo che è chiamato a firmare decreti, assegni, provvidenze è Bersani. Tocca a lui, ministro per lo Sviluppo Economico, rispondere alla moltitudine che avanza pretese. Tocca a lui prendersi il rischio di dire, come però ora dice: "Piuttosto che vederli sperperati li rimando indietro. Meglio non spenderli che impegnarli male".

C'è un guaio in più, paradossale ma attualissimo, è l'opportunità, derivata dalla vergogna della gestione campana dei rifiuti, di stilare un prontuario della buona pratica, pochi punti ma chiari e fermi: "Metto tutto in un fondo. Da lì, solo da lì si prende. Ma per prendere io chiedo una condizione: finanzio il progetto solo se tu mi dimostri che è così indispensabile al punto da realizzarlo con i soldi tuoi, da farti i debiti pur di vederlo attuato". Si riducono le categorie del bisogno: finanziare l'essenziale, il primario. Strade e scuole o asili, acqua e inceneritori. Non la vertigine da lusso che ha accecato tutti.

E poi, secondo punto: "Azzero i finanziamenti all'impresa. Non voglio più sentire parlare di sussidi. Esiste un'equazione indiscutibile: l'imprenditore sta bene se la condizione sociale in cui si sviluppa la sua intrapresa è accettabile, degna. Quindi occhio al "capitale sociale", ai luoghi, alla qualità della vita delle città, ai servizi essenziali e quelli tecnologici, per esempio alla rete di banda larga nei più piccoli centri. L'imprenditore in quanto tale non riceverà più un euro. Capovolgo il meccanismo: tutto quel che investirà per il benessere dell'azienda gli verrà poi detratto dal fisco". Detrazione d'imposta: per avere devi dare.

"Non voglio sentir parlare più della legge 488. Basta, la chiudo. Solo chi merita adesso verrà ricompensato. Ricompensa significa che c'è un prima - l'investimento - e c'è un dopo, appunto la detrazione dall'imposta. Bella e gonfia di soldi, mica spiccioli. Ma successiva al rischio corso, allo sforzo fatto, alla serietà dimostrata".

I soldi, tanti soldi, sono un pericolo: "Generalmente i soldi imbolsiscono, per esperienza dico che rischiano di portare grasso ai muscoli. Con la pancia piena non si corre, si passeggia. I soldi producono spesso un altro guaio: trasformano la politica in pura intermediazione finanziaria, l'impresa in un'assemblea questuante, i cittadini in clientes senza parola. Non è purtroppo dimostrato il contrario invece. Ma i soldi ci sono, sono nel bilancio dello Stato e io intervengo quando tutti i piani sono stati presentati. Sono chiamato a vigilare affinché siano spesi bene. Però, per difendere il meccanismo virtuoso, qualche contromisura in corso d'opera l'ho dovuta prendere. Una parte l'ho accantonata già adesso".

Di tre miliardi di euro si compone il tesoretto di Bersani: "Non è una cifra ridicola, anzi... Sono premi. Premi a chi fa. A chi ha un'idea e la rende sostenibile. Si propone e si assume il rischio. A chi diviene un modello da imitare". Un modello alternativo a quello basato sull'emergenza che ha degradato il criterio di rappresentanza e prodotto la deresponsabilizzazione generale.

"La vicenda dei rifiuti in Campania insegna tutto: il commissario è divenuto lo Stato, l'unica controparte a cui avanzare pretese. Mai dare. E i sindaci, i presidenti di provincia, assessori si sono uniti, si sono messi a guidare le rivolte invece che sentire il bisogno, l'impellenza di offrire soluzioni. Trovandosi senza più funzioni hanno scelto l'irresponsabilità. Non può andare avanti così: devono prendersi il carico delle loro colpe e dei bisogni delle loro comunità. Devono garantire, per esempio, e da subito, la raccolta differenziata e io devo, voglio fare in modo che chi meglio fa abbia molto più di quel che si attende. Lo premio tre volte. Soldi a chi corre e niente a chi passeggia. Vero, la velocità di spesa non significa tutto. Anzi, a volte vuol dire poco. Ma qui sta l'ultimo cono, l'ultimo spicchio della mia fatica".

Governance, in inglese. Come governare il progetto complessivo difendendolo da una moltitudine di soggetti, decine di enti territoriali che siedono al tavolo perché lo vedono bene imbandito. "E' un problema grande, che io non posso risolvere e non c'è tempo per affrontarlo. La classe politica avrà le sue colpe, ma la burocrazia è più decisiva di quanto si creda". Eliminare dal tavolo un bel pacco di consulenti, mandare in pensione coloro che curano gli affari, e che affari!, senza uno straccio di risultato? "Al ministero ho chiamato un quarantenne a dirigere settori di grande rilievo. Togliere il tappo, e poi umilmente mettersi a scoprire quanta gente capace, che noi paghiamo, c'è ed è pronta a darci una mano. Forse siamo fuori tempo massimo per i miracoli, ma per fortuna dobbiamo garantire soltanto qualcosa di buono". »

Come si vede la strada che Bersani vuole percorrere è lastricata di ottime intenzioni, ma il ministro è consapevole di quanto sia vischiosa e immobilista la burocrazia dello stato, di quanta incompetenza esista tra i funzionari delle banche che dovrebbero verificare la validità di un progetto di sviluppo, delle connivenze politiche, della forza delle lobby locali? Infatti, i crediti di imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno, per la Ricerca e Sviluppo, per l'e-commerce erano già previsti dalla finanziaria 2007, ma, a tutt'oggi, non sono stati goduti perchè mancano i decreti attuativi.

Eugenio Caruso - 17/01/2008

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