In copertina: Annibale Carracci "il vizio e la virtù"
Italia: vizi e virtù
Eugenio Caruso
Impresa Oggi Ed.
Articolo precedente
40. L'assetto politico dal 1998 al nuovo millennio
40.14 Ribaltone in Confindustria
Tra l'autunno del '99 e la primavera del 2000 si combatte tra i poteri forti una battaglia che va oltre la pura occupazione della poltrona di presidente di Confindustria: sono in gioco nuovi rapporti tra industria e potere. Luigi Abete aveva guidato l'associazione industriale dal '92 al '96 e aveva guardato sempre con simpatia al centro sinistra. Giorgio Fossa aveva guidato l'associazione dal '97 al 2000, come candidato di mediazione tra i poteri forti e la base emergente sempre più insoddisfatta della politica dell'associazione. A Callieri, già vicepresidente con Abete, Fossa affida la politica sindacale; Callieri ha ottimi rapporti con Palazzo Chigi e con i sindacati, tanto che D'Alema lo nomina consigliere di amministrazione di Sviluppo Italia. D'Amato, che nel quadriennio Fossa ha la delega per il mezzogiorno, consolida il ruolo di capo dell'opposizione contestando a Callieri la politica di svendita della Confindustria a governo e sindacati e contestando la politica di Prodi per il mezzogiorno, fatta di patti e contratti d'area, prima che di infrastrutture e servizi.
Le nomine incolori di Abete e Fossa, rappresentano la continuità nel solco della Confindustria "istituzionale e governativa" dove non esiste iato tra potere economico e politica; al termine del loro mandato, infatti, i due sono premiati dall'establishement. Abete diventa presidente della Bnl e di Cinecittà Studios, Fossa della Sea. Ma i tempi sono maturi per un drastico cambiamento anche nel "palazzo" del potere economico; fino a qualche anno prima gli imprenditori si sentivano appagati dal senso di appartenenza a Confindustria, oggi non più. Essi sanno che la globalizzazione pone in competizione le imprese e il sistema Paese, pertanto non è più il tempo delle presidenze istituzionali e governative, ma di un organo di rappresentanza autonomo e propositivo. Peraltro in Lombardia La Compagnia delle opere di Cl è diventata una sorta di associazione datoriale, costituendo un temibile concorrente per Assolombarda.
Abete intuisce che la miglior difesa è l'attacco e avvia un'attività di promozione della candidatura Callieri, appoggiata dai grandi elettori; in particolare Agnelli si pronuncia a suo favore, pubblicamente, e questa presa di posizione è interpretata come un atto di arroganza da molti piccoli e medi imprenditori. D'Amato decide di candidarsi e rendere più agguerrita la propria avversione alle politiche del passato. Inaspettatamente, Romiti che è uscito dalla Fiat, decide di appoggiarlo. Assolombarda, caduta la candidatura di bandiera del suo presidente, Benedini, e incoraggiata da Berlusconi e Mediaset, decide per D'Amato; anche gli industriali veneti ne appoggiano la candidatura.
Tutti sono, però, convinti della vittoria di Callieri; vince invece D'Amato che raccoglie 96 voti dei 161 del gotha imprenditoriale. I rapporti di forza del potere economico in Italia sono ribaltati; finisce l'epoca della Confindustria ingabbiata in una burocrazia autoreferenziale e distante dal mondo dell'impresa e dal mercato e bloccata dalle rigide regole del consociativismo. Il commento acido di Agnelli è «Alla fine i nostri colleghi hanno fatto tutti i Berluschini …» (Vespa, 2000); altrettanto dirompente sarà la nomina di Emma Marcegaglia, nel marzo 2008, dopo la presidenza istituzionale e incolore di Luca di Montezemolo (2004-2008).
Eugenio Caruso - 12 febbraio 2020
Tratto da