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Nuove eresie nel cattolicesimo?

 


Andrea Cionci 11 febbraio 2020
Che la cronaca riporti presepi oltraggiati o crocifissi rimossi, sempre più spesso si levano voci in difesa della nostra tradizione cristiano-cattolica. Sì, ma quale? Quella secondo cui Cristo è Figlio di Dio, la Madonna è vergine, Dio è buono - ma anche giusto - e perdona i peccati solo a condizione di pentirsi? Se siete cattolici, preparatevi a un duro corso di aggiornamento: non è vero nulla di tutto ciò e i Concili, da quello di Nicea del 325, fino al Vaticano II del 1962, hanno finora dichiarato scempiaggini.
Questo, almeno, è quello che afferma il monaco laico Enzo Bianchi, "il teologo di papa Francesco", ispiratore del suo pontificato tanto che nel 2018 ha predicato i suoi insegnamenti al Ritiro mondiale per i preti ad Ars. Nato nel '43 in provincia di Asti, si laurea in Economia. Folgorato sulla via di qualcosa, abbandona il futuro da commercialista e, in pieno '68, fonda nel borgo di Bose (Ivrea) una comunità monastica non cattolica per religiosi ambosessi, di vari paesi e chiese cristiane.
NIENTE VITA ETERNA Per tale ecumenismo, la sua carriera decolla con Woityla e poi con Ratzinger sotto il cui pontificato, nel 2007, tira fuori una prima "bomba" subito rilanciata da Repubblica in cui sostiene che la Madonna non fu davvero vergine e madre (come da dogma cattolico) poiché già altre divinità come la assiro-babilonese Astarte, o la greca Artemide erano considerate tali. (ndr Giova ricordare che nche Mitra nella mitologia rusulta nato da una vergine). I cattolici avrebbero mutuato la leggenda dai culti pagani. Invece di interpretare - da cattolico - quelle credenze pagane come intuizioni di ciò che sarebbe stato rivelato da Cristo, Bianchi fa un percorso inverso prendendo qui e là dalla Scrittura ciò che è funzionale alle sue tesi e trascurando il resto. Come quando ricorda la misericordia di Gesù verso l' adultera omettendo di citare, tuttavia, il divino ammonimento: «Và, e non peccare più».
Non stupisce quindi che, il priore di Bose intervistato da Gad Lerner, abbia dichiarato: «Gesù è nato uomo, completamente uomo. Chi lo deifica sulla terra sbaglia, lo deifica troppo presto». Del suo parere sembra lo stesso Bergoglio, che il 17 gennaio (come riporta Vatican News), durante l'omelia, ha detto che Gesù era «un uomo di Dio». Non "Suo Figlio", dunque? Saremmo in contrasto con quanto affermato per 2000 anni dal Cattolicesimo. Secondo Bianchi, Cristo, partorito normalmente da una donna come tutte, non era affatto «Dio vero da Dio vero, della stessa sostanza del Padre», ma una specie di santone che, per aver annunciato una misericordia elargita da Dio a piene mani, senza "meritocrazia", sarebbe finito in croce suo malgrado.
Come se non bastasse Bianchi ha dichiarato che dopo la morte «ce ne andiamo per sempre». Il leghista cattolico Pillon ha subito polemizzato: «Ma Cristo non aveva vinto la morte?». Opinioni rispettabili, per carità, ma per il Cattolicesimo - di cui Bianchi dovrebbe essere garante - si tratta di agghiaccianti eresie. Ma oggi nessuno osa fermare Bianchi , vista l' aria che tira, (si pensi alla povera vigna di Ratzinger).
DOTTRINA IN PERICOLO Così, il priore di Bose, invitato da vescovi ossequiosi, tiene ovunque conferenze e seminari spandendo le sue idee che proliferano nell'humus del misericordismo papale. Qualcuno ha paragonato la sua contro-teologia a un cancro che sta divorando la Chiesa cattolica. Come esplicita Scalfari - suo grande sponsor - Enzo Bianchi, insieme a Bergoglio, ha iniziato a demolire la Chiesa come depositaria della verità rivelata da Cristo, per trasformarla in una Ong, in uno dei tanti movimenti che contribuiscono al "nuovo ordine mondiale", mirando all' annullamento delle differenze tra le religioni e infine a quello della religione stessa. Sconcertante come un simile scenario ricordi non solo le profezie della beata Khatarina Emmerick, ma lo stesso Catechismo della Chiesa Cattolica che, all' articolo 675 cita: «Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti: un'impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell' apostasia (il rifiuto della verità)».
Andrea Cionci

N.D.R MITRA Il culto di Mitra fu per secoli in competizione con il cristianesimo. La riforma di Zarathustra mantenne molte divinità del più antico pantheon indo-iranico, riducendole di numero, in una complessa gerarchia, retta dagli Amesha Spenta. I "Benefici Immortali" i quali erano sottoposti alla tutela del supremo Ahura Mazda, il "Signore Saggio", come tutto il cosmo era parte del Bene o del Male. In tarde parti dell'Avesta, Mithra si mette in luce tra gli esseri creati, guadagnandosi il titolo di "Giudice delle Anime". Come protettore della verità e nemico dell'errore, Mithra occupò una posizione intermedia nel pantheon zoroastriano come il più grande degli yazata, gli esseri creati da Ahura Mazda per aiutarlo nella distruzione del male e l'amministrazione del mondo. Egli divenne il rappresentante divino di Ahura-Mazda sulla terra ed era incaricato di proteggere i giusti dalle forze demoniache di Angra Mainyu. Era quindi una divinità di verità e legalità e, nel trasferimento al regno fisico, un dio dell'aria e della luce. Come nemico degli spiriti del male e delle tenebre, proteggeva le anime e, come psicopompo, le accompagnava in paradiso (concetto ed anche parola di origine persiana). Poiché la luce è accompagnata dal calore, era il dio della vegetazione e della crescita: ricompensava il bene con la prosperità e combatteva il male. Mitra era detto onnisciente, infallibile, sempre attento e che mai riposa. La nascita di Mitra veniva celebrata al solstizio d'inverno, chiamato in persiano Shab-e Yalda, come si addice ad un dio della luce. In Mesopotamia, Mitra era facilmente identificato con Shamash, dio del sole e della giustizia. Come dio che concede la vittoria, Mitra era una divinità preminente nel culto ufficiale del primo Impero persiano, dove erano a lui consacrati il settimo mese ed il sedicesimo giorno degli altri mesi. Mitra il "Grande Re" era particolarmente adatto come dio tutelare dei regnanti: nomi regali che incorporano il nome del dio (es. "Mitridate") compaiono nell'onomastica dei Parti e degli Armeni, nonché in Anatolia, Ponto e Cappadocia. Il suo culto si estese prima con l'impero dei Persiani in tutta l'Asia Minore, per poi propagarsi per tutto l'impero di Alessandro Magno e dei suoi successori

... 30 marzo 2020

Tratto da www.liberoquotidiano.it

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