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Nobel per la fisica 2021. I sistemi complessi

Non succede, ma se succede…”. Ed è successo: il premio Nobel per la fisica 2021, dopo le anticipazioni di Clarivate Analytics, è andato per metà all’italiano Giorgio Parisi, della Sapienza Università di Roma, per “la scoperta delle interazioni di disordine e fluttuazione nei sistemi fisici dalle scale atomiche a quelle planetarie”, tornando in Italia dopo 37 anni (l’ultimo Nobel per la fisica completamente italiano era Carlo Rubbia, cui fu assegnato nel 1984).
L’altra metà del premio è stata assegnata congiuntamente ai colleghi Syukuro Manabe, della Princeton University statunitense, e Klaus Hasselmann, del Max Planck Institute for Meteorology di Amburgo, in Germania, “per la modellizzazione fisica del clima terrestre, che ne quantifica la variabilità e predice in modo affidabile il riscaldamento globale”.
Così la Royal Swedish Academy of Sciences ha deciso quest’anno di premiare gli studi dei cosiddetti sistemi fisici complessi, quelli caratterizzati, per spiegarlo il più semplicemente possibile, da casualità e disordine, la cui comprensione – come suggerisce il nome – è piuttosto difficile: “Il premio di quest’anno”, spiegano dall’accademia svedese, “riconosce i nuovi metodi sviluppati per descrivere i sistemi complessi e per prevederne il comportamento a lungo termine”.
In linea di principio, tutti i sistemi complessi sono costituiti da diverse “parti” che interagiscono tra loro: i fisici cercano di studiarli e comprenderli da almeno due secoli, scontrandosi contro la loro complessità matematica dovuta al fatto che possono avere un numero enorme di componenti e che il loro comportamento è spesso legato a fenomeni casuali. Pensiamo, per esempio, a una cascata tumultuosa di acqua: si tratta di un sistema costituito da miliardi e miliardi di molecole di liquido che interagiscono tra loro in un modo che è pressoché impossibile da predire. Come se non fosse abbastanza, i sistemi complessi possono anche essere caotici: tradotto, vuol dire che piccole variazioni nelle loro condizioni iniziali si evolvono in grandi differenze in stadi successivi. Ne è un esempio perfetto il clima: “Può il batter d’ali di una farfalla in Brasile provocare un tornado in Texas?”, chiedeva provocatoriamente in proposito il matematico statunitense Edward Lorenz nel 1972.
Tutti e tre gli scienziati premiati quest’anno hanno dato importanti contributi nel campo dei sistemi complessi: Manabe e Hasselmann, in particolare, hanno sviluppato modelli fisici e matematici che consentono di prevedere con affidabilità le evoluzioni del clima terrestre. Parisi, tra le (tante) altre cose, ha lavorato ai cosiddetti vetri di spin, sistemi complessi e disordinati la cui comprensione trova applicazione anche in fenomeni e campi apparentemente lontani, tra cui la biologia, le neuroscienze e il machine learning.
Parisi è nato nel 1948 a Roma, ha conseguito il dottorato di ricerca in Sapienza nel 1970 e attualmente è professore di fisica teorica nell’ateneo romano. Nella sua lunga carriera, oltre ai sistemi complessi, si è occupato anche di fisica delle particelle, materia condensata e molto altro, ottenendo risultati determinanti in ciascuna di queste aree. Fino a oggi, a parte il Nobel, gli erano stati conferiti tutti i riconoscimenti più prestigiosi del settore: Wolf Prize, medaglia Max Planck e medaglia Boltzmann. Intorno al 1980, presentò alcuni dei suoi lavori più importanti nel campo dei sistemi complessi, che mostravano come fenomeni apparentemente casuali fossero governati da “regole nascoste”, e che sono oggi reputati tra i contributi fondamentali del settore.
Lo studio “moderno” dei sistemi complessi è iniziato nella seconda metà del diciannovesimo secolo, in particolare con i lavori di James Clerk Maxwell, Ludwig Boltzmann e Willard Gibbs, che svilupparono i metodi della cosiddetta meccanica statistica, la branca della fisica teorica che descrive sistemi come gas o liquidi, costituiti da un gran numero di particelle: per farlo, la meccanica statistica cerca di “mediare” il comportamento casuale delle particelle anziché studiarle una per una. Un esempio è la temperatura di un gas, che nell’interpretazione statistica si può considerare come il valor medio dell’energia delle particelle che lo compongono.
Guardiamo più a fondo, affidandoci all’approfondimento fornito dagli esperti dell’accademia svedese: le particelle di un gas, in prima approssimazione, possono essere viste come minuscole palline, che si aggirano nel recipiente che contiene il gas a velocità sempre più alte man mano che aumenta la temperatura. Cosa succede, invece, quando la temperatura diminuisce (o quando aumenta la pressione)? Le palline tendono a rallentare, fino a “condensare” in un liquido e infine a solidificarsi, spesso in una struttura cristallina, ossia in cui le palline sono disposte secondo pattern regolari.
E qui (ri)entra in gioco la complessità: se il cambio di temperatura avviene abbastanza velocemente, le palline non si dispongono più in una struttura cristallina, ma secondo un pattern irregolare che non cambia quando il liquido viene ulteriormente raffreddato o compresso. Ancora più curiosamente, se si ripete l’esperimento nelle stesse condizioni le palline si dispongono in un pattern diverso dal precedente e in apparenza imprevedibile. Come è possibile?
Parisi si è concentrato sullo studio dei vetri di spin, un particolare tipo di leghe metalliche in cui gli atomi di ferro, per esempio, sono inseriti casualmente in una griglia di atomi di rame. Anche se il numero di atomi di ferro è relativamente basso, questi bastano a cambiare le proprietà magnetiche dell’intero materiale in modo complesso. In particolare, ogni atomo di ferro si comporta come un piccolo magnete (uno spin, per l’appunto) il cui orientamento è legato a quello degli atomi vicini. In un magnete tradizionale, tutti gli spin puntano nella stessa direzione, mentre in un vetro di spin alcuni puntano in una direzione e altri in quella opposta.
È un problema che ha analogie nascoste con quello dei pattern irregolari dei gas raffreddati. E cercare di risolverlo, a detta dello stesso Parisi, “è un po’ come guardare le tragedie umane rappresentate da Shakespeare”. In ogni caso, il fisico ha messo a punto un sistema ingegnoso (il cosiddetto sistema delle repliche) che consente non solo di risolvere il problema dei vetri di spin, ma che può essere applicato a molti altri sistemi disordinati, e che è diventato una pietra miliare nella teoria dei sistemi complessi.
L’altra metà del premio è andata a Syukuro Manabe e Klaus Hasselmann: il primo è un meteorologo e climatologo della Princeton University, il secondo lavora al Max Planck Insititute for Meteorology di Amburgo, in Germania. Entrambi si sono occupati di sistemi complesi, e in particolare di clima. Manabe, in particolare, ha studiato l’anidride carbonica, mostrando come l’aumento della concentrazione della sostanza in atmosfera porta all’aumento di temperatura sulla superficie terrestre (in virtù del tristemente noto effetto serra). Negli anni sessanta, in particolare, Manabe ha lavorato allo sviluppo di modelli fisici del sistema climatico terrestre, ed è stato il primo scienziato a studiare l’interazione tra radiazione e trasporto verticale delle masse di aria.
Dal canto suo, Hasselmann, circa un decennio più tardi, ha creato un modello che lega insieme fenomeni meteorologici e clima (noi parliamo genericamente di tempo, gli inglesi hanno due parole più appropriate: weather e climate), aiutandoci a capire perché i modelli climatici possono essere affidabili nonostante i fenomeni meteorologici siano estremamente variabili e caotici. Inoltre, Hasselmann ha sviluppato dei metodi per identificare le impronte caratteristiche che segnalano, rispettivamente, l’impatto dei fenomeni naturali e delle attività antropiche sul clima.

TRATTO DA WWW.WIRED.IT

SISTEMA COMPLESSO
In fisica moderna un sistema complesso è un sistema dinamico a multicomponenti ovvero composto da diversi sottosistemi che tipicamente interagiscono tra loro. Tali sistemi vengono studiati tipicamente attraverso apposite metodologie di indagine di tipo "olistico" ovvero come computazione "in toto" ("il tutto è maggiore della somma delle singole parti") dei comportamenti dei singoli sottosistemi assieme alle loro reciproche interazioni (eventualmente non-lineari), descrivibili analiticamente tramite modelli matematici, anziché in maniera "riduzionistica" (cioè scomponendo e analizzando il sistema nei suoi componenti). Quest'approccio globale si rende necessario in quanto non è possibile risolvere analiticamente tutti i componenti con le loro interazioni, ma è necessario affidarsi a complesse simulazioni al calcolatore per valutare/analizzare il comportamento dinamico di ciascun componente così come le reciproche interazioni che possono essere descritte in maniera semplice ovvero lineare oppure non lineare (vedi sistema dinamico). Tipici dei sistemi complessi sono i concetti di autorganizzazione e comportamento emergente. L'assunzione di sistema complesso abbraccia dunque la maggior parte dei sistemi fisici reali a molte componenti, rispetto ai sistemi ritenuti "semplici" propri invece della fisica classica. Tali sistemi sono studiati nell'ambito della teoria della complessità.
Maggiore è la quantità e la varietà delle relazioni fra gli elementi di un sistema, maggiore è la sua complessità; a condizione che le relazioni fra gli elementi siano di tipo non-lineare. Un'altra caratteristica di un sistema complesso è che può produrre un comportamento emergente, cioè un comportamento complesso non prevedibile e non desumibile dalla semplice sommatoria degli elementi che compongono il sistema. Un esempio è l'andamento dei mercati finanziari. Nonostante si possa prevedere e comprendere il comportamento dei singoli investitori della microeconomia, è impossibile prevedere, data la conoscenza dei singoli traders, l'andamento della macroeconomia (i recenti crolli dei mercati finanziari mondiali ne sono un esempio paradigmatico). Un sistema non-lineare è tanto più complesso quanto maggiori parametri sono necessari per la sua descrizione. Dunque la complessità di un sistema non è una sua proprietà intrinseca, ma si riferisce sempre ad una sua descrizione; e dipende, quindi, sia dal modello utilizzato nella descrizione sia dalle variabili prese in considerazione. Il principale obiettivo della teoria della complessità è di comprendere il comportamento dei sistemi complessi, caratterizzati tanto da elementi numerosi – e diversi tra loro – quanto da connessioni numerose e non lineari. In particolare, uno dei centri di ricerca più importanti sulla teoria della complessità – il Santa Fe Institute, fondato nel 1984 – si è particolarmente dedicato allo studio dei sistemi complessi adattativi (CAS – Complex Adaptive Systems), cioè sistemi complessi in grado di adattarsi e cambiare in seguito all'esperienza, come ad esempio gli organismi viventi, caratterizzati dalla capacità di evoluzione: cellule, organismi, animali, uomini, organizzazioni, società, politiche, culture (Holland, 2002). L'antropologo e psicologo britannico Gregory Bateson è uno degli autori di riferimento della teoria dei sistemi[1] mentre il filosofo francese Edgar Morin è sicuramente l'esponente di maggior spicco della scienza della complessità. Uno dei referenti massimi in Italia della teoria della complessità è Giorgio Parisi. Il connubio tra la teoria dei sistemi e quella della complessità ha dato vita alla teorizzazione dei sistemi dinamici complessi. Questo filone è stato applicato all'essere vivente, in generale, e più nello specifico all'uomo da noti studiosi come Ludwig von Bertalanffy, Humberto Maturana e Francisco Varela. Più recentemente The Boston Process of Change Study Group (che vanta tra i vari autori Daniel Stern e Louis Sander) ha applicato la teoria dei sistemi complessi anche alla psicoanalisi, sviluppando un filone di ricerca innovativo e interessante che trae le sue radici dallo studio dell'interazione madre-bambino. In Italia l'applicazione del modello dei sistemi dinamici complessi alla psicologia è all'avanguardia ed ha nel filosofo Tullio Tinti e negli psicoanalisti Michele Minolli e Marcello Florita i principali esponenti. All'interno della prospettiva psicoanalitica il sistema umano è considerato un "sistema complesso adattativo" (CAS) ed è definito "sistema Io-soggetto".
La dinamica dei sistemi costituisce un approccio alla comprensione del comportamento dei sistemi complessi nel corso del tempo. Ha a che vedere con gli anelli, o circuiti, di retroazione interna e i ritardi che incidono sul comportamento di tutto il sistema. Ciò che rende la dinamica dei sistemi diversa da altri approcci allo studio dei sistemi complessi è l'uso degli anelli di retroazione e dei livelli e flussi (nella dinamica dei sistemi, i termini "livello" e "stock" possono considerarsi intercambiabili). Questi elementi aiutano a descrivere come anche sistemi apparentemente semplici esibiscono una non linearità sconcertante. I sistemi complessi adattivi (CAS in inglese) sono sistemi dinamici con capacità di auto-organizzazione composti da un numero elevato di parti interagenti in modo non lineare che danno luogo a comportamenti globali che non possono essere spiegati da una singola legge fisica. Alcuni esempi: comunità di persone interagenti, il traffico, il cervello umano. Il campo della scienza che si occupa di studiare e modellare questi sistemi è detto scienza della complessità. Questa proprietà è sfruttata in varie applicazioni pratiche, come ad esempio le reti radio militari e i sistemi anti-intrusione delle reti informatiche.
«Un CAS può essere descritto come un instabile aggregato di agenti e connessioni, auto-organizzati per garantirsi l'adattamento. Secondo Holland (1995), un CAS è un sistema che emerge nel tempo in forma coerente, e si adatta ed organizza senza una qualche entità singolare atta a gestirlo o controllarlo deliberatamente. L'adattamento è raggiunto mediante la costante ridefinizione del rapporto tra il sistema e il suo ambiente (co-evoluzione). Il biologo americano Kauffman (2001) sostiene che i sistemi complessi adattativi si muovono in paesaggi adattabili, o elastici, (fitness landscape), in continua deformazione per l'azione congiunta dei sistemi stessi, di altri sistemi, e di elementi esogeni.»
I sistemi complessi sono sistemi il cui comportamento non può essere compreso a partire dal comportamento dei singoli elementi che li compongono in quanto interagenti tra loro: l'interazione tra i singoli elementi determina il comportamento globale dei sistemi e fornisce loro delle proprietà che possono essere completamente estranee agli elementi singoli. Questa proprietà è chiamata comportamento emergente, nel senso che a partire dalle interazioni tra i singoli componenti del sistema emerge un "comportamento globale" non previsto dallo studio delle singole parti. Ne sono un esempio alcuni programmi per computer che simulano parte del comportamento delle termiti: la singola termite (simulata) compie azioni elementari come muoversi e spostare oggetti in modo quasi casuale; globalmente però le termiti creano dei mucchi di oggetti, senza che questo sia codificato nel loro comportamento singolo. Un altro esempio è il gioco della vita di John Conway. Dal punto di vista strettamente epistemologico tutto ciò conduce ad una visione globale (olistica) dell'analisi dei sistemi a molte componenti che è in aperto contrasto con l'impostazione classica riduzionistica, costituendone allo stesso tempo anche il suo deciso superamento.
Nei sistemi complessi l'evoluzione si basa su dinamiche differenti rispetto a quelle della teoria darwiniana sulla selezione naturale. L'evoluzione complessa è caratterizzata da un cambiamento discontinuo e imprevisto, che si svolge secondo una dinamica detta biforcazione. In questo tipo di evoluzione il cambiamento avviene in maniera improvvisa: il sistema raggiunge un punto critico in cui risulta del tutto instabile e il suo futuro è determinato dal caso. La destabilizzazione del sistema può verificarsi a causa di due fattori: forti perturbazioni provenienti dall'esterno, o mutazioni interne al sistema stesso che avvengono in maniera più o meno graduale. È impossibile prevedere l'esito di una bifocazione; il sistema può tanto stabilizzarsi e tornare allo stato di partenza, quanto assumere nuovi stati completamente diversi. La particolarità di questo tipo di dinamica evolutiva è che il risultato finale può non essere necessariamente un'ottimizzazione del sistema o un suo miglioramento, ma anche una sua regressione o nel peggiore dei casi la sua distruzione.
La complessità è in parte legata al caos: più precisamente sotto opportune condizioni un sistema complesso può evolvere o avere una cosiddetta transizione al caos (diversi sistemi caotici invece non sono considerati complessi per numero di gradi di libertà). La sopravvivenza in ambienti così variabili viene ricercata nel raggiungimento del confine del caos, quella particolare area dove si massimizzano le possibilità di evoluzione. I sistemi complessi adattativi, cioè, si situano tra l'eccessivo ordine – una staticità che ricorda da vicino un meccanismo – e l'eccessivo disordine – un caos fuori controllo che può sconfinare, a livello sociale, nell'anarchia. Questo specifico stato assunto dai sistemi complessi è anche chiamato spazio delle possibilità, poiché è la situazione in cui essi possono scegliere tra più comportamenti e configurazioni alternative. È in questo particolare stato, infatti, che questi sistemi agiscono in maniera più complessa e creativa, operando eventuali evoluzioni sfruttando le proprie peculiari capacità di apprendimento e adattamento.

IMPRESA OGGI 9-10-2021

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www.impresaoggi.com