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Cheope e il più importante monumento dell'antichità


GRANDI PERSONAGGI STORICI - Ritengo che ripercorrere le vite dei maggiori personaggi della storia del pianeta, analizzando le loro virtù e i loro difetti, le loro vittorie e le loro sconfitte, i loro obiettivi, il rapporto con i più stretti collaboratori, la loro autorevolezza o empatia, possa essere un buon viatico per un imprenditore come per una qualsiasi persona. Gli imperatori romani figurano in un'altra sezione.

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I PIU' ANTICHI (oltre il 1000 aC)
Menes - ......./3125 aC
Cheope - ....../2566 aC
Gilgames - prime iscrizioni nel 2500 aC
Sargon - 2335/2279 aC
Shamshi Adad I - 1813/1781 aC
Hammurabi - 1792/1750 aC
Akhenaton - 1375/1333 aC
Tutanchamon - 1341/1323 aC
Ramsete II - 1303/1213 aC

Cheope

Cheope, ellenizzazione dell'originale Khufu; per intero: Khnum-Khufu (... – 2566 a.C.), è stato un faraone della IV dinastia. Regnò nella prima metà dell'Antico Regno (XXVI secolo a.C.), succedendo sul trono al padre, Snefru. È comunemente ritenuto il committente della Grande Piramide di Giza, una delle Sette meraviglie del mondo, ma molti altri aspetti del suo regno sono scarsamente documentati. Unico ritratto certo di Cheope è una sua statuetta in avorio alta 7,5 centimetri, scoperta fra le rovine di un tempio molto più tardo, ad Abido, nel 1903. Ogni altro rilievo o statua di Cheope è stato rinvenuto in condizioni frammentarie, mentre gli altri edifici da lui commissionati durante il suo regno, eccetto la Grande Piramide, sono perduti. Tutte le notizie su di lui provengono da iscrizioni della Necropoli di Giza e da fonti successive anche molto fantasiose. . La maggior parte dei documenti che menzionano Cheope furono redatti da storici egizi e greci intorno al 300 a.C. La memoria storica ha caratterizzato il faraone in modi contrastanti: mentre le sue opere furono oggetto di cure e attenzioni durante l'Antico e il Nuovo Regno, gli antichi storiografi Manetone, Diodoro Siculo ed Erodoto tramandarono un'immagine completamente negativa di Cheope. A causa di queste antiche fonti, una caratterizzazione critica e oscura del personaggio di Cheope persiste tuttora.

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Statuetta dfi Cheope. Museo egizio del Cairo.


Il nome completo di Cheope, Khnum-Khufu (che significa "Khnum Mi Protegge"), comprendeva quello del dio ctonio e creatore Khnum, il che potrebbe aver mirato a diffondere la popolarità e l'importanza religiosa di tale dio. Di fatto, numerosi titoli regali e religiosi furono introdotti al tempo di Cheope per accentuare la natura divina dei faraoni mediante cartigli "teofori", comprendenti cioè i nomi di determinate divinità.
Cheope potrebbe aver inteso sé stesso come un divino creatore, il ruolo teologico di Khnum, dio della terra, della creazione e della crescita: Cheope avrebbe stabilito il proprio nome in conseguenza di questa assimilazione. Curiosamente, il faraone si servì di due differenti versioni del proprio nomen: Khnum-Khufu e Khufu. La prima versione, quella completa, mostra esplicitamente l'attaccamento di Cheope a Khnum; la seconda, abbreviata, no. Non si conoscono le ragioni dell'uso di quest'ultima versione abbreviata che tralascia il nome della divinità e la connessione di quest'ultima con il re. È possibile che il solo nome Khufu ("Mi Protegge") non si riferisse ad alcun dio in particolare. Cheope è molto noto mediante la versione ellenizzata del suo nome: appunto Cheope, (da Erodoto e Diodoro Siculo) e, in misura minore, come Suphis. Una rara versione del nome di Cheope, usata da Flavio Giuseppe, è Sofe. Gli storici arabi che redassero leggende mistiche su Cheope e sulle piramidi di Giza lo chiamarono Saurid oppure Salhuk.
La famiglia reale di Cheope era assai estesa. Non vi è certezza che Cheope fosse figlio del faraone Snefru. Un'opinione molto diffusa vuole che Snefru fosse padre biologico di Cheope, ma solo a partire dalla evidenza che quest'ultimo gli successe sul trono e non per la presenza di prove sostanziali. Nel 1925 fu scoperta la tomba della regina Hetepheres I, a est della Piramide di Cheope: il pozzo sepolcrale conteneva un prezioso corredo funerario, mentre varie iscrizioni le attribuivano il titolo di Mut-Nesut, che significa "Madre del re", accanto ad attestazioni del nome del faraone Snefru. Di conseguenza, parve evidente che Hetepheres I fosse stata consorte di Snefru e che i due fossero i genitori di Cheope. Più recentemente sono stati sollevati dubbi su tale teoria, dal momento che non si conoscono attestazioni del titolo di Hemet-Nesut ("Sposa del re") per Hetepheres I, indispensabile per determinare lo status regale di una possibile regina. Al posto del titolo matrimoniale, sembra che Hetepheres I abbia portato esclusivamente quello filiale di Sat-Netjer-Khetef (letteralmente: "Figlia del corpo del re", cioè "Figlia carnale del re"): tale titolo era destinato a grande diffusione nella storia del cerimoniale di corte egizio, e che qui compare per la prima volta. Alcuni studiosi hanno concluso, di conseguenza, che Cheope non fosse figlio biologico di Snefru, ma che piuttosto Snefru avrebbe legittimato mediante un matrimonio il rango di Cheope e la sua posizione nella famiglia reale: Cheope avrebbe rinsaldato il proprio prestigio divinizzando la propria madre come figlia di un dio vivente. Tale teoria potrebbe essere supportata evidenziando la sepoltura di Hetepheres I accanto a quella di Cheope e non nella necropoli del marito, come sarebbe stato invece normale.

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La piramide di Cheope

La Piramide di Cheope, conosciuta anche come Grande Piramide di Giza o Piramide di Khufu, è la più antica e più grande delle tre piramidi principali della necropoli di Giza. È la più antica delle sette meraviglie del mondo antico nonché l'unica arrivata ai giorni nostri non in stato di rovina. È costituita da almeno 2.300.000 (o, secondo altri, 2.400.000) blocchi, ciascuno mediamente del peso di circa 2,5 tonnellate e, secondo gli egittologi, edificata in un lasso di tempo dell'ordine delle decine di anni (i lavori vengono stimati tra i 15 e i 30 anni); pertanto, secondo l'opinione consolidata e ritenuta comprovata da tutto il mondo accademico, ogni blocco da 2,5 tonnellate veniva piazzato in qualunque posizione ed altezza, ogni 3 minuti, giorno e notte, per 27 anni.
Gli egittologi, archeologi specializzati nello studio dell'antico Egitto, ritengono che la piramide sia stata costruita come sepolcro del faraone Cheope, regnante della IV dinastia intorno al 2560 a.C. In una ipotesi piuttosto accreditata, ne viene ritenuto ideatore l'architetto reale Hemiunu.

Quello che stupisce, della costruzione, sono gli aspetti della logistica: supponendo 100.000 operai, per questi gli ingegneri egizi avrebbero dovuto prevedere vitto, alloggio, turni, sostituzioni, rotazioni; le varie operazioni dovevano essere programmate con precisione, temporale e spaziale; le incisioni parietali dovevano essere eseguite secondo disegni preparati in altre sedi, in generale sotto la supervisione del faraone; gli enormi massi dovevano pervenire al cantiere nelle modalità e nei tempi corretti, per non parlare delle macchine primitive, delle travi rotanti, delle slitte da sabbia e delle treggie (di cui si hanno tracce già dal 4.000 aC) necessari per trasportare i massi sulla costruzione. La ruota compare nei disegni egizi molto dopo l'era di Cheope (attorno al 2500 aC). Gli ingegneri egizi dovevano aver acquisito competenze straordinarie.

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Statua di Hemiunu, architetto e sacerdote della IV dinastia


La Grande Piramide aveva un'altezza, al momento della costruzione di 146,6 m, ridotta ai 138,8 attuali a causa dei fenomeni atmosferici e per oltre 3 800 anni è stata la più alta struttura artificiale del mondo. In origine la piramide era ricoperta da un rivestimento di calcare bianco con superficie esterna liscia ma a causa di un terremoto avvenuto nel XIV secolo tale copertura si sgretolò e venne in seguito adoperata per la costruzione di edifici nella città de Il Cairo. Solo alcune pietre del rivestimento sono tuttora visibili attorno alla base. La maggior parte della piramide, sia nella parte visibile all'esterno che nelle strutture interne, è composta di pietre calcaree, grossolanamente sbozzate nelle parti esterne oggi visibili mentre nelle parti a vista dell'interno sono tagliate con grande accuratezza (spesso millimetrica) ed altrettanto sapientemente posizionate secondo la tecnica dell'aggetto. Tuttavia è stato adoperato anche il granito, come nel rivestimento della cosiddetta "camera del re" e nella struttura del presunto sarcofago che si trova al suo interno.
Nella Grande Piramide sono state scoperte tre camere: la più bassa, detta camera ipogea, si trova sottoterra, scolpita nella viva roccia su cui la piramide è stata costruita e appare incompiuta; più in alto si trovano, nell'ordine, la cosiddetta camera della Regina e ancora più in alto la cosiddetta camera del Re. Il complesso originariamente comprendeva due templi mortuari in onore di Cheope (uno in prossimità della piramide e uno vicino al Nilo), tre piramidi più piccole, dette secondarie (per le regine di Cheope), una più piccola piramide satellite, una strada rialzata (detta rampa processionale, per collegare i due templi) e piccole mastabe, per i nobili.
Erodoto di Alicarnasso fu il primo studioso, di cui si abbia notizia, a raccogliere informazioni dai sacerdoti egizi suoi contemporanei, per integrarli nelle sue Storie. Nell'anno 820 d.C. il califfo al-Ma?mun, intenzionato a saccheggiarla, riuscì ad entrarvi scavandovi una galleria, ma trovò la piramide già vuota. Questo fatto contribuì a far perdere interesse nella Piramide e dalla fine del XIV secolo essa fu sostanzialmente trasformata in cava.
In seguito, con l'avvento dell'umanesimo rinascimentale e grazie al testo di Erodoto, la piramide tornò a suscitare la curiosità negli eruditi europei, fra questi ci fu l'archeologo italiano Ciriaco d'Ancona il quale volle controllare le notizie antiche recandosi a visitare la piramide. Ne rimase stupefatto a tal punto da lasciare vari disegni e una relazione. Dalla metà del XVIII secolo la Piramide divenne meta di esploratori occidentali in cerca di emozioni, ma dopo le guerre napoleoniche (1799-1801) le notizie riportate dall'esercito francese fecero nascere un enorme interesse anche a livello popolare, creando quella che fu detta "egittomania" europea e di conseguenza iniziarono campagne sistematiche di studio da parte degli archeologi europei. Con l'indipendenza dell'Egitto, il controllo del sito è passato in mano dello stato egiziano, che ne regola i permessi di scavo e studio pur collaborando con enti e organizzazioni private estere.
All'interno della Grande Piramide non è stato trovato né il feretro né il corredo funerario (fatto questo di per sé non sorprendente, poiché quasi tutte le sepolture reali dell'antico Egitto sono state saccheggiate dai tombaroli già nell'antichità) tuttavia questo elemento unito alla mancanza di decorazioni o geroglifici dei vani interni e alle gigantesche dimensioni dell'opera, ha fatto nascere un vasto dibattito con un certo numero di teorie, non accreditate dalla maggior parte della comunità scientifica archeologica, sul fatto che le piramidi non avessero la funzione di tombe. Questa ipotesi è basata su quanto detto sopra (cioè sul fatto che non è stato ritrovato all'interno alcun segno che faccia pensare ad una sepoltura, né spoglie né iscrizioni sulle pareti), constatazione materiale che a sua volta è rafforzata dal fatto che è unanime presso gli studiosi la convinzione che gli uomini del califfo al Mamum sono stati i primi ad entrare (era l'820 d.C.) negli ambienti interni della Piramide. Tali uomini infatti aprirono una breccia nella parete sud della piramide, che è stata portata alla luce solo in epoca moderna a seguito di scavi nella parete: essa era infatti abbondantemente nascosta, e non vi sono testimonianze che la sua copertura fosse una toppa rifatta sopra dopo precedenti ipotetiche apertura della breccia. Inoltre, è ancor più comprovato che gli stessi uomini del califfo furono i primi a riuscire a entrare nei cunicoli e gallerie che portano alle camere (cosiddette) "del Re" e "della Regina", cunicoli e gallerie i cui accessi furono chiusi da invalicabili sistemi di lastre di granito che sono ancora sul posto: gli uomini del califfo riuscirono a superare questi sbarramenti, sfondando tetti e pavimenti dei vari corridoi, cosa che non è riscontrata essere stata fatta in altri punti prima di essi.
La Grande Piramide, secondo gli egittologi, è stata realizzata nel XXVI secolo a.C. e si crede che sia stata progettata da Hemiunu, un sacerdote e alto funzionario egizio. Non tutti concordano sulla data precisa di conclusione dei lavori, a causa di problemi di completezza e interpretazione dei Libri dei Re, le antiche cronologie dei regnanti in Egitto, ma la più probabile è intorno al 2560 a.C. Tuttavia la datazione al radiocarbonio effettuata nel 2020 all'Universita di Aberdeen, di un cuneo di legno di cedro ritrovato alla base della "Camera della Regina", risale al 3341 a.C. confutando tali congetture e possibilmente anticipando la costruzione di almeno 5-7 secoli, rendendo impossibile la sua edificazione da parte del noto faraone a cui è attribuita, e neppure ai suoi predecessori delle Dinastie precedenti, addirittura prima di tutto l'Antico Regno e persino precedente al periodo Periodo Protodinastico (che partirebbe dal 3100 a.C. circa), lasciando la questione molto aperta.
Nonostante l'incongruenza con la datazione determinata dall'esame al C-14, l'assenza di fonti certe e altre opere che si possano dimostrare coeve e la mancanza del feretro, la piramide è generalmente attribuita al faraone Cheope ed è affiancata dalla Piramide di Chefren, suo successore, dalla Grande Sfinge e dalla Piramide di Micerino, successore di Chefren. Nelle immediate vicinanze della piramide ci sono ben sette fosse per barche sacre di cui una è stata ricostruita ed è visibile nell'apposita struttura. La piramide è provvista di un cortile, di un luogo di culto a nord, di un tempio funerario, di una rampa processionale e di un tempio a valle. Ci sono, inoltre, annesse alla piramide principale di Cheope, anche tre piramidi secondarie dedicate a tre sue regine e una piramide satellite scoperta nel 1999.
Al tempo di Gregorio Nazianzeno e Stefano di Bisanzio le piramidi iniziarono ad essere denominate granaio di Giuseppe, un errore di interpretazione che durò fino alla fine del XV secolo. Questa definizione potrebbe esser nata dalla falsa etimologia del termine greco pyros, grano. Al tempo della dominazione bizantina sull'Egitto non vi furono particolari attenzioni sulla Grande Piramide e con la perdita della lingua egizia, venne rafforzata l'interpretazione dei monumenti come granai. Con la conquista islamica nel 649 le cose non cambiarono. Lo storico islamico al-Maqrizi (1364-1442), raccolse un certo numero di scritti islamici e copti, che descrivevano quasi unanimemente che il nuovo accesso alla piramide fu creato dal settimo califfo abbaside al-Ma?mun, i cui uomini avevano scavato un cunicolo vicino all'accesso originale nell'820. Al-Maqrizi era ovviamente a conoscenza dei sarcofagi nelle camere funerarie e perciò del fatto che le piramidi non fossero granai ma tombe. Anche lo storico, filosofo e geografo arabo al-Mas'udi riportò nella sua opera Akhbar al-zaman il nuovo accesso di al-Ma'mun. Le sue descrizioni sono comunque alternate a fantasiosi abbellimenti. Le prime descrizioni dell'interno della piramide di Cheope apparvero dalla prima metà dell'XI secolo, ad opera del medico Ali ibn Ridwan e all'inizio del XII secolo dallo scrittore arabo Muhammad al-Kaisi. Il viaggiatore arabo 'Abd al-Latif al-Baghdadi (1163-1231) quando visitò l'Egitto si meravigliò dell'ingegno dei costruttori delle piramidi. Descrisse anche come un esercito di lavoratori del sovrano al-Malik al-Aziz Uthman tentò, senza successo, di rimuovere le pietre di rivestimento della Piramide di Micerino, e che le pietre di rivestimento di alcune piramidi vennero utilizzate come materiale da costruzione nella città di Giza. Iniziarono così, per diversi secoli, lavori di demolizione del rivestimento delle due grandi piramidi di Giza. Al-Latif fece anche riferimento a varie iscrizioni sui rivestimenti delle due grandi piramidi e descrisse la precisione con la quale erano state poste le pietre di calcare. Molto interessanti le sue descrizioni del sistema camerale della piramide di Cheope, dove si fa riferimento anche ai condotti di ventilazione nella camera superiore.
Verso la fine del XV secolo, la Grande Piramide è stata sempre più meta o almeno tappa di esploratori e pellegrini europei in viaggio verso la Terra santa, e da questi erroneamente sempre interpretata come monumentale granaio. Già nel 1335 il monaco tedesco Guglielmo di Boldensele aveva visitato le piramidi di Giza e avendo visto anche l'interno della Grande Piramide, respinse l'idea del granaio. A quel tempo, i rivestimenti esterni nella parte inferiore della piramide dovevano essere ancora intatti, probabilmente furono rimossi su vasta scala sotto il sultano mamelucco An-Nasir Hasan (1347-1362) per costruire la moschea del Cairo. Nel 1436 Ciriaco d'Ancona si recò a visitare la piramide, citandola nei suoi Commentarii e testimoniando che l'antica meraviglia del mondo antico era l'unica a essere sopravvissuta allo scorrere del tempo. Nel 1646 John Greaves ne parla nella sua Pyramidographia, (considerata il primo tentativo di un lavoro egittologico). Greaves scalò la piramide di Cheope, ne misurò i blocchi, ne visitò l'interno e ne disegnò uno schema di notevole precisione per la sua epoca. Il diplomatico inglese Nathaniel Davison entrò nel 1765 nella camera superiore e scoprì la camera di scarico più bassa, quella immediatamente al di sopra della camera superiore, alla quale viene comunemente dato il suo nome. Un contributo scientifico allo studio delle piramidi fu un effetto della campagna di Napoleone in Egitto: arrivarono sul posto 150 tra filologi, naturalisti, cartografi, geodeti e disegnatori francesi, tra i quali si ricorda Edme François Jomard, il quale dedicò un capitolo della Description de l'Égypte alle piramidi. Malgrado la qualità degli studi fosse divenuta più approfondita, anche in questo periodo non mancarono teorie pseudoscientifiche che vedevano il complesso sistema di misure e proporzioni della Grande piramide come una sorta di registro delle scienze esatte. Nel 1817 l'esploratore italiano Giovanni Battista Caviglia liberò il corridoio discendente dalle macerie e scoprì la camera ipogea scavata nella roccia, che a quanto pare era rimasta sepolta per secoli, trovando anche l'accesso al cunicolo verticale. Nel 1837 i ricercatori britannici Richard William Howard Vyse e John Shae Perring penetrarono nelle altre quattro camere, cosiddette di scarico, al di sopra della camera di Davison, trovando diversi graffiti lasciati dai lavoratori edili, indicanti il nome Cheope, la prima testimonianza moderna che consentì l'assegnazione univoca della piramide a questo faraone. Individuarono inoltre le aperture esterne dei condotti di ventilazione della camera superiore, che ripulirono. Con gli scavi sul lato est della piramide, portarono alla luce i resti del basolato del tempio funerario. Nel vano tentativo di trovare ulteriori aperture all'interno della piramide scavarono e fecero saltare con la dinamite una breccia sul lato sud.
Anche il re di Prussia Federico Guglielmo IV inviò una spedizione in Egitto (1842-1845) sotto la direzione di Richard Lepsius, e anche questa si occupò della piramide di Cheope. I partecipanti alla spedizione festeggiarono il compleanno del re scalando la piramide e dispiegando al suo apice la bandiera prussiana. Il compleanno del re giustificò anche l'incisione di un messaggio che elogiava il sovrano, con geroglifici egizi. L'astronomo inglese Charles Piazzi Smyth (1819-1900), particolarmente colpito dalle teorie di John Taylor, autore di La Grande Piramide: perché è stata costruita? e chi la costruì?, pubblicato nel 1859, derivò un complesso insieme di interrelazioni numeriche tra le varie dimensioni misurate da lui stesso sulla piramide. Misure che si rivelarono in gran parte artificiose e arbitrarie. Taylor infatti, sulla base delle cronache dei viaggiatori e delle spedizioni in Egitto, adottò una serie di coincidenze matematiche, dichiarando che la Grande Piramide fu costruita per creare una sorta di registro delle misure della Terra e riteneva che l'architetto che aveva progettato e supervisionato la costruzione della Grande Piramide non era un egiziano, ma nientemeno che il biblico Noè. Egli sostenne che la struttura fu realizzata utilizzando un'unità di misura che battezzò pollice piramide (1/25 del cubito sacro, quasi identico al pollice inglese). L'archeologo inglese Flinders Petrie lavorò alla necropoli di Giza dal 1880 al 1882 e misurò con strumenti topografici parzialmente auto-costruiti sia l'esterno che l'interno della Grande Piramide, smentendo le teorie di Piazzi Smyth e le speculazioni sul pollice piramide. Suo padre era spesso ospite a casa di Piazzi Smyth, ed egli fu influenzato da La nostra eredità nella Grande Piramide, tuttavia successivamente con le su ricerche smentirà il lavoro di Piazzi Smyth. Egli inoltre coniò il termine pyramidiot per descrivere ciò che vedeva come un culto quasi religioso.
Dal 1902 al 1932 George Reisner eseguì estensivi scavi nella zona ad ovest della piana di Giza e, nel 1925 scoprì nelle vicinanze a nord-est della piramide G-Ia la tomba di Hetepheres, con il suo corredo funerario. La tomba, collocata sul fondo di un pozzo alto 27 metri, infatti non era stata saccheggiata, sebbene fosse priva della mummia della regina e molti reperti fossero in cattivo stato di conservazione. Hetepheres I era probabilmente la moglie di Snefru e la madre di Cheope. Anche Hermann Junker effettuò scavi estensivi nella zona ad ovest e scoprì una statua, alta circa 1,50 m, di Hemiunu seduto, con il titolo di sovrintendente alle costruzioni reali, e quindi probabilmente responsabile della costruzione della Grande Piramide. Due archeologi egiziani, Kamal el-Mallakh e Zaki Iskander, scoprirono nel 1954, a sud della piramide di Cheope, due pozzi ancora sigillati che conservavano le parti di due barche sacre. Dopo una lunga opera di restauro una di esse, detta barca solare di Cheope, fu mostrata al pubblico nel 1982 in un museo creato appositamente a fianco della Grande piramide. La seconda, a causa delle cattive condizioni di conservazione, è stata lasciata all'interno del pozzo originario.
Dal 1988, iniziarono gli scavi, guidati da Mark Lehner, in uno degli insediamenti dei lavoratori, situato a sud-est della Piana di Giza. Dal 1990, ad ovest di questo quartiere di operai, fecero seguito gli scavi della zona cimiteriale, diretti da Zahi Hawass. Lo stesso Hawass scoprì, nel 1992, i resti della piccola piramide satellite ad est della piramide principale. Nel 1992 e successivamente nel 1993 l'ingegnere tedesco Rudolf Gantenbrink, in collaborazione con il Deutsches Archäologisches Institut al Cairo, usando diversi robot e sotto la supervisione dell'archeologo Rainer Stadelmann, esplorò entrambi i condotti di aerazione della camera intermedia, riuscendo a visitare interamente solo il condotto sud, il quale presentava uno sportellino di chiusura. A differenza di quelli presenti nella camera superiore infatti, i condotti nella camera intermedia non comunicano con l'esterno. La spedizione liberò dai detriti la parte esterna dei condotti della camera superiore ed installò nel condotto nord un ventilatore per far affluire aria pulita nella camera superiore.
Il 17 settembre 2002, anche una spedizione della National Geographic Society inviò un veicolo robotizzato denominato Pyramid Rover all'interno dei condotti della camera intermedia. Il robot riuscì a bucare lo sportellino e a far penetrare la propria videocamera all'interno solo per scoprire una cavità vuota, chiusa da un'altra pietra. Il 18 settembre 2002 venne scoperta una porta del tutto analoga nel condotto nord. Nel maggio 2009, un gruppo di ricerca internazionale guidato dall'ingegnere britannico Robert Richardson ha annunciato i risultati di un'ulteriore spedizione nel condotto inferiore sud. Il robot Djedi, utilizzando una camera snodabile, riuscì a visualizzare l'interno del piccolo vano da varie angolazioni.
Testimonianze
Erodoto, nelle sue Storie, descrisse ciò che vide e ascoltò in occasione del suo viaggio in Egitto, durante la prima dominazione persiana, nel 450 a.C. circa. I brani si collocano nel II libro (interamente dedicato all'Egitto), e rappresentano la più antica traccia scritta sulle piramidi, anche se più di 2000 anni dopo la loro costruzione. Perciò le testimonianze a cui Erodoto stesso ebbe accesso erano probabilmente frutto di tradizione orale, di conseguenza le sue osservazioni emergono come una miscela di affermazioni verosimili, deduzioni personali e storie di fantasia.
«Narravano che Cheope giunse a tal punto di malvagità che, avendo bisogno di denari, mandata la figlia in un postribolo, le ordinò di esigere una certa somma di denaro - quanto esattamente non lo dicevano -; ed essa compì gli ordini del padre, e inoltre pensò di lasciare anche lei personalmente un monumento, e a ognuno che veniva presso di lei chiedeva di donarle una pietra; con queste pietre narravano fu costruita la piramide che sorge in mezzo alle tre, dinanzi alla grande piramide, e i cui lati misurano un pletro e mezzo.» (Erodoto, Storie, Libro II, 126)

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Stele funeraria della principessa Nefertiabet, figlia di Cheope - Museo del Louvre, Parigi


Secondo quanto riportato da Erodoto ogni trimestre lavoravano a turno centomila uomini. La costruzione della sola rampa processionale durò 10 anni:
«...opera certo non di molto inferiore alla piramide, per quanto a me sembra. (Ha infatti una lunghezza di 5 stadi, una larghezza di 10 orge e un'altezza, nel punto più alto, di 8 orge, ed è di pietra levigata e coperta di figure intagliate.)» (Erodoto, Storie, Libro II, 124)
Diodoro Siculo
Diodoro Siculo visitò l'Egitto nel 60 a.C. e anche lui menzionò le piramidi di Giza nella sua Bibliotheca historica. Secondo Diodoro ed Erodoto la più grande delle tre piramidi fu eretta in onore del secondo faraone della IV dinastia, che alcuni hanno riportato come Cheops, Sufis e Khufu (diversi nomi con cui è indicato Cheope). Anche Diodoro riporta che la costruzione della piramide durò 20 anni, ma secondo lo storico, l'imponente struttura della piramide fu realizzata mediante l'uso di terrapieni, poiché a quell'epoca non erano ancora state inventate macchine in grado di sollevare i blocchi di costruzione. Diodoro esprime inoltre la propria meraviglia del fatto che non sia rimasta alcuna traccia attorno alla piramide né del terrapieno, né del lavoro di levigatura dei blocchi, tanto che la piramide sembra essere stata collocata in quel luogo, in mezzo alla sabbia, "dalla mano di un dio". Secondo la testimonianza di Diodoro, il rivestimento della piramide era ancora in ottime condizioni, mentre descrive la parte superiore della piramide come una piattaforma di 6 cubiti (circa 3 metri), perciò molto probabilmente il pyramidion era già scomparso. La piramide è descritta con un lato di base di 7 plettri (210 m) e con un'altezza di più di 6 (circa 180 m). Il numero di lavoratori che sono stati necessari per la costruzione della piramide fu stimato in 360 000 uomini.
Strabone di Amasea
Strabone dedica il primo capitolo del libro XVII della Geografia all'Egitto ed è qui che vengono trattate le piramidi di Giza, annoverate tra le sette meraviglie del mondo. «A quaranta stadi da Memphis c'è un terrazzo roccioso sul quale le piramidi, tombe reali, si ergono in grande numero, ma tre sono quelle degne di nota. Di queste, due sono anche annoverate tra le sette meraviglie; la loro altezza, che è di poco superiore al lato di base (la forma è quadrangolare), misura uno stadio. Una è appena più grande dell'altra e in alto, quasi a metà di una faccia, reca un masso estraibile; rimuovendolo, c'è un budello sinuoso che porta fino alla camera mortuaria. Queste piramidi, dunque, sono vicine tra loro e allo stesso livello; più discosta, sulla parte più elevata del terrazzo, c'è la terza, molto più piccola delle altre due, ma costruita con una spesa molto più onerosa. Infatti dal piano di calpestio fin quasi alla metà è di pietra scura, la stessa con cui fabbricano i mortai e che si fa venire da molto lontano; si trova infatti nei monti dell'Etiopia ed è molto dura e difficile da lavorare; per questo la messa in opera risultò molto dispendiosa.» (Strabone di Amasea, Geografia, XVII 1, 33)
La città di Menfi dista in realtà circa 21 km da Giza (quasi 120 stadi come indica Diodoro), ma Strabone fornisce un altro dettaglio sulla costruzione, indicando le cave di calcare di Tura, che si trova sulla sponda destra del Nilo, proprio di fronte a Giza, come fonte del materiale per il rivestimento della piramide.
Plinio il Vecchio
Plinio inserisce una digressione sulle piramidi e sulla Sfinge nel libro XXXVI della Naturalis historia, che ha come argomento principale la mineralogia. A differenza degli autori precedenti, Plinio cita come causa della costruzione dei monumenti «il non lasciare denaro ai successori o ai rivali invidiosi oppure non lasciare la plebe in ozio» e giudica la loro costruzione come del tutto inutile e vana. Plinio indica che la piramide più grande è costruita con pietre estratte dalle cave dell'Arabia e afferma che sono stati impiegati 360.000 uomini in 20 anni. Le tre piramidi nel loro complesso furono invece portate a termine in 88 anni e 4 mesi. Lo storico latino inserisce un interessante elenco di autori che hanno menzionato le piramidi nei loro scritti: Erodoto, Evemero, Duride di Samo, Aristagora, Dionigi di Alicarnasso, Artemidoro, Alessandro Poliistore, Butoride, Antistene, Demetrio Falereo, Demotele ed Apione, mentre sono assenti Diodoro Siculo e Strabone. Plinio indica come lato di base della piramide di Cheope, 783 piedi (circa 231,8 m, un valore molto prossimo a quello effettivo), mentre l'altezza è sovrastimata a 725 piedi (più di 214 m), come per gli altri autori. Plinio ricorda inoltre che Talete ebbe l'intuizione di calcolare l'altezza delle piramidi misurandone l'ombra proiettata sul terreno. Plinio afferma che non esiste alcuna testimonianza dei sistemi utilizzati nelle fasi di edificazione, ma riporta diverse ipotesi in merito al trasporto dei blocchi di pietra. Alcuni pensano all'uso di piani inclinati di salnitro che furono successivamente sciolti attraverso l'uso delle acque del Nilo; altri parlano di impalcature di mattoni di fango che furono in seguito riutilizzati per abitazioni private.
La grande Piramide
Quando fu costruita, la piramide di Cheope era alta circa 146,6 metri ed era pertanto la costruzione più alta realizzata fino ad allora. La sua altezza attuale è tuttavia di 138 metri e risulta essere pertanto di poco più alta della piramide di Chefren, alta 136 metri. Causa di questa perdita di altezza è probabilmente la rimozione del rivestimento di pietra calcarea che in passato rivestiva l'intera piramide, dovuto sia a fenomeni di erosione naturale, sia all'asportazione delle pietre da parte degli abitanti del Cairo, che in passato sfruttarono le piramidi come cave di pietre. La piramide con il suo pyramidion d'oro situato sulla sommità, sotto i raggi del sole doveva risplendere come una gemma gigantesca risultando visibile anche a notevole distanza. La base della piramide copre oltre 5 ettari di superficie, formando un quadrato di circa 230,34 metri per lato. L'accuratezza dell'opera è tale che i quattro lati della base presentano un errore medio di soli 1,52 cm in lunghezza e di 12" di angolo rispetto ad un quadrato perfetto. I lati del quadrato sono allineati quasi perfettamente lungo le direzioni Nord-Sud ed Est-Ovest (l'errore dell'allineamento è di solo 2' e 28"). I lati della piramide salgono ad un angolo di 51º 50' 35". La piramide non ha una sezione perfettamente quadra, ma i lati risultano leggermente concavi, un po' come le fortezze bastionate rinascimentali. La sezione è simmetrica e voluta; infatti, da una parte corregge lo spanciamento prospettico che si otterrebbe nella visione complessiva della piramide, dall'altra migliora la stabilità della struttura.
Per la costruzione del rivestimento esterno e del corpo interno della Grande Piramide furono scelte pietre di calcare, pesanti ognuna dagli 800 kg alle 4 tonnellate, che rappresentano circa il 97% del materiale usato. Per le camere interne vennero usati monoliti di granito pesanti dalle 20 alle 80 tonnellate. Il peso totale si aggira intorno ai 7 milioni di tonnellate. Il volume totale è di circa 2.600.000 m³. È quindi la più voluminosa piramide d'Egitto, ma non del mondo, dato che la piramide di Cholula, in Messico è più grande. Nell'epoca immediatamente successiva alla costruzione, la piramide era rivestita esternamente di bianche pietre di calcare, lucide e molto lisce, incise con antichi caratteri, precipitate al suolo a causa di un violento terremoto nel 1301 a.C. La maggior parte dei blocchi di rivestimento venne rimossa nel XIV secolo per la costruzione della cittadella e della moschea del Cairo. L'opera di demolizione della piramide iniziò tuttavia già in epoca antica, come testimoniano i conci ritrovati nel Complesso piramidale di Amenemhat I recanti incisi i cartigli di Cheope. Vi è notevole incertezza su quanto durarono i lavori di costruzione; le indicazioni di Erodoto sono assai tarde (V sec. a.C.) e di seconda mano, in quanto derivano da quanto riferito dai sacerdoti egizi del tempo. Erodoto narra che furono utilizzati circa centomila uomini, che lavorarono per circa vent'anni. Simili indicazioni generano molti dubbi di fattibilità tecnica, economica e sociale e si intrecciano con le infinite teorie su come è stata realizzata la piramide. Oggi le più comuni ipotesi spaziano dai 20 ai 40 anni di cantiere. La piramide di Cheope si distingue dalle altre per la sua posizione geografica, ma anche per il grande numero di passaggi e vani interni, per la rifinitura delle parti a vista e la precisione di costruzione.
La piana di Giza
La piramide poggia sullo sperone dell'Altopiano di Giza che si affaccia sulla valle del Nilo; questo è costituito da roccia calcarea. Uno dei motivi per cui fu scelto il sito, è che la base rocciosa costituiva un solido appoggio per la struttura, impedendo che il cedimento del terreno (dovuto alla massa di materiale) facesse crollare la struttura, come peraltro era già successo in precedenti piramidi. Inoltre il nucleo centrale della piramide poggia su una sporgenza della base rocciosa, di cui non è stato possibile misurare le dimensioni, che ha consentito agli operai di risparmiare un buon volume di pietra di costruzione. Da rilievi effettuati sul cunicolo discendente e sul cunicolo verticale, infatti, il livello di base in quei punti (interfaccia roccia viva-blocchi di costruzione) non coincide affatto con il precisissimo livello di base perimetrale. Per questo motivo si suppone che la piramide poggi e copra una collinetta di 10–15 m di altezza dal livello di base perimetrale. Questo, e la presenza di una camera inferiore incompleta, ha fatto ipotizzare che la piramide sia stata costruita sopra una più modesta piramide a gradoni o una mastaba rimasta incompiuta. ((Piramide liscia)) Originalmente l'altopiano era piuttosto accidentato, con collinette (ancora oggi fino a quota 105 m s.l.m.) e gole, presentando una naturale pendenza media di circa 5 gradi. La preparazione del sito impose il livellamento del suolo, tagliando a terrazza le colline e riempiendo con i detriti le cavità, tanto che oggi il dislivello della base perimetrale della piramide è poco più di 2 centimetri (si ritiene perfino che l'attuale dislivello sia dovuto ai movimenti causati dal terremoto del 1301 a.C.). Una parte delle strutture interne della piramide sono scavate nella roccia viva sotto la base d'appoggio: parte del cunicolo discendente, la camera inferiore, due cunicoli che si dipartono da quest'ultima e il cunicolo verticale.

sezione

Sezione schematica della Piramide di Cheope:
1. ingresso originale
2. nuova entrata
3. passaggio discendente
4. cunicolo discendente
5. camera inferiore
6. cunicolo ascendente
7. camera intermedia
8. cunicolo orizzontale
9. grande galleria
10. camera superiore
11. cunicolo verticale


Eugenio Caruso - 15-01-2022

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