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La Mesopotamia e i primi insediamenti del neolitico.

Quello che tu chiami schiavo pensa che è nato come te, gode dello stesso cielo, respira la stessa aria, vive e muore, come viviamo e moriamo noi. Puoi vederlo libero cittadino ed egli può vederti schiavo.
Seneca

La Mesopotamia (dal greco Mesopotamía, cioè "terra fra i fiumi", il Tigri e l'Eufrate) denota una regione storica del Vicino Oriente, parte della cosiddetta Mezzaluna Fertile . (Vedi sotto).

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Mappa della Mezzaluna Fertile e dell'Egitto

La Mesopotamia fu abitata all'inizio dai Sumeri, poi dagli Accadi, dai Gutei, dagli Amorrei, dai Babilonesi, dai Cassiti, dagli Assiri e, infine, dai Persiani. Con il termine Mesopotamia i Greci intendevano la zona settentrionale che si estende tra l'Eufrate e il Tigri. Con il tempo l'uso di questa definizione divenne di più ampio respiro, fino a comprendere anche le zone limitrofe. Oggi possiamo impropriamente definirne i confini indicandoli con la catena dei monti Zagros a est, quella del Tauro a nord, steppe e deserti a ovest e sud-ovest e, infine, il Golfo Persico a sud (la zona paludosa dello Shatt al-'Arab). Nella suddivisione territoriale odierna corrisponde quindi ai territori dell'Iraq, e a parte di territori di Turchia, Siria, Iran, Arabia Saudita e Kuwait. La regione era considerata uno dei corni della mezzaluna fertile e vi si trovavano, allo stato selvatico, quelli che sarebbero diventati gli alimenti base della dieta dell'uomo nell'antichità: cereali, leguminose, ovini e bovini. Foreste di tipo mediterraneo sulle montagne a nord ospitavano una flora di querce, pini, cedri e ginepri e una fauna di animali selvatici quali leopardi, leoni e cervi che ritroviamo anche nell'iconografia dell'arte giunta fino a noi. Da questa catena montuosa, il Tauro, parte il percorso dei due fiumi, molto importante per la popolazione. Difatti ha influito molto sulla vita e mentalità dei popoli che l'abitavano: sorgendo in una catena montuosa a clima mediterraneo, entrambi i fiumi erano soggetti a una portata variabile e a improvvise e disastrose inondazioni, tanto che nel corso dei millenni più volte hanno cambiato il corso del proprio letto. Proseguendo verso sud, i due fiumi si gettavano nel Golfo Persicocon estuari separati ma, con il passare del tempo, costituirono la regione paludosa dello Shatt al-'Arab unendo il proprio percorso.
Agricoltura
Spesso il bacino mesopotamico viene raffrontato per similitudine con quello del Nilo, entrambi hanno infatti favorito lo sviluppo delle civiltà umane, ma con sostanziali differenze. Il grande fiume africano assicurava piene regolari e feconde grazie al limo che depositava, mentre il Tigri e l'Eufrate, per la loro imprevedibilità, furono un importante stimolo per la costruzione di opere di irrigazione e di regolazione delle acque.
Architettura
Dal punto di vista architettonico sono da considerare di particolare importanza le cosiddette "ziqqurat", edifici templari a forma di piramide, caratterizzate da una sovrapposizione di piani, sul cui culmine era edificato un tempio dedicato al dio della città. Si suppone che le ziggurat potessero essere utilizzate anche per le osservazioni astronomiche, scienza in cui i Babilonesi erano particolarmente esperti. La più antica ziqqurat a noi pervenuta si trova nell'antica città di Ur, sud della Mesopotamia, e risale all'epoca del re Urnammu (ca. 2050 a.C.).

Storia
La regione fu abitata da tempi remotissimi e qui si sono sviluppate precocemente importanti civiltà: i Sumeri, gli Assiri e i Babilonesi sono le più famose, altre (p.es. gli Accadi) ebbero minore fama oppure - come nel caso per esempio della civiltà persiana e di quella ellenistica - investirono questa regione insieme irradiandosi da altri centri. Dopo la conquista araba nel VII-VIII secolo d.C., non si usa più il termine geografico di Mesopotamia, anche se in linea di principio questo sarebbe applicabile fino ai giorni nostri.

Periodi storici
Preistoria (dal 5200 al 3100 a.C.). Eridu, Ubaid, Uruk (da Uruk XVIII a Uruk IV). È la fase in cui all'uso della pietra si affianca quello del rame. La vita associata e stabile si fa più consistente e si avvia la c.d. "rivoluzione urbana": Eridu (5000 a.C.), Ubaid (4500 a.C.) e Uruk (3500 a.C.). Eridu (vedi sotto). Ubaid (vedi sotto). Uruk (Vedi sotto).

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Figurina della fertilità (forse una dea dell'età preistorica). 5000–4000 a.C.; terracotta con tracce di pigmenti


Protostoria (intorno al 3000 a.C.). Gemdet Nasr e Uruk III. Gli insediamenti incominciano a costituirsi come vere e proprie città organizzate.
Protodinastico I (dal 2900 al 2700 a.C.). Periodo oscuro; qui vanno comunque collocate le prime dinastie, postdiluviane, di Kiš e di Uruk citate nella Lista Reale Sumerica.
Protodinastico II (dal 2700 al 2500 a.C.). Si evidenziano le città-Stato sumeriche in lotta fra loro. Caso emblematico è la lotta fra la città di Kiš e quella di Uruk dove sembra che la prima prevalga sulla seconda. Per contrastare il predominio di Kiš sembra attestata un'alleanza tra sei città meridionali, primo caso di Stato sovracittadino.
Protodinastico III (dal 2500 al 2350 a.C.). Questo periodo è conosciuto anche come "I dinastia di Ur" la quale comprende 405 re noti storicamente. Contemporanea è la dinastia di Lagaš, il cui ultimo sovrano, Urukagina, viene sconfitto dal re di Umma, Lugal-Zagesi, il quale aveva già sottomesso l'intera nazione sumerica. Di questo periodo sono le prime tracce dell'Epopea di Gilgamesh.
Periodo accadico (sargonico; dal 2350 al 2200 a.C.). Lugal-Zagesi viene sconfitto da Sargon (Šarru-kinu), re del popolo semitico degli Accadi, che così conquista l'intero territorio abitato dai Sumeri. Con Sargon nasce il primo impero della storia dell'uomo. I suoi successori, Rimuš, Maništušu e Naram-Sîn ne estendono il dominio, ma con Šar-kali-šarri ha inizio la decadenza di questa dinastia: il Sud sumerico si rende autonomo con la III dinastia di Ur; da ovest preme un altro popolo semita, gli Amorrei (sumerico: Martu; accadico: Amurru); a est, le popolazioni pre-iraniche e, a nord, gli Hurriti, ne minacciano i confini.
Periodo dei Gutei (dal 2200 al 2120 a.C.). Il popolo dei Gutei (Gutium, Luristan) irrompe, provenendo da est, nell'impero accadico conquistandolo. Questo periodo è piuttosto oscuro, ma sotto il regno di Gudea la città sumera di Lagaš, che vanta una maggiore autonomia dai Gutei, vive una fase di splendore con il re Eannatum..

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Eannatum, re di Lagash, in sella a un carro da guerra (dettaglio della Stele degli Avvoltoi). Il suo nome Eannatum è scritto verticalmente in due colonne davanti alla sua testa


Periodo di Ur III (dal 2120 al 2000 a.C.). Il re di Uruk, e contemporaneo di Gudea, Utuengal, sconfigge i Gutei e libera la Bassa Mesopotamia dal loro dominio, ma un suo generale, Ur-Nammu, lo detronizza, fondando un regno che abbraccia tutte le città sumere con capitale nella città di Ur. Il figlio di Ur-Nammu, Šulgi, caratterizzerà questo periodo con una grande riforma culturale e religiosa, dove la figura del dio Enki assurgerà a un ruolo fondamentale. In questo periodo (sotto il regno di Šu Sin, 2037-2029 a.C.) i Sumeri erigono un muro (Martu Muriq Tidnim) lungo i confini settentrionali (tra il Tigri e l'Eufrate) per impedirne l'attraversamento da parte dei nomadi semiti Amorrei.
Periodo degli Amorrei (2000 a.C.). Durante il regno di Ibbi-Sin, ultimo re della dinastia di Ur III, le città meridionali, già infiltrate o saccheggiate dai nomadi Amorrei, si rendono indipendenti. Intorno al 2004 a.C., gli Elamiti (popolo pre-iranico proveniente da est) assediano la città di Ur che capitola per fame. Il re, Ibbi-Sin viene fatto prigioniero e la capitale sumera distrutta. Nel 2000 a.C. quindi l'irruzione degli Amorrei popolo semitico proveniente dalla Siria-Palestina, e la distruzione di Ur da parte dei pre-iranici Elamiti, estingue l'ultimo regno sumero, condannando al declino culturale e linguistico questa etnia. La semitizzazione della Mesopotamia diventa inarrestabile e la lingua sumera, e il suo retaggio religioso, restano solo un autorevole ricordo per i regni che si succederanno, fino alla conquista, nel VI secolo a.C., di Babilonia da parte del persiano Ciro II. Dalle ceneri dei regni neo-sumerici di Ur III si formano tre centri cittadini a guida semitica (amorrea) che intendono ereditare il glorioso passato di Akkad e Ur III, : Isin, Larsa e Babilonia.
Periodo di Isin e Larsa. Išbi-Erra (2017-1985 a.C.) è il primo re della nuova dinastia di Isin che si estinguerà con il suo ultimo re, Lipit-Ištar (1873-1869 a.C.), il quale verrà allontanato dalla città. A partire dalla fine dinastica di Isin, l'egemonia regionale passa alla città di Larsa che, con il re Gungunum (1932-1906 a.C.), riesce a sottrarre il controllo delle importanti città di Ur e Lagaš alla dinastia di Isin, e della città di Susa agli Elamiti.
Periodo paleoassiro. Nel nord della Mesopotamia le città di Aššur e di Ninive, abitate da genti di origine autoctona e da semiti stanziatisi intorno alla metà del XXX secolo a.C., si liberano, con il crollo dell'egemonia di Ur III (intorno al 2000 a.C.), del controllo da parte delle dinastie sumere, gettando le basi di quello che sarà il formidabile impero assiro.
Periodo paleobabilonese. A partire dal suo re Sumu-Abum (1894-1881) un'altra città si avvia a dominare la zona centrale della Mesopotamia, è la città di Babilonia che, con l'erede di Sum-Abum, Sum-al-El (1880-1845 a.C.), controlla ormai le città di Sippar, Dilbat, Marad, Kiš e Kazallu. Nel XVIII secolo a.C. il loro successore, Hammurabi (1792-1750), regna in Babilionia. In questo periodo sono sei le potenze che si contendono il controllo della Mesopotamia: Larsa, Babilonia, Ešnunna, Yamkhad (attuale Aleppo), Qatna e Aššur. Verso la fine del suo regno Hammurabi riesce, con alleanze subito sciolte, a sconfiggere le varie potenze concorrenti ottenendo infine l'unificazione di quello che era inteso come il regno "di Sumer e di Akkad". Le sue conquiste non saranno tuttavia mantenute dai re babilonesi che gli succederanno: sotto il re Samsu-Ditana (1625-1595), ultimo della dinastia di Hammurabi, l'esercito ittita guidato da Muršili I (1620-1590) saccheggia la città di Babilonia, violando il tempio del dio poliade Marduk da dove ne trascina via la statua.

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Il re Hammurabi di fronte al dio Šamaš, dettaglio della stele del Codice di Hammurabi, (1754 aC circa)


Periodo mediobabilonese (Cassiti). Intorno al XVI secolo a.C. la dinastia reale del popolo dei Cassiti ( in accadico: Kaššu; originari dei monti Zagros), guidati come i Mitanni da un'élite indoeuropea, prende il sopravvento in Babilonia. Il re cassita Agum II (ca 1550 a.C.) restituisce al santuario babilonese la statua del suo dio, Marduk, precedentemente prelevata dagli Ittiti e da questi consegnata alla città di Khana. Con il re Kara-indaš (ca 1425 a.C.), il regno della Babilonia cassita assurge a livello di potenza internazionale, stabilendo contatti con le dinastie egiziane.
Periodo medioassiro. Il re assiro Aššurbanipal I (1363-1328 a.C.) libera il suo paese dall'influenza dei Mitanni, avviando un confronto sempre più serrato e frequente tra Assiri e Babilonesi cassiti. Dopo il sovrano Tiglatpileser I (Tukulti-apil-ešarra I, 1114-1076 a.C.), la potenza degli Assiri va declinando.
Fine del periodo cassita e arrivo in Mesopotamia degli Aramei. I continui conflitti con gli Assiri a nord e con gli Elamiti a est rende il regno babilonese più debole . Nel 1155 a.C. il re elamita Kutir-Nakhunte (1155-1140 a.C.) saccheggia Babilonia, trasferendo la statua di Marduk nella capitale elamita, la città di Susa, e ponendo fine alla dinastia cassita. Sempre nel XII secolo irrompono nella storia le tribù di pastori e predoni degli Aramei (Akhlamu, A?lamû; la loro lingua semitica è imparentata a quella cananea) che premono lungo i confini assiri.
Periodo della II dinastia di Isin. Con il crollo dei Cassiti emerge dalla città di Isin una nuova dinastia regnante che trasferisce la propria capitale a Babilonia. Con Nabucodonosor I (Nabû-kudurri-u?ur I, 1125-1104 a.C.) questa nuova dinastia riesce ad allontanare definitivamente gli Elamiti dalla Mesopotamia, recuperando da Susa la statua del dio Marduk.
Periodo neoassiro. Con il re Assurnasirpal I ( 883-859), il processo di restaurazione del dominio assiro si può ritenere concluso, il suo dominio coincide con quello dell'ultimo grande re del periodo medioassiro, Tiglatpileser I. Nel frattempo, dagli annali assiri del IX secolo a.C. sappiamo dell'esistenza di un altro popolo semitico, connesso agli Aramei ma etnicamente distinto da esso, formato da cinque tribù e che si stabilisce nel sud della Mesopotamia, i Caldei (accadico: Kaldu). Nel corso dell'VIII secolo a.C. tale etnia si mescolerà con gli altri popoli della Bassa Mesopotamia perdendo progressivamente le proprie caratteristiche. I rapporti tra Assiri e Babilonesi sono improntati a un sostanziale equilibrio, con una forte influenza religiosa e culturale da parte dei secondi (Adad-nirari III, 810-783 a.C., erigerà in Aššur la statua di Nabû, figlio del dio poliade di Babilonia Marduk). Tornata a svolgere un ruolo egemone nell'area, l'Assiria resta fragile sul piano interno con l'instaurarsi di potentati divisi tra loro. Tale condizione di debolezza non sfugge ai suoi nemici storici come il regno di Urartu (assiro: Urartu, situato nel Nord, nella regione orientale dell'attuale Turchia) che, con il suo re Sarduri I, riesce a coalizzarsi con gli stati neo-ittiti in funzione anti-assira. La salita al trono dell'energico Tiglatpileser III (Tukulti-apil-ešarra III, 744-727 a.C.), risolve i problemi assiri: il re dapprima sconfigge i Babilonesi e, l'anno successivo, nel 743, sconfigge a Kištan una coalizione composta da eserciti di Uratru, neo-ittiti e del regno di Arpad (città collocata a Nord dell'attuale Siria, capitale dello stato aramaico di Bit Aguši; in assiro: Arpaddu). L'opera di Tiglatpileser III non si ferma, il re trasforma i tradizionali stati vassalli in province, spingendosi fino ai confini con l'Arabia e l'Egitto, nonché giungendo sui Monti Zagros dove incontra le prime genti iraniche indoeuropee (Medi e Mannei; in assiro rispettivamente Manda e Mannu; da tener presente che il primo termine indica anche i Cimmeri) che si sono sostituiti al precedente strato pre-indoeuropeo. Nel frattempo, in Babilonia era emersa l'egemonia caldea la quale viene comunque sconfitta dagli eserciti di Tiglatpileser III, il quale, giunto a Babilonia, si incorona suo re con il nome di Pulu. Anche il suo successore, Salmanassar V (Šulmanu-ašared V, 762-722 a.C.) sarà anche re di Babilonia con il nome di Ululaya, ma se da una parte questo re sottometterà i regni palestinesi, tra cui Israele, dall'altra genererà un profondo scontento interno privando dei privilegi le città di Aššur e di Harran. Il suo erede, l'usurpatore Sargon II (Šarru-kin II, 721-705 a.C.), continuerà l'opera di rafforzamento e di compattamento dell'impero assiro, fondando, tra l'altro, la nuova capitale Dur Šarrukin (attuale Khorsabad). E se a Nord Sargon II ridurrà a province gli stati neo-ittiti, a Sud incontrerà ancora la resistenza delle dinastie caldee appoggiate dagli Elamiti. Pur riuscendo a battere quest'ultima coalizione, il dominio assiro della Bassa Mesopotamia non sarà mai sicuro.
Egemonia e tramonto dell'impero neoassiro; il periodo neobabilonese (Caldei). Nell'arco del VII secolo l'impero neoassiro, con capitale Ninive, raggiunge il suo apogeo. Con Sennacherib ( 704-681 a.C.) il tema della città di Babilonia torna a emergere con tutta la sua problematicità. Le dinastie caldee, con i loro alleati Elamiti, premono per l'indipendenza di Babilonia, ma il confronto si risolve ancora a favore degli Assiri. Sennacherib pone quindi sul trono della città il proprio figlio Aššur-nadin-šumi, ma in uno scontro successivo, gli Elamiti catturano il nuovo re assiro di Babilonia. Esasperato da ulteriori nuovi confronti, e determinato a vendicare il proprio figlio, nel 693 a.C. Sennacherib giunge in forze nella Mesopotamia centrale e rade al suolo la città di Babilonia, allagandone le rovine. L'erede di Sennacherib, Esarhaddon (680-669 a.C.), ripara l'opera empia del padre ricostruendo Babilonia, ricollocandovi le statue degli dèi babilonesi trasferiti nei santuari assiri e, infine, incoronandosi re della città. Erede di Esarhaddon sarà Assurbanipal II (Aššur-bani-apli, 668-631 a.C.) il quale conserverà la potenza dell'impero assiro, coltivandone personalmente gli aspetti culturali. Esperto scriba, Assurbanipal costruisce nel suo magnifico palazzo un'imponente biblioteca con la pretesa di raccogliervi tutta la letteratura allora conosciuta. Grazie al ritrovamento di questa biblioteca, avvenuto nel XIX secolo, sono giunte a noi numerose opere babilonesi. Sul trono di Babilonia Assurbanipal pone suo fratello Šamaš-šuma-ukin (667-648 a.C.) il quale, tuttavia, presto si rende indipendente, giungendo a guidare una coalizione composta anche dai tradizionali nemici degli assiri, gli Elamiti. Assurbanipal decide dapprima di inviare un generale, Bel-ibni, per riconquistare Babilonia e punire il fratello traditore, il quale perirà tra le fiamme del suo palazzo; poi di stroncare definitivamente il proprio nemico tradizionale, l'Elam, che sarà conquistato e distrutto. Con il figlio di Assurbanipal, Aššur-etil-ilani (630-627 a.C.), la formidabile potenza assira incomincia a declinare, sul trono di Babilonia si insedia infatti una dinastia caldea, quella di Nabopolassar ( 625-605 a.C.), il quale espelle dal territorio babilonese gli ultimi eserciti assiri invadendone l'impero. L'impero assiro viene investito anche, ma da Oriente, dagli eserciti dei Medi guidati da Ciassare (625-585 a.C.) e, quando Nabopolassar giungerà, nel 610 a.C., alle mura di Aššur, Ciassare ha già conquistato la città. L'alleanza tra Babilonesi e Medi servirà comunque nella conquista, comune, di Ninive, avvenuta nel 612 a.C. Con la caduta della città di Harran, dove aveva trovato rifugio l'ultimo imperatore assiro, Aššur-uballit II (611-609 a.C.), l'impero assiro viene distrutto e sostituito, nella sua egemonia in Mesopotamia, dall'impero neobabilonese. Erede di Nabopalassar è Nabucodonosor II (604-562), il quale dapprima si scontra con gli Egizi e poi conquista Gerusalemme (586 a.C.), distruggendo la città e il suo primo tempio, consolidando in questo modo l'egemonia babilonese nella Siria-Palestina.
La fine di Babilonia e le sue cause religiose. Con la morte di Nabucodonosor II incomincia il declino babilonese. Al grande re di Babilonia seguono il figlio Amil-Marduk, che regnerà per due anni (561-560 a.C.), quando il trono viene usurpato dal condottiero Neriglissar (559-556 a.C.) e quindi dal di lui figlio Labaši-Marduk (556 a.C.) che cade vittima di una congiura di palazzo che porterà sul trono l'ultimo re babilonese, Nabonedo (555-539 a.C.), originario proprio di Harran, quella città assira situata nell'Alta Mesopotamia dove trovò la morte l'ultimo imperatore assiro, Aššur-uballit II. La madre di Nabonedo, Adad-gruppi', è l'alta sacerdotessa del dio Sîn (dio Luna, il Nanna dei Sumeri) nel santuario dell'E-khul-khul in Harran, quindi di quel santuario violato dai Medi nel 609 a.C. Nabonedo è quindi estraneo alla cultura religiosa babilonese e visto con grande diffidenza dal suo clero devoto al dio poliade e re degli dèi, Marduk. Nabonedo consapevole della sua difficile condizione risponde con una teologia di cui resta un'iscrizione. In questa teologia, Nabonedo difende gli Assiri quando sostiene che la distruzione di Babilonia causata da Sennacherib fu voluta dallo stesso Marduk, anche se poi punì lo stesso re assiro; quindi i Medi non si limitarono a distruggere le città assire ma infierirono anche su quelle babilonesi che non sostenevano Nabopalassar. Solo Nabucodonosor II e Neriglissar compresero, ma in parte, quanto fosse urgente ripristinare gli antichi culti. I loro successori furono empi e non regnarono. Quindi Nabonedo spiega che lui regna per ristabilire i culti e i santuari distrutti. Alla triade babilonese di Marduk-Nabû-Nergal (rispettivamente poliadi di Babilonia, Borsippa e Kutha) Nabonedo affianca la triade astrale di Šamaš, Sîn e Ištar (divinità rispettivamente del Sole, della Luna e dell'astro di Venere; legate rispettivamente, la prima alla città di Larsa e Sippar, la seconda a Ur e Harran, la terza alla città di Akkad). Tale nuova triade consente al re babilonese di origine assira di restaurare, dopo 54 anni, il santuario in cui officiava la madre e lì iscrivere non solo il ricordo della sacerdotessa Adad-gruppi', ma anche indicare il dio Sîn come re degli dèi e detentore della regalità babilonese, di fatto sostituendolo a Marduk. I potenti sacerdoti di Babilonia non poterono che leggere come "eresia" la teologia di Nabonedo. E quando il re dei persiani, l'achemenide (dinastia che nel frattempo aveva sostituito quella meda nell'egemonia degli Iranici), Ciro II (559-530 a.C.), entrerà, nel 539 a.C., vittorioso in Babilonia, verrà dai sacerdoti di Marduk e dall'intera popolazione di Babilonia accolto trionfalmente e come "liberatore". Ciro II si proclamerà esecutore dei voleri di Marduk e difensore dell'ortodossia, così i Persiani quando entrarono nell'Esagila (il tempio di Marduk in Babilonia) lo fecero disarmati evitando di interrompere i riti. La fine di Babilonia avverrà quindi senza traumi e nel segno della continuità, lentamente la città perse la sua supremazia religiosa e teologica, finendo sullo sfondo della storia.

Storia degli studi archeologici
La conoscenza della storia delle grandi culture della Mesopotamia è relativamente recente. All'inizio del XVIII secolo, la traduzione della raccolta favolistica araba delle Mille e una notte provocò un rinnovato interesse per questa terra, considerata misteriosa e ostile. Numerosi studiosi intrapresero viaggi dai quali tornarono carichi di osservazioni e reperti archeologici relativi alle antiche civiltà mesopotamiche. Dopo la spedizione napoleonica in Egitto, con la riscoperta della sua civiltà millenaria, molti studiosi si avventurarono, all'inizio del XIX secolo, nella "terra dei due fiumi". Fu Paul Émile Botta, console francese a Mosul, a promuovere i primi scavi sistematici intrapresi in Mesopotamia, negli anni quaranta del XIX secolo. Di lì a breve, Austen Henry Layard cominciò a condurre degli scavi presso Ninive, dove rintracciò sculture e bassorilievi, ma soprattutto l'importantissima biblioteca di Assurbanipal, dove il re assiro aveva raccolto numerose opere della letteratura babilonese. Intorno al 1850, William Kennett Loftus effettuò ricerche tra le rovine di Warka, l'antica Uruk. Quando, nel 1855, un battello carico di reperti da Dur-Sharrukin si rovesciò causandone quasi l'intera perdita nel Tigri (si salvò solo un decimo del materiale), le operazioni vennero sospese per un ventennio. Fu a questo punto che George Smith, nel 1872, individuò in una tavoletta cuneiforme proveniente da Ninive che riportava il racconto di un mitico diluvio universale. Ciò produsse una nuova spinta nell'esplorazione, questa volta più sistematica, e furono scavati nuovi siti. Scavi francesi presero avvio nel 1877, presso Tello, l'antica Girsu: è a questi scavi che si deve la scoperta della civiltà sumerica, fino ad allora sconosciuta. Negli anni ottanta, Hormuzd Rassam lavorò per conto del British Museum a Sippar e in altre zone della Babilonia centrale. A partire dal 1889, una spedizione americana lavorò presso Nippur, dove furono rintracciate case paleobabilonesi e numerose biblioteche, le cui tavolette contribuirono alla decifrazione della lingua sumera. Sul volgere del secolo, le ricerche archeologiche in Mesopotamia avevano assunto ormai connotati politici ed erano fonte di prestigio internazionale. La Germania non volle rimanere indietro: nel gennaio 1898 venne fondata l'associazione volontaria Deutsche Orient-Gesellschaft (DOG), che coordinò scavi presso Uruk (1912). Ben presto gli scavi tedeschi raggiunsero strati del III millennio a.C. Fin dal 1899 il tedesco Robert Koldewey scavò per conto della DOG a Babilonia: vi troverà la fossa che era servita da fondamenta all'Etemenanki dedicata a Marduk. Sempre agli inizi del XX secolo la decifrazione della scrittura cuneiforme aveva fatto sufficienti passi avanti da creare un "dibattito Bibbia-Babele", avviato dall'assiriologo Friedrich Delitzsch, dibattito consistente nello studio in parallelo del racconto del Diluvio universale (contenuto tanto nella Bibbia quanto nell'epopea di Gilgamesh). Altri studiosi di rilievo nella storia dell'archeologia della Mesopotamia sono Thomas Edward Lawrence e Leonard Woolley. Di rilievo fu anche una spedizione italiana, che operò nella Siria occidentale, a Tell Mardikh (l'antica Ebla), negli anni settanta del XX secolo. Dagli inizi del XX secolo, la volontà di riportare alla luce queste importanti civiltà ha trovato ostacolo solamente nella seconda guerra mondiale e nella prima e seconda guerra del golfo. In particolare, dal 2003 si è potuto assistere a uno spietato saccheggio dei siti da parte dei tombaroli. È, per il resto, immensa la quantità di reperti non ancora catalogati che riguardano l'assiriologia.

Mezzaluna fertile

La Mezzaluna Fertile è una regione storica del Medio Oriente, (quest'ultimo però ha caratteristiche climatiche e antropologiche proprie). L'espressione "Mezzaluna Fertile" (Fertile Crescent) fu nominata negli anni venti dall'archeologo James Henry Breasted dell'Università di Chicago. Questa regione viene spesso definita come la "culla della civiltà" grazie alla sua straordinaria importanza nella storia umana dal Neolitico (Vedi sotto) all'età del bronzo e del ferro. Tra l'altro, fu nelle valli fertili dei quattro grandi fiumi della regione (Nilo, Giordano, Tigri ed Eufrate) dove si svilupparono le prime civiltà agricole e le prime grandi nazioni dell'Antichità. I Sumeri, in particolare, ritenuti i rappresentanti della prima civiltà stanziale della storia, fiorirono in Mesopotamia (V millennio a.C.).
Il Neolitico è un periodo della preistoria, l'ultimo dei tre che costituiscono l'Età della pietra, che va dal 10.000 a.C. al 3.500 a.C. circa. Etimologicamente il termine deriva dalle due parole greche (nèos, "nuovo") e (lithos, "pietra") e quindi "età nuova della pietra" o "età della pietra nuova", in cui l'aggettivo "nuova" si riferisce a "età". Il Neolitico fu contraddistinto da notevoli innovazioni nella litotecnica, tra le quali la principale è rappresentata dall'uso della levigatura. Altre innovazioni furono l'introduzione dell'uso della ceramica, dell'agricoltura e dell'allevamento, prima di ovini e successivamente anche di bovini. Cambiamenti importanti avvengono anche sul piano della struttura familiare per quanto riguarda la trasmissione dei beni all'interno dei clan.

Eridu
Eridu fu una città sumera della bassa Mesopotamia, corrispondente all'odierno Tell Abu Shahrain (Governatorato di Dhi Qar, Iraq), posta a undici chilometri a sud-ovest di Ur. Eridu è considerata la città più antica della Mesopotamia meridionale e tuttora si discute se sia stata la città più antica del mondo. Eridu era la più meridionale di un gruppo di città sumere che crebbero attorno a templi, quasi in vista l'una dell'altra. Nella mitologia sumera, Eridu era la patria di Enki, che era considerato il suo fondatore e che fu noto agli Accadi come Ea. Il suo tempio era chiamato E-Abzu, per il fatto che si riteneva che Enki vivesse nell'Abzu ("acqua profonda"), un acquifero dal quale si credeva traesse origine tutta la vita.
Storia
Eridu era la più meridionale fra le città che si erano sviluppate attorno ai templi nella bassa Mesopotamia. Molto probabilmente fu fondata vicino al golfo Persico, alla foce del fiume Eufrate, ma, a causa dell'accumulo di fango e detriti sulla linea costiera avvenuti attraverso i millenni, oggi i resti della città si trovano a una certa distanza dal golfo, nella località di Abu Shahrain, in Iraq. Eridu sembra essere il primo agglomerato urbano dei Sumeri, cresciuto probabilmente attorno al V millennio a.C. Secondo Gwendolyn Leick, la città di Eridu era disposta alla confluenza di tre ecosistemi separati che avevano dato vita a tre culture differenti:
- Da una parte le prime comunità di contadini che sembra si basassero su un'agricoltura di sussistenza supportata da un'intensa irrigazione. Questi derivavano dalla civiltà di Samarra a nord, caratterizzata dalla costruzione di canali e di edifici con mattoni di fango.
- La cultura dei pescatori-cacciatori del litorale arabo, installata in capanne di canne.
- La terza cultura che contribuì ad erigere la città di Eridu fu quella dei pastori nomadi di greggi di pecore e capre, che vivevano in tende nelle zone semideserte.
Tutte e tre le culture sembrano implicate nei primi sviluppi della città. Lo stabilimento urbano si concentrava attorno a un imponente complesso templare costruito in mattoni, all'interno di una piccola depressione che permetteva all'acqua di accumularsi.
Negli strati più antichi di Eridu (strati 17-15, appartenenti alla fase detta appunto "di Eridu", ca. 5000 a.C.) è stata rintracciata un'importante novità in ambito urbanistico: è infatti qui che si hanno le prime evidenze di una sistemazione apposita, in spazi dedicati, dell'attività cultuale. Si tratta di piccoli edifici, di "cappelle", un inizio modesto ma certamente rivoluzionario rispetto alla tipologia abitativa, ad esempio, di Çatalhöyük, dove il culto veniva effettuato dentro le abitazioni private, caratterizzandosi come culto "familiare".
Kate Fielden afferma: "Il primo insediamento (ca. 5000 a.C.) si era sviluppato fino a divenire una stabile città di mattoni e case di canne nel 2900 a.C., avente un'estensione di circa 8-10 ettari. Dal 2050 a.C. la città cadde in declino; ci sono alcune prove di una occupazione dopo questa data. Diciotto templi di mattoni sovrapposti sono alla base della ziggurat non finita di Amar-Sin (ca. 2047-2039 a.C.). L'apparente continuità dell'occupazione e dei riti religiosi a Eridu, forniscono la prova convincente per l'origine indigena della civiltà sumerica. Il sito è stato scavato principalmente fra il 1946 e il 1949 dal dipartimento di antichità dell'Iraq." Queste indagini archeologiche hanno dimostrato, secondo Oppenheim, che "alla fine l'intero sud decadde in ristagno rinunciando all'iniziativa politica in favore dei re delle città del nord" e la città venne abbandonata nel 600 a.C.
Eridu nella Lista dei re
Nella Lista dei re sumeri Eridu viene detta la città dei primi re: "Dopo che la regalità calò dal cielo, il regno ebbe dimora in Eridu. In Eridu, Alulim divenne re; regnò per 28.800 anni. Alaljar regnò per 36.000 anni. Questi due re hanno regnato per 64.800 anni. Quindi Eridu cadde e la regalità passò a Bad-tibira". La lista dei re attribuisce regni particolarmente lunghi ai re antecedenti il “diluvio” e mostra come il centro del potere progressivamente si mosse dal sud al nord del paese. Adapa (U-an), altrove detto il primo uomo che fu metà-uomo e metà-dio, fu chiamato con il titolo Abgallu (Ab = acqua, Gal = grande, Lu = uomo) di Eridu. Adapa è considerato colui che portò la civiltà nella città e che servì il re Alulim.
Eridu nel mito
Nella mitologia sumera Eridu era il nome del tempio di Abzu del dio Enki, la controparte sumera del dio accadico dell'acqua Ea. Come tutti gli dei sumerici e babilonesi Enki/Ea nasce come dio locale, e viene poi a condividere, secondo la tarda cosmologia, con Anu ed Enlil il dominio del cosmo. Il suo regno erano le acque che avevano circondato il mondo e che stavano sotto di esso (il sumerico Ab = "acqua"; Zu = "lontano"). La storia di Inanna la dea di Uruk descrive come essa dovette andare a Eridu per ricevere i doni della civiltà. Inizialmente Enki, il dio di Eridu, fu tentato di non dare i suoi doni, ma poi accettò volentieri che Uruk diventasse il centro della terra. Ciò sembra essere un riferimento mitico al trasferimento di potere verso il nord, come accennato precedentemente. Anche i testi babilonesi parlano della creazione di Eridu per mano del dio Marduk come la prima città la città santa, la dimora del loro [gli altri dei] piacere. Alcuni ricercatori moderni, seguendo David Rohl, hanno ipotizzato che Eridu e non Babilonia fosse Babele ed il luogo originale della torre di Babele. Questo in base a svariate ragioni:
- Le rovine della ziggurat di Eridu sono ben più grandi e più antiche di tutte le altre e sembrano coincidere bene con la descrizione biblica dell'incompleta torre di Babele.
- Un nome di Eridu nei logogrammi cuneiformi viene pronunciato "Nun.Ki" (il luogo potente) in sumerico, ma molto più tardi lo stesso "Nun.Ki" venne inteso ad indicare la città di Babilonia.
- La più recente versione greca della Lista dei re di Berosso (ca. 200 a.C.) indica, nelle prime versioni, Babilonia, al posto di Eridu, come la più antica città in cui "la regalità calò dal cielo".
- Rohl ed altri, inoltre, identificano il re biblico Nimrod, costruttore di Erech (Uruk) e Babele, con il nome del leggendario Enmerkar (Kar significa "cacciatore" ) della Lista dei re, noto per aver costruito templi sia nella sua capitale Uruk, che in Eridu.

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Particolare con la raffigurazione del dio Enki, considerato dalla mitologia il fondatore di Eridu

Cultura di Ubaid
Al Ubaid è una cultura protostorica con cui viene fatto tradizionalmente iniziare il calcolitico relativo all'area mesopotamica. La cultura prende il nome dall'omonimo sito guida (al-Ubaid), dove per la prima volta fu individuata (da Henry Hall e Leonard Woolley negli anni venti del Novecento). Nasce e si sviluppa in Mesopotamia, per poi diffondersi lungo l'Eufrate, fino a toccare il sud dell'Anatolia. L'importanza di questa cultura consiste innanzitutto nella grande diffusione che ebbe in Mesopotamia: essa produsse moduli artigianali diversi nella parte settentrionale, caratterizzata da un diverso rapporto tra uomo e natura. Al periodo di Ubaid risalgono poi le prime opere di canalizzazione delle acque dell'alluvio, ancora in proporzioni solo locali. Importanti (e di dimensioni inedite) sono le realizzazioni templari e il deciso passaggio verso una religiosità collettiva (cioè non più gestita a livello familiare). Si sviluppa il commercio e la produzione ceramica in serie. La cultura di Ubaid è un passaggio fondamentale verso le cosiddette "grandi organizzazioni" che egemonizzarono la Bassa Mesopotamia. Il dibattito su di essa è strettamente legato alla questione dell'origine dei Sumeri: per alcuni, in particolare gli archeologi, che pongono l'accento sulla continuità culturale tra Ubaid e il successivo periodo di Uruk, tale popolazione, la cui effettiva origine resta oscura, sarebbe giunta in Mesopotamia proprio in coincidenza degli inizi della cultura di Ubaid (fase 1 o 3); per altri, in particolare i filologi, influenzati dalla considerazione della ceramica, che da dipinta (Ubaid) diviene non dipinta (Uruk), oltre che dalla constatazione di una "tardiva" comparsa della scrittura, tendono a far coincidere l'arrivo dei Sumeri con gli inizi del periodo di Uruk. Lloyd considera le prime due fasi come pre-Ubaid (rispettivamente denominate Eridu e Haggi Muhammad), la terza e la quarta come propriamente Ubaid (una fase antica, detta ancora "classica", che va dal 4500 al 4000 a.C., e una fase tarda, che va dal 4000 al 3500 a.C.).
Riassumendo e conglobando le due prospettive:
- Eridu (Ubaid 1): 5200-4800
- Haggi Muhammad (Ubaid 2): 4800-4500b
- Ubaid "classico" (Ubaid 3): 4500-4000
- Ubaid "tardo" (Ubaid 4): 4000-3500
Esiste, in generale, una forte continuità (in particolare nell'ambito della produzione ceramica) tra Ubaid e le culture leggermente più antiche di Eridu e Haggi Muhammad. Le diverse classificazioni accademiche danno seguito a queste sovrapposizioni, in modo che le culture di Eridu, Haggi Muhammad, Ubaid classico e Ubaid tardo vengono appunto rispettivamente indicate, con alcune oscillazioni, anche come Ubaid 1, 2, 3 e 4. A Oueili sono stati rintracciati dei livelli stratigrafici di tipo Ubaid: trattandosi di livelli più antichi di quelli di Eridu, essi danno corpo a una fase che è stata indicata come Ubaid 0. Come afferma Jean-Louis Huot, la ceramica di Ubaid 0 è accostabile a quella di Choga Mami. I siti più importanti che definiscono la cultura, oltre allo stesso sito guida, sono Eridu e Ur. Successivamente, la cultura di Ubaid si diffonde al nord, in particolare a Tell 'Uqair (nei pressi di Kutha), a Ras el-?Amiya (nei pressi di Kish) e a Tell Madhur (nei pressi del lago Hamrin). Gli strati archeologici più antichi sono di difficile individuazione: spesso gli scavi che riguardano le sequenze storiche non li raggiungono, mentre per gli insediamenti ad un certo punto abbandonati è da credere che siano stati sepolti dai progressivi depositi alluvionali. Alla cultura di Ubaid succede, per preminenza nella Bassa Mesopotamia, la cultura di Uruk: non si tratta di una rottura, perché si segue la via di un progresso tecnologico e organizzativo già in corso. La scansione nella periodizzazione è suggerita da un cambio di stile nella produzione ceramica, che con Uruk diviene lustrata, sia in grigio che in rosso.

È in questa fase di Ubaid che l'uomo avvia una prima opera di canalizzazione dell'alluvio mesopotamico: gli scavi permettono tanto di indirizzare le acque verso terreni che ne sono privi, quanto soprattutto di effettuare un drenaggio delle zone acquitrinose e paludose, concentrate per lo più nei pressi del delta. Ciò che avanza dalle piene stagionali viene inoltre raccolto in bacini. Sarà però solo con il tardo-Uruk che questa mobilitazione assumerà un livello almeno cantonale (cui si accompagna la possibilità del trasporto fluviale). Gli insediamenti si dispongono lungo i canali e hanno un'evidente funzione agricola. Un importante manufatto-guida per Ubaid è il falcetto di terracotta, strumento ormai diffusissimo per un'attività, quella di raccolta delle graminacee, che è ormai divenuta massiva. Il falcetto risulta assai più economico rispetto alle falci in selce fabbricate in precedenza. Altro manufatto-guida è la ceramica, cotta abbondantemente e decorata con temi geometrici in marrone e in nero, forse nei termini di un'influenza da parte di Haggi Muhammad. Un ruolo importante deve aver avuto anche l'allevamento (bovini e caprovini). È possibile che sempre in questa fase abbiano esordito l'arboricoltura, in particolare di palme da datteri, e l'orticoltura (con cipolle e legumi vari), quest'ultima favorita da un'ormai larga disponibilità di acqua di superficie. Oltre all'allevamento, a seconda dei siti, è esercitata anche la pesca: come nel caso tipico di Eridu, nei templi di diverse località sono state rintracciate offerte legate a questa dieta (ami e chiodi ricurvi, usati per fissare le reti). Nei centri della fase Ubaid, tanto quelli meridionali quanto quelli settentrionali, è attestata una prima metallurgia: si lavora il rame puro e quello arsenicale, con una perizia di un certo rilievo. I manufatti sono però poco documentati, anche perché il metallo veniva spesso riutilizzato. È però nelle zone di maggiore concentrazione della materia prima che si ha riscontro di una tecnologia realmente diffusa, come nell'Anatolia orientale (Ergani Maden) e nella Palestina meridionale, in cui la cultura ghassuliana sfrutta i giacimenti della 'Araba.
Le abitazioni sono inizialmente assai povere: le capanne sono fabbricate con canna ed argilla, ma nel tempo le strutture si vanno irrobustendo. Sempre maggiore imponenza va assumendo il tempio: quelli presenti ad Eridu sono piccole "cappelle", ma nella fase "classica" di Ubaid (strati 11-8) assumono la forma di cella allungata, con ai lati ambienti più piccoli e sporgenti. Successivamente, con i templi coevi allo strato 8 e poi, pienamente, nella fase degli strati 7 e 6 (Ubaid tarda), si impone il modello del tempio "tripartito" (alla cella allungata al centro vengono associate due file di stanze). L'ingresso, originariamente posto al centro, diviene laterale e vi si accede tramite una scala che sopravanza con le ultime alzate la piattaforma di accesso. I muri esterni sporgono e rientrano in alternanza: questo tipo architettonico diverrà caratteristico del Vicino Oriente per 3000 anni. I templi acquistano via via un'imponenza mai raggiunta fino ad allora da alcun tipo di edificio: quelli della fase Ubaid classica potevano misurare anche 20x12m. Mario Liverani arguisce che l'enucleazione della funzione cultuale comportò subito dei precisi contraccolpi sull'organizzazione del potere economico e politico, nella direzione della centralizzazione. Le offerte affluiscono al tempio, richiedendo un'organizzazione dell'attività di culto, ormai pubblica. La stessa costruzione dei templi richiede un coordinamento e una mobilitazione "statale" e il sacerdozio è da presumersi divenga ben presto "professionale". Esistono diversi indizi che avvalorano l'ipotesi della riuscita centralizzazione delle funzioni di governo: Cresce la presenza di prodotti artigianali di pregio, che presuppongono un commercio già articolato, risultando insufficiente l'antica distribuzione "ad alone" dai centri di produzione. Cresce altresì la collocazione di crescenti margini di ricchezza in contesti non strettamente funzionali alla sopravvivenza, ma invece gravidi di significati simbolici. I corredi funerari, ad esempio, mostrano una progressiva differenza in termini di ricchezza, a dimostrazione che questa società comincia a stratificarsi funzionalmente ed economicamente. La ceramica è sempre più spesso prodotta in serie: diventa sempre di minor pregio quanto più aumentano le richieste. Ciò presuppone la presenza di artigiani impiegati a tempo pieno, rispetto ai quali una dirigenza politica funge da committente permanente. Così, ad esempio, la ceramica del periodo Ubaid "classico" è ancora fatta a mano e risulta pregevole: le pareti "a guscio d'uovo" sono sottili ed avanzate risultano le tecniche di impasto e di cottura, mentre la pittura, oltre a recuperare motivi del passato, ne aggiunge di nuovi, figurativi e zoomorfi. Nella fase dell'Ubaid tardo, invece, la produzione risulta più frettolosa, la cottura è irregolare e le forme denunciano l'"introduzione del tornio lento", funzionale ad una produzione per grandi numeri. Questa tendenza alla produzione seriale vedrà il suo culmine con il periodo di Uruk. Nella fase di Ubaid si va dunque verso una centralizzazione del potere e una stratificazione sociale: si assiste alla nascita di manodopera specializzata che aveva bisogno di una committenza istituzionale che la mantenesse. Il tempio diviene l'edificio centrale, intorno al quale ruotano le funzioni di coordinamento, di guida della società e di accumulo del surplus alimentare.

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Ciotola e coppa di epoca Ubaid (Susa, IV millennio a.C.), pittura a emulsione.

Uruk

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Statua in pietra calcarea (periodo di Uruk, 3300 a.C. ca.), raffigurante un uomo barbuto (forse il re-sacerdote)


Uruk è un'antica città dei Sumeri e successivamente dei Babilonesi, situata nella Mesopotamia meridionale. Nel IV millennio a.C. il piccolo insediamento divenne una vera e propria città, la prima per cui sia possibile utilizzare questo termine; questo perché fu la prima ad avere due caratteri fondamentali per una città: la stratificazione sociale e la specializzazione del lavoro. Uruk si trova oggi 20 chilometri ad est del fiume Eufrate, in una regione paludosa a circa 230 chilometri a sud-est di Bagdad. Secondo una moderna ipotesi, tuttora puramente speculativa, il nome "Iraq" deriverebbe da Uruk. Nel suo momento di massimo splendore, Uruk contava una popolazione di circa 80.000 abitanti che vivevano in 6 chilometri quadrati racchiusi da una doppia cinta di mura lunga 10 chilometri, rappresentando, al suo tempo, la più grande e popolosa città del mondo, oltre che una delle più antiche nella storia dell'uomo. Il sito di Uruk fu occupato per almeno 5.000 anni, dal tardo periodo di Ubaid (4000 a.C.) fino all'inizio del III secolo a.C. Alla fine del IV millennio a.C. era uno dei più grandi insediamenti urbani della Mesopotamia, se non del mondo. L'origine della città sembra derivare da due primi insediamenti, successivamente conosciuti come Kullab (anche Kulaba o Kullaba) ed Eanna. Queste due zone della città erano caratterizzate da ampie piattaforme costruite con mattoni di fango aventi in cima i templi dedicati al culto: Kullab era l'area dedicata al dio maggiore del pantheon, Anu, nell'Eanna vi erano invece i templi associati al culto della dea dell'amore e della guerra Inanna (Ishtar). Uruk, fin dai primi tempi, ebbe un ruolo molto importante nella storia politica e religiosa del paese. Agli inizi del III millennio a.C. la città, sotto la terza dinastia di Uruk, estese la sua egemonia sulla Babilonia e divenne un grande centro di culto del dio Anu e in generale uno dei maggiori centri religiosi del regno. Uruk fu la città dello storico re Gilgameš, eroe della famosa epopea. Le mura di Uruk si dice fossero state costruite proprio da questo re, oppure dal suo predecessore Enmerkar (il fondatore della città secondo la Lista dei re), che fece anche costruire il famoso tempio di Eanna, dedicato al culto di Inanna (Isthar). Oppenheim al riguardo ha detto: “Ad Uruk, nella Bassa Mesopotamia, la civiltà sumera sembra raggiungere il suo massimo picco creativo. Ciò è sottolineato dai ripetuti riferimenti a questa città in ambito religioso e, in particolare, dai testi letterari, compresi quelli di ordine mitologico; anche la tradizione storica della lista dei re sumeri lo conferma. Da Uruk il centro del potere politico sembra poi muoversi verso la città di Ur." Attorno al 2100 a.C., con il governo della terza dinastia di Ur, il prestigio e il potere di Uruk iniziano a declinare. Successivamente la città ebbe un ruolo primario nelle lotte dei Babilonesi contro gli Elamiti fino al 2004 a.C., anno in cui fu gravemente danneggiata; i ricordi di alcuni di questi conflitti si ritrovano nell'epopea di Gilgamesh. La città continuò ad esistere sino all'epoca seleucide, nel III-II secolo a.C., periodo nel quale la città trovò nuovo splendore, con la costruzione di alcuni templi. Anche in epoca successiva, sotto i Parti a.C. - 225 d.C.) furono erette nuove costruzioni, come l'imponente santuario di Eanna. La città fu definitivamente abbandonata a partire dal V secolo d.C.
Struttura
Il centro della città era il quartiere di Kullaba che probabilmente era il toponomastico di un primigenio insediamento che si perde nella notte dei tempi, successivamente inglobato nell'agglomerato urbano dell'antichissima metropoli. Ad Uruk vi erano tre zone sacre. La più importante era quella di Eanna, dove erano raggruppati la maggior parte dei santuari. La zona sacra di Eanna era separata dal resto della città con un muraglione. Fu dapprima consacrata al dio Anu, in seguito alla dea Inanna. Il principale monumento di questa zona era lo ziqqurat, oggi quasi totalmente eroso. Il primo documento scritto della Mesopotamia fu scoperto proprio nell'Eanna, benché sia difficile datarlo con precisione. La seconda zona sacra era quella dello ziqqurat di Anu. In realtà non era propriamente uno ziqqurat, ma un'alta terrazza su cui si trovava lo splendido Tempio Bianco di Anu. La terza zona comprendeva il tempio di epoca ellenistica.
Uruk e la Lista dei re
Secondo la Lista dei re, Uruk fu fondata da Enmerkar che portò la regalità dalla città di Eanna. Suo padre, Mesh-ki-Aag-gasher, secondo la leggenda "entrò nel mare e sparì". Altri re storici di Uruk sono Lugalzagesi di Umma (oggi Djokha) che conquistò Uruk (III millennio a.C.) e Utukhegal. Il più famoso re di Uruk secondo la leggenda fu Gilgameš a cui è dedicata l'antichissima raccolta di vicende della cosiddetta Epopea di Gilgamesh del 2500 a.C.
Uruk nella Bibbia
Secondo la Bibbia, Erech, quasi certamente Uruk, è indicata come la seconda città fondata dal biblico re Nimrod. Inoltre sembra essere la sede del Archavites, esiliato da Asnapper a Samaria (Libri di Esdra 4:9 - 10). I luoghi accennati nei Libri di Esdra appartengono tutti alla Mesopotamia del sud e sembra che Asnapper possa essere il re assiro Assurbanipal, che condusse una campagna contro i Babilonesi del sud.
Archeologia
I resti della città furono esplorati per la prima volta dall'inglese W.K. Loftus nel 1849 e nel 1853. I primi scavi furono condotti nel 1912 da una squadra tedesca sotto la supervisione di Julius Giordano e furono poi interrotti con la prima guerra mondiale. Questi furono poi ripresi a partire dal 1928 e interrotti nuovamente nel 1939 per la seconda guerra mondiale. Dopo la guerra gli scavi sono stati ripresi dai tedeschi e sono tuttora in corso. Le ricerche testimoniano la successione di più di 18 livelli di insediamenti urbani e sono stati riportati alla luce alcuni dei più antichi documenti sumerici. I risultati delle scoperte sono stati pubblicati da Adam Falkenstein ed altri epigrafisti tedeschi.
I livelli della città
Tra i principali livelli, che si susseguono, dall'alto in basso, si possono citare:
- Uruk I, databile all'inizio del III millennio a.C., in cui si ritrovano costruzioni in mattoni crudi;
- Uruk II-III, appartenente all'epoca di Gemdet-Nasr (3000-2900 a.C.), in cui si hanno costruzioni in mattoni crudi piatti a sezione quadrata e decorazioni murali;
- Uruk IV, periodo in cui fu costruito il "tempio rosso" e inventata la scrittura. Si trattò, in generale, di un periodo molto fiorente;
- Uruk V-VI, costruzioni in mattoni piatti e rettangolari; in questo periodo vengono costruiti splendidi complessi, come il “tempio bianco”;
- Uruk XI, periodo nel quale compaiono i primi manufatti in bronzo.
Ad Uruk è stato ritrovato il più grande tempio sumerico, il famoso tempio D, che misurava 80 x 30 metri. La navata centrale era grande 62 x 11,30 metri. La struttura comprendeva nartece, navata, transetto, abside centrale con due annessi, diaconicon e protiro. Si tratta della stessa struttura con cui saranno costruite le chiese cristiane, dopo tre millenni. Altri splendidi edifici ritrovati sono lo Scrigno di Anu, l'archivio e la già menzionata ziggurat. Altri famosi reperti portati alla luce sono il cosiddetto Vaso di Warka, un vaso in pietra scolpito con scene del mito della dea ‘In-ninn’, datato circa al 3000 a.C., e la Dama di Warka, un volto femminile in marmo, forse della dea Inanna, del periodo protostorico. Dagli scavi degli ultimi anni si apprende dell'esistenza di colonie commerciali urukite in Iran, Turchia, Siria e Palestina nelle quali la cultura di Uruk si trasmise alle popolazioni locali.

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La Mesopotamia nel periodo di Uruk

Siti più antichi o coevi

Il Kebariano o cultura kebariana fu una cultura diffusa nel Levante nel periodo epipaleolitico (20.000-12.000 a.C. circa). Deve il suo nome alla grotta di Kebara, un sito in cui furono scoperti per la prima volta i resti di questa cultura. Alla cultura kebariana fece seguito la cultura natufiana. Essa iniziò ad affermarsi, come conseguenza del riscaldamento globale che iniziava a instaurarsi, al termine dell'ultima grande Era Glaciale. In Europa, tale riscaldamento comportò l'instaurarsi di un clima umido che andò sostituendo quello tipicamente secco, presente durante le fasi glaciali. Questo venne favorito da un cambiamento nella direzione dei venti dominanti che spiravano sulle lande europee. Infatti, i venti freddi e secchi del nord-est lasciarono il posto a quelli carichi di umidità e più temperati provenienti dall'Atlantico e dal Mediterraneo. I fronti dei ghiacciai che fino ad allora si erano spinti a basse latitudini iniziarono a ritrarsi, determinando una lenta trasformazione della copertura vegetale: l'ambiente del tipo steppa/tundra stava lasciando il posto alle foreste. L'analisi dei pollini prelevati in Iran da antichi letti fluviali hanno permesso di identificare in querce queste prime coperture arboree. Si trattava di genti nomadi, di conformazione anatomica pienamente moderna. Il loro insediamento era ancora in caverne, per piccole unità di 40-50 individui al massimo, caratterizzati da mobilità al seguito degli animali che forniscono il principale contributo alla dieta. Tendevano ad abitare luoghi montani con clima secco e freddo, benché i loro spostamenti potevano coprire vaste aree, spaziando dalle valli alle pianure. Mentre la caverna era l'abitazione tipica dei periodi invernali, si ritiene che in estate i piccoli gruppi di Kebariani abitassero in ripari temporanei, fatti di rami e frasche; poi abbandonati quando la tribù si muoveva. La sopravvivenza è ancora un problema di portata quotidiana: non si hanno tecniche né per la produzione di cibo né per la sua conservazione. Però la caccia si rivolge a specie meno grosse di quelle preferite nel paleolitico: gazzelle, ovini e caprini; e comincia a selezionare gli animali da abbattere in modo da non depauperare il gregge, che l'uomo inizia a controllare pur restandone esterno. Anche la raccolta delle graminacee e delle leguminose diventa più specialistica ed intensiva, producendo effetti di involontaria selezione e diffusione. Inoltre, vi fu un importante adattamento al consumo di frutta secca e semi, quali i pistacchi, reso possibile dall'incipiente riscaldamento che portò nuove specie vegetali. Sia sul piano delle conoscenze sia su quello delle pratiche di sfruttamento si gettano così le basi per il successivo intervento in senso produttivo. La mobilità si fa anche più circoscritta e più strutturata, a seconda delle risorse sfruttabili, che a volte (per esempio pesca lacustre) invitano alla sedentarietà. Lo strumentario litico abbandona le grosse dimensioni del paleolitico ed assume le forme di microliti geometrizzanti e di funzione specializzata. Si hanno i primi pestelli di pietra, per frantumare le graminacee spontanee e la frutta secca. In buona sostanza con il riscaldamento globale e con la selezione genetica dei semi iniziò, per l'Europa, più di 10.000 anni fa, l'era moderna.

Durante una campagna di scavi, iniziata nel 1982 (Kebara 2), furono compiute una serie di scoperte molto importanti, tra le quali la sepoltura di un uomo collocato all'interno di una fossa artificiale, risalente a circa 60.000 anni fa; lo scheletro (soprannominato "Moshe") era privo del cranio, della gamba e del piede destro. Un'ipotesi formulata dagli esperti contempla che il cranio sia stato volontariamente tolto, qualche mese dopo la morte, probabilmente per motivi religiosi. Le analisi indicano che le ossa appartenevano a un uomo piuttosto robusto, alto 170 cm e con un'età compresa tra 25 e 35 anni. Le dimensioni di questo maschio adulto sono confrontabili con quelle dei ritrovamenti della grotta di Amud (Israele) appartenenti a un adulto di 180 cm (il neandertaliano più alto) e della grotta di Tabun (Israele), come pure a quelle dei neandertaliani ritrovati nella grotta di Shanidar (Iraq). Il reperto più interessante per le indagini è stata la mandibola che, assieme alla presenza dell'osso ioide, il primo reperto di questo tipo ritrovato per un Neanderthal, ha permesso di dedurre che l'apparato vocale seppur primitivo era in grado di produrre una serie piuttosto articolata di suoni, mentre i controlli dell'anca hanno indotto gli esperti a ritenere che il morto appartenesse al tipo uomo di Neanderthal. Altre caratteristiche rilevanti del ritrovamento sono la localizzazione di una zona specifica per il raggruppamento degli scarti e la presenza di residui di focolari al centro della grotta. Gli strati superiori della grotta appartengono all'epoca della cultura natufiana e sono datati tra 12.000 e 11.000 anni fa. Una fossa comune conteneva i resti di scheletri di undici bambini e sei adulti. In tutti gli scheletri degli adulti sono evidenti tracce di violenza: in un caso erano presenti schegge di pietra conficcate nella colonna vertebrale; evidentemente l'uomo non riuscì a sopravvivere alla lesione.

La cultura natufiana o natufita fu una cultura mesolitica diffusa sulle coste orientali del Mar Mediterraneo nella regione del Levante. Prende il nome dal sito dello Wadi el-Natuf (caverna di Shukbah) in Palestina. Gli scavi erano stati condotti negli anni 1932-1942 da Dorothy Garrod. datazione con il metodo del radiocarbonio colloca questa cultura alla fine del Pleistocene (tra 12.500 e 10.200 anni fa). Fu preceduta dal Kebariano. È caratterizzata dalla creazione di insediamenti stabili prima dell'introduzione dell'agricoltura e fu probabilmente l'antenata delle culture neolitiche della regione, che sono ritenute le più antiche del mondo. Alcuni elementi permettono forse di riconoscervi il primo caso di coltivazione deliberata di cereali e certamente faceva uso di cereali selvatici. I villaggi natufiti coprivano circa 1.000 m2 di terreno e ciascun insediamento ospitava dai 100 ai 150 individui, mentre insediamenti più piccoli sono stati interpretati come ripari temporanei. Negli insediamenti le case erano semi-sotterranee a pianta rotonda (diametro tra i 3 e i 6 m), spesso con fondazioni in pietra a secco, mentre la sovrastruttura doveva essere realizzata in legno leggero (tracce di fori per palo sono state identificate a Ain Mallaha). Non sono state invece rinvenute tracce di mattoni crudi, una tecnica costruttiva che diverrà frequente nel successivo periodo. Al centro della casa era realizzato un focolare rotondo o con angoli arrotondati. Negli abitati oltre alle capanne si trovano pozzetti per la tostatura e la conservazione dei cereali. Le strutture interrate consentivano, in parte di difendersi dal freddo di quell'epoca, e gli insediamenti collinari consentivano di difendersi meglio dagli animali selvatici. Gli insediamenti stabili, probabilmente, erano resi possibili da abbondanti risorse alimentari, dovute al clima che tendeva a scaldarsi. La vita si basava sulla caccia, la pesca e la raccolta, compresi i cereali selvatici. Sono presenti strumenti legati alla lavorazione e al consumo dei cereali. L'industria litica è caratterizzata dalla tecnica microlitica, basata su corte lame e lamine. È stata utilizzata la tecnica del microbulino. I microliti geometrici comprendono forme lunate, trapezoidali e triangolari. Un tipo particolare di ritocco (helwano) è caratteristico del natufiano antico, mentre nel tardo natufiano compaiono le punte di freccia di tipo Harif, fabbricate a partire da lame di forma rettangolare, con un procedimento che diventò comune nel Negev. Secondo alcuni studiosi la presenza di queste punte di freccia permette di definire come cultura separata, l'Hariflano. Le lame di falce, con la caratteristica lucidatura data dall'uso, testimoniano l'utilizzo per il taglio degli steli e forniscono una prova indiretta di un inizio di agricoltura. Raddrizzatori di pietra testimoniano l'utilizzo dell'arco. Esistono inoltre recipienti e mortai. Compare una ricca industria dell'osso, che comprende arpioni e ami per la pesca. Gusci di ostriche utilizzati come contenitori sono stati rinvenuti nel Negev. I resti botanici rinvenuti testimoniano la raccolta di cereali selvatici, legumi, mandorle, ghiande e pistacchi. Le ossa rinvenute mostrano che la preda principale era la gazzella. Erano cacciati occasionalmente anche cervi, cinghiali e nelle zone a steppa, onagri e caprini come l'ibex. Uccelli acquatici e pesci d'acqua dolce fornivano parte della dieta nella valle del Giordano. Alcune tracce sulle ossa animali del sito di Salibiya (fase I, tra 12.300 e 10.800 anni fa) sono state interpretate come prove di una caccia comunitaria con le reti. La cultura natufita fu anche una delle prime ad addomesticare il cane: lo stretto legame con questo animale è evidente in una tomba del sito di Ain Mallaha, nella parte settentrionale di Israele, datata intorno a 12.000 anni fa, in cui un uomo anziano accarezza un giovane cane con la sinistra. Un'altra sepoltura con cane è stata rinvenuta nel sito di Hayonim Terrace. Le sepolture erano collocate all'interno degli insediamenti, di solito in pozzi nelle abitazioni abbandonate, che venivano quindi riempiti con i rifiuti rendendo a volte difficile l'identificazione degli oggetti che invece sono da riferire al corredo funerario. Le tombe erano a volte coperte con lastre in calcare. Esistono tombe singole o multiple, soprattutto nel periodo più antico. Resti umani dispersi nell'insediamento indicano che le tombe più antiche non venivano sempre rispettate. I defunti sono sepolti sdraiati sulla schiena oppure in posizione flessa, senza un orientamento prevalente. La rimozione del cranio veniva praticata nei siti di Hayonim, Nahal Oren ed Ain Mallaha e a volte i crani erano decorati da conchiglie (El-Wad). Il corredo funebre consiste soprattutto di ornamenti personali, come perline fatte di conchiglie, di denti (di cervo rosso), di osso e di pietra. Solo l'8% di sepolture presenta ornamenti preziosi, esistono pendenti, braccialetti, collane, orecchini e ornamenti di cintura. Nel sito di Ain Mallaha sono stati rinvenuti oggetti di ossidiana proveniente dall'Anatolia e crostacei dalla valle del Nilo. Non è ancora conosciuta l'origine della malachite con cui venivano realizzate le perline.
Diffusione della cultura natufiana
- In Siria: Abu Hureyra, Mureybat, Yabrud (fase III).
- In Israele: Hayonim Terrace, Ain Mallaha (Eynan), El-Wad (Monte Carmelo). Ein Gev, Nahal Oren, Salibiya (fase I).
- In Palestina: Gerico, Shuqba.
- In Giordania: Beidha
- In Libano: Jiita (fase III), Borj el-Barajné, Saaidé, Aamiq (fase II).

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Sepoltura natufiana presso il sito di El-Wad (Istraele)

Il neolitico preceramico
Alla cultura natufiana del mesolitico e alle sue due fasi A (9500-8700 a.C.) e B (8700-7000 a.C.), fu attribuito l'appellativo "neolitico preceramico", dall'archeologa Kathleen Kenyon, poichè i siti natufiani erano caratterizzati, appunto, dall'assenza di ceramiche. La fase B sembra sia terminata in corrispondenza di un brusco calo delle temperature, durato circa due secoli. Nel sito di 'Ain Ghazal, in Giordania è stata individuata una fase C del neolitico preceramico, (7000 a.C. - 5000 a.C.). Juris Zarins ha proposto un collegamento con la cultura arabica pastorale, che si sarebbe sviluppata a seguito di un maggiore sviluppo delle attività pastorali dopo la crisi climatica e alla fusione con la cultura tardo-natufiana di cacciatori e raccoglitori della Palestina meridionale (cultura harifiana).
Nella fase A si utilizzavano frumento, orzo e legumi, ma non ci sono prove che indichino che fossero coltivati anziché semplicemente raccolti. Tra gli strumenti sono conosciute sia lame a forma di falce, sia pietre da macina, che confermano l'utilizzo di cereali.
Nella fase B le popolazioni sembrano essere molto dedite all'allevamento, che integrò la precedente economia (agricoltura e/o caccia e raccolta). Tra gli insediamenti spicca la città di Gerico, dotata di una cinta di mura in pietra.

Çatalhöyük è un importante centro abitato di epoca neolitica dell'Anatolia, nella provincia turca di Konya, ai margini meridionali della pianura. Il sito (ricostruito lungo una sequenza di 18 livelli stratigrafici che vanno dal 7.400 al 5.700 a.C. ca.) occupa una superficie di 13,5 ettari, dei quali solo un 5% è stato indagato con scavi archeologici. Il sito di è stato scoperto alla fine degli anni cinquanta; l'archeologo inglese James Mellaart vi ha condotto campagne di scavi tra il 1961 ed il 1965. Dal 2012 il sito neolitico di Çatal höyük è riconosciuto dall'UNESCO come parte del "Patrimonio dell'umanità". Il villaggio era costruito secondo una logica completamente diversa da quella moderna: le case erano monocellulari e addossate l'una all'altra; essendo poi di altezze diverse, ci si spostava passando da un tetto a un altro e per molte case l'ingresso su quest'ultimo era l'unica apertura. La circolazione e gran parte delle attività domestiche avveniva dunque al livello delle terrazze. L'assenza di aperture verso l'esterno, nonché di porte a livello del terreno, difendeva la comunità dagli animali selvatici e da eventuali incursioni di popolazioni confinanti, anche se resta oscuro il livello di conflittualità tra le diverse comunità dell'epoca. L'unica via d'accesso all'intero complesso erano scale che potevano facilmente essere ritirate in caso di pericolo. A Çatalhöyük ogni abitazione era divisa in due stanze. Quella più grande aveva al centro un focolare rotondo ed intorno dei sedili e delle piattaforme elevate per dormire; in un angolo c'era un forno per cuocere il pane. La stanza più piccola era una dispensa per conservare il cibo: tra una casa e l'altra c'erano dei cortili usati come stalle per capre e pecore. Circa un terzo delle case presenta stanze decorate e arredate apparentemente per scopi culturali: sulle pareti, infatti, sono state rinvenute pitture e sculture di argilla che raffigurano teste di animali (qualcosa di analogo ai bucrani) e divinità (specialmente femminili, legate al culto domestico della fertilità e della generazione). Queste abitazioni non vanno pensate come santuari: il culto è ancora solo domestico e dà conto di una "ossessione simbolica", quella di un aggregato di umani che vivono a stretto contatto con i propri morti e che ha da tempo istintivamente associato penetrazione sessuale e sepoltura dei semi per l'agricoltura. Gli abitanti della città di Çatal höyük seppellivano i propri morti, divisi per sesso, sotto il letto. Questi, prima di essere sistemati sotto i letti, venivano esposti all'aperto in attesa che gli avvoltoi procedessero ad una completa escarnazione, con lo stesso sistema usato ancora oggi in India ed in Iran, dove i cadaveri sono depositati nelle cosiddette torri del silenzio. Fra i ritrovamenti relativi alla cultura materiale sono da segnalare l'abbondante produzione ceramica (via via lustrata chiara, poi scura, poi ingubbiata di rosso, ma non ancora dipinta, come poi accadrà nel neolitico anatolico) e la raffinata industria litica, realizzata per il 90% in ossidiana, pietra vulcanica vetrosa di cui la regione è ricca e di cui è attestato un intenso commercio locale fin dall'epoca protostorica. Lo schema economico di base è quello tipicamente agro-pastorale, ma si segnalano scelte ardite, quali quella di coltivare frumento invece che orzo e quella di allevare bovini invece che suini.

Hagilar era un antico villaggio, situato nell'attuale Turchia, precisamente a 25 chilometri a sud-est dell'odierna cittadina di Burdur, nella provincia omonima. È uno dei siti guida del neolitico anatolico. Si è sviluppato su sei livelli con una durata che va dal 5400 al 4800 a.C. Dal punto di vista cronologico, succede a Çatalhöyük, ma con notevoli differenze sul piano della tipologia abitativa: si tratta di case pluri-cellulari e dotate di cortili. La circolazione interna è garantita a livello pavimentale. Lo strumentario domestico resta quello tipico di Çatalhöyük, ma sono assenti le panchine sotto cui gli abitanti di Çatalhöyük seppellivano i propri morti. Altrettanto, risultano assenti le decorazioni cultuali dedicate ai parenti morti. Il villaggio di Hagilar appare povero, con una industria litica di scarsa fattura. La ceramica è dipinta. La successione dei livelli presenta rimaneggiamenti anche importanti: mentre il livello VI presenta un villaggio aperto, con evidente ruolo dell'interscambio pluri-familiare, il livello II è racchiuso in un recinto di forma quadrangolare, strutturato a base mono-familiare. Il livello I, infine, quello più prossimo alla superficie, presenta strutture compatte, a cui si accede dal terrazzo. Il sito venne scoperto nel 1956 dall'archeologo britannico James Mellaart, guidato da un insegnante del posto. Nel 1957 venne iniziato uno scavo che si concluse nel 1960.

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Statuette femminili da Hagilar (Museo di preistoria e protostoria di Berlino)

Umm Dabaghiya è una delle più antiche culture ceramiche del Vicino Oriente antico, in particolare la più antica dell'Alta Mesopotamia. Risale al periodo 6000-5500 a.C. circa. Si trova a sud del Gebel Singiar e a sudovest di Ninive, nel nord dell'attuale Iraq. Si tratta di un sito piuttosto minuto, un villaggio che ospitava appena sei famiglie. Le case sono quadrangolari (una forma che prelude all'ampliamento urbano) e presentano più ambienti. Sono stati rintracciati anche magazzini in forma di cellule quadrate. Agricoltura e allevamento dovevano essere assai poveri (il clima era infatti alquanto arido: anche di qui l'eccezionalità del sito). La maggiore fonte di sostentamento potrebbe essere stata la caccia all'onagro selvatico (il 70% delle ossa ritrovate nei pressi del sito appartengono a questa specie, il 20% a gazzelle, appena il 10% a caprovini addomesticati). La ceramica, presente in abbondanza insieme al rame e all'ossidiana dell'Anatolia, si presenta sia nella versione dipinta che in quella lustrata, con decorazioni incise o applicate. Nelle abitazioni sono state trovate tracce di un'iconografia simile a quella di Çatalhöyük, in particolare murali raffiguranti la caccia all'onagro selvatico. La presenza degli ingressi sul tetto, allo stesso modo che a Çatalhöyük, ha suggerito al ricercatore che ha condotto gli scavi, Diana Kirkbride, la possibilità che nella zona fosse attivo un commercio di ossidiana con l'Anatolia. L'intero sito potrebbe anzi essere stato una sorta di stazione di passaggio, specializzata nella produzione di pellami, come attesta la vasta presenza di attrezzi di selce per raschiare.

La cultura di Hassuna è una cultura neolitica. Il sito guida da cui prende il nome è quello di Hassuna, sul corso del Tigri, nell'attuale Iraq (Governatorato di Ninawa), ma importante è anche quello di Yarim Tepe. Durò approssimativamente fra il 5600 e il 5000 a.C. Secondo la scuola di Lione, questa cultura si situa nel "periodo 6" della storia della Mesopotamia, insieme alla cultura di Halaf. Più precisamente, essa è coeva alla prima fase della cultura di Samarra e alla prima fase del periodo Halaf, che in ultimo la assorbì. La cultura di Hassuna succede a quella di Umm Dabaghiya. È verso il 6000 a.C. che le comunità agricole si installarono definitivamente nelle pianure ai piedi delle montagne e particolarmente in questo sito. Le abitazioni sono dello stesso tipo di Umm Dabaghiya: rettangolari e sviluppate su più ambienti. In griglia venivano ordinati dei magazzini monocellulari. L'economia si fonda su una agricoltura non irrigua, sull'allevamento e sulla caccia. L'industria litica appare povera. Avanzato è lo stato della sua ceramica, generalmente dipinta su fondo opaco, marrone rossastro o nero. I temi sono figurativi. I motivi decorativi (alcuni triangoli inscritti in un rombo, croci uncinate etc) riappaiono a Ninive, Baghuz, nel medio Eufrate, nella pianura di Anatolia, incluse le pendici del Tauro.

Tepe Gawra è un sito-guida del neolitico. Si trova nella regione successivamente chiamata Assiria, in zona pedemontana, a nordest della moderna Mosul. È uno dei più importanti siti settentrionali coevi alla cultura di Ubaid e, insieme ad altri siti, come Arpachiya, Ninive, Telul el-Thalat e Tell Brak, rimpiazza a nord la cultura di Halaf, da tempo in crisi. La sequenza dei templi di Gawra giunge fino al tardo periodo di Uruk. La cultura di Gawra, che definisce le sequenze anche per le propaggini settentrionali della cultura Ubaid, fu particolarmente fiorente tra il 5000 e il 3100 a.C.. Il diametro del tell di Gawra misurava 120 metri per un'altezza di 22. Una prima spedizione archeologica venne effettuata da Austen Layard alla metà del XIX secolo. Il sito fu poi scavato nel 1927, nel 1931 e nel 1932, per un totale di otto mesi, da archeologi della Università della Pennsylvania e delle American Schools of Oriental Research, guidati da Ephraim Avigdor Speiser e Charles Bache. Furono scoperti venti livelli, anche se l'ammontare del finanziamento non permise di portare a termine l'intento iniziale, quello di una indagine completa. I templi di Tepe Gawra si succedono in una sequenza del tutto simile a quella di Eridu. Nello strato 13 di Gawra si trova un complesso templare formato da tre santuari, in cui a tratti originali si mescolano tratti meridionali. In particolare, rispetto all'impostazione tripartita tipicamente meridionale, interviene un arretramento della cella centrale mentre l'ingresso è posto sul lato corto, il che attribuisce al tempio una forma "a portico". Nella fase Ubaid, insomma, il nord e il sud sembrano manifestare lo stesso avanzamento culturale e tecnologico. Eppure le differenze spiccano e non mancheranno di farsi sentire nel tempo. A Gawra sono frequenti gli edifici rotondi ("a tholos"), ereditati dal periodo di Halaf e presenti ancora nello strato 11 (corrispondente all'Uruk antico), che attestano la vicinanza di gusti "pedemontani". Il meridione, nel complesso, è demograficamente sempre più preponderante e si profila come centro organizzativo rispetto alle aree "marginali", che forniscono pietre dure e metalli. Pur avvertendo con forza l'influsso culturale del sud, il nord si attesta su un sistema gentilizio, connotato dal forte ruolo ricoperto dalla personalità del capo. I residui della cultura di Halaf vengono reinterpretati, a Gawra, nel segno dell'influenza della cultura meridionale di Ubaid, ma tale influsso appare difficilmente assimilabile, come sembra attestare il fatto che le abitazioni "a tholos" sono presenti nelle sequenze in cui mancano i templi di chiara influenza Ubaid e viceversa. Mentre nella Bassa Mesopotamia l'agricoltura diventerà presto il settore portante (inserito però in un contesto privo di altre importanti materie prime, che necessitano di essere importate dal nord), nell'Alta Mesopotamia le necropoli, per i materiali restituiti, indicano che l'attività commerciale è predominante, mentre la pratica agricola, pur importante, è affidata alle precipitazioni, laddove al sud è condotta su base irrigua. I commerci sembrano attestati dalla presenza di lapislazzuli (dall'odierno Afghanistan) e di cornalina, turchese, ematite e diorite (dall'altopiano iranico). Altro addentellato tra cultura settentrionale e cultura meridionale è rappresentato dalla compresenza a Gawra, sul piano della gestione del potere, di un'importante glittica (che dalla decorazione geometrica si evolve poi in raffigurazioni umane e animali) e di un "palazzo" ancora "a tholos" (quello dello strato 11): in tal modo, la cultura montanara fa sentire la presenza di un capo e, d'altro canto, la glittica segna invece un passo verso la gestione "spersonalizzata" della produzione di beni, tipica del futuro meridione templare-palatino.

La cultura di Halaf è una cultura neolitica che si diffuse in tutta l'Alta Mesopotamia tra il VI e il V millennio a.C.. Il sito guida da cui prende il nome è quello di Tell Halaf (sul fiume Khabur). Secondo la Scuola di Lione, questa cultura si situa nel "periodo 6" della storia della Mesopotamia. Si apre con una fase antica, caratteristica del sito di Arpachiya, in Assiria (5600-5300 a.C.). Successivamente si trasmette in tutta l'Alta Mesopotamia in una fase media (5300-4800 a.C.): a sudest finisce per confinare con la cultura Hassuna tarda, giungendo ad assorbirla nello Halaf tardo (4800-4500 a.C.). La cultura di Halaf risulta dunque la cultura più influente sorta fino ad allora: è anzi la prima civiltà mesopotamica che abbia raggiunto dimensioni ragguardevoli (la zona di influenza misura tre o quattro volte l'ambito originario di questa cultura), rappresentando una fase assai rilevante ai fini della futura omogeneizzazione del Vicino Oriente mesopotamico. Si ipotizza che la cultura di Halaf derivi dagli apporti di montanari scesi nella pianura in cerca di ambiti ecologici più estesi, dove applicare con maggior profitto le tecniche neolitiche sviluppate inizialmente nelle zone pedemontane dei Monti Zagros (dall'Eufrate al Piccolo Zab), in particolare l'agricoltura e il pascolo. L'economia tipicamente legata a questa cultura è di tipo agro-pastorale, basata sulla coltivazione dell'orzo non irriguo e sul pascolo dei caprovini: questo modello di sussistenza è il punto di arrivo dei tanti esperimenti portati avanti nel pedemonte (e qui vi rimarrà modello fondamentale). Gli insediamenti di tipo Halaf hanno dimensioni contenute (uno o due ettari). Nelle abitazioni permangono tratti arcaici, quali appaiono nelle forme a thòlos (tonde e con cupola). Alla parte interna (circolare) si viene introdotti attraverso una sorta di vasto spazio coperto di forma rettangolare e allungata, un decisivo regresso rispetto alle abitazioni quadrangolari che si sono affermate ormai da diverse centinaia di anni, come a Çatal Hüyük in Anatolia (6500-5500 a.C.) o a Umm Dabaghiya in Assiria (6000-5500 a.C.). Nonostante questi tratti arcaici, la cultura di Halaf presenta una grande capacità di diffondersi, soprattutto con la caratteristica ceramica policroma, che rappresenta l'apice tecnologico raggiunto dall'uomo fino a quel punto del neolitico vicino-orientale.

La cultura di Samarra è una cultura neolitica. È stata individuata una fase antica (5600-5400 a.C.), di cui si ha traccia a Samarra (il sito guida che dà il nome alla cultura) e a Tell es-Sawwan, come Samarra sulle rive del Tigri ma posto più a valle. Di una fase media (5400-5000 a.C.) si ha traccia verso nordest fino a Tell Shemshara (nella parte a monte del Piccolo Zab), verso sudest oltre il fiume Diyala, fino a Choga Mami, e ad ovest fino a Baghuz (sull'Eufrate). Della fase tarda, infine, si ha traccia solo a Choga Mami (tra il 5000 e il 4800 a.C.). La fase finale si segnala per la particolarità degli insediamenti (a Tell es-Sawwan le case sono divise in molti ambienti ed è presente un muro di difesa) e per la ceramica dipinta: i motivi di quest'ultima sono estremamente complessi, soprattutto in rapporto alla ceramica fin lì sviluppata, e sviluppano anche temi figurativi. Con Samarra si diffonde il modello dell'"abitazione tripartita", un elemento poi a lungo tipico della tradizione mesopotamica: una sala centrale, divisa in due o tre parti, è attorniata da due fila di stanze. La presenza di mura di cinta e di alcuni edifici di dimensioni maggiori rispetto alla media ha fatto ipotizzare che con Samarra e la sua seminale sedentarizzazione inizi a svilupparsi una prima stratificazione sociale. Fondamentale sviluppo di questa cultura è il deciso orientamento verso la coltivazione irrigua, la cui prima attestazione certa è appunto a Choga Mami: la zona di influenza della cultura di Samarra è infatti piuttosto arida (ci si trova al di sotto della isoieta dei 200 mm di precipitazioni annue). La caccia rappresenta una forma di sostentamento ormai marginale.

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Culture ceramiche del Vicino Oriente nel medio Halaf - 5200-4500a.C.

Schema cronologico del neolitico del Vicino Oriente
6000 Fiume Khabur Gebel Singiar
Assiria
Medio Tigri Bassa
Mesopotamia
Khuzistan (Iran) Anatolia  
5600   Umm Dabaghiya     Muhammad Giaffar Çatalhöyük
(6300-5500)
 
5200
Halaf antico

Hassuna
Samarra antico
(5600-5400)

Samarra medio
(5400-5000)

Samarra tardo
(5000-4800)
 
Susiana A
Hagilar

Mersin 24-22
 

4800
Halaf medio
Hassuna tardo

Gawra 20
Eridu
(= Ubaid 1)
Eridu 19-15

Tepe Sabz
Hagilar

Mersin 22-20

C
4500 Halaf tardo Gawra 19-18   Haggi Muhammad
(= Ubaid 2)

Eridu 14-12
Khazineh

Susiana

 

La lista reale sumerica

mesop. 4

La lista reale sumerica presso l'Ashmolean Museum di Oxford

La lista reale sumerica è un antico testo in lingua sumera che annota le varie dinastie dei re sumerici. Sono conosciute sedici versioni di questo testo (indicate con sedici lettere dell'alfabeto inglese, da A a P), tutte scritte in sumerico, anche se alcune mostrano una chiara influenza accadica. Il testo potrebbe essere stato composto verso la fine del III millennio a.C. (Terza dinastia di Ur) ed essere stato poi diverse volte rimaneggiato. Esiste analoga documentazione per Babilonia (Lista reale babilonese) e per l'Assiria (Lista reale assira).
Caratteristiche
La lista registra le città e i nomi dei re e governanti che detennero il potere ufficiale e la durata dei loro regni. I Sumeri credevano che la regalità fosse donata dagli dei e che potesse passare da una città all'altra con le conquiste militari. La lista ha la particolarità di mescolare re anti-diluviani, probabilmente mitici e con regni dalla durata lunghissima, con le più plausibili dinastie storiche. Il primo re sulla lista di cui l'esistenza storica è stata attestata indipendentemente attraverso ritrovamenti archeologici è Enmebaragesi di Kish (ca. 2700 a.C.), il cui nome è citato anche nell'epopea di Gilgamesh. Sembra anche che lo stesso Gilgamesh sia stato un re storico di Uruk. Stranamente assenti dalla lista sono i sacerdoti-re della dinastia di Lagash che sono conosciuti direttamente da iscrizioni del 2500 a.C. circa. Un altro antico re della lista, realmente esistito, è Lugalzagesi di Uruk del 2300 a.C. che conquistò la città di Lagash e fu poi sconfitto da Sargon di Akkad. La lista accenna soltanto a una donna re, Kug-Baba, la "donna custode della taverna", che da sola rappresenta la terza dinastia di Kish. La lista risulta fondamentale, data la mancanza di altre fonti, per ricostruire la cronologia sumerica del III millennio a.C. Tuttavia, la presenza nella lista di dinastie che hanno probabilmente regnato contemporaneamente ma in città differenti e che invece nella lista vengono messe in sequenza, rende impossibile fidarsi completamente della cronologia che appare nella lista. Tenendo in considerazione questo, molte date sono state riviste negli ultimi anni e generalmente spostate molto più indietro, anche di un intero millennio. Inoltre le incertezze presenti, soprattutto per quanto riguarda la durata del periodo dei Gutei, rende impossibile conoscere con esattezza le date degli eventi avvenuti nella Terza dinastia di Ur (ca. 2100 a.C.). Alcune delle più antiche iscrizioni conosciute che contengono la lista dei re sono datate al terzo millennio a.C., come ad esempio il cosiddetto prisma di Weld-Blundell, datato al 2170 a.C. Le posteriori liste dei re babilonesi e assiri che furono basate su esso, hanno preservato le parti più antiche della lista fino al III secolo a.C., quando Berosso diffuse la lista nel mondo ellenico. Durante il lungo periodo di tempo in questione, i nomi si sono inevitabilmente modificati e la versione greca di Berosso, una delle prime scoperta e studiata dai moderni accademici, utilizza traduzioni ormai molto lontane dall'originale, specialmente nei nomi dei re. Alcuni autori hanno proposto di rileggere la durata dei regni dei re anti-diluviani in numeri più realistici, trasformando le date in sars (1 sar = 3600 anni) in semplici anni o decenni. Un'ipotesi alternativa per le durate delle sovranità del periodo protodinastico è suffragata dal fatto che l'unità di misura SARS era per la mesopotamia in epoca remota principalmente, e soprattutto presso i Sumeri, una misurazione dell'area in particolare misurava una zona di 12 cubiti x 12 cubiti, circa 6 metri x 6 metri; i Sumeri, come le altre civiltà coeve, utilizzavano come orologi la proiezione dell'ombra ed il loro sistema operativo era di porre un elemento verticale (un obelisco o un manufatto simile) in uno spiazzo, al vertice d'una zona quadrata ben delimitata, appositamente congeniata e misurata in base all'altezza del manufatto verticale, dove poi venivano segnate a terra secondo uno schema preciso le suddivisioni del giorno diurno; si ipotizza quindi che scrivere di una sovranità durata un certo numero di zone quadrate equivalga a contare quanti spiazzi di un orologio ad ombra fossero stati completati, cioè quanti i giorni passati; in quest' ottica cifre calcolate in anni come 21.000 sarebbero commisurate a giorni e quindi 57 anni; tipicamente le cifre sono comprese tra 1 anno e 100 anni (per i Sumeri l'anno era di 354 giorni - imèpressionante realtà), e quindi più antropologicamente comprensibili; se si aggiunge che un orologio siffatto misura solo mezza giornata, potrebbe essere plausibile che il computo si dimezzi ulteriormente. Nei seguenti periodi dinastici, distanti secoli dal protodinastico, la misurazione è poi stata variata o aggiustata a causa dell'evoluzione dei loro orologi che potevano segnare anche i mesi lunari dell'anno, che per i sumeri erano 12 (con cifre da 140 a 1200 più o meno il periodo lunare resta tra 1 e 100 anni), e poi evolvendo il computo del tempo nei secoli, fu portata ad annualità, sempre coerentemente con lo stesso range compreso nella lunghezza temporale di una vita umana.

Eugenio Caruso - 03 - 02 - 2022

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www.impresaoggi.com