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Universo: novità teoriche e sperimentali

 

Una nuova teoria cosmologica indica un universo finito più piccolo e più semplice
Poco prima della sua morte, Stephen Hawking ci ha lasciato la sua eredità: una teoria sviluppata con il fisico Thomas Hertog che affronta il problema degli universi multipli e infiniti.
Le attuali teorie sul Big Bang prevedono che esso abbia dato luogo non a uno ma a molti universi, chiamati il multiverso. La percezione comune del multiverso è che sia come un frattale infinito costituito da piccoli universi diversi. Ma il multiverso contiene un numero illimitato di possibilità. Ed è qui che sta il problema. Visto che qualsiasi cosa è possibile da qualche parte in questa collezione di universi, la teoria non è in grado di prevedere molto sul nostro universo.
In un articolo pubblicato nel «Journal of High Energy Physics», Stephen Hawking e Thomas Hertog dalla KU Leuven presentano un modello che riduce il multiverso sconfinato a una gamma più gestibile di possibili universi. L'articolo è stato inviato per la pubblicazione pochi giorni prima della morte di Hawking.
Il nuovo modello dei fisici, sviluppato con il parziale supporto del progetto HoloQosmos, finanziato dall'UE, parla di un concetto chiamato inflazione eterna. Secondo la teoria dell'inflazione eterna, per una frazione di secondo dopo il Big Bang, lo spaziotempo deve aver subito un'espansione a una velocità enorme. Si ritiene che una volta iniziata, questa rapida espansione – chiamata inflazione – vada avanti per sempre. Ma in alcune regioni (tasche) l'inflazione si blocca, formando locali piccoli universi con stelle e galassie.

"""L'inflazione eterna è un modello di inflazione cosmologica dell'universo prevista da alcune estensioni della teoria del Big Bang e del modello standard della cosmologia. Il modello originale di Alan Guth di inflazione includeva una fase di "falso vuoto" con energia del vuoto positiva. Parti dell'universo in quella fase si espandono inflativamente e solo occasionalmente decadono a uno stato di energia minore, non inflazionario, chiamato anche stato fondamentale. Nelle teorie dell'inflazione eterna la fase di espansione accelerata dell'universo dovuta all'inflazione continua per sempre, almeno in alcune regioni. Dato che queste regioni si espandono a tassi esponenziali, l'intero volume dell'universo cresce indefinitamente fino alla riproduzione di un nuovo universo. L'inflazione eterna è prevista da molti modelli differenti di inflazione cosmica. La teoria comprende anche la cosiddetta variante dell'inflazione caotica o teoria delle bolle (in inglese Bubble Theory), un modello di cosmologia frattale proposto da Andrej Linde. Secondo Linde, l'inflazione caotica implicherebbe l'effettiva e reale esistenza di un multiverso, nel caso un universo inflazionario infinito, di cui l'universo osservabile scaturito dal Big Bang è solo una parte.

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Andrej Linde chiama il suo modello, scherzosamente, "universo a coppa di champagne". Ogni universo di questo multiverso è infatti visto come una piccola bolla di anidride carbonica in una calice di vino frizzante."""



Secondo questa teoria, ogni cosa nel nostro universo osservabile è contenuta all'interno di una di queste tasche. Nel loro articolo, gli autori suggeriscono che il modello attuale dell'inflazione eterna del Big Bang sia sbagliato. Questo accade perché esso basa l'evoluzione dell'universo esistente sulla teoria della relatività generale di Einstein, che collassa al Big Bang. «Prevediamo che il nostro universo, sulle scale più grandi, sia ragionevolmente tranquillo e globalmente finito. Quindi non è una struttura frattale», ha affermato Hawking in una intervista con l'Università di Cambridge l'anno scorso. Hawking e Hertog hanno usato la teoria delle stringhe come base per il loro nuovo modello. Il loro approccio all'inflazione eterna ruota attorno a un principio della teoria delle stringhe chiamato principio olografico.
In base a questo principio, la realtà fisica che percepiamo in tre dimensioni può essere scritta su una superficie bidimensionale, come un ologramma. I ricercatori hanno sviluppato una variante del principio olografico per proiettare la dimensione del tempo in inflazione eterna. Questo approccio ha consentito loro di descrivere l'inflazione eterna senza utilizzare la relatività generale. Essi l'hanno invece ridotta matematicamente a uno stato senza tempo su una superficie spaziale all'inizio del tempo.
La loro nuova teoria implica «una struttura globale molto più gestibile dell'universo, in cui le regioni possono differire tra loro, ma nulla in confronto a quanto avveniva nella vecchia teoria del multiverso», ha spiegato Hertog in una intervista concessa al Consiglio europeo della ricerca. «Ritengo che il punto fondamentale riguardo al nostro modello non sia tanto che le superfici con densità costante nell'universo siano finite, quanto piuttosto che la variazione nel multiverso sia limitata. In altre parole, che la gamma di differenti universi tascabili sia molto più piccola. Questo rende la cosmologia basata sulla nostra nuova teoria molto più predittiva, molto più robusta come teoria scientifica e di conseguenza alla fine, speriamo, testabile».
Il prossimo passo per Hertog è quello di testare la teoria cercando onde gravitazionali che potrebbero essere state generate nel Big Bang. Sviluppando una struttura olografica per la cosmologia quantistica, HoloQosmos (Holographic Quantum Cosmology) sta cercando di rivoluzionare l'attuale prospettiva sulla cosmologia. Per maggiori informazioni, consultare: pagina web del CORDIS

AI CONFINI DELL'UNIVERSO

Le immagini dell’ammasso SMACS 0723 mostrate dal telescopio spaziale James Webb della NASA – lanciato il 25 dicembre 2021 su un razzo Ariane 5 dallo spazioporto europeo nella Guyana francese, in collaborazione con ESA Agenzia spaziale europea e CSA Agenzia spaziale canadese, rappresentano un enigma anche per gli scienziati che, a partire da questa tecnologia, potranno spingersi a osservare e a interpretare un po’ più in là, quella minima parte che ci è concessa di vedere.
“Oggi presentiamo all’umanità una nuova visione rivoluzionaria del cosmo dal telescopio spaziale James Webb, una visione che il mondo non ha mai visto prima”,
ha affermato l’amministratore della NASA ed ex astronauta, Bill Nelson.
“Queste immagini, inclusa la più profonda visione a infrarossi del nostro universo che sia mai stata scattata, ci mostrano come Webb aiuterà a fornire le risposte a domande che non sappiamo nemmeno porre; domande che ci aiuteranno a capire meglio il nostro universo”.
Ma cosa stiamo vedendo, in questa che, a oggi, è l’immagine più profonda, nitida e ricca di dettagli dai confini più distanti dell’universo? Migliaia di galassie dell’ammasso SMACS 0723, inclusi gli oggetti più deboli mai osservati nell’infrarosso, una porzione di cielo che, giusto per giudicare con un metro di misura umano, corrisponde a circa un granello di sabbia tenuto su un dito e osservato a distanza di un braccio.
Il campo profondo, ripreso dalla NIRCam – Near-Infrared Camera di Webb, è composto da immagini a diverse lunghezze d'onda. Ci sono volute settimane per assemblare questa immagine e, ragionando in termini di tempo, ciò che vediamo corrisponde a un paesaggio di circa 13 miliardi di anni fa. Contando che, secondo quanto stimato da Hubble – l’altro telescopio spaziale malinconicamente surclassato da Webb – l’universo ha un’età compresa tra i 12 e i 14,5 miliardi di anni, possiamo immaginare di star osservando un universo ancora giovane.
Se ha senso parlare in questi termini, che presuppongono un prima e un dopo. D’altra parte rimaniamo pur sempre dei sapiens, che per agire hanno bisogno di parametri e segmenti, di angoli e di porte. Anche se possiamo giocare a pensare in termini universali e a posizionarci di là da noi stessi, come del resto abbiamo fatto spesso anche prima dei telescopi spaziali, con le grandi strutture delle religioni e delle filosofie, dalla metafisica infinita alla circolarità taoista, arrivando alla formulazione di concezioni diametralmente opposte, come l’Essere Immobile di Parmenide e i mutamenti dell’I Ching.
Ma ci stiamo allontanando troppo, meglio rimanere con i piedi per terra e lasciarsi conquistare dalle incredibili immagini diffuse dalla NASA. Cinque sono i bersagli del telescopio spaziale Webb e dei suoi strumenti, che corrispondono ad altrettanti grandi temi di ricerca: la nascita delle stelle, la formazione dei pianeti, la nascita delle prime galassie dopo il Big Bang, l’evoluzione delle galassie, lo studio dei pianeti esterni al Sistema Solare.

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Questa immagine mostra l'ammasso di galassie SMACS 0723 come appariva 4,6 miliardi di anni fa. Alcune stelle appaiono distorte dalla gravità dell'ammasso galattico al centro. Altre sono a 13 miliardi di anni luce da noi. NASA, ESA, CSA, STScI

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Questo paesaggio di “montagne” e “valli” punteggiato di stelle scintillanti è in realtà il confine di una vicina, giovane regione di formazione stellare chiamata NGC 3324 nella Nebulosa Carina. Catturata alla luce infrarossa dal nuovo telescopio spaziale James Webb della NASA, questa immagine rivela per la prima volta aree precedentemente invisibili relative alla nascita delle stelle. Chiamate “scogliere cosmiche”, l’immagine apparentemente tridimensionale di Webb sembra riprendere montagne scoscese in una sera illuminata dalla luna. In realtà, è il bordo della gigantesca cavità gassosa all’interno di NGC 3324 e i “picchi” più alti in questa immagine sono alti circa 7 anni luce. L’area cavernosa è stata scavata dalla nebulosa dall’intensa radiazione ultravioletta e dai venti stellari di giovani stelle estremamente massicce, calde, situate al centro della bolla, sopra l’area mostrata in questa immagine.

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Stephan’s Quintet è un raggruppamento visivo di cinque galassie, noto soprattutto per essere stato protagonista del film “It’s a Wonderful Life”. Oggi, il telescopio spaziale James Webb della NASA rivela il Quintetto sotto una nuova luce. Questo enorme mosaico è l’immagine più grande di Webb fino a oggi. Contiene oltre 150 milioni di pixel ed è composto da quasi 1.000 file immagine separati, fornendo nuove informazioni su come le interazioni galattiche potrebbero aver guidato l’evoluzione delle galassie nell’universo primordiale. Con la sua potente visione a infrarossi e una risoluzione spaziale estremamente elevata, Webb mostra dettagli mai visti prima in questo gruppo di galassie. Ammassi scintillanti di milioni di giovani stelle e regioni stellari di nuove nascite di stelle abbelliscono l’immagine. Le ampie code di gas, polvere e stelle vengono estratte da molte delle galassie a causa delle interazioni gravitazionali. Più drammaticamente, Webb cattura enormi onde d’urto mentre una delle galassie, NGC 7318B, si schianta attraverso l’ammasso.

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La stella più fioca al centro di questa scena ha emesso anelli di gas e polvere per migliaia di anni in tutte le direzioni e il telescopio spaziale James Webb della NASA ha rivelato per la prima volta che questa stella è ammantata di polvere. Due telecamere a bordo di Webb hanno catturato l’ultima immagine di questa nebulosa planetaria, catalogata come NGC 3132 e conosciuta come la Nebulosa dell’Anello Meridionale. Dista circa 2.500 anni luce. Webb consentirà agli astronomi di approfondire molti più dettagli sulle nebulose planetarie come questa: nubi di gas e polvere espulse dalle stelle morenti. Capire quali molecole sono presenti e dove si trovano nei gusci di gas e polvere aiuterà i ricercatori ad affinare la loro conoscenza di questi oggetti. Questa osservazione mostra la Nebulosa Anello Meridionale quasi di fronte, ma se potessimo ruotarla per vederla di taglio, la sua forma tridimensionale sembrerebbe più chiaramente simile a due ciotole poste insieme nella parte inferiore, che si aprono l’una dall’altra con un grande foro al centro.

Defonizione di unoiverso osservabile

Immaginate una sfera centrata su un osservatore: l’universo osservabile è quella regione che effettivamente si riesce aindividuare. Dunque questa sfera è centrata sul nostro pianeta ma è bene precisare che ogni posizione nello spazio possiede il suo universo osservabile. L’Universo è in espansione (come provato da Hubble) e quindi le sorgenti di luce, come le stelle o meglio le galassie, si stanno allontanando dal nostro punto di osservazione. Se così non fosse il raggio dell’universo osservabile sarebbe pari a 13,8 miliardi di anni luce circa, ovvero la distanza percorsa dalla luce dall’inizio dell’Universo (dal Big Bang). Ma poiché si sta espandendo, la distanza dell’orizzonte è molto più grande: una radiazione elettromagnetica partita 13,8 miliardi di anni fa che giungesse ora a un osservatore sarebbe relativa a una sorgente che si è allontanata dall’osservatore stesso. Le ultime stime ipotizzano che lo spazio si potrebbe essere espanso per circa 4,7×10esp23 km ovvero 46,5 miliardi di anni luce. Dunque il diametro della sfera sarebbe pari proprio a 93 miliardi di anni luce. Il volume sferico risulterebbe essere circa 5×10esp32 anni luce cubi capace di contenere circa 7×10e4sp22 stelle, raggruppate in circa 2×10esp12 galassie che vanno a formare gruppi e ammassi e superammassi di galassie (secondo le ultime stime del Telescopio Spaziale Hubble il numero di galassie sarebbe sottostimato).

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7 galassie dal confine dell'universo

Con i parametri utilizzati oggi la costante di Hubble risulta dal rapporto tra km/s e Megaparsec. Le galassie si allontanano con una velocità proporzionale alla distanza, quindi più una galassia è lontana e più si allontana velocemente.
Il redshift viene indicato con la lettera z ed è dato da

z = Λ / Λ0

dove il dividendo è lo spostamento di lunghezza d'onda di una certa riga spettrale ed il divisore è la lunghezza d'onda della stessa riga osservata in laboratorio, e quindi a distanza fissa e nota.
Ad esempio, per una galassia osservata la cui linea dell'elemento H Λ si trova a 662,9 nanometri anziché ai 656,3 tipici di laboratorio, il redshift è pari a

z = (662,9 - 656,3) / 656,3 = 0,010.

Per le galassie più vicine, dove z è molto minore di 1, la velocità di movimento può essere calcolata tramite la formula

v = c z

dove c è la velocità della luce, pari a 3x108ms. Ne segue che, per la galassia con redshift 0x010, la velocità di allontanamento è pari a 3000 km/s.


IMPRESA OGGI - Eugenio Caruso - 30-08-2022

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