WEBB ha osservato il pianeta GIOVE in grande dettaglio mostrando le colossali tempeste e le enormi aurore che si producono nella sua atmosfera. Oltre a essere particolarmente spettacolari da vedere, queste immagini aiuteranno gli astronomi ad approfondire le loro conoscenze sul pianeta più grande del nostro sistema solare.
L’osservazione all’infrarosso consente di cogliere dettagli che altrimenti non potremmo vedere e che sono molto utili per studiare le caratteristiche degli oggetti spaziali. Le immagini vengono poi elaborate per essere rese visibili ai nostri occhi, utilizzando colori che consentano di mettere in evidenza particolari caratteristiche.
Ai poli del pianeta sono visibili aurore, rese con una colorazione dal verde al rosso, che raggiungono alte quote nell’atmosfera del pianeta. È inoltre ben visibile la Grande Macchia Rossa, la tempesta che dura da almeno tre secoli e che è la più grande di tutto il Sistema solare, talmente ampia da poter contenere quasi tre pianeti delle dimensioni della Terra.
Nell’immagine, la macchia appare bianca, perché come fanno altre nubi nell’atmosfera gioviana, riflette grandi quantità di luce solare e di conseguenza appare molto luminosa nei filtri utilizzati per osservare il pianeta all’infrarosso.
SATURNO. Dati provenienti dalla navicella spaziale Cassini rivelano che il maestoso sistema di anelli di Saturno possiede una propria atmosfera, separata da quella del pianeta.
Gli strumenti a bordo della Cassini sono stati in grado di stabilire che l'ambiente attorno agli anelli è come un'atmosfera, composta principalmente da ossigeno molecolare.
Gli anelli di Saturno sono composti in gran parte da ghiaccio mischiato con quantità più piccole di polvere e materiale roccioso. Sono straordinariamente sottili: pur avendo un diametro di oltre 250.000 chilometri, il loro spessore raggiunge a malapena i 1,5 chilometri. Nonostante il loro aspetto impressionante, gli anelli contengono pochissimo materiale - se fossero compressi in un unico corpo, questo non misurerebbe da una parte all'altra più di 100 chilometri.
L'origine degli anelli è sconosciuta. Un tempo gli scienziati credevano che gli anelli si fossero formati contemporaneamente ai pianeti, aggregandosi da nuvole vorticose di gas interstellare 4.000 milioni di anni or sono. Oggi si ritiene invece che gli anelli siano più "giovani", forse hanno solo qualche centinaia di migliaia di anni. Secondo un'altra teoria, una cometa sarebbe passata troppo vicina a Saturno, frantumandosi a causa delle correnti mareali. Forse una delle lune di Saturno è stata colpita da un asteroide frantumatosi in pezzi che adesso formano gli anelli.
Anche se Saturno può avere posseduto gli anelli sin dalla sua formazione, il sistema di anelli non è stabile e deve essere rigenerato da processi continui, probabilmente grazie all'esplosione di satelliti più grandi. Le molecole di acqua sono dapprima estratte dalle particelle che costituiscono gli anelli per effetto della luce solare ultravioletta. Si scindono poi in idrogeno e ossigeno molecolare e atomico per effetto della fotodissociazione. Il gas idrogeno si disperde nello spazio, l'ossigeno atomico e qualsiasi altro residuo di acqua si ghiacciano e rimangono a formare il materiale degli anelli a causa delle basse temperature, lasciando così una concentrazione di molecole di ossigeno.
Il dottor Andrew Coates, co-ricercatore per CAPS, del Mullard Space Science Laboratory (MSSL) dello University College di Londra, spiega: "Quando l'acqua fuoriesce dagli anelli, si scinde a causa della luce solare; l'idrogeno e l'ossigeno atomico che ne derivano vengono quindi dispersi, mentre rimane l'ossigeno molecolare. L'INMS (lo spettrometro do massa) osserva il gas ossigeno neutro, il CAPS (spettrometro per la rilevazione del pasma) osserva gli ioni di ossigeno molecolare e ottiene una "panoramica degli elettroni" degli anelli. Questi ultimi rappresentano i prodotti ionizzati di quell'ossigeno e alcuni elettroni aggiuntivi spinti fuori dagli anelli per effetto della luce solare".
Il dottore Coates ritiene che l'atmosfera degli anelli è, probabilmente, tenuta sotto controllo da forze gravitazionali e da un equilibrio fra la perdita di materiale dal sistema degli anelli e nuove aggiunte di materiale fornito da particelle degli anelli stessi.
MARTE. Secondo quanto riportato dall'ESA, osservare Marte per il JWST è una sfida impegnativa non perché sia troppo debole, ma per il motivo opposto: essendo (relativamente) vicino, la sua emissione è elevata tanto da arrivare alla "saturazione del rivelatore".
Le immagini di Marte sono state catturate utilizzando la Near-Infrared Camera (NIRCam) con due diverse tipologie di emissione nell'infrarosso. In particolare è stato osservato il pianeta a 2,1 µm che è la frequenza più vicina allo spettro del visibile. Si è passati poi a quella a 4,3 µm che invece mostra l'emissione termica di Marte, sia della superficie che dell'atmosfera. Qui si può vedere la differenza tra l'equatore e i poli, con il Polo Nord marziano che è più freddo in quanto si trova nel periodo invernale. Anche l'anidride carbonica ha un effetto su questo filtro e sulla rilevazione e parte dell'emissione viene catturata proprio da questa molecola.
Inoltre è stato utilizzato anche NIRSpec (Near-Infrared Spectrograph) del telescopio spaziale James Webb per rilevare anche lo spettro. Lo scopo finale è quello di riuscire a rilevare tracce di composti come metano e acido cloridrico che aiuteranno a definire la costituzione dell'atmosfera di Marte e la sua variabilità al cambiare delle stagioni e delle ore del giorno anche se già ora si possono notare le "impronte spettrali" delle nuvole ghiacciate, della polvere marziana e dei differenti tipi di roccia. In generale le prime analisi mostrano una maggiore differenza nelle osservazioni di NIRCam rispetto a quelle di NIRSpec ma i dati dovranno ancora essere valutati nel loro complesso.
Atmosfera di Marte. Si notano CO2, CO e H2O
Dopo la Terra, Marte è il
pianeta più studiato del
sistema solare. Grazie alle
numerose missioni che
hanno portato orbiter, lander
e rover ad analizzare il suolo
marziano, i planetologi hanno
scoperto che il Pianeta
Rosso non è sempre stato
arido: in passato aveva corsi
d’acqua, laghi e mari. Non
solo: Marte è stato anche
testimone di un’importante
attività geologica che nel
tempo ne ha modellato la
superficie. Prova ne sono il
vulcano più alto del sistema
solare, l’Olympus Mons, e la
regione vulcanica più estesa,
i Tharsis Montes. Si pensava
che l’attività geologica fosse
ormai sopita, ma i dati
raccolti dalla missione NASA
InSight, che ha portato sul
pianeta strumenti sismologici
e geofisici, dimostrano che
è ancora presente, come
evidenziato in uno studio
pubblicato su «Nature
Astronomy» .
Gli autori hanno
studiato i dati raccolti dal
sismometro SEIS, lo strumento
principale a bordo di
InSight, che in quasi quattro
anni ha registrato oltre
1300 terremoti. L’aspetto
notevole è che gli epicentri
si concentrano attorno alla
regione denominata Cerberus
Fossae, caratterizzata
da spaccature di origine
vulcanica; la prova che
il vulcanismo su Marte è
ancora attivo.
Per la prima volta dell'anidride carbonica è stata chiaramente rilevata nell'atmosfera di un esopianeta.
Alla scoperta hanno partecipato anche ricercatori dell'Università di Ginevra e di quella di Berna. "Appena abbiamo visto i dati era chiaro che si trattasse di una scoperta spettacolare", ha detto Dominique Petit dit de la Roche, scienziata dell'UNIGE e co-autrice dello studio.
"È la prima volta che il CO2 viene individuato su un pianeta fuori dal sistema solare", aggiunge l'esperta. L'esopianeta WASP-39b è un gigante gassoso caldo che transita davanti alla propria stella.
Quando un pianeta transita direttamente davanti alla sua stella, una parte della luce di essa passa attraverso il corpo celeste prima di raggiungere il telescopio. "L'atmosfera in quel momento filtra certi colori più di altri", spiega Monika Lendl, a sua volta professoressa all'UNIGE e coautrice dello studio.
Utilizzando il telescopio James Webb per decomporre la luce nei suoi colori, si possono identificare le "impronte digitali" caratteristiche dei diversi gas che determinano la composizione dell'atmosfera, illustra Lendl. Il team di ricerca è così riuscito a rilevare l'"impronta digitale" dell'anidride carbonica nella luce che attraversa l'atmosfera di WASP-39b.
Scoprire queste informazioni riguardo a un pianeta permette di capirne meglio l'origine e la sua evoluzione. Individuando senza ombra di dubbio la presenza di CO2 nell'atmosfera di esopianeti lontani è stato quindi compiuto un passo fondamentale nella ricerca di mondi adatti alla vita. Sono stati rilevati, H2O, CO2, CO, K, Na, SO2 e altro.
NETTUNO. Secondo quanto riportato dalle agenzie spaziali, grazie alle possibilità offerte dal JWST è stato possibile catturare l'immagine più nitida degli anelli di Nettuno. Alcuni degli anelli di Nettuno non erano mai stati osservati prima ed è servita la potenza del telescopio spaziale James Webb e la sua vista a infrarossi per permettere di rilevarli. Come nel caso di Giove, anche con Nettuno è stato possibile vedere le bande che caratterizzano il pianeta che risplendono in diverse colorazioni.Per la cattura delle immagini è stata impiegata ancora una volta la NIRCam (Near-Infrared Camera) dedicato al vicino infrarosso con lunghezze d'onda comprese tra i 0,6 µm e i 5 µm. A causa della presenza di metano nella composizione del pianeta e visto che questa molecola assorbe le frequenze rilevate dal JWST in questo spettro, la sua colorazione è più scura rispetto alle immagini di Hubble. Le zone più chiare invece sono invece nubi ad alta quota che riflettono la luce solare prima che possa raggiungere le zone ricche di metano. La struttura dell'atmosfera di Nettuno è evidenziata da Webb con una striscia più luminosa verso l'equatore dove le temperature sono maggiori e quindi risplendono maggiormente nell'infrarosso. Il JWST ha anche rilevato una zona di nubi che circondano il Polo Sud del pianeta. Il telescopio ha rilevato 7 satelliti naturali (dei 14 conosciuti). In particolare, a fare bella mostra di sé è Tritone che brilla molo più delle altre lune presenti nell'immagine e sembra quasi essere una stella sullo sfondo. La motivazione della sua lucentezza è dovuta alla superficie ricoperta di azoto allo stato solido che riflette il 70% della luce solare che lo colpisce (ed è quindi anche più brillante di Nettuno stesso).
La composizione chimica di URANO è simile a quella di Nettuno ma differente rispetto a quella dei giganti gassosi più grandi (Giove e Saturno). Per questa ragione gli astronomi talvolta preferiscono riferirsi a Urano e Nettuno trattandoli come una classe separata, i "giganti ghiacciati". L'atmosfera del pianeta, sebbene sia simile a quella di Giove e Saturno per la presenza abbondante di idrogeno ed elio, contiene una proporzione elevata di "ghiacci", come l'acqua, l'ammoniaca e il metano, assieme a tracce di idrocarburi. Quella di Urano è anche l'atmosfera più fredda del sistema solare, con una temperatura minima che può scendere fino a 49 K (-224,2 °C). Possiede una complessa struttura di nubi ben stratificata, in cui si pensa che l'acqua si trovi negli strati inferiori e il metano in quelli più in quota. L'interno del pianeta al contrario sarebbe composto principalmente di ghiacci e rocce. Come gli altri pianeti giganti, Urano possiede un sistema di anelli planetari, una magnetosfera e numerosi satelliti.
E' un NETTUNO inedito, con sfumature bianche invece che del solito blu, quello che appare nell'ultimo ritratto in alta definizione eseguito da WEBB.
Il cambio di look di Nettuno (dovuto al fatto che il pianeta è stato ripreso nell'infrarosso invece che nello spettro della luce visibile) non è l'unico elemento di sorpresa: nell'immagine spiccano infatti gli anelli di Nettuno con una nitidezza che non si vedeva da oltre trent'anni, da quando cioè la sonda Voyager 2 vi passò accanto nel 1989. La qualità dell'immagine è tale da mostrare anche le fioche bande di polvere che circondano il pianeta, così come una sottile linea luminosa intorno all'equatore (probabile spia della circolazione atmosferica che alimenta venti e turbolenze) e sette delle 14 lune in orbita (la più visibile è Tritone). Questo risultato mostra le buone condizioni del telescopio.
VENERE è il secondo pianeta del sistema solare in ordine di distanza dal Sole con un'orbita quasi circolare che lo porta a compiere una rivoluzione in 225 giorni terrestri.
Con una magnitudine massima di -4,6, è l'oggetto naturale più luminoso nel cielo notturno dopo la Luna e per questo motivo è conosciuto fin dall'antichità. Venere è visibile soltanto poco dopo il tramonto e poco prima dell'alba. La scoperta che si tratta dello stesso oggetto sarebbe stata introdotta in occidente da Pitagora, ma sarebbe dovuta agli astronomi della Mesopotamia. Infatti nella Tavoletta di Venere di Ammi-Saduqa sono riportate osservazioni risalenti al 1550 a.C. o antecedenti, in cui non si fa distinzione fra l'astro del mattino e quello della sera.
Classificato come un pianeta terrestre, a volte è definito il "pianeta gemello" della Terra, cui è molto simile per dimensioni e massa. Tuttavia per altri aspetti è piuttosto differente dal nostro pianeta. L'atmosfera di Venere è costituita principalmente da anidride carbonica ed è molto più densa dell'atmosfera terrestre, con una pressione al livello del suolo pari a 92 atm. La densità e la composizione dell'atmosfera creano un impressionante effetto serra che rende Venere il pianeta più caldo del sistema solare.
Venere è avvolto da uno spesso strato di nubi altamente riflettenti, composte principalmente di acido solforico, che impediscono la visione nello spettro visibile della superficie dallo spazio.
MERCURIO, vista del Bacino Caloris. Mercurio è il primo pianeta del sistema solare in ordine di distanza dal Sole e il più piccolo in dimensioni. E' proprio
a causa della sua vicinanza al Sole che è difficile osservarlo. Lo si può fare soltanto poco prima dell'alba o subito dopo il tramonto e solo nelle notti molto serene. Mercurio si trova a 58 milioni di chilometri dal Sole, poco più di un terzo della distanza che separa la Terra dal Sole. La sua orbita è molto ellittica; il pianeta la percorre in soli 88
giorni, più velocemente di qualsiasi altro pianeta. Allo stesso tempo, Mercurio ruota lentamente su se stesso: il giorno, cioè la durata di una rotazione, su Mercurio dura 59 volte più che sulla Terra. Mercurio ha una caratteristica particolare, dovuta al suo moto: se ci fossero degli abitanti sul pianeta essi vedrebbero il Sole sorgere
al mattino, poi calare brevemente ed infine risalire ancora. Allo stesso modo, alla sera lo vedrebbero calare, risalire in cielo e infine tramontare. Mercurio compie tre rotazioni ogni due rivoluzioni intorno al Sole. Il risultato è che un qualsiasi punto della sua superficie rimane esposto ai raggi solari per ben 176 giorni terrestri. Mercurio non ha né satelliti né anelli. Si tratta di un pianeta molto spoglio. Non possiede nemmeno una vera e propria atmosfera, ma solo un tenue strato di gas che non basta a ripararlo dagli intensi raggi solari. Per questo motivo non c'è acqua sul pianeta: i raggi solari la farebbero evaporare. Mcurio non possiede atmosfera anche perché ha una massa troppo piccola. Mercurio è, dopo Plutone, il più piccolo pianeta del Sistema Solare. E' grande solo un terzo della Terra: misura 4.878 chilometri di diametro. La sua
massa è pari a 330 miliardi di miliardi di tonnellate. La densità di Mercurio è 5,43 volte quella dell'acqua, di poco inferiore a quella della Terra. Il pianeta è costituito per l'80% da un grosso nucleo di materiale ferroso. L'enorme pressione degli strati sovrastanti fa sì che probabilmente il nucleo si trovi allo stato liquido.
PLUTONE e Caronte. Il suo status di pianeta fu messo in discussione nel 1992 in seguito all'individuazione di diversi oggetti di dimensioni simili nella fascia di Kuiper; la scoperta di Eris nel 2005, un pianeta nano che è il 27% più massiccio di Plutone, ha portato infine l'Unione Astronomica Internazionale a riconsiderare la definizione di pianeta e a riclassificare così Plutone come pianeta nano. Fra i corpi celesti del sistema solare, Plutone è il sedicesimo per grandezza e il diciassettesimo per massa, ed è per diametro il più grande dei pianeti nani e degli oggetti transnettuniani conosciuti (in ambedue le categorie è superato come massa da Eris). Ha inoltre massa e dimensioni inferiori a quelle dei maggiori satelliti naturali del sistema solare: i satelliti medicei di Giove, Titano, Tritone e la Luna. Paragonato a quest'ultima in particolare, la sua massa è pari a un sesto e il volume a un terzo. Come gli altri oggetti della fascia di Kuiper, Plutone è composto principalmente di ghiaccio e roccia.
La sua orbita è piuttosto eccentrica e inclinata rispetto al piano dell'eclittica, mentre la sua distanza dal Sole varia da 30 a 49 UA. Periodicamente Plutone, durante il suo perielio, viene a trovarsi più vicino al Sole di Nettuno, tuttavia, non gli si avvicina mai a meno di 17 UA.
Plutone ha cinque lune conosciute: Caronte (la più grande, con un diametro che è poco più della metà del suo), Stige, Notte, Cerbero e Idra. Plutone e Caronte vengono considerati un sistema binario o un pianeta doppio, poiché il baricentro del sistema giace al di fuori di entrambi.