Sezioni   Naviga Articoli e Testi
stampa

 

        Inserisci una voce nel rettangolo "ricerca personalizzata" e premi il tasto rosso per la ricerca.

Anatole France, dal successo in vita al disprezzo dei surrealisti.

«Umana cosa è aver compassione degli afflitti; e come che a ciascuna persona stea bene, a coloro è massimamente richiesto, li quali già hanno di conforto avuto mestiere, et hannol trovato in alcuni: fra’ quali, se alcuno mai n’ebbe bisogno, o gli fu caro, o già ne ricevette piacere, io son uno di quegli.»
(Giovanni Boccaccio, Decameron, Proemio)

GRANDI PERSONAGGI STORICI Ritengo che ripercorrere le vite dei maggiori personaggi della storia del pianeta, analizzando le loro virtù e i loro difetti, le loro vittorie e le loro sconfitte, i loro obiettivi, il rapporto con i più stretti collaboratori, la loro autorevolezza o empatia, possa essere un buon viatico per un imprenditore come per una qualsiasi persona. In questa sottosezione figurano i grandi poeti e letterati che ci hanno donato momenti di grande felicità ed emozioni.

ARTICOLI PRECEDENTI. Omero - Dante - Virgilio - Boccaccio - Petrarca - Geoffrey Chaucer - Eschilo - Shakespeare - Carducci - Pascoli - Leopardi - Manzoni - D'Annunzio - Verga -Tasso - Balzac - Hemingway - Dostoevskij - Tolstoj - Dickens - Steinbeck - Hesse - Camus - De Cervantes - Màrquez - Joyce - Faulkner - Sienkiewicz - Kipling - Mann - Gide - Bellow - Shaw - O'Neill - Tagore - Yeats - Andric - Buck - France -

Anatole France

AF

Anatole France ritratto da Auguste Leroux, 1906.

Anatole France, pseudonimo di Jacques François-Anatole Thibault (Parigi, 16 aprile 1844 – Saint-Cyr-sur-Loire, 12 ottobre 1924), è stato uno scrittore francese, Premio Nobel per la letteratura nell'anno 1921 con la seguente motivazione «In riconoscimento della sua brillante realizzazione letteraria, caratterizzata da nobiltà di stile, profonda comprensione umana, grazia, e vero temperamento gallico» Anatole Thibault nacque in un quartiere parigino di editori, librai e antiquari, al numero 19 del quai Malaquais dove il padre François Thibault, originario della Beauce e già sottufficiale monarchico, si faceva chiamare France Libraire e aveva il proprio negozio di libri. Da lui Anatole prese lo pseudonimo di France con il quale è soprattutto noto. Ricevette un'istruzione classica presso l'Institution Sainte Marie prima e al Collège Stanislas poi, uscendone nel 1862 senza aver brillato e ottenendo il baccellierato nel 1864. Fin da giovanissimo aiutò il genitore nel suo commercio, prendendo gusto alla conoscenza erudita e avendo modo di conoscere nella libreria paterna, specializzata in opere e documenti sulla Rivoluzione francese, tanti studiosi i quali, con la loro erudizione, lo scetticismo ironico e l'umorismo disincantato, saranno di modello ai personaggi dei suoi romanzi.
Già dal 1863 iniziò a collaborare a riviste bibliografiche, come il Bullettin du bouquiniste, lo Chasseur bibliographe e l'Intermediaire des chercheurs et des curieux, finché non fu assunto nel 1867 dall'editore parigino Lemerre come lettore, ossia con l'incarico di proporre e curare la pubblicazione di nuove opere; al 1868 risale il suo primo scritto, un saggio su Alfred de Vigny. In occasione della rivoluzione comunarda non prese posizione, preferendo allontanarsi da Parigi, dove rientrò solo alla fine del 1871. Cominciò a scrivere poesie, due delle quali furono pubblicate nel 1872 nel Parnasse Contemporain, cui fece seguito, l'anno dopo, il volume di poesie, di fattura parnassiana, i Poèmes dorés (Poemi dorati). Nel 1875 curò la terza antologia poetica de Le Parnasse contemporain, e l'anno dopo, tratto da una ballata di Goethe, pubblicò il dramma in versi Les noces corinthiènnes (Le nozze di Corinto).
Raggiunta una stabile posizione economica con l'assunzione alla Biblioteca del Senato nel 1876, poté sposare l'anno successivo Marie-Valérie Guérin de Sauville, dalla quale avrà nel 1881 la figlia Susanne. Dopo la pubblicazione, nel 1879, dei due racconti Jocaste e Le chat maigre (Il gatto magro), nel 1881 ottenne il primo grande successo con la pubblicazione del romanzo Le crime de Sylvestre Bonnard membre de l'Institut (Il delitto dell'accademico Sylvestre Bonnard), premiato dall'Académie française.
Scrittore ormai affermato e ricercato nei salotti, legato di amicizia con Ernest Renan, pubblicò nel 1882 Les désirs de Jean Servien (I desideri di Jean Servien) e nel 1883 Le livre de mon ami (Il libro del mio amico) e collaborò come critico letterario a diversi quotidiani. Il risultato di queste collaborazioni furono i quattro volumi de La Vie littéraire pubblicate dal 1888 al 1893 dove egli, classicista, non esitò a polemizzare apertamente con il creatore del naturalismo Émile Zola e con il poeta parnassiano Leconte de Lisle, come lui bibliotecario del Senato e dal quale fu perfino sfidato a duello.
Intanto il suo matrimonio conobbe una grave crisi e France iniziò, nel 1888, una relazione con Arman de Caillavet, una donna non più giovane che sembra avesse un'importante influenza sull'orientamento delle sue idee politiche; da un progressismo illuminato di matrice settecentesca, lo scrittore si orientò infatti verso le posizioni socialiste che avevano allora, in Francia, il più popolare rappresentante nella figura di Jean Jaurès.

AF 2

La signora Caillavet con France.


Nel ventennio seguente France realizzò le opere di maggiore qualità: nel 1890 pubblicò Thaïs (Taide), la vicenda di una prostituta convertita al cristianesimo dal monaco eremita Pafnuzio che, preso da un'insana passione per Taide, quando questa ha ormai rinnegato il suo passato e vive santamente, finisce per dannare la sua anima; nel 1893 appare La rôtisserie de la reine Pédauque (La rosticceria della regina Piedoca), una sorta di romanzo filosofico che ebbe un seguito, quello stesso anno, con Les opinions de M. Jérôme Coignard.
Insignito della Legion d'onore, celebre in tutta la Francia, amante dell'antichità classica, visitò anche l'Italia e proseguì la produzione letteraria con il romanzo Le lys rouge (Il giglio rosso) del 1894 e con i racconti Il pozzo di Santa Chiara (1895), mentre ne Le jardin d'Épicure (Il giardino di Epicuro) affrontò con ironia temi filosofici, volgendosi a dimostrare quanta irrazionalità vi fosse nella società contemporanea.
Divenuto accademico di Francia nel 1896 al posto di Ferdinand de Lesseps, iniziò a scrivere la tetralogia della Storia contemporanea (1897-1901), quattro romanzi - L'orme du Mail (L'olmo del viale), Le mannequin d'oisier (Il manichino di vimini), L'anneau d'améthyste (L'anello d'ametista) e M. Bergeret à Paris (Bergeret a Parigi) - che hanno per protagonista il signor Bergeret, modesto e disilluso, ma colto e arguto professore di un liceo di provincia, attraverso i cui occhi France descrive la società del suo tempo, le sue miserie e le sue ipocrisie, mantenendo tuttavia fiducia nella possibilità del riscatto e dell'elevamento umano.
L'ultimo volume della serie è dedicato all'affare Dreyfus, il celebre caso giudiziario dell'ufficiale francese ebreo, accusato ingiustamente di spionaggio e deportato alla Caienna, sul quale la Francia si divise in colpevolisti - i clericali e i nazionalisti - e innocentisti, a capo dei quali fu Émile Zola, che denunciò il complotto ai danni di Dreyfus, con il celebre articolo «j'accuse», ottenendo il sostegno di Anatole France, che ruppe ogni rapporto con intellettuali colpevolisti come François Coppée, Paul Bourget e Maurice Barrès.

AF 3

Émile Zola, che denunciò l'affare Dreyfus. France supportò Zola nella protesta.


Da quell'episodio l'impegno politico di Anatole France si fece più stringente: plaudì alla Rivoluzione russa del 1905 e condannò la repressione zarista; con la Vita di Giovanna d'Arco, del 1908, attaccò uno dei miti cattolici e nazionalistici, quello della pulzella d'Orléans; nello stesso anno pubblicò L'île des Pinguins, una satira sulla storia e i destini della Francia, e nel 1909, oltre a Les contes de Jacques Tournebroche e Les sept femmes de Barbebleu, raccolse i suoi scritti polemici nel tre volumi di Vers les temps meilleurs.
Nel gennaio 1910 morì la sua compagna, la signora de Caillevet. France pubblicò molte meno opere, ma nel 1912 ottenne un vero trionfo con Les Dieux ont soif (Gli dei hanno sete), ambientato ai tempi della Rivoluzione francese, dove al fanatico terrorista Evariste Gamelin, France contrappone il saggio e scettico Brotteaux des Ilettes. Dopo i saggi de Le génie latin (Il genio latino) del 1913, con La révolte des anges (La rivolta degli angeli), del 1914, si concluse l'impegno narrativo dello scrittore: protagonisti sono gli angeli del mito e il loro capo, Satana, arcangelo benigno e generoso, il quale rinuncia a dare la scalata al cielo per sostituirsi a Dio, perché, dice, «la guerra genera la guerra e la vittoria la sconfitta. Il Dio vinto diventerà Satana, Satana vincitore diventerà Dio. Possa il destino risparmiarmi questa sorte spaventosa! Io amo l'inferno che ha formato il mio genio, amo la terra dove ho fatto un po' di bene, se è possibile farne in questo mondo terribile dove gli esseri non esistono che per l'assassinio».
Si ritirò nella sua residenza di campagna della Béchellerie, presso Tours, con la moglie Emma Laprévotte - già cameriera della signora de Caillevet - e, mentre giustificava la guerra della Francia contro la Germania, approvò la Rivoluzione russa del 1917 e scrisse libri di memorie, come Le petit Pierre (Pierino) nel 1918 e La vie en fleur (La vita in fiore) nel 1922, dopo aver ottenuto, nel 1921, il premio Nobel per la letteratura.. Anatole France era ateo. e nel 1920 la Chiesa cattolica mise all'indice tutte le sue opere. Morì nel 1924, all'età di 80 anni, ed ebbe grandiosi funerali di Stato a Parigi. È sepolto nel cimitero di Neuilly-sur-Seine. Anatole France fu considerato un'autorità morale e letteraria di primo piano. Fu apprezzato da scrittori e personalità come Marcel Proust (France è considerato come uno dei modelli che ispirò Proust per il personaggio dello scrittore Bergotte nella Recherche), Marcel Schwob, Léon Blum, il russo Evgenij Zamjatin. Fu inoltre letto e influenzò scrittori che respingevano il naturalismo, come lo scrittore giapponese Jun'ichiro Tanizaki. Le sue opere furono pubblicate dall'editore Calmann-Lévy dal 1925 al 1935. Anatole France, da vivo e subito dopo la sua morte, fu oggetto di un gran numero di studi.
Ma, dopo la sua morte, fu bersaglio di un pamphlet dei surrealisti, Un cadavere, a cui parteciparono Drieu La Rochelle e Aragon, autore di un testo intitolato: «Avete già schiaffeggiato un morto?» in cui scrive: «Per me ogni ammiratore di Anatole France è un essere degradato». Secondo gli autori del pamphlet, Anatole France era un "esecrabile istrione dello spirito", rappresentante della "ignominia francese". André Gide lo giudicava uno scrittore "senza inquietudine" di cui "si capisce tutto subito". La reputazione di France divenne così quella di uno scrittore paludato dallo stile classico e superficiale, autore ragionevole e conciliante, compiacente e soddisfatto, e anche melenso, tutte qualità mediocri incarnate soprattutto dal personaggio del signor Bergeret. Diversi specialisti dell'opera di France considerarono questi giudizi ingiusti, o perfino frutto di ignoranza, in quanto trascurano gli elementi magici, irragionevoli, buffoneschi, neri o pagani, presenti negli scritti di France. A detta di questi studiosi, l'opera di France ha sofferto e soffre ancora di un'immagine ingannevole.

AF 4

Anatole France ritratto da Théophile Alexandre Steinlen, 1920

Opere

Tetralogia della "Storia contemporanea"

Ciclo di quattro volumi (L'histoire contemporaine):

  1. 1897 - L'orme du mail, (L'olmo del mail, Torino, Einaudi, 1952); (L'olmo del viale, Milano, Rizzoli, 1953)
  2. 1897 - Le mannequin d'osier (Il manichino di vimini, tr. di Marisa Zini, Torino, Einaudi, 1952); (Il manichino di vimini, tr. di Ugo Dettore, Milano, Rizzoli, 1953)
  3. 1899 - L'anneau d'améthyste, (L'anello di ametista, tr. di Marisa Zini, Torino, Einaudi, 1952); (L'anello di ametista, tr. di Ugo Dettore, Milano, Rizzoli, 1953)
  4. 1901 - Monsieur Bergeret à Paris, (Il signor Bergeret a Parigi, Milano, Morreale, 1927); (Il signor Bergeret a Parigi, tr. di C. Meneghelli, Milano, Minerva, 1934); (Il signor Bergeret a Parigi, tr. di Marisa Zini, Torino, Einaudi, 1952); (Bergeret a Parigi, tr. di Ugo Dettore, Milano, Rizzoli, 1953)

Altri romanzi

  • 1869 - Alfred de Vigny
  • 1873 - Poèmes dorés
  • 1876 - Les Noces corinthiennes - dramma antico in versi
  • 1879 - Jocaste - racconto; (Giocasta, tr. di Giovanni Marcellini, Milano, Caddeo, 1922); (Giocasta, tr. di Pino Bava, Milano, Veronelli, 1957)
  • 1879 - Le chat maigre - racconto; (La Taverna del Gatto Magro, tr. di Giovanni Marcellini, Milano, Caddeo, 1922); (Il Gatto magro, tr. di Pino Bava, Milano, Veronelli, 1957)
  • 1881 - Le crime de Sylvestre Bonnard, membre de l'Institut (Il delitto di Silvestro Bonnard membro dell'istituto, tr. di C. Siniscalchi, Milano, Sonzogno, 1923); (Il delitto di Silvestro Bonnard, tr. di Gustavo A. Marolla, Milano, Barion, 1927); (Il delitto di Silvestro Bonnard, tr. di Giovanni Marcellini, Lanciano, Carabba, 1931); (Il delitto di Silvestro Bonnard, membro dell'Istituto, tr. di Andreina Quadrio, Milano, Bietti, 1933); (Il delitto dell'accademico Silvestro Bonnard, Milano 1953); (Il delitto dell'accademico Sylvestre Bonnard, tr. di Giorgio Arduin, Sesto San Giovanni, Peruzzo, 1987); (Il delitto di Sylvestre Bonnard, tr. di Alessandro Serra, Milano 2007)
  • 1882 - Les désirs de Jean Servien (I desideri di Giovanni Servien, tr. di Giovanni Marcellini, Milano, Caddeo, 1921)
  • 1884 - Les autels de la peur (Gli altari della paura, Latina, L'argonauta, 1998)
  • 1885 - Le livre de mon ami (Memorie di un altro me, tr. di Michele d'Urso, Firenze, Bemporad, 1923); (Il libro del mio amico, tr. di Frango, Milano, Barion, 1925); (Il libro dei ricordi, tr. di Giovanni Marcellini, Lanciano, Carabba, 1928); (Il libro di Pierre, tr. di Carla Verga, in A. France, Il meglio, a cura di C. Verga, Longanesi, Milano 1959); (Il libro del mio amico, tr. di Alessio Odini, Milano, Biblion, 2015)
  • 1889 - Balthazar (Baldasar, tr. di Giovanni Marcellini, Lanciano, Carabba, 1930); (Baldassarre, tr. di Pino Bava, Milano, Veronelli, 1958)
  • 1890 - Mémoires d'un volontaire (Memorie di un volontario, tr. di Carlo Carlino, Como, Ibis, 1994)
  • 1890 - Thaïs (Taide)
  • 1893 - La rôtisserie de la reine Pédauque (La rosticceria della regina Piedoca, tr. di D. Tarzia, Milano, Quintieri, 1921); (La rosticceria della regina Piedoca, tr. di Giovanni Vaccaro, Sesto San Giovanni, Barion, 1925); (All'insegna della Reine Pédauque, tr. di Silvio Catalano, Milano, Sonzogno, 1928); (La rosticceria della regina Piedoca, tr. di Arturo Salucci, Milano, Bietti, 1931); (La rosticceria della regina Pedoca, tr. di Anna Maria Salvatorelli, Torino, Eclettica, 1945); (All'insegna della Regina Pédauque, tr. di Luigi de Nardis, Torino, UTET, 1979); (La rosticceria della regina Pié d'Oca, tr. di Michela Giuliana, Palermo, Novecento, 1992)
  • 1893 - Les opinions de Jérôme Coignard (I detti dell'abate Coignard, tr. di Silvio Catalano, Milano, Sonzogno, 1924)
  • 1894 - Il giglio rosso, Camerano, Gwynplaine, 2012)
  • 1895 - Le Jardin d'Épicure (Il giardino di Epicuro, tr. di Giovanni Marcellini, Roma, Carra Bellini, 1921); (Il giardino d'Epicuro, tr. di Gustavo A. Marolla, Milano, Barion, 1925); (Il giardino di Epicuro Milano, IEIT, 1929); (Il giardino d'Epicuro, tr. di Angela Balducci, Milano 1995)
  • 1895 - Le puits de Sainte Claire (Il pozzo di Santa Chiara, tr. di Gustavo A. Marolla, Sesto San Giovanni, Barion, 1927); (Il pozzo di Santa Chiara, tr. di Franco Stevani, Ultra, 1945); (Il pozzo di Santa Chiara, tr. di Pino Bava, Milano, Veronelli, 1958)
  • 1899 - Pierre Nozière (Pierre Nozière, Milano, Barion, 1927); (Pierre Nozière, tr. di Giovanni Marcellini, Lanciano, Carabba, 1928)
  • 1901 - L'affaire Crainquebille (Il processo Crainquebille, tr. di Giovanni Marcellini, Aquila, Vecchioni, 1925); (Crainquebille, tr. di Mario Fanoli, Firenze, Parenti, 1956); (Crainquebille, tr. di Luigi de Nardis, Torino, UTET, 1979); (Crainquebille, tr. di Carlo Nordio, Macerata, Liberilibri, [2002] 2014)
  • 1902 - Opinions sociales
  • 1902 - Le procurateur de Judée (Il procuratore della Giudea, Palermo, Sellerio, 1980)
  • 1903 - Histoire comique (Storia comica, Milano, Sonzogno, 1914); (Storia di comici, tr. di Erme Cadei, Milano, Morreale, 1925); (Storia comica, tr. di Franco Stevani, Milano, La Prora, 1945)
  • 1905 - Sur la pierre blanche (Sopra la pietra bianca, tr. di Gustavo A. Marolla, Milano, Barion, 1925); (Sopra la pietra bianca, tr. di Giovanni Marcellini, Lanciano, Carabba, 1929; Sulla pietra bianca, tr. di Laura Emilia Barchiesi, Camerano, Gwynplaine, 2011)
  • 1908 - L'île des pingouins
  • 1908 - Vie de Jeanne d'Arc
  • 1908 - Les contes de Jacques Tournebroche (I racconti di Giacomo Tournebroche), tr. di Luigi Galeazzo Tenconi, Milano, Efa, 1945; (I racconti di Giacomo Girarrosto, tr. di Pino Bava, Milano, Veronelli, 1958)
  • 1912 - Les Dieux ont soif (Gli dei hanno sete, tr. di Angiolo Lanza, Milano, Avanti, 1922); (Gli Dei sitibondi, tr. di Pio Schinetti, Milano, Treves, 1929); (Gli dei hanno sete, Milano, Geos, 1944); (Gli dèi hanno sete, tr. di Fanny Malle, Torino, Einaudi, 1951); (Gli dei hanno sete, tr. di Pio Schinetti, Milano, Garzanti, 1967); (Gli dei hanno sete, tr. di Pietro Lazzaro, Milano, Fabbri, 1970)
  • 1914 - La révolte des anges (La ribellione degli angeli, tr. di Luigi De Mauri, Milano, Barion, 1928); (La rivolta degli angeli, tr. di Alessandra Baldasseroni, Firenze, Sansoni, 1966); (La rivolta degli angeli, tr. di Lisa Tullio, Roma, Curcio, 1978); (La rivolta degli angeli, tr. di Luigi De Mauri, Padova, Meridiano Zero, 2004)
  • 1915 - Sur la voie glorieuse
  • 1918 - Le petit Pierre (Pierino, tr. di Clelia Falconi, Venezia, La Nuova Italia, 1928)
  • 1922 - La vie en fleur (La vita in fiore, tr. di Carla Verga, in A. France, Il meglio, a cura di C. Verga, Longanesi, Milano 1959)

Un giudizio di Dario Lodi

… la guerra genera la guerra e la vittoria la sconfitta. Il Dio vinto diventerà Satana, Satana vincitore diventerà Dio. Possa il destino risparmiarmi questa sorte spaventosa! Io amo l'inferno che ha formato il mio genio, amo la terra dove ho fatto un po' di bene, se è possibile farne in questo mondo terribile dove gli esseri non esistono che per l'assassinio …

Il brano in apertura appartiene al romanzo Gli dei hanno sete del 1914, l’ultimo di Anatole France. L’autore immagina un attacco di Satana a Dio che s’infrange intorno alla considerazione della vanità dell’impresa: cambiando il detentore del potere in realtà non cambia nulla. È una sentenza molto amara che evidenzia la posizione di France nella realtà del mondo umano in generale. La sentenza è in parte un derivato delle delusioni romantiche e decadentiste. Il Positivismo sta vincendo ovunque. France ha ancora nella memoria e nella coscienza l’orrore del 1870, quando fuggì da Parigi, dalle uccisioni dei Comunardi, fatte e subite da essi, e dalla grande tragedia dei Prussiani nella capitale francese (un anno dopo, nel 1871, nacque

l’unificazione della Germania in terra, appunto, francese). Nella memoria e nella coscienza di Anatole c’era anche l’affare Dreyfus. France difese il militare, e fu uno scandalo, ritrovandosi d’accordo con Zola (da lui pesantemente criticato come scrittore) che aveva scatenato la ribellione al governo francese, accusato praticamente di razzismo (“J’accuse”! fece scrivere a caratteri cubitali su un quotidiano parigino, Zola. Accusava d’inciviltà chi voleva Dreyfus colpevole a tutti i costi, anche senza prove). Anatole France aveva vissuto anche le agitazioni sociali di fine secolo e d’inizio del secolo nuovo, approvando, in particolare, la rivoluzione russa del 1905, schiacciata dallo zarismo, e quella del 1917, fra lo stupore dei suoi amici conservatori. Lui, che aveva avuto fortuna come scrittore classico, lontano dalla retorica e vicino alla prosa illuminista, lui che era stato un progressista, osservando con un certo distacco gli avvenimenti che si opponevano al progresso civile, divenne socialista (ammirò Jean Jaurès) dopo essersi innamorato (amore ricambiato) di Arman de Caillavet. Molteplici romanzi iniziali, fra cui Il crimine dell’accademico Sylvestre Bonnard e I desideri di Jean Servien, ma di certo più incisivi, più impegnati, quelli successivi, a partire da Taide (1890), La rosticceria della regina Piedoca (1893) e Il giglio rosso (1895; nello stesso anno ecco Il giardino di Epicuro, dove filosofeggia volendo dimostrare l’irrazionalità del suo tempo). Chiara la volontà dell'autore di valorizzare i problemi culturali e sociali, votandosi a una sorta di buonismo filosofico fondamentale, come volesse rimuovere il fondo dell’animo umano alla Rousseau, per giungere a un ribaltamento del sistema. La volontà è radicale, ma non sembra sviluppata con piena convinzione. D’altro canto, il sistema in cui operava gli garantiva fama e benessere, gli darà il Premio Nobel nel 1921. I suoi interventi sono edificanti: c’è tanto cuore, tenuto a bada da una forma di saggezza antica non ancora domata. France non è un rivoluzionario, è un riformista teorico. Lo scrittore francese se ne rende conto e quindi si batte per una riforma capace di partire dalla base, capace di riformare l’uomo secondo ragione, stimolando la sua consapevolezza di essere in una condizione moralmente precaria. Sull’impegno verso la moralità France non transige, nei suoi articoli risorge il classicismo che non ammette deviazioni di comodo. Criticherà Zola per il suo Naturalismo, per la sua prosa disadorna, e non sarà tenero neppure con il poeta parnassiano Leconte de Lisle (i parnassiani praticavano la purezza esteriore, la bellezza in sé della poesia) che arriverà a sfidarlo a duello. Il cuore dell’espressione di Anatole France è nella tetralogia sulla storia contemporanea, quattro romanzi con personaggio tale Bergeret che sarà calato nella realtà borghese, di cui scoprirà ipocrisie e volgarità. L’autore lascia tuttavia una speranza di redenzione che corona il suo desiderio sincero di affermazione razionale generale. L’uomo deve rendersi conto della propria personalità, Anatole France lo aiuta. Il suo aiuto è costituito dall’offerta di un patrimonio culturale storico inestimabile, sul quale si fonda la consistenza presente e futura della crescita umana. Quella presente è ancora gracile per la distrazione imposta dal materialismo, quella futura è garantita, secondo France, da solide basi speculative che gli intellettuali hanno l’obbligo di diffondere a dovere. Il classicismo di Anatole France è fra i più veri per passione affabulatoria e per rigore stilistico esibito con sobrietà e proprietà di linguaggio. Non è un linguaggio accademico. L’autore si affida alla chiarezza dello stile illuminista, ma lo articola modernamente, secondo pensieri e riflessioni, senza alcuna imposizione sentenziale, senza idealismi esasperati. Un conto è idealizzare astrattamente, un conto è farlo argomentando con lucidità e senso realistico. Per la verità, France del secondo non ne era padrone. In effetti preferiva pontificare, ma lo faceva fra le righe e ne era consapevole: la lezione morale gli pareva uscita tanto bene, grazie a una prosa semplice e nello stesso tempo raffinata, garbata, pulita, da rassicurarlo. Il suo è un caso in cui la letteratura s’immerge nella forma, entro la quale dovrebbe essere ben custodita la sostanza del discorso. Non è un caso isolato. Tuttavia France non eccede, anzi fa di tutto per rientrare nella logica sostanziale vera e propria e quando non ci riesce, non ci riesce per rigurgiti d’idealismo astratto.

Il prefetto della Giudea

prefetto

E' una novella stringata, scritta con linguaggio asciutto ma evocativo, intarsiata di squarci lirici e corredata da grande acutezza psicologica e storica. Il prefetto del titolo altri non è che Ponzio Pilato; di lui arriva a noi, credo, un´immagine stereotipata, filtrata tramite il Nuovo Testamento ma soprattutto dall´´interpretazione che se ne dà nei vari catechismi e ore di religione. Pilato sarebbe insomma ana sorta di utile idiota che non sapendo che pesci pigliare condanna a morte Gesù Cristo affidandosi "pilatescamente" al giudizio della folla. Il racconto di France racconta un´altra realtà, forse storicamente più fedele e certamente più sfaccettata, dove complottano nella decisione di governo dei Romani nei confronti delle loro province, la litigiosità dei sacerdoti ebrei, le pressioni a cui Pilato era già sottoposto "dall´alto". Al di là della difficoltá di stabilire la realtà storica inoppugnabile, France inscena, nel dialogo di Ponzio Pilato, ormai anziano e rassegnato, ma lucidissimo, con l´esule Elio Lamia, un incisivo e interessante teatro parlato su temi come memoria, rimpianto, religione e potere. La suspense - se vogliamo usare questo termine - è che ai nostri occhi la storia è già conosciuta, ha già un finale e, di norma, viene accompagnata dai nostri preconcetti su di essa, sull´imperialismo romano, sulla libertà di religione, sui rapporti tra lo stato e la religione stessa. In questo France, tramite l´umanissimo colloquiare tra i due protagonisti, riesce in poche pagine a mischiare le carte, a interrogare le certezze e pregiudizi del lettore e far confluire l´agile vicenda in un finale inaspettato e fulminante. E' questa la seconda opera di A. France che io abbia letto, essa è stata per me motivo di grande piacere, nonostante le critiche postume di Gide e dei surrealisti.

Il delitto dell’accademico Sylvestre Bonnard

AF 10

C'è qualcosa di misterioso nel mondo della letteratura, qualcosa di inesplicabile: come mai, infatti, alcuni autori, dei quali con facilità possiamo riconoscerne la grandezza, cadono (quasi) completamente nell’oblìo? È il caso, a esempio, di Anatole France, accademico di Francia (1896) e vincitore del Premio Nobel per la letteratura. In particolare, volendo riportarlo all’attenzione deii lettori, mi permetto di segnalare una sua opera che ho trovato affascinante: “Il delitto dell’accademico Sylvestre Bonnard”. “ Il romanzo che ha le fattezze del diario personale di Sylvestre Bonnard, è diviso in due parti: nella prima parte, Sylvestre Bonnard, professore universitario, accademico, storico, archeologo, erudito, bibliofilo, per il quale i libri sono una parte importantissima della propria vita, entra in contatto con il signor Coccoz, venditore “porta a porta” di libri antichi. Venendo a sapere, grazie alla sua domestica, della vita che il signor Coccoz e la sua famiglia conducono, in particolare che il signor Coccoz è malato e ha una bambina piccola, Bonnard decide di fare un favore a questo signore comperando uno dei libri del signor Coccoz, ed essendo sotto Natale egli decide di spedire loro un ceppo di legno per il loro camino cosicché possano passare un Natale al caldo. Congedato Coccoz, e rimessosi a sfogliare il suo catalogo di libri antichi, Sylvestre Bonnard scopre che un libro che lui cerca ardentemente – “La leggenda aurea” di Giacomo il Genovese (Giacomo da Varagine) tradotto dall’erudito Jean Toutmouillé – è custodito presso un venditore di antichità di Girgenti, in Sicilia. Tempo dopo, Bonnard si metterà in viaggio per la Sicilia; lì, farà delle scoperte interessanti…
Nella seconda parte, Sylvestre Bonnard cercherà di prendersi cura della nipote – Jeanne Alexandre – della donna che lui aveva amato in gioventù, sebbene avessero preso poi strade differenti, come a volte accade, cercando di garantirle una dote di tutto rispetto. Sarà a questo punto che Sylvestre Bonnard commetterà il “delitto”: quale “delitto” potrà mai commettere però il generoso, erudito, giusto, bibliofilo Sylvestre Bonnard?
Ho letto da qualche parte che le due parti non hanno nulla a che fare l’una con l’altra, ma non sono d’accordo. Nelle due parti si mette in evidenza come Sylvestre Bonnard è il simbolo della correttezza, della dignità, della giustizia. Se dovessi descrivere brevemente questo libro, direi che è un esempio di giustizia, nel senso più alto che è possibile dare a questo termine. Bonnard, vegliardo, ha vissuto a lungo perché non possa accorgersi delle ingiustizie di questo mondo quando gli capitano davanti, e ha vissuto a lungo per permettersi di lasciar correre tali situazioni; per questo, per quanto gli è possibile, fa di tutto per riparare quelli che ai suoi occhi sono dei veri e propri torti. Alla fine, non si può non apprezzarne il comportamento.
Lo stile di Anatole France poi è come aria fresca: da un lato, lo stile è leggiadro, raffinato, elegante, come il velluto rubicondo di giacche da sera, dall’altro lato, ti ristora, ti rinfresca, consentendoti di esperire una proprietà di linguaggio che poche volte si ha l’opportunità di incontrare. Non mancano riflessioni argute su diversi aspetti della vita… Non si può fare a meno di cogliere una somiglianza tra Sylvestre Bonnard e Anatole France, anzi, Sylvestre Bonnard è Anatole France. Quale migliore opera, allora, se non questa è possibile consigliare per riportare in auge uno scrittore ingiustamente dimenticato che ricevette «funerali di stato, nel 1924, [che] furono seguiti da un’enorme folla, pari solo a quella che aveva accompagnato all’ultima dimora il grande Victor Hugo» e che, inoltre, come pochi autori, «[fu] tanto disprezzato e dimenticato in breve tempo quanto l’autore del “Delitto dell’accademico Sylvestre Bonnard”»?

 

Il signor Bergeret a Parigi - Storia contemporanea - Vol. 4

AF 5

I quattro volumi, nei quali è divisa la «Storia contemporanea», comparvero rispettivamente nel 1896, nel ’97, nel ’99 e nel 1901. Anatole France aveva superato da poco la cinquantina e scriveva da circa trent anni. Due romanzi, tra gli altri, lo avevano reso celebre tra critica e lettori: « Il delitto di Sylvestre Bonnard» (1881) e «Thais» (1890). Ma è con questo ciclo che France inizia a delineare il quadro, malizioso ed attraente, della società francese sullo scorcio dell’Ottocento, osservata da un intrepido e inoffensivo giudice, il signor Bergeret, un suo evidente «alter ego». Bergeret osserva e giudica i propri connazionali con la perspicacia e la saggezza dell’uomo disilluso, ma proprio per questo particolarmente adatto a comprendere gli errori umani. «Il signor Bergeret a Parigi», quarto e ultimo romanzo del ciclo, si svolge su due livelli di narrazione non sempre collegati l’un l’altro: da una parte abbiamo la descrizione del ritorno di Bergeret nella città nativa, Tourcoing, e nei luoghi della sua infanzia, con alternanza di note patetiche e di bizzarre divagazioni satiriche sulla condizione attuale della Francia: dall'altra assistiamo agli ultimi sviluppi delle storie di cui sono protagonisti i personaggi già noti, attratti nella metropoli dai loro affari o da varie ambizioni e impegnati in un groviglio di torbide macchinazioni, con le quali cercano di sfruttare i disordini e i pericolosi contraccolpi dell’affare Dreyfus per rovesciare la Terza Repubblica. Ciò che emerge è peraltro sempre l’idea di fondo che ha guidato France in tutta la parte finale del suo ciclo romanzesco: l’amaro giudizio ch’egli si è fatto sullo spirito pubblico della capitale, ormai snervato e insensibile e dilagante da una fazione all’altra, dai legittimisti ai progressisti, senza che si aprano spiragli di luce sopra un avvenire migliore.

Taide

AF /

llustrazione per l'edizione del 1901.

Il monaco Pafnuzio, abate d'un gruppo di monaci cenobiti egiziani, che ha scelto quella vita per purificarsi da una giovinezza frivola e dissoluta, in seguito a una visione, decide di redimere Taide, la più celebre attrice ed Etera di Alessandria. Torna quindi sui luoghi della sua gioventù, incontrando anche qualcuno degli antichi amici e restando sempre più disgustato dal mondo che ha lasciato. Finalmente riesce ad incontrare Taide, dopo un suo spettacolo. Con un certo stupore scopre che lei era stata battezzata, quand'era bambina, grazie a uno schiavo cristiano della sua famiglia, che in seguito aveva subito il martirio ed era ora venerato col nome di san Teodoro. Pafnuzio si convince che quindi la visione avuta si inserisce in un piano divino per la redenzione della peccatrice. Riesce rapidamente a convincerla a bruciare tutte le sue ricchezze ed a ritirarsi in un convento, dove la conduce personalmente affidandola alla badessa. Negli anni successivi mentre Taide imbocca la strada della redenzione e verso la santità, Pafnuzio non riesce più a trovare la pace interiore, tormentato da visioni (in cui costantemente compare l'immagine di Taide) e creature che non riesce a comprendere se siano diaboliche o divine. Fugge dalla sua comunità, e diventa stilita, issandosi su una colonna, rudere di un antico tempio. Paradossalmente mentre dentro di lui il dubbio e l'insicurezza continuano ad aumentare, la sua fama di santità cresce, ed in breve nei pressi della sua colonna nasce e si sviluppa una città, creata dai pellegrini che vengono a chiedere grazie al santo. Una notte, tormentato da demoni e dalla visione di Taide, mentre tutti dormono, abbandona la colonna e fugge nel deserto. Quando al mattino i primi pellegrini si accorgeranno della sua scomparsa, ci sarà chi è pronto a giurare che una schiera di angeli nella notte lo ha prelevato portandolo in cielo, aggiungendo l'ultimo tassello all'immagine del santo. In realtà Pafnuzio ha vagato fino a che, scoperta l'ingresso di un'antica tomba sotterranea, vi è entrato, rimanendo prostrato sulla lastra tombale in meditazione per giorni e mesi, sempre più circondato da creature malefiche e tormentato dalla visione di Taide, finché un giorno nella tomba arriva un mercante, la cui carovana si è accampata nelle vicinanze, che gli comunica che Taide, ormai in odore di santità, sta per morire. A quella notizia Pafnuzio, ormai dimentico della sua vita di preghiera ed ascetismo che anzi rinnega convinto che l'unica serenità si sarebbe potuta raggiungere tra le braccia di Taide, parte alla volta del convento dove arriva giusto per assistere al trapasso della santa e constatare la propria completa dannazione. Giova ricordare che Taide è il nome che Dante dà alla prostituta nella Divina Commedia - Inferno.


20 gennaio 2023 - Eugenio Caruso

LOGO


Tratto da

1

www.impresaoggi.com