L'inflazione a giugno è salita al 3,8% dal 3,6% di maggio. Si arriva così ai massimi da luglio '96. Lo comunica l'Istat, confermando la stima provvisoria e aggiungendo che su base mensile i prezzi sono aumentati dello 0,4%. A incidere sono soprattutto i prezzi degli energetici, dell'acqua, dei trasporti e degli alimentari. Per i beni a più alta frequenza di acquisto la crescita è del 5,8% a livelli mai registrati dal '97.
A giugno l'indice armonizzato dei prezzi al consumo ha registrato una variazione del +0,5% rispetto a maggio e del +4% su giugno 2007. E' la variazione tendenziale più alta dal gennaio 2001. L'inflazione di fondo, cioè escludendo i beni volatili, si porta al 2,7% (dal 2,6% di maggio), mentre il tasso di inflazione acquisito per il 2008, cioè quello che si registrerebbe se l'indice dei prezzi al consumo rimanesse allo stesso livello misurato a giugno nella restante parte dell'anno, è al 3,2%. Al netto degli energetici l'indice registra una variazione positiva del 2,9%.
Gli incrementi tendenziali più elevati si sono registrati nei capitoli abitazione, acqua, elettricità e combustibili (+7,2%), trasporti (+6,9%) e prodotti alimentari e bevande analcoliche (+6,1%). Una variazione nulla si registra per i servizi sanitari e spese per la salute, mentre calano i prezzi per le comunicazioni (-2,3%). Su base mensile gli aumenti più elevati si sono verificati nei trasporti (+1,4%), abitazione, acqua, elettricità e combustibili (+0,6%) e prodotti alimentari e bevande analcoliche (+0,4%).
I prezzi di pane e cereali registrano un'ulteriore accelerazione passando dal +11,3% tendenziale di maggio al +11,6% di giugno, con un incremento congiunturale dello 0,6%: in particolare il pane segna un +0,2% su mese e un +13% su anno, mentre la pasta segna un +1,6 % congiunturale e un +22,3% tendenziale.
L’Istat segnala aumenti anche per voci come stabilimenti balneari (+9% sull'anno) e servizi camping (+6,2%), che in questo momento dell'anno pesano particolarmente. In rialzo anche trasporti aerei (+13,4% tendenziale) e marittimi (+9,3%).
Per i beni a più alta frequenza di acquisto (cibo, tabacchi, affitto, trasporti urbani, beni per la casa) l’aumento è al 5,8%: si tratta del livello più alto dal 1997.
Nell'indagine Istat sui consumi delle famiglie di solito è lo spaccato territoriale a suggerire le considerazioni più interessanti (dal dualismo dello sviluppo ai diversi modelli di vita e consumo); oppure le variazioni nella composizione del paniere medio. Questa volta no: è il dato assoluto aggregato Italia che impone una riflessione pesante.
Nel 2007, la spesa media mensile per famiglia è ammontata, in moneta corrente, a 2.480 Euro, solo 19 Euro in più rispetto al 2006, equivalente ad una crescita dello 0,8 per cento. Se si considera che il dato incorpora la variazione dei prezzi (il NIC, l'indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività, è aumentato di oltre l'1,8 per cento nella media di ogni mese del 2007 sul corrispondente mese del 2006), ed incorpora anche l'aumento del valore dell'affitto figurativo (+ 4 per cento tra il 2007 e il 2006), ne deriva che il piccolo incremento nominale dei consumi nasconde una evidente flessione in termini reali.
Le famiglie possono permettersi minor numero/quantità di beni e servizi, anche se il loro controvalore aumenta a causa dell'inflazione. Questa condizione di ristrettezza è confermata da altre evidenze nell'indagine ISTAT: è superiore al 30 per cento la quota delle famiglie che dichiara di aver limitato l'acquisto o scelto prodotti di qualità inferiore rispetto all'anno precedente; aumenta dall'8,6 al 9,7 per cento la quota delle famiglie che acquistano generi alimentari presso gli hard-discount.
Attraverso l'indagine sui consumi delle famiglie si coglie, in una prospettiva diversa e per alcuni versi più "tangibile", quell'effetto di erosione del benessere individuale e collettivo che si manifesta quando l'economia reale non cresce e i prezzi si "inseguono" a vicenda (è la nefasta stagflazione), e che già i dati sulle vendite del commercio al dettaglio avevano permesso di commentare.
Per il commercio al dettaglio è risultato evidente che, a fronte di un aumento dei prezzi rafforzatosi durante tutta la prima parte del 2008 (il NIC - vedi nota - tendenziale è arrivato al 3,6 per cento in Maggio, e al 3,8 per cento il dato provvisorio sul NIC tendenziale in giugno), il fatturato dei commercianti è rimasto stagnante al valore del 2006, mostrando anche una tendenza involutiva. La riduzione del giro d'affari ha più che compensato l'aumento del margine di ricavo ottenibile sulla singola unità attraverso maggiorazioni di prezzo.
Adesso, si comincia ad osservare la stessa dinamica dal lato delle famiglie, con controvalori dei consumi che stagnano e quantità di beni e servizi fruiti che arretrano. Si tratta di due "facce della medesima medaglia", perché i consumi della famiglie sono giro d'affari e fatturato per i commercianti e i distributori al dettaglio. È proprio per questo che con non pochi timori si attenderanno i dati sui consumi delle famiglie nel 2008, perché l'acuirsi della dinamica inflazionistica e della caduta dei fatturati già testimoniati da altri dati ISTAT (e dai primi riscontri della stagione dei saldi appena apertasi), avranno sicuramente come controparte (effetto e causa nel contempo) l'acuirsi del problema della caduta dei consumi reali e delle sofferenze delle famiglie.
Ne deriva un messaggio tanto ovvio quanto inconfutabile: il contrasto dell'inflazione e la ripresa della crescita reale sono interesse di tutti, per chi domanda e per chi offre. Da sentieri involutivi dell'economia (bassi redditi determinano bassi consumi che determinano basse vendite che determinano bassa produzione e, quindi, disoccupazione) la collettività ne esce profondamente impoverita nel suo complesso.
15 luglio 2008
NIC è
l'
indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale: questo indice viene calcolato con riferimento all’intera popolazione presente sul territorio nazionale ed all’insieme di tutti i beni e servizi acquistati dalle famiglie e aventi un effettivo prezzo di mercato; tale indice, che considera i consumatori italiani come un unico insieme omogeneo, misura quindi l'inflazione a livello dell'intero sistema economico e rappresenta pertanto, per il governo, uno dei parametri di riferimento per la progettazione delle politiche economiche: può, ad esempio, essere utilizzato per indicare nel DPEF il
tasso d'inflazione programmata.
Tratto da Rapportro ISTAT