Vedere un Mondo in un granello di sabbia
e un Universo in un fiore di campo,
possedere l’Infinito sul palmo della mano
e l’Eternita’ in un’ora.
Blake
GRANDI PERSONAGGI STORICI Ritengo che ripercorrere le vite dei maggiori personaggi della storia del pianeta, analizzando le loro virtù e i loro difetti, le loro vittorie e le loro sconfitte, i loro obiettivi, il rapporto con i più stretti collaboratori, la loro autorevolezza o empatia, possa essere un buon viatico per un imprenditore come per una qualsiasi persona. In questa sottosezione figurano i più grandi poeti e letterati che ci hanno donato momenti di grande felicità ed emozioni. Io associo a questi grandi personaggi una nuova stella che nasce nell'universo. Andric - Ariosto - Balzac - Beckett - Bellow - Blake - Boccaccio - Bjørnson - Buck - Bulgàkov - Byron - Camus - Carducci - Cechov - Chaucer - Coleridge - D'Annunzio - Dante - De Cervantes - Dickens - Donne - Dostoevskij - Eliot - Esénin - Eschilo - Faulkner - France - Gide - Gogol - Gor'kij - Hamsun - Hemingway - Hesse - Heyse - Ibsen - Joyce - Kafka - Kipling - Leopardi - Lermontov - Mann - Manzoni - Marlowe - Màrquez - Mauriac - Milton - Nabokov - Neruda - Omero - O'Neill - Pascoli - Pasternak - Petrarca - Pinter - Pirandello - Proust - Puškin - Russell - Shakespeare - Shaw - Sienkiewicz - Solženicyn - Steinbeck - Tagore - Tasso - Tolstoj - Turgenev - Verga - Virgilio - Wilde - Yeats -
Vladimir Vladimirovic Nabokov (San Pietroburgo, 22 aprile 1899 – Montreux, 2 luglio 1977) è stato uno scrittore, saggista, critico letterario, entomologo, drammaturgo e poeta russo.
Benché universalmente noto per il suo Lolita (1955), scritto in inglese e base per l'omonimo film del 1962 di Stanley Kubrick, Nabokov vanta anche una considerevole produzione in russo; la sua narrativa spazia su varie tematiche, quali la frammentazione sociale, l'ossessione del sesso e la distopia, mentre in ambito saggistico scrisse di entomologia e di scacchi, dei quali era teorico prima ancora che giocatore.
Figlio di Vladimir Dmitrievic Nabokov, noto politico che finì assassinato, ed Elena Ivanovna Rukavišnikova, nacque da una nobile famiglia russa a San Pietroburgo, dove trascorse l'infanzia e la giovinezza in una casa che ora ospita un museo dedicato allo scrittore. Poiché in famiglia si parlavano correntemente sia il russo sia l'inglese sia il francese, fin dalla sua più tenera età Nabokov fu in grado di comprendere e parlare queste lingue, come narra nella sua autobiografia Parla, ricordo. I Nabokov lasciarono la Russia dopo la rivoluzione del 1917 per recarsi in una tenuta di alcuni amici in Crimea, dove rimasero per un anno e mezzo. A seguito della disfatta dell'Armata Bianca in Crimea, abbandonarono definitivamente la Russia e si trasferirono in Occidente, in Gran Bretagna.
Nel 1922 completò gli studi di slavo e di lingue romanze al Trinity College dell'Università di Cambridge. Si trasferì quindi a Berlino, dove il padre venne assassinato il 28 di marzo, e poi a Parigi, acquistando una sempre maggiore notorietà nell'ambiente dei russi emigrati, grazie ai suoi primi scritti in russo, pubblicati sotto lo pseudonimo di Sirin. Nel 1925 sposò Vera Slonim, dalla quale ebbe nel 1934 un bambino di nome Dmitri. Nabokov era sinestesico, caratteristica di cui descrive i diversi aspetti in molte sue opere. Nella sua raccolta di interviste e saggi Strong Opinions (Intransigenze), egli nota che anche la moglie e il figlio erano sinesteti, poiché associavano colori particolari a determinate lettere.
Nel 1940 si trasferì negli Stati Uniti e nel 1945 prese la cittadinanza statunitense. Da quel momento egli scrisse in inglese e tradusse in questa lingua alcune delle sue opere precedenti. Insegnò letteratura russa per undici anni presso la Cornell University di Ithaca, dove tenne anche un corso di scrittura creativa (seguito nel 1959 da Thomas Pynchon) e negli ultimi anni visse in Svizzera, a Montreux, dove alternò la sua attività letteraria con quella delle appassionate ricerche di entomologo. Morì a Montreux in Svizzera nel 1977.
Iniziò scrivendo liriche di stampo simbolista e nel 1926 uscì il suo primo romanzo dal titolo Mašen'ka (Maria) al quale seguì, nel 1928, Re, donna, fante che vuol essere una parodia del romanzo tradizionale.
Nabokov e la moglie Vera nel 1969
Nel 1929 pubblicò una storia sugli scacchi, argomento prediletto da Nabokov, ricco di metafore, dal titolo La difesa di Lužin al quale fecero seguito L'occhio nel 1930 che narra, in stile pirandelliano, la vicenda di un russo emigrato a Berlino. Nel 1932 pubblica, sulla falsariga di un poliziesco, Camera oscura; nel 1933 un romanzo dal tono enigmatico, Gloria; nel 1935 Invito a una decapitazione, di tono affine ad alcuni dei racconti kafkiani. Tuttavia nel 1959, nella prefazione alla nuova edizione statunitense del romanzo, Nabokov afferma che a quei tempi addirittura ignorava l'esistenza del grande autore che sarebbe poi divenuto uno dei suoi punti di riferimento. È da sottolineare come l'edizione che leggiamo oggi di Invito a una decapitazione non sia l'opera edita in russo nel '35, bensì la traduzione, con diversi ritocchi stilistici e anche contenutistici, che l'autore fece, insieme a suo figlio, per il mercato statunitense appunto nel 1959.
In questi romanzi si avverte l'ibrida cultura di Nabokov che ripropone i temi della letteratura russa, come quello dello sdoppiamento esistenziale di Dostoevskij e del grottesco di Gogol', fondendoli con le nuove forme che, tra le due guerre, stavano rivoluzionando l'idea stessa del romanzo.
La casa natale di Nabokov a San Pietroburgo, ora sede del Museo Letterario.
Un ulteriore approfondimento della già intensa ricerca formale di Nabokov, si ebbe con il passaggio alla lingua inglese e soprattutto con il contatto della diversa realtà sociale che lo scrittore si trova ad affrontare dal 1940 vivendo negli Stati Uniti d'America.
La frammentazione dell'identità individuale nella società contemporanea diventerà il tema fondamentale della narrativa di Nabokov dando luogo alla scrittura di romanzi come La vera vita di Sebastian Knight (The real life of Sebastian Knight) nel 1941, I bastardi (Bend Sinister) nel 1949 e in seguito i romanzi di vita statunitense.
I romanzi di vita statunitense
Nel 1955 venne pubblicato con grande successo il romanzo Lolita che fece conoscere Nabokov ad un pubblico mondiale, offrendo una perfetta immagine "interna" degli USA, con i suoi miti e le sue ossessioni, soprattutto il sesso.
Il romanzo ebbe molta influenza sugli stessi narratori statunitensi della nuova generazione e, in modo particolare, su John Barth. Riguardo alla genesi del libro, alle critiche e alle censure intentate al romanzo per il suo tema scabroso, nel 1956 Nabokov scrisse una postfazione intitolandola Note su un libro chiamato Lolita, da allora allegata a ogni edizione del romanzo nella quale spiega la genesi del libro, le vicissitudini occorse per stamparlo; l'autore conclude riferendosi alla propria madrelingua abbandonata nel 1940, quando emigrò negli Stati Uniti. La prima versione in russo fu tradotta dallo stesso Nabokov: apparve da Phaedra a New York nel 1967; l'autore vi inserì un poscritto in cui indaga ulteriormente il rapporto con la lingua russa.
Nabokov afferma nello scritto del 1956 di aver realizzato il romanzo secondo i canoni dell'arte pura o "arte per l'arte", uniformando quindi la propria poetica ai canoni dell'estetismo:
«Nessuno scrittore, in un paese libero, dovrebbe essere costretto a preoccuparsi dell'esatta linea di demarcazione tra il sensuale e l'erotico; è una cosa assurda; io posso solo ammirare, ma non emulare, l'occhio di chi mette in posa le belle, giovani mammifere che compaiono sulle riviste, scollate quanto basta per far contento l'intenditore, e accollate quanto basta per non scontentare il censore. Immagino che certi lettori trovino eccitante lo sfoggio di frasi murali di quei romanzi irrimediabilmente banali ed enormi, battuti a macchina con due dita da persone tese e mediocri, e definiti dai pennivendoli "vigorosi" e "incisivi". Ci sono anime miti che giudicherebbero Lolita insignificante perché non insegna loro nulla. Io non sono né un lettore di narrativa didattica, e, a dispetto delle affermazioni di John Ray, Lolita non si porta dietro nessuna morale. Per me un'opera narrativa esiste solo se mi procura quella che chiamerò francamente voluttà estetica, cioè il senso di essere in contatto, in qualche modo, in qualche luogo, con altri stati dell'essere dove l'arte (curiosità, tenerezza, bontà, estasi) è la norma. Gli altri sono pattume d’attualità o ciò che alcuni chiamano la Letteratura delle Idee, la quale consta molto spesso di scempiaggini di circostanza che vengono amorosamente trasmesse di epoca in epoca in grandi blocchi di gesso finché qualcuno non dà una bella martellata a Balzac, a Gorkij, a Mann.»
(Vladimir Nabokov, Postfazione a Lolita, presente nell'edizione Adelphi)
Dopo Pnin del 1957, che esplorava in modo ironico la realtà dei college statunitensi, lo scrittore riprende il tema producendo, nel 1962, una delle sue opere formalmente più mature, Fuoco pallido (Pale fire).
Segue, nel 1969, Ada o ardore (Ada or ardor: A family chronicle) che offre una suggestiva sintesi dell'arte di Nabokov. Ritornano in questo romanzo, stravolti da una scrittura ironica, tutti i temi dello scrittore: l'ambigua duplicità della realtà, la passione del gioco, del puzzle, l'ossessione del sesso.
Tra i racconti vanno citati quelli raccolti in Nabokov's Dozen del 1958 e in Nabokov's Quartet del 1967 mentre tra i romanzi più tardi Cose trasparenti (Transparent Things) del 1973, Guarda gli arlecchini! (Look at the Arlequins!) del 1974 e Parla, ricordo (Speak, Memory) del 1967 che è la ricerca autobiografica del passato russo cancellato dalla storia.
Nabokov fu anche un eccellente critico di letteratura russa e a lui dobbiamo il bellissimo saggio su Nikolaj Gogol' del 1944. Altri saggi e conferenze su scrittori europei dell'Ottocento e del Novecento sono stati raccolti postumi nel 1980 in Lezioni di letteratura, Lezioni di letteratura russa e Lezioni sul Don Chisciotte.
Tra le traduzioni si ricordano quella commentata dell'Evgenij Onegin di Puškin e di Un eroe del nostro tempo di Lermontov (dal russo all'inglese) o Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll (dall'inglese al russo).
La sua carriera di entomologo fu altrettanto notevole. Nel 1940 gli fu affidato l'incarico di organizzare la collezione di farfalle al Museo di Zoologia Comparata dell'università di Harvard. I suoi scritti in questo campo sono molto tecnici. Questa tecnicità, combinata al fatto che la sua specializzazione era la tribù dei Polyommatini della famiglia Lycaenidae, relativamente poco attraente, ha comportato che questo lato della sua vita sia rimasto poco esplorato dagli ammiratori delle sue opere letterarie.
Il paleontologo e saggista Stephen Jay Gould ha discusso l'entomologia di Nabokov in un saggio ristampato nel libro I Have Landed. Gould rileva che Nabokov è stato occasionalmente uno scienziato 'retrogrado', non accettando mai, ad esempio, che la genetica o il numero di cromosomi potesse essere un valido modo per distinguere le varie specie di insetti. Alcuni ammiratori di Nabokov hanno provato a riconoscere un valore letterario a tali lavori scientifici, rileva ancora Gould. Altri hanno sostenuto che la sua opera scientifica ha dato un contributo fondamentale alla sua opera letteraria. Gould afferma invece che entrambe traggono origine dall'amore di Nabokov per i dettagli, l'osservazione e la simmetria.
Nabokov era un buon giocatore di scacchi, ma era interessato soprattutto ai problemi, che considerava, se ben costruiti, delle vere e proprie opere d'arte. Ne compose una ventina, rintracciabili su diversi database di problemi disponibili online.
Opere
Romanzi
Romanzi scritti in russo]
- Maria (Mašen'ka) (1926)
- Re, donna, fante (Korol', dama, valet) (1928)
- La difesa di Lužin (Zaščita Lužina) (1930)
- L'occhio (Sogljadataj) (1930)
- Gloria (Podvig) (1932)
- Risata nel buio (Kamera Obskura) (1932)
- Disperazione (Otčajanie) (1934)
- Invito a una decapitazione (Priglašenie na kazn) (1936)
- Il dono (Dar) (1937)
- L'incantatore (Volshebnik) (1939)
Romanzi scritti in inglese
- La vera vita di Sebastian Knight (The Real Life of Sebastian Knight) (1941)
- Un mondo sinistro (Bend Sinister) (1947)
- Lolita (1955)
- Pnin (1957)
- Fuoco pallido (Pale Fire) (1962)
- Ada o ardore (Ada or Ardor: A Family Chronicle) (1969)
- Cose trasparenti (Transparent Things) (1972)
- Guarda gli arlecchini! (Look at the Harlequins!) (1974)
- L'originale di Laura (The Original of Laura) (2009),
Raccolte di racconti
In italiano tutti i racconti sono distribuiti nei due seguenti volumi:
- La veneziana e altri racconti (1992)
- 13 racconti tradotti dal russo
- Una bellezza russa e altri racconti (2008)
- 55 racconti dal russo e dall'inglese
LOLITA
Una giovane ninfa di Paul Chabas il protagonista è affascinato dalle ragazzine, ch'egli chiama ninfette
Lolita è un romanzo scritto in inglese, pubblicato inizialmente a Parigi nel 1955 e dieci anni più tardi tradotto in russo dallo stesso autore.
Il romanzo suscitò immediato scandalo per il contenuto scabroso, la passione di un uomo maturo per una ragazza pre-adolescente. Il narratore è un professore di letteratura di trentasette anni ossessionato da Dolores, dodicenne, con la quale intreccia una relazione sessuale dopo esserne diventato il patrigno. Lolita è il soprannome che l'uomo dà in privato alla fanciulla. Il termine «lolita» - complice anche la trasposizione cinematografica di Stanley Kubrick - entrò nella cultura di massa e nel linguaggio prendendo a significare, per antonomasia, una giovanissima ragazza sessualmente precoce o comunque attraente, che appare comportarsi in maniera seduttiva nei confronti di uomini maturi. Il romanzo ha avuto una seconda trasposizione filmica realizzata da Adrian Lyne nel 1997.
«Il primo vero palpito di Lolita mi attraversò verso la fine del 1939 o all'inizio del 1940 a Parigi, mentre ero immobilizzato da un forte attacco di nevralgia intercostale»
scrisse Nabokov nella prefazione alle edizioni francese (1957) e italiana (1966) del romanzo. Da quella dolorosa, forzata immobilità ne uscì un bel racconto dalla vita fortunosa, prima ritenuto perduto durante il trasferimento in America nel 1940, poi ritrovato e pubblicato col titolo L'incantatore. Ma il tema del racconto - l'attrazione di un uomo maturo per una fanciullina nella fase di passaggio fra l'infanzia e l'adolescenza - aveva continuato ad agitare per via sotterranea la vena creativa dello scrittore se egli ci ritornò per dargli pieno sviluppo negli anni Cinquanta.
Benché Nabokov abbia sempre negato - in diverse interviste - di aver attinto la storia dalle cronache, nel 2018 Sarah Weinman pubblica il libro The Real Lolita asserendo che l'autore russo prese spunto da un vero caso. Nel giugno 1948 Florence Sally Horner, una ragazzina di 11 anni, fu rapita all'uscita dalla sua scuola a Camden, nel New Jersey, dopo essere stata ingannata da Frank La Salle, un cinquantenne che si fece passare per agente FBI. Tenuta prigioniera viaggiando in diversi posti per 21 mesi attraverso gli USA, l'adolescente fu ripetutamente abusata dall'uomo; dopo aver trovato il coraggio di confidarsi, fu finalmente liberata ma, una volta tornata nella sua comunità, la vittima innocente ne uscì moralmente colpevolizzata come "prostituta".
L'amara vicenda si concluse con la morte di Florence in un incidente stradale ad appena 15 anni. Ad attestare l'influenza diretta della vicenda nel romanzo, oltre all'esplicita menzione che Nabokov fa del caso Horner nel capitolo 33, parte seconda del libro, la Weinman cita gli appunti sulla storia di Florence e la nota sulla morte dell'adolescente vergati sul manoscritto del romanzo. Già nel 2005 il critico Alexander Dolinin ipotizzò che il prototipo della storia di Humbert e Dolores "Lolita" fosse proprio il caso Horner. Tuttavia, la scrittura de L'incantatore, il lavoro non pubblicato del 1939, tende a dimostrare invece che l'idea del molestatore e della sua giovane vittima che in hotel si fanno passare per padre e figlia si agitassero nella mente di Nabokov molto prima del caso Horner.
Nel 2004 il critico tedesco Michael Maar segnalò l'esistenza di numerose somiglianze nella trama tra Lolita di Nabokov e un racconto, intitolato anch'esso Lolita, contenuto nella raccolta di racconti Die verfluchte Gioconda scritta dal dimenticato autore tedesco Heinz von Eschwege-Lichberg, sotto lo pseudonimo di Heinz von Lichberg, e pubblicata nel 1916 dalla Falken-Verlag di Darmstadt. Il racconto Lolita di Lichberg parlava di un intellettuale di mezza età che, durante un viaggio all'estero, si innamorava di Lolita, la giovanissima figlia del suo padrone di casa, la quale, alla fine del racconto, moriva. Maar suggerisce che la vicenda, più che al plagio, debba essere attribuita a un fenomeno di criptomnesia da parte di Nabokov.
Tema
Il delirio passionale per una minorenne era urtante per la morale comune e ne ebbero paura i 4 editori americani che rifiutarono il manoscritto. Quel che ignoravano o sottovalutavano dell'opera erano la ricerca dei particolari e l'approfondimento della psiche e dei sentimenti dei protagonisti, l'uso sapiente dell'arma dell'ironia che insidiava, smorzandoli, i passaggi più scabrosi. Nel 1956, al suo apparire in America, fu sommerso dai fischi, dalle proteste, e dalle severe condanne dei benpensanti che non seppero trovarvi altro che un libello pornografico. Il romanzo divenne un best seller tradotto in 30 lingue, con oltre 50 milioni di copie vendute in tutto il mondo.
La passione di Humbert Humbert, tipico prodotto della cultura della vecchia Europa, attraversa indenne il grottesco di un matrimonio, e l'adempimento dei relativi doveri coniugali, con la madre di Lolita, pur di continuare a stare accanto a lei senza destare sospetti. Liberatosi inaspettatamente il campo con la morte, quasi cercata, della moglie che aveva scoperto quell'orripilante attrazione sessuale, Humbert fugge in auto con l'oggetto dei suoi desideri, in una corsa senza meta, zig-zagante per tutto il vasto continente americano, di Stato in Stato, di motel in motel, di albergo in residence appartati, con le toilette delle stazioni di servizio, i supermercati, i gelati al pistacchio e i fumetti di Lolita, gli hamburger, i tanti letti sfatti, disordinati, per strade e autostrade con il cattivo gusto della provincia come sfondo. È un amore on the road per una donna che ancora non è donna, maniacalmente perseguito e inseguito per tutta l'America, agli occhi di un europeo terra ancora giovane, senza sedimentazioni, ancora plasmabile, proprio come la sua Lolita. Un amore-malattia dello spirito che ha per oggetto Lolita, ora dolce ora scorbutica, sempre mutevole, impenetrabile, inafferrabile. Proprio come un sogno. Un amore ideale, sublime anche se distorto, proiezione dei desideri di Humbert, suo "alter ego" inesistente nella realtà, per cui vana è la tensione a un suo possedimento totale, come vana è quella lunga corsa per il continente, che non approda né a una conciliazione, né alla conoscenza di sé stesso.
Humbert l'incantatore, il predatore, alla fine è lui il predato, l'incantato. Le parti si invertono quando Lolita, improvvisamente scomparsa e altrettanto inaspettatamente ricomparsa nella normalità di una donna sposata con un coetaneo, gli rivela il ruolo di "gioco" da lui sempre rivestito, uno dei tanti giochi da lei amati, come il tennis, come una nuotata. Nabokov ancora una volta mette in discussione la realtà e il suo effimero, perdente rapporto con quanto è apparente, frutto del sogno, della fantasia.
L'attacco non è frontale ma dissimulato sotto una valanga di artifici e di depistanti indizi. Per Nabokov la letteratura è sempre libero esercizio della fantasia, è gioco che, al pari della divina facoltà creatrice, ha il potere di ampliare a dismisura il mondo reale dando corpo alle sensazioni, ai desideri, alla fantasia. Creatura del XX secolo, Lolita è capricciosa, imbronciata, civettuola quel tanto da farsi inseguire "per gioco" in un lungo viaggio picaresco che porta in nessun dove, già in sé concluso e significante. Lolita è come Eva, nata dalla costola di Humbert-Adamo, che sfugge ancora una volta di mano all'uomo. Alla cognizione dello spaesamento, della perdita, della sofferenza, Nabokov oppone in Lolita la sublime arma del riso dissacrante.
Trama
«Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia.»
(Lolita, capitolo 1)
Il professore Humbert Humbert, voce narrante del racconto, annoiato insegnante quarantenne di letteratura francese, dopo un matrimonio fallito e dopo essersi ripreso da un esaurimento nervoso si trasferisce nella piccola città di Ramsdale nella Nuova Inghilterra per potere dedicarsi interamente alla scrittura. Affitta una stanza nella casa di Charlotte Haze, una vedova: è qui che fa la conoscenza di Dolores (chiamata anche Lo, Lola o Dolly), la figlia dodicenne della padrona. Ribelle e maliziosamente spregiudicata, Lolita gli richiama subito alla mente Annabelle, il suo primo amore da tredicenne.
Nonostante la differenza di età, Humbert perde la testa per la ragazzina e inizia con lei un sottile rapporto di ingenua complicità che porta Dolores a salutare Humbert prima di partire per la colonia con un casto bacio sulle labbra. Mentre la figlia si trova al campo estivo, Charlotte, che intanto si è innamorata di Humbert, si dichiara: egli accetta di sposarla al solo fine di continuare a vivere vicino a Lolita.
Poco tempo dopo, a Charlotte capita di leggere il diario dell'uomo e, appresi i veri sentimenti e intenzioni di lui, progetta di fuggire e di inviare Dolores in un collegio: minaccia Humbert di esporlo a un pubblico scandalo come «detestabile, abominevole criminale bugiardo». Il destino tuttavia interviene a favore del professore: mentre sta attraversando la strada, Charlotte viene investita da un'automobile e rimane uccisa.
A questo punto Humbert va a riprendere Dolores dal campeggio raccontandole inizialmente che la madre è stata ricoverata in ospedale, ma invece di tornare a casa i due cominciano un lungo vagabondaggio da un motel all'altro in giro per gli Stati Uniti. La prima sera fa ingurgitare dei sonniferi alla ragazzina con l'intenzione di averla tutta per sé. Viene però a scoprire che Dolores ha già perduto la verginità con un ragazzo della sua età al campeggio.
Parte seconda
Dopo avere ammesso la morte della madre, Humbert propone a Lolita di accettarlo come suo patrigno e affidatario. Humbert comincia anche a pagarla per ottenerne i favori sessuali e al fine di impedirle di denunciarlo alla polizia, la spaventa dicendole che se lo arrestano lui finirà in prigione e lei chissà dove per mano dei servizi sociali.
Passano in questa maniera un anno intero finché Humbert comprende la necessità di Lolita di avere un'istruzione come tutti i suoi coetanei. Giungono così nella cittadina di Breadsley dove Humbert iscrive Lolita ad una scuola femminile. Lolita, nel tentativo di ritagliarsi degli spazi di autonomia dall'asfissiante presenza di Humbert, che fattosi sempre più possessivo la tiene praticamente prigioniera vietandole di partecipare alle attività del doposcuola e soprattutto di frequentare i ragazzi, lo persuade a permetterle di frequentare una scuola di teatro dove ha modo di incontrare gli amici e il commediografo Quilty che aveva già conosciuto quando questi era stato ospite della casa della madre. Stanno preparando la recita scolastica e assistendo a una delle prove generali quando Quilty rimane fortemente colpito dalle capacità recitative di Lolita. Poco prima della serata di inaugurazione Humbert e Lolita hanno una feroce discussione, Lolita scappa via e Humbert la ritrova raggiante mentre sta uscendo da una cabina telefonica affermando che stava per raggiungerlo a casa e che ha preso una grande decisione. Mentre comprano da bere Lolita afferma che vuole rimettersi in viaggio.
Humbert, messo in difficoltà dalle voci poco gradevoli che la sua relazione con la figliastra Lolita hanno ispirato alla comunità, decide di cogliere l'occasione al balzo e fuggire in auto per riprendere i loro vagabondaggi sulle strade statunitensi. Tuttavia Humbert ha la sensazione di essere seguito da un uomo misterioso che egli suppone essere dapprima un investigatore e comincia a farsi via via sempre più sospettoso temendo che Lolita lo conosca e che stia cospirando con altre persone al fine di sfuggirgli. Ad un certo punto Lolita si ammala e viene ricoverata in ospedale e per la prima volta Humbert si ritrova dopo anni senza avere Lolita al suo fianco. Una volta guarita, Lolita riesce a sfuggire alla sua sorveglianza e a dileguarsi dall'ospedale – prima ancora che Humbert possa venire a prenderla – con un uomo adulto che al personale medico si fa passare per lo zio Gustave. Un Humbert quasi impazzito si dà a una frenetica ricerca girovagando per miriadi di hotel e scoprendo il più delle volte che Lolita e il misterioso uomo avevano soggiornato lì, ma sempre un passo prima che lui vi giungesse. Alla fine egli finisce con l'arrendersi e dopo svariato tempo ha un rapporto con una donna di nome Rita che dura due anni.
L'anno seguente Humbert riceve una lettera da un'ormai diciassettenne Lolita, che gli scrive di essere sposata, in attesa di un figlio e bisognosa di denaro. Humbert va a trovarla e riesce a farsi dire il nome di chi l'aveva aiutata nella fuga dall'ospedale, nientedimeno che Quilty. Il regista aveva subito dopo cercato di farne una stella di film pornografici, ma al rifiuto di lei l'aveva buttata in strada e allora Lolita avava fatto vari lavoretti prima di incontrare e sposare il marito Dick (Richard), che non conosce nulla del suo passato e al quale ha raccontato di Humbert come se fosse il suo vero padre. Dopo averle consegnato quattromila dollari, Humbert cerca di convincerla a venire via con sé, ricevendone però un secco rifiuto. A questo punto nella più completa disperazione Humbert va a cercare Quilty a casa sua e lo uccide a colpi di rivoltella. Arrestato per l'omicidio, scrive in carcere in attesa di processo il libro di memorie Lolita o le confessioni di un maschio bianco vedovo (Lolita or, The Confessions of a White Widowed Male), da pubblicarsi come autodifesa postuma. Alla fine, come viene detto o fatto intuire ("la moglie di Richard F. Schiller è morta di parto") già nella fittizia prefazione, Humbert muore in carcere per trombosi coronarica, e un mese dopo Lolita muore di parto il giorno di Natale.
POESIE
Come ti amo
Così verde, così grigio,
tutto stemperato dalla pioggia,
e il profumo dei tigli tanto denso che non so tollerare – andiamo via!
Andiamo via e lasciamo questo parco
e la pioggia che ribolle sui sentieri
tra fiori grevi
che baciano la terra viscosa.
Andiamo via, andiamo via, prima che sia troppo tardi,
al più presto, sotto il mantello, a casa,
prima che ti scoprano,
mio folle, mio folle!
Resisto, taccio. Ma ogni anno,
sotto il garrire degli uccelli e lo stormire dei rami,
quel distacco sembra più offensivo,
l’offesa più stolta.
E temo sempre più tradirmi
con parole avventate e interrompere
il fluire d’un difficile e calmo discorso,
che da tempo ha impregnato la mia vita.
Sugli schiavi dalle guance rubizze
l’azzurro del cielo è tutto uno smalto
di gonfie nubi,
mosse
da spinte appena visibili.
È possibile che non vi sia rifugio,
né angolo scuro,
dove il buio si fonda
coi geroglifici dell’ala?
Così silenziosamente non muove
la falena appiattita sulla muffa del tronco.
Che tramonto! Sarà lo stesso domani
e a lungo, a lungo dureranno i giorni caldi
poiché tutto riposa, senza errore,
sulla quiete e le nuvole dei moscerini.
Sospesi a un raggio della sera,
si agitano senza fine –
come un giocattolo d’oro
nelle mani di un venditore muto.
Come ti amo! In quest’aria vespertina
esistono a volte
varchi per l’anima, barlumi
nella sottilissima trama del mondo.
I raggi attraversano i tronchi.
Come ti amo! I raggi
attraversano i tronchi, come una vampa
si adagiano sui tronchi. Taci.
Fermati sotto il ramo fiorito,
respira il tuo alito –
stringi gli occhi, renditi piccolo
e penetra di nascosto nell’eterno.
In un tramonto, accanto alla medesima panca,
come nei miei giovani anni,
in un tramonto, tu sai quale,
con una nuvola lucida e un maggiolino,
accanto alla panca di legno mezzo marcio,
in alto sul fiume rosato,
come allora in quei giorni lontani,
sorridi e storna il viso,
se alle anime morte da tempo
è dato talvolta tornare.
Poeti
Dalla stanza una candela passa nell’atrio
e si spegne. Il riverbero ondeggia negli occhi
finché la notte senza stelle
non ritrova i suoi profili nei rami azzurro-cupi.
È tempo di partire – ancora giovani,
con un taccuino di sogni non ancora sognati,
con un ultimo, appena visibile bagliore della Russia
sulle rime di fosforo degli ultimi versi.
Eppure noi abbiamo conosciuto l’ispirazione,
sembrava che la nostra sorte fosse vivere, e sorte dei libri crescere.
Ma le muse dell’esilio ci hanno stremato:
è tempo ormai di lasciare il mondo.
E non perché temiamo offendere
con la nostra libertà i benpensanti.
È solo giunto il tempo, e poi è meglio non vedere
tutto ciò ch’è nascosto agli occhi altrui:
non vedere la pena e la grazia del mondo,
la finestra lontana che ha colto un raggio di luce,
i lunatici mansueti in divisa da soldato,
il cielo alto, le nuvole attente;
la bellezza, il rimprovero; i bambini di pochi anni
mentre giocano a nascondersi intorno e dentro
l’orinatoio che ruota nel crepuscolo d’estate;
la bellezza, il rimprovero del nimbo della sera;
tutto ciò che avvinghia, ferisce, strazia;
i singhiozzi del manifesto sull’altra sponda,
i suoi fluidi smeraldi nella nebbia,
tutto ciò che non si può dire.
Adesso varchiamo la soglia del mondo
verso quella regione... dàlle il nome che vuoi:
deserto, morte, rinuncia alla parola,
o forse, soltanto: silenzio d’amore.
Silenzio di lontane carraie,
dove nella spuma dei fiori si perde il solco della ruota,
silenzio della mia terra – disperato amore –
silenziosi baleni, silenzio del grano.
Qualsiasi apparenza di tela guerresca rivesta
l’arciorpello della sovietica Russia,
qualsiasi pietà ricolmi l’anima –
non mi inchinerò, non mi rassegnerò
a tutta l’infamia, crudeltà e noia
di una muta schiavitù... No, oh no!
Sono ancor vivo nello spirito, ancora non sono sazio di distacco –
dispensatemi – sono ancora un poeta!
Era un giorno come un altro. La memoria era assopita. Si prolungava
una fredda e tediosa primavera.
D’improvviso un’ombra si mosse sul fondo
e dal fondo si alzò con un singhiozzo.
Perché piangere? Non so consolare –
ma come sussulta, come rabbrividisce,
con che ardore si avvinghia al collo,
in quelle orribili tenebre, pregando di essere presa tra le braccia.
Che delitto ho commesso?
Sono forse un corruttore, un malvagio,
io che faccio sognare il mondo intero
con la mia povera ragazzina?
Oh lo so: gli uomini mi temono
e bruciano i miei pari per stregoneria,
e muoiono per la mia arte
come per un veleno in un cavo smeraldo.
Ma quanto è divertente che alla fine di ogni paragrafo,
a dispetto del correttore e del secolo,
l’ombra di una fronda russa oscilli
sul marmo della mia mano!
Restauro
Pensare che ogni sciocco può lacerare
per caso la trama del dove e del quando.
O finestra sull’oscurità! Pensare
che ogni cervello è sull’orlo di una felicità
senza nome che nessuno può sopportare,
a meno che non vi sia una gran sorpresa...
come quando apprendi a lievitare
e, provando appena, capisci
– da solo, in una stanza illuminata – che il peso
è solo la tua ombra, e ti sollevi.
La mia figlioletta si desta tutta in lacrime:
immagina che il suo letto sia trascinato
in una penombra che pare
l’abisso di tutti i suoi terrori
ma che, in realtà, è l’alba.
Conosco un poeta che può ritagliare
un Guglielmo Tell o Golden Pip
in una buccia ininterrotta
rivelando miracolosamente,
ruotante sul polpastrello,
una palla di neve. Così spoglierei
rovesciando, sforzando, scandagliando
tutta la materia, tutto quanto vedi,
l’orizzonte e il suo albero più triste,
l’intero inesplicabile globo,
per trovare il vero, l’ardente cuore
come i dottori degli antichi quadri fanno
quando, cancellando una porta distante
o una tenda fuligginosa, restaurano
il gioiello d’una azzurrognola veduta.
Il pioppo
Davanti a questa casa cresce un pioppo
molto bravo in rabdomanzia, io credo,
ma come sospira! E ogni notte
un ragazzo in nero, una ragazza in bianco
al di là del chiarore del mio letto
appaiono: e non una parola viene detta.
Su una seggiola con abiti sopra, e l’altra no,
seggono, uno qui, l’altra lì.
Non penso a fare scene:
leggo un lustro rotocalco.
Lui si tiene sull’esile ginocchio
un pioppo nanerottolo dentro un vaso.
E lei... lei pare che tenga tra le mani
uno specchietto opaco con l’orlo d’avorio
che specchia un prato, lei e me
sotto l’albero campione,
innanzi a un portico, visto in luglio
ultimamente, il novecentodiciasette.
Questa è la fodera argentea
di antropomorfiche bugie: il sospiro
del Populus che spilla infine
non acqua ma il passato dell’autore.
E nota: nulla è stato detto mai.
Leggo un rotocalco a letto
o una crestomazia popolare di poesia; e nota:
questa è la mia camicia, quella la giacca.
Ma m’è stato detto che più fragili visionari
s’alzano per riordinare un gregge.
8 novembre 2023 - Eugenio Caruso
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