Le opere di Plutarco hanno influenzato famosi scrittori e autori teatrali, come Shakespeare, che nel suo Giulio Cesare riproduce fedelmente il testo plutarcheo dell'addio di Bruto agli amici, e Alfieri, che dalle opere del filosofo trasse le numerose notizie storiche per rivivere le vite di grandi personaggi ed eventi dell'antichità..
GRANDI PERSONAGGI STORICI Ritengo che ripercorrere le vite dei maggiori personaggi della storia del pianeta, analizzando le loro virtù e i loro difetti, le loro vittorie e le loro sconfitte, i loro obiettivi, il rapporto con i più stretti collaboratori, la loro autorevolezza o empatia, possa essere un buon viatico per un imprenditore come per una qualsiasi persona. In questa sottosezione figurano i più grandi poeti, pensatori e letterati che ci hanno donato momenti di grande felicità ed emozioni. Io associo a questi grandi personaggi una nuova stella che nasce nell'universo.
GRECI E LATINI
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Talete -
Virgilio -
Zenone -
Busto di Plutarco, oggi conservato al Museo archeologico di Delfi.
Plutarco (in greco antico: Plútarchos, Cheronea, 46/48 – Delfi, 125/127) è stato un biografo, scrittore, filosofo e sacerdote greco antico, vissuto sotto l'Impero romano: ebbe anche la cittadinanza romana e ricoprì incarichi amministrativi.
Studiò ad Atene e fu fortemente influenzato dalla filosofia di Platone. La sua opera più famosa è costituita dalle Vite parallele, biografie dei più famosi personaggi della classicità greco-romana, oltre ai Moralia, opera di carattere etico e scientifico, influenzata anche dal fatto che nell'ultima parte della sua vita fu sacerdote al Santuario di Delfi.
La maggior parte delle notizie sulla vita di Plutarco, a parte qualche informazione tratta dal lessico Suda, deriva da riferimenti autobiografici presenti nelle sue opere.
Plutarco nacque a Cheronea, in Beozia, intorno al 46, si suppone da una famiglia ricca. Il padre, secondo alcuni, è identificabile con uno degli interlocutori del De sollertia animalium, un certo Autobulo, secondo altri con un tale Nicarco; tuttavia il filologo Wilamowitz e, con lui la maggior parte degli studiosi, ritengono che ogni ipotesi sia completamente indimostrabile. Si suppone, comunque, che tenesse molto alla formazione del figlio – il quale più volte ne cita i consigli – e che fosse abbastanza colto.
Plutarco ricordava con stima il fratello Lampria e il bisnonno Nicarco, vissuto ai tempi della guerra civile tra Ottaviano e Marco Antonio, da cui farà desumere le proprie fonti per il suo trattamento delle figure coinvoltevi.
Nel 60 si sarebbe stabilito ad Atene dove avrebbe frequentato il filosofo platonico Ammonio e ne sarebbe divenuto il più brillante discepolo. Studiò la retorica, la matematica e la filosofia platonica. Nel 66 ebbe modo di vedere, durante il suo viaggio greco, l'imperatore Nerone, verso il quale fu sostanzialmente benevolo, probabilmente poiché aveva esentato la Grecia dai tributi. Nello stesso periodo, si pensa abbia acquisito la cittadinanza ateniese e che sia entrato a far parte della tribù Leontide. Visitò poi Sparta, Tespie, Tanagra, Patre e Delfi. Tornato ad Atene, fu nominato arconte eponimo, sovrintendente all'edilizia e ambasciatore presso la provincia romana di Acaia. Istituì, inoltre, nella sua casa una specie di Accademia impostata sul modello ateniese.
Nel 70 sposò Timossena, una donna di Cheronea colta e di buona famiglia, il cui nome è stato ricavato da una nota occasionale di Plutarco stesso nella quale sostenne di aver chiamato la figlia come la madre. Da lei ebbe cinque figli, che sostenne di aver allevato personalmente: Soclaro e Cherone (che morirono in tenera età), Autobulo, Plutarco e Timossena, l'unica femmina (anche lei morta giovanissima, a due anni: si legga la lettera che Plutarco indirizzò alla moglie, per consolarla della perdita, contenuta nei Moralia). Si dice che Timossena fosse una donna forte e di grande virtù, molto legata al marito (lo affiancò, per esempio, nelle pratiche liturgiche che il suo ruolo di sacerdote del tempio di Delfi gli imponeva). Pare che abbia scritto un breve trattato sull'amore per il lusso, indirizzandolo all'amica Aristilla.
La cosiddetta statua del filosofo al Museo archeologico di Delfi. Si pensa possa rappresentare Plutarco, eletto sacerdote del tempio nel 117
Viaggi, cittadinanza romana, sacerdozio
Plutarco visitò poi l'Asia, tenne conferenze a Sardi e a Efeso, fece frequenti viaggi in Italia e soggiornò anche a Roma, presso la corte imperiale. Eduard von Hartmann ritiene che visse a Roma tra il 72 e il 92. Certo è che non imparò mai bene il latino e che conobbe l'imperatore Vespasiano, come racconta nel De solertia animalium.
Tenne a Roma molte lezioni ed ebbe il sostegno delle autorità in quanto divenne presto un convinto sostenitore della politica estera romana. Durante questo soggiorno, gli venne concessa la cittadinanza romana e assunse quindi il nomen di Mestrio, in onore del suo amico Lucio Mestrio Floro. Successivamente, ebbe da Traiano la dignità consolare. A Roma conobbe il filosofo e retore Favorino di Arles.
Terminata l'esperienza romana, tornò a Cheronea, dove fu arconte eponimo, sovrintendente all'edilizia pubblica e telearco.
Intorno al 90 fu eletto sacerdote nel santuario di Apollo a Delfi e nel 117 l'imperatore Adriano gli conferì la carica di procuratore.
Eusebio racconta che morì forse nel 119, pur se molti indizi portano a date che vanno oltre il 120-125.
Opere
Le opere di Plutarco vengono, per convenzione secolare, divise in due grandi blocchi: le Vite Parallele e i Moralia.
Vite parallele
Le Vite parallele sono dedicate a Quinto Sosio Senecione, amico e confidente di Plutarco, al quale lo scrittore dedica anche altre opere e trattati. Costituite da 23 coppie (una è andata perduta), alla biografia di un personaggio greco viene accostata, generalmente, quella di un romano, ad esempio Alessandro Magno e Giulio Cesare. L'originalità plutarchea sta proprio in questo accostamento, che dimostra sia come l'Ellade avesse prodotto valenti uomini d'azione e sia come i Romani non fossero tutti barbari. Le sue biografie contengono molte informazioni utili alla ricerca storiografica.
Non distorce la realtà ma interpreta i fatti in base ai suoi interessi etici e alla sua impostazione morale. Tutto ciò emerge anche dal suo linguaggio; la sua narrazione risulta avvincente e lo stile s'impronta ai moduli della storiografia drammatica di età ellenistica, infatti pur se per il biografo i termini "tragico" e "teatrale" hanno valenza negativa, li utilizza nella presentazione di personaggi tragicamente atteggiati. La composizione delle Vite Parallele si colloca nella maturità di Plutarco, più o meno furono scritte dal 96 al 120 circa. Quasi tutte le biografie si chiudono con delle syncrìseis, o confronti, che tendono a trovare similitudini o divergenze. Alle coppie suddette si devono aggiungere 4 Vite singole, tramandateci dai manoscritti congiuntamente alle altre.
- Epaminonda e Scipione l'Africano
- Teseo e Romolo (1)
- Licurgo e Numa (2)
- Temistocle e Camillo (3)
- Solone e Publicola (4)
- Pericle e Fabio Massimo (5)
- Alcibiade e Marco Coriolano (6)
- Focione e Catone l'Uticense (8)
- Agide e Cleomene - Tiberio e Gaio Gracco (9-10)
- Timoleonte e Paolo Emilio (11)
- Eumene e Sertorio (12)
- Aristide e Catone Censore (13)
- Pelopida e Marcello (14)
- Lisandro e Silla (15)
- Pirro e Mario (16)
- Filopemene e Tito Flaminino (17)
- Nicia e Crasso (18)
- Cimone e Lucullo (19)
- Dione e Bruto (20)
- Agesilao e Pompeo (21)
- Alessandro e Cesare (22)
- Demostene e Cicerone (23)
- Demetrio e Antonio (25)
Tra le biografie qui citate, possiamo affermare come l'accostamento più persuasivo e più insolito sia il parallelo di Demetrio e Antonio. Qui Plutarco mostra una variazione tra i tanti esempi di virtù da imitare, presentando loro come un modello negativo, dando la possibilità al lettore di conoscere il male e distinguerlo dal bene. In Demetrio e Antonio, il biografo di Cheronea vide due genii del male o almeno due esseri accecati dalla propria arroganza e dalla propria hybris: entrambi vissero sotto il segno di Dioniso, e, se con Demetrio siamo nell'epoca in cui la Grecia sta ellenizzando l'Occidente e l'Oriente ed egli è visto come un personaggio da teatro, che affronta la vita e la morte all'insegna della recitazione e dell'apparenza, Antonio è un personaggio molto più complesso, grande generale, amato come nessuno dai propri soldati, capace in guerra di qualsiasi rinuncia.
In un passo delle Familiarium rerum libri Francesco Petrarca sostiene che Plutarco mise a confronto Marco Terenzio Varrone con Platone e Aristotele, e Virgilio con Omero; tuttavia, di questi due scritti non si ha nessuna notizia, né greca, né bizantina, né latina. A parte ci sono pervenute vite singole, quali Arato e Artaserse (24), Galba (32) e Otone (32): queste ultime due facevano parte di una serie di vite singole di imperatori di cui abbiamo notizia nel Catalogo di Lampria e, in effetti, più che biografie singole, presuppongono narrazioni relative agli altri imperatori che ne fanno un ibrido tra biografia e annalistica. Ancora, frammenti e notizie di altre biografie ci portano a ricostruire che avesse scritto uno Scipione Africano (28), le vite dei gloriosi cittadini beotici Eracle (34), Esiodo (35), Pindaro (36), Cratete (37), Daifanto (38) e le vite a parte del messenio Aristomene (39) e del poeta Arato (40).
Il limite delle Vite plutarchee è, comunque, la mancanza di un'analisi rigorosa delle cause e degli effetti delle vicende, elementi caratterizzanti dell'opera dello storico.
Moralia
Si tratta del gruppo più numeroso ed eterogeneo, una serie di trattati, di diversa impostazione letteraria, in cui l'autore spazia dalla filosofia alla storia, dalla religione alle scienze naturali, dall'arte alla critica letteraria. Il titolo Moralia deriva dal fatto che, nell'ordinamento complessivo delle opere fatto dal monaco Massimo Planude verso il 1302, i primi quindici scritti trattano di argomenti etico-filosofici.
Influenza e fortuna di Plutarco
Plutarco fu uno degli scrittori più prolifici di tutta la Grecia antica, imitato, per le Vite, fin da pochi decenni dopo la sua morte, ad esempio da Aminziano, che scrisse sotto Marco Aurelio, peraltro allievo di Sesto, nipote del nostro scrittore.
Con l'avanzare del Medioevo cristiano e lo scisma d'Oriente che nel 1054 separò la chiesa greca da quella romana, l'opera di Plutarco, che scriveva in greco di etica, fu quasi dimenticata nell'occidente cristiano. I suoi scritti cominciarono a riaffiorare nel XIV secolo, con la ripresa dei contatti tra intellettuali latini e orientali e furono tradotti in latino o in volgare tra il Quattrocento e l'inizio del Cinquecento con l'umanesimo. Molte delle sue opere sono integre, di altre si hanno solo alcuni frammenti, e di molte si conosce solo il titolo. Plutarco intende scrivere le sue opere distaccandosi dal genere storiografico, infatti il suo obiettivo non era quello di occuparsi di imprese famose, di "far storia", quanto invece di delineare le vite, i comportamenti e il carattere dei suoi personaggi. Egli non si considera un teorico pensatore, ma si sente investito da questo ruolo, ritenendo esso più utile di qualsiasi precetto.
Le opere di Plutarco hanno influenzato famosi scrittori e autori teatrali, come Shakespeare, che nel suo Giulio Cesare riproduce fedelmente il testo plutarcheo dell'addio di Bruto agli amici, e Alfieri, che dalle opere del filosofo trasse le numerose notizie storiche per rivivere le vite di grandi personaggi ed eventi dell'antichità.
Per Jean-Jacques Rousseau le opere di Plutarco erano le letture preferite.
Plutarco fu per Michel de Montaigne un'inesauribile fonte di ispirazione per i suoi famosi Essais, nei quali vengono citate testualmente e commentate molto frequentemente le testimonianze riportate dal filosofo greco. Inserite in questo celebre quadro di indagine filosofica della condizione umana, compiuto dallo scrittore francese nel XVI secolo, le citazioni del Plutarco risaltano ancor più per quel carattere veridico, enciclopedico e velatamente scettico verso la conoscenza dello scibile che la tradizione gli ha sempre riservato.
LE VITE PARALLELE
Come spiega nel primo capitolo della Vita di Alessandro, giustificandosi con i lettori di aver riassunto molti degli eventi straordinari che caratterizzarono le vite di Alessandro e Cesare, Plutarco non era tanto interessato a fare della storia, quanto piuttosto a esplorare l'influenza dei caratteri — in positivo o negativo — sulle vite e sui destini di uomini celebri: come un pittore che coglie le somiglianze dei soggetti dal volto e dalle espressioni degli occhi, dai quali appunto si evidenzia il carattere umano, così il biografo è interessato ai segni dell'anima e mediante essi cerca di rappresentare la vita di ciascuno. Si tratta, comunque, di un lavoro di notevole importanza, non solo come fonte di informazioni riguardo agli individui descritti, ma anche per la messe di dati eruditi e di citazioni da storici ai quali Plutarco si è rifatto nella stesura delle biografie.
Ordine di composizione
Risulta difficile stabilire l’ordine con cui Plutarco ha scritto le Vite Parallele, né alcuna garanzia ci viene offerta dai codici o dallo stesso catalogo di Lampria. In particolare, ci sono pervenute due recensioni, la prima delle quali è bipartita e si ritiene segua un criterio cronologico secondo il tempo in cui vissero i personaggi greci di cui si narra la biografia; l’altra recensione giunta è, invece, tripartita e si direbbe che il criterio di ordinamento sia quello della provenienza dei personaggi greci: prima gli Ateniesi, in mezzo personaggi di diversa origine, come i Siracusani, e per ultimi i re spartani. La recensione tripartita sembrerebbe anteriore alla bipartita.
Le difficoltà di individuare e scoprire l'ordine di composizione delle biografie aumentano a causa di alcune citazioni reciproche, come accade nella Vita di Cesare (62,8 e 68,7), dove si cita la Vita di Bruto, e in quest'ultima (19,9) si cita la Vita di Cesare; un caso analogo si ha per la Vita di Timoleonte (13,10 e 33,4) e la Vita di Dione (38,10).
Le biografie vennero pubblicate in libri o gruppi e sappiamo che la coppia Demostene-Cicerone formava il quinto gruppo, quella di Pericle-Fabio Massimo il decimo, quella di Dione-Bruto il dodicesimo. Le biografie di personaggi viziosi, quali Demetrio-Antonio e Coriolano-Alcibiade, venivano certamente dopo (circa a metà dell'opera), come possiamo dedurre dalla prefazione alla prima di queste, quando Plutarco nota la necessità pedagogica di inserire esempi cattivi dopo aver già presentato una serie di modelli virtuosi e positivi.
La coppia Teseo-Romolo, che compare come prima nel catalogo di Lampria, e risulta prima sia nell'edizione bipartita che tripartita, quasi certamente è l’ultima, o comunque è una delle ultime: infatti, nella prefazione l’autore osserva che ha deciso di scrivere di personaggi mitici, dopo aver esaurito il periodo storico in cui si possono avere dati e fonti attendibili.
Elemento di antitesi
In altre opere plutarchee come il De adulatore et de amico, una lunga contrapposizione tra il vero e il falso amico, già era emersa una vera e propria tendenza dello scrittore di Cheronea al confronto antitetico: probabilmente dovuta alla sua impostazione retorica, dalla quale si allontanò con il passare del tempo per seguire gli studi di filosofia, questa tendenza diventa in Plutarco uno strumento potentissimo di espressione, in grado di dar voce alle proprie idee in modo semplice ma efficace; ed è attraverso le somiglianze e i punti in comune, ma anche e soprattutto attraverso le differenze ben marcate, che può emergere più limpidamente il messaggio etico dello scrittore.
Quasi sempre è un confronto a chiudere le vite di coppia dell'opera; alcune di esse sembrano tuttavia forzate e hanno indotto una parte della critica a dubitare della loro autenticità.
L'elemento antitetico si manifesta anche nella struttura stessa dell'opera: le biografie di personaggi viziosi sono presentate dopo una serie positiva, per marcare con forza le differenze delle condotte di vita di questi personaggi.
Finalità dell'opera
Politica
Una parte della critica sostiene che le Vite fossero una nostalgica rievocazione, quasi patriottica, di eroi e personaggi cari alla memoria di Plutarco, col fine di dare un supporto storico all'ideale politico delle classi dominanti greche e mostrare ai Romani la presenza di uomini valorosi nell'antica Grecia: un'idea che sembra quasi preannunciare gli eventi politici successivi, quali ad esempio il decentramento del potere imperiale, culminato nel trasferimento della capitale in Oriente a opera di Costantino.
Obiettivo delle biografie plutarchee era, quindi, evidenziare come i romani dovessero avere un atteggiamento più moderato verso la Grecia, con il suo glorioso passato, pur invitando, d'altra parte, i greci a un atteggiamento più conciliante verso i romani, considerati ancora come "Barbari" incolti.
Etica
Altri, invece, sottolineano che non vi siano elementi di netta superiorità greca nei confronti dei personaggi romani e sostengono, quindi, che l'obiettivo di Plutarco fosse illustrare e mettere a nudo particolari vizi o virtù di grandi personaggi, attraverso episodi circoscritti e non necessariamente decisivi da un punto di vista storico, unicamente perché fossero da monito ai lettori e all'autore stesso che li raccontava. A conferma di ciò lo stesso Plutarco nella Vita di Lucio Emilio Paolo dice di servirsi della storia come di uno specchio, per poter ornare la propria vita delle virtù altrui di cui scriveva.
«Ho iniziato a scrivere biografie per rendere un favore agli altri, ma poi ho continuato l’opera anche per me, servendomi della storia come di uno specchio, in modo da ornare la mia vita con le virtù descritte in quelle.» Plutarco Vita di Emilio
Stile
Lo stile è principalmente chiaro, frutto di un'attenta scelta della disposizione delle parole nel testo (sull'esempio di Dionigi di Alicarnasso). Plutarco, come molti prosatori greci, evita quanto più possibile l'uso dello iato e alcuni critici hanno usato questo aspetto come criterio dirimente delle questioni di dubbia autenticità delle opere plutarchee. Questa tendenza nello scansare lo iato ha spesso indotto Plutarco a riformulare le frasi, collocando le parole in modo tale da evitare l'accostamento di due vocali.
Per quanto riguarda la lingua, Plutarco si pone in una posizione intermedia tra l'atticismo (la mancanza di purezza attica gli veniva contestata da Frinico, ad esempio) e la Koinè, nella quale l'uso del modo ottativo in età imperiale risultava assai raro. Hein ha notato che l'uso dell'ottativo in Plutarco è molto ridotto rispetto a Platone o Senofonte, ma risulta maggiore che in altri scrittori contemporanei. Anche questa sua particolarità linguistica è stata adottata come criterio di autenticità.
Notevole è l'uso di aneddoti ed episodi minori utili alla caratterizzazione del personaggio; questo interesse per le vicende personali ha permesso di conservare molti frammenti di storiografi ellenistici, le cui opere sono quasi completamente perdute.
Fonti
La questione delle fonti è una delle più dibattute dalla critica.
Tra le fonti di Plutarco vi furono certamente gli storici greci Erodoto, Tucidide, Senofonte e Polibio. Per quanto riguarda gli autori latini si può escludere quasi certamente una lettura diretta delle loro opere da parte di Plutarco, in quanto è lui stesso a confessare nella Vita di Demostene che ha potuto apprendere la lingua latina solo in tarda età; è verosimile che anche per i personaggi romani dovette affidarsi alla lettura di autori greci o al più a fonti indirette.
Nell'opera ricorrono numerose citazioni di filosofi, poeti, autori tragici e comici, perché se è vero che le fonti storiografiche principali sono indispensabili per conoscere un personaggio e il contesto nel quale si è mosso, è altrettanto vero che l'efficacia rappresentativa dei poeti, soprattutto degli autori di commedia, riesce ad arricchire il ritratto di uomini straordinari. A prova di quanto detto, si propone un passo tratto dalla Vita di Nicia, in cui Plutarco si esprime così:
«Dato dunque un rapido ed essenziale accenno a quei fatti narrati da Tucidide e Filisto che non è possibile trascurare del tutto perché con particolare chiarezza rivelano il carattere e il comportamento dell’uomo nascosti sotto le molte e gravi vicende (tutto ciò per non sembrare pigro e trascurato), ho cercato di raccogliere i particolari che sfuggono ai più e che altri hanno esposto in modo non sistematico, o che si trovano su monumenti o decreti antichi, non già raccogliendo in tal modo una documentazione inutile, ma quella che consente di conoscere carattere e modo di comportarsi di Nicia.». Plutarco Vita di Nicia.
Influenza e fortuna delle Vite
Per le finalità e anche grazie agli evidenti pregi letterari dell'opera, molti furono gli scrittori, specie tra Sei e Settecento, che ne hanno tratto ispirazione: tra i molti casi, si sottolinea la tragedia shakespeariana Antonio e Cleopatra, ripresa dalla Vita di Antonio.
Quest'opera divenne di fatto un perno del cursus studiorum delle classi colte: lo stesso Napoleone ne era un grande estimatore fin da ragazzo:
«Le sue censure dirette contro la disumanità e l'abuso dei privilegi infiammarono spiriti liberali ad un grado piuttosto inferiore rispetto al punto di combustione, mentre la sua evidente simpatia per un potere illuminato gli procurò una favorevole collocazione nelle biblioteche dei sovrani più illuminati.». (F. J. Frost, Plutarch's Themistocles. A historical commentary, Princeton 1980, p. 41 (trad. A. D'Andria))
Oggi, invece, si tende a esaminare la questione di fonti, metodi, predecessori del biografo, certamente senza concentrarsi, come nel tardo Ottocento, sui "capi d'accusa" formulati ad un presunto metodo storiografico di Plutarco, quali la debolezza cronologica e della conoscenza geografica, la mancanza di trattazione sulle condizioni socio-economiche che ispirarono riforme e legislazioni, nonché la scarsa o nulla comprensione di strategie e tattiche.
Filosofi come Montesquieu e poeti come Vittorio Alfieri o riedrich Schiller apprezzarono il valore altamente istruttivo e l'alta moralità dell'opera. Quest'ultimo progettò (senza mai attuarlo) di scrivere una serie di biografie sulle orme di Plutarco.
19 aprile 2024 - Eugenio Caruso
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