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Avere successo con il marketing. Capitolo 1 - Premessa

Se è permesso paragonare le cose piccole alle grandi.

Virgilio – Georgiche


Questo è il primo di una serie di articoli tutti mirati a illustrare i vantaggi per l’impresa di un forte orientamento al marketing. Per il capitolo 2 clicca qui.


PREMESSA

Gli esseri umani hanno, spesso, reazioni paradossali e se si vuole ottenere qualcosa da qualcuno, a volte, occorre adottare comportamenti paradossali; questo incipit non deve stupire perché, come vedremo, il paradosso ricorrerà frequentemente nel definire l'operatività del marketing, specialmente nell'ambito delle relazioni tra fornitore e cliente.
 Il seguente episodio, frutto di forte capacità umoristica, è stato scritto da Mark Twain ne Le avventure di Tom Sawyer, e sembra particolarmente adatto per introdurre il concetto di marketing.

I genitori di Tom Sawyer hanno imposto a Tom di dipingere una staccionata; si tratta di una noiosa punizione e Tom è tormentato dal pensiero che i suoi compagni sono in vacanza e si staranno divertendo. Prima o poi passeranno di lì e si prenderanno gioco di lui; la situazione è senza speranza, ma Tom è un ragazzo ricco di iniziative.
Ecco che compare il primo, Ben Rodgers, che si piazza dietro Tom e inizia a prenderlo in giro: «T'hanno messo sotto, eh?».
Tom fa come se non avesse sentito e continua a dipingere, con maestria.
«Vado a nuotare» dice Ben. «Tu invece devi lavorare, vero?». Tom si finge sorpreso: «Ah, sei tu, Ben. Lavorare? Che intendi per lavorare? ».
E spaccia il suo umile lavoro di pennello per arte sopraffina, finché Ben gli chiede: «Posso provare un attimo? »
Tom si lascia convincere in cambio di una mela.
Uno dopo l'altro passano anche gli altri ragazzi. E ognuno vuole partecipare alla nuova attrazione della verniciatura. Nel pomeriggio la staccionata risplende perfetta.
Noleggiando il pennello Tom è entrato in possesso di un patrimonio sotto forma di biglie, petardi, un ratto morto, ecc. E ha avuto una lezione di vita: quel che sembra una faticaccia, quando si è costretti a farlo, diventa un piacere quando ci viene permesso di farlo.

Questo episodio, che, nelle intenzioni di Mark Twain, non aveva nulla a che vedere con le leggi della domanda e dell'offerta, possiamo consideralo un divertente punto d'approccio per parlare di marketing.
Prima di analizzare il racconto con gli occhi del marketing, giova studiarlo alla luce della teoria freudiana (Freud, 1932), secondo cui una caratteristica saliente e costante del funzionamento dell’apparato psichico è la spinta verso la regolazione delle tensioni, altrimenti nota come Principio del Piacere (1). Sostiene Freud che l'estinzione o la limitazione degli stimoli (o impulsi) che operano sull'apparato psichico riducono la tensione interna, pertanto, questa attività di estinzione o di limitazione viene sperimentata come Piacere.
Nel caso dell'episodio di Tom Sawyer gli stimoli sono, da parte di Tom, l'insoddisfazione per l'incarico ricevuto, il dispiacere di non poter disporre del tempo a suo piacimento, la paura di essere deriso dai compagni, da parte degli amici, l'invidia nell'osservare Tom impegnato in un lavoro importante e divertente, il desiderio di essere coinvolti in quel nuovo gioco. Gli stimoli, che creano tensione, vengono diretti nella direzione del baratto, Tom affitta il pennello in cambio di qualcosa, e si dissolvono creando piacere in tutti i ragazzi.
Osserva Trevisani che, quando gli stimoli che operano nell'apparato psichico vengono diretti verso oggetti esterni, questi oggetti si presentano e si dimostrano utili nella riduzione della tensione e quindi nel procurare piacere, nell'accezione freudiana. (Trevisani, 2003).

Trasferendo questi concetti, nell'arena del marketing, si può sostenere che se si riesce a comprendere cosa provoca tensione in un soggetto,  si potranno identificare potenziali leve di acquisto, in quanto questa tensione è prodotta da stimoli che possono essere indirizzati nella ricerca di un prodotto o di un servizio. Pertanto, la ricerca e lo studio dei bisogni latenti o mal soddisfatti permette di aprire grandi opportunità al marketing. Anche nel campo del business to business, se si riesce a comprendere cosa provoca tensione in un buyer aziendale, si potranno identificare le leve motivazionali dell’azienda acquirente, e regolare di conseguenza l'offerta.

Nei modelli più avanzati di marketing, il processo dell’acquisto deve, necessariamente, essere confrontato con quello della motivazione. E cioè, quali sono i fattori che spingono l'individuo all'acquisto? La teoria della motivazione vede come unità motivante di base, ancora la tensione.
Gli impulsi generatori di tensione si innestano su stati di disequilibrio percepito, e creano una spinta alla risoluzione del problema attraverso il raggiungimento di stati di equilibrio. L'impulso diviene movente di acquisto nel momento in cui nasce la percezione che quell'acquisto possa diventare lo strumento risolutivo del problema.
Ritornando a Twain, gli stati di disequilibrio sono rappresentati dall'insoddisfazione di Tom per il lavoro che gli è stato imposto, e dalla gelosia degli amici che vorrebbero "divertirsi" a verniciare la cancellata. Gli stati di disequilibrio creano gli impulsi necessari per risolvere il problema e gli impulsi diventano il movente per trovare la soluzione e cioè il baratto.
Questa premessa, forse un po' provocatoria, vuole porre subito l'accento sul fatto che il marketing è, oggi, una scienza che deve ricorrere, anche, alla ricerca cognitiva.

A volte i desideri e le scelte di acquisto delle persone sono prevedibili, a volte non lo sono affatto. Se il campo del consumo fosse dominato dalle leggi della razionalità, non avremmo bisogno di fare ricorso all'analisi cognitiva o al paradosso (De Bono, 1967)..
Le persone, sia come consumatori singoli, che come decisori aziendali, esprimono, nei propri comportamenti, tutta la natura umana, in cui subentra, spesso, un versante di irrazionalità.

Forniamo una prima tipologia di moventi d'acquisto:

Pulsioni conscie: gli impulsi d’acquisto che derivano da valutazioni razionali, consapevoli della convenienza dell'acquisto in relazione ad un’analisi accurata dei propri bisogni (personali o aziendali).

Pulsioni subconscie: gli impulsi d’acquisto che derivano da associazioni inconsapevoli o solo parzialmente consapevoli tra l’atto dell'acquisto e l’eliminazione di problemi reali o potenziali. Le pulsioni subconscie sono prevalentemente di natura culturale.

Pulsioni inconscie: gli impulsi d’acquisto governati da dinamiche non percepite dal soggetto, soprattutto provenienti da pulsioni ancestrali e genetiche, le quali agiscono sull’individuo senza che egli stesso ne sia consapevole.
Tali impulsi sono prevalentemente dovuti ad aspetti psicobiologici, associati a pulsioni derivanti dalla storia della specie e dalla sua biologia.

Un esempio di pulsione conscia è dato dalla percezione della necessità di possedere un ombrello se piove, o dotarsi di un mezzo di trasporto per raggiungere il posto di lavoro, scegliendo accuratamente tra le diverse alternative esistenti e valutandone pro e contro, razionalmente.
Un esempio di pulsione subconscia avviene durante la scelta di un capo di abbigliamento da parte di un impiegato, ad esempio, nella quale egli a priori - inconsapevolmente - esclude dal campo delle proprie scelte soluzioni tipo costume da bagno, accappatoio o smoking includendo invece scarpe inglesi,  abiti interi o spezzati, con o senza cravatta.
Il fatto che la scelta avvenga all'interno di un "gruppo mentale" di prodotti non è completamente consapevole, e risponde ad esigenze di conformità spesso latenti e subconscie. Per quale motivo plausibile, razionale, un impiegato non dovrebbe recarsi al lavoro in costume da bagno, d'estate quando fa molto caldo? Una pulsione subconscia alla conformità culturale è presente in moltissimi acquisti, senza che i consumatori se ne rendano conto.
Un esempio di pulsione inconscia è dato dal movente per cui un ragazzo, non sposato o fidanzato, decide di recarsi in una palestra. In questa scelta può esistere un desiderio sottostante di aumentare la propria attrattività ed acquistare maggiori chance di trasmettere i propri geni. Questo movente fisiologico e genetico può avvenire al di fuori della consapevolezza della persona stessa.

Nell'affrontare il marketing, dobbiamo definitivamente abbandonare il concetto che tutti gli acquisti siano razionali, con riferimento a qualche norma oggettiva o a qualche legge universale. Spesso comportamenti apparentemente irrazionali assumono una razionalità interna per il sistema di valori dell'individuo o per il suo stato psicologico.
Ad esempio, l'atto di bere un superalcolico, alle 10 del mattino, sembrerebbe irrazionale secondo una logica esterna, ma può essere del tutto coerente e razionale rispetto alle pulsioni interne che esperisce l’individuo (bevo per calmarmi, per premiarmi, per fare una pausa).
Questi moventi fanno parte della razionalità interna, non della razionalità esterna. Sono intrinsecamente coerenti, anche se visti dal di fuori sembrano non aver senso.
Lo stesso vale per chi pratica il body building e fa uso di anabolizzanti. Il desiderio di potere, la supremazia, l'apparire forti e vincenti, sono estremamente razionali nella logica interna di quel tipo di comportamenti.
L'analisi dei moventi deve andare in profondità e non accontentarsi di giudicare "irrazionali" alcuni comportamenti. Deve scoprire come e quando nasce il movente, quali comportamenti dimostrativi sono in corso, come, ad esempio il tentativo di costruire un personaggio o un'identità, oppure l'imitazione di persone reali o personaggi mediatici, i quali hanno inconsapevolmente agito sull'individuo.

Affinché avvenga un acquisto, è necessario, pertanto, che l'oggetto del desiderio svolga una funzione positiva sull'orizzonte psicologico del cliente e non sull'orizzonte del cosiddetto "senso comune". Le indagini svolte da Trevisani hanno permesso di evidenziare tre distinte motivazioni ad un acquisto (Trevisani, 2003).

  1.  Prevenire problemi che il soggetto ha già: il prodotto agisce come risolutore di un problema esistente, un problema che ha già iniziato ad agire sul fronte psicologico del soggetto.
  2.  Mantenere situazioni positive: in questo caso, il prodotto ha una funzione di "manutenzione" o consolidamento di situazioni esistenti, ritenute, a livello psicologico, positive
  3.  Agire per arrestare una minaccia futura e prevenirla: in questo caso, il prodotto viene acquistato per via della sua capacità percepita di arrestare minacce future, incombenti, che hanno una certa probabilità di verificarsi e mettono in pericolo la tranquillità psicologica del cliente.

Trattare le pulsioni d’acquisto significa, soprattutto, capire che posizione occupa il prodotto all’interno della dimensione spazio-tempo del soggetto e identificare quale funzionalità il prodotto assume rispetto alla prospettiva temporale del consumatore/cliente. Le tre categorie di valori/proprietà di prodotto succitate, si differenziano, fondamentalmente, per l'orizzonte temporale rispetto al quale il prodotto agisce.

A volte, parlando con l'uomo della strada, si ha la sensazione che il marketing sia percepito come uno strumento, inventato dalle imprese, che consente di distorcere, pubblicamente, la verità per costringere il consumatore, sottoposto ad un vero e proprio sfruttamento commerciale, a disfarsi dei propri risparmi.

Prima di lasciarci travolgere dalla passione e affermare che il marketing è la più grande invenzione, mai realizzata dall'uomo, capace di  farlo volare dalla routine del quotidiano alle più sfrenate fantasie dell'immaginazione, si ritiene  necessario chiedere alla filosofia che cosa si intende per verità.
Sostiene Friedhelm Moser che «Un'idea o un'affermazione è vera quando corrisponde alla realtà. Se mentre passeggio con un amico, questi mi interrompe e mi dice che sta incominciando a piovere, e io sollevo la mano e se sento sul palmo delle gocce d'acqua, gli confermo che ha ragione e che sta piovendo». Questa lapalissiana verità è chiamata dai filosofi "teoria della rappresentazione" (Moser, 2000).
Il grande Ludwig Wittgenstein sostiene, invece, che nello «Nello spazio logico, il mondo è la totalità dei fatti» e che «Ci costruiamo immagini dai fatti. L'immagine può concordare con la realtà, oppure no, essere corretta o sbagliata, vera o falsa. Per capire se un'immagine è vera o falsa, dobbiamo confrontarla con la realtà. Dall'immagine in sé non si può capire se essa è vera o falsa». Il punto della questione è «Ma dove troviamo la realtà con cui dovremmo confrontare la nostra immagine?». I fisici  insegnano che la sedia sulla quale siamo seduti è fatta di puro vuoto con miliardi di particelle cariche che girano vorticosamente, e allora la realtà, evidentemente, è al di fuori della nostra conoscenza, se, sedendoci, non cadiamo per terra. Afferma Wittgenstein «La realtà è la conoscenza empirica osservata dall'esperienza». Pertanto, tutto ciò che sappiamo è passato attraverso gli organi di senso,  i canali della nostra percezione, le reti del sistema nervoso, l'elaborazione da parte del cervello. Nella nostra mente impressioni indistinte vengono riunite in un quadro generale; ciò che chiamiamo realtà è sempre e soltanto un'idea della realtà. In sintesi non disponiamo di una realtà oggettiva  con cui confrontare le nostre immagini.
Seguendo Aristotele, possiamo solo verificare se una nuova idea si concilia con l'insieme delle nostre vecchie idee, accettate come vere. Ciò che contraddice le teorie in vigore viene generalmente considerato una bugia o un errore. Questa verità è chiamata dai filosofi "teoria della coerenza".
«Ma l'imperatore è nudo», esclama il bambino della favola; nessuno gli aveva spiegato che, spesso, nella vita una menzogna presentabile è meglio della verità.
D'altra parte Machiavelli consigliava «Non può pertanto uno signore prudente, né debbe, osservare la fede quando tale osservanzia gli torni contro e che sono spente le cagioni che la feciono promettere», mentre, secondo Talleyerand, «All'uomo è stato donato il linguaggio perché possa nascondere i propri pensieri» e Platone considerava la bugia, uno strumento irrinunciabile della politica.
Questo per sostenere quanto sia pericoloso avvicinarsi ai concetti di verità e di distorsione della verità e affrontare il marketing con atteggiamenti dogmatici.
Giova, peraltro, ammettere che il marketing è entrato violentemente nella vita dell'uomo contemporaneo, ne influenza le scelte, ne determina i comportamenti, lo trasporta nelle sfere del piacere o del dispiacere, esso è pertanto una "cultura" della quale l'impresa di successo deve essere ricca.

Il sistema di pensiero alla base del marketing poggia sulla teoria delle scelte individuali fondata, a sua volta, sul principio della parità tra fornitore e acquirente. In realtà, il marketing non è altro che l'espressione sociale e la trasposizione operativa dei principi enunciati dagli economisti alla fine del XVIII secolo e che sono, tuttora, alla base dell'economia di mercato.
I principi enunciati da Adam Smith si possono riassumere nel seguente concetto: "Il benessere sociale non dipende dall'altruismo, ma proviene dall'incontro degli impulsi egoistici dei produttori e dei consumatori, che attuano uno scambio volontario e concorrenziale".
Partendo dal principio che la ricerca dell'interesse personale è una tendenza imprescindibile della maggior parte degli esseri umani, Adam Smith suggerisce di lasciare le cose così come sono, ma di operare per lo sviluppo di un sistema capace di indirizzare l'egoismo degli individui a dare un contributo, sia pure involontario, al bene comune. Questo sistema è costituito dallo scambio volontario e concorrenziale, guidato dalla mano invisibile e basato sulla ricerca dell'interesse personale che confluisce, inevitabilmente, nell'interesse generale.
Questa impostazione è stata rielaborata nelle economie moderne e il concetto stesso di "impresa" è cambiato notevolmente, ma essa resta, comunque, alla base dell'attività economica di qualunque soggetto competitivo, operante in un mercato concorrenziale.

L'economia di mercato poggia su cinque principi, innocui all'apparenza, ma carichi di implicazioni sul piano della metodologia di approccio dei mercati (Lambin, 2000).

  1. Gli individui cercano esperienze gratificanti. La ricerca di queste esperienze gratificanti è il motore della crescita, dello sviluppo individuale e del benessere generale, essa infatti spinge gli individui a produrre e lavorare.
  2. Quello che per un individuo è gratificante dipende dalle sue scelte personali, le quali variano secondo i gusti, la cultura, i valori.
  3. È attraverso lo scambio volontario e concorrenziale che individui e organizzazioni riescono a realizzare i propri obiettivi.
  4. I meccanismi dell'economia di mercato si basano sul principio della libertà individuale e in particolar modo sul principio di assoluta parità tra fornitore e acquirente.
  5. Il fondamento morale del sistema risiede nel principio che gli individui sono responsabili delle loro azioni e in grado di decidere ciò che è buono o cattivo per se stessi.

Il marketing trova i suoi fondamenti  in questi cinque principi, che si basano su una filosofia d'azione valida per ogni organizzazione che offra una fornitura a un pubblico di utenti.

I campi d'azione del marketing possono essere riuniti in tre grandi classi:

  1. Il marketing dei beni di consumo e dei beni di massa durevoli.
  2. Il marketing dei servizi.
  3. Il marketing dei beni industriali, nell'ambito del business to business.

In ognuna di queste classi  la soddisfazione dei bisogni del cliente deve essere l'obiettivo primario, perché attraverso tale soddisfazione l'impresa può raggiungere i target di crescita e di redditività.
L'applicazione di questo principio implica, per l'impresa, un sistema di pensiero e un sistema d'azione.

  1. Il sistema di pensiero si articola in un'analisi sistematica dei bisogni del mercato e nello sviluppo di nuovi prodotti, destinati a diversi tipi di clientela, con particolari caratteristiche e attributi che li differenzino dai prodotti esistenti, assicurando in tal modo al fornitore un vantaggio competitivo duraturo e difendibile. Questi sono gli obiettivi del marketing strategico.
  2. Il sistema d'azione si identifica nell'organizzazione di una strategia di comunicazione e di vendita, che abbia per obiettivo rendere note e valorizzare presso i potenziali clienti le caratteristiche e gli attributi distintivi rivendicati dal prodotto offerto. Questo è il ruolo del marketing operativo.

Un caso esemplare di successo del marketing emozionale

È un'alleanza che viene da lontano quella tra Fiat e Chrysler, più di quanto non dicano le tappe ufficiali della maratona che potrebbe concludersi a giorni (17 aprile 2009).

Anche se nessuno è in grado di scommettere sul meccanismo, in caso di successo, che porta la Fiat dopo ventitrè anni negli Stati Uniti per salvare una delle big three dell'auto con le sue tecnologie di avanguardia e con quelle "automobiline" che nessun americano avrebbe degnato di attenzione fino a un paio di anni fa, la realtà è che la Chrysler cerca l’abbraccio di Fiat per sfuggire a un declino inevitabile.

Ma al Lingotto, quando raccontano il cammino che ha portato a quest'ultimo atto del negoziato con Detroit, preferiscono parlare di "trapianto di dna" ovvero del riconoscimento "della capacità della Fiat di fare auto piccole, leggere, che consumano poco, ecologiche e della possibilità di adattare questo modello ad altre imprese automobilistiche".

Questa consapevolezza è stato il filo conduttore di un anno e mezzo di contatti che alla vigilia della svolta finale possiamo ricostruire in tutti i passaggi che hanno impegnato i manager di Fiat e Chrysler e che hanno subito un'accelerazione con la crisi e le scelte di Obama. Questi due fattori, come amano ricordare in casa Fiat "hanno trasformato un handicap genetico in una grande opportunità". E' accaduto per effetto della crisi, ma la Fiat era pronta, aveva un know how collaudato per fare le auto per le città americane del dopo-crisi ma aveva anche qualcosa di più. Un qualcosa che nei mesi del negoziato con Detroit è tornato spesso nei ragionamenti e nelle riunioni tra Marchionne, Montezemolo e John Elkann.

Torino portava non soltanto l'eccellenza Fiat in fatto di vetture compatibili con i nuovi bisogni di risparmi energetici e difesa ambientale ma anche altro. Un altro che al Lingotto traducono con la "capacità di parlare alla parte emotiva del mondo dell'auto, clienti compresi, trasmettendo un patrimonio unico in fatto di design, stile, colore, comunicazione, un'estetica che diventa sostanza e cioè quella parte più light che non è nel contenuto ingegneristico e tecnico". In questo senso erano consapevoli che la carta che essi avevano in mano al tavolo non era solo un prodotto ma quella sua espressione che, come hanno avuto modo di ricordare più volte agli interlocutori di Detroit, "riporta al made in Italy e più ancora a uno stile italiano".

All'inizio da parte della Fiat c'era la necessità di riportare in America l'Alfa Romeo nel tentativo di sottrarla a una vita non all'altezza della sua fama. E forse anche per onorare un impegno assunto niente meno che al momento dell'accordo con GM e mai rispettato. I colloqui cominciano quando Fiat acquista in Brasile uno stabilimento della Chrysler per ovviare alla saturazione dei suoi impianti di Betim. E' l'autunno del 2007. La cessione avviene nella primavera del 2008 ma i contatti non si interrompono, anzi si intensificano nell'estate successiva mentre comincia a soffiare il vento della crisi e la Chrysler, assieme alla GM, ne resta travolta. Marchionne sa perfettamente come muoversi. La proprietà Fiat di cui John Elkann è l'espressione, si è resa ancora una volta conto in questi mesi che era l'uomo adatto per questo tipo di trattativa e riconosce che "è un manager capace di dialogare e negoziare con la stessa mentalità degli americani, in un mondo in cui conta anche il linguaggio" e non ha difficoltà ad ammettere che "senza di lui non si sarebbe fatto nulla".

E' Marchionne a seguire passo dopo passo l'evoluzione di un dialogo che con i mesi muta sostanza e obiettivi. Quando vengono a Torino Bob Nardelli e Tom Lasorda, vicepresidente e ceo di Chrysler, l'ad del Lingotto ha facilità di rapporti con questi due italo-canadesi come lui. Si capiscono e trattano alla pari. Sullo sfondo resta l'Alfa Romeo per la quale si è pensato anche di poter utilizzare in America la rete della Jaguar finita con la Rover sotto il controllo di Ratan Tata. E c'è stato anche un tentativo di farlo con la BMW con la quale è stato avviato un colloquio poi limitato all'ipotesi di una piattaforma per Mini e 500. Quando infine la Chrysler bussa alle porte del Tesoro americano per avere i finanziamenti e ottiene in risposta un sì condizionato alla presentazione di un piano che prevede la produzione di auto piccole, ecologiche e di consumi limitati, allora la 500 si rivela l'atout vincente del Lingotto.

"La 500 può diventare la nuova Smart in terra americana" si convincono in Fiat. Con lo stabilimento che gli americani mettono a disposizione in Messico e la 500 che già è un successo in Europa, Marchionne può stringere i tempi e convincere che l'offerta Fiat è la migliore non solo i vertici Chrysler ma persino la Casa Bianca. Nelle decine di riunioni che si susseguono con l'ad del Lingotto che fa la spola tra le due sponde dell'Atlantico le parti confrontano le convenienze reciproche. Per Chrysler vuol dire disporre di tecnologie per costruire subito prodotti in linea con la nuova domanda del mercato, dalla 500 alla Panda come mini jeep per arrivare poi all'Alfa Romeo; poter utilizzare quei veicoli commerciali Fiat ecologicamente tarati per il loro mercato; avere a disposizione la rete Fiat in Sudamerica e Europa per i sui fuoristrada Dodge, Jeep, Chrysler. Per la Fiat oltre al ritorno in Usa con suoi marchi c'è la possibilità di avere i fuoristrada che attualmente non produce e un progressivo accesso al capitale che potrebbe portarla al controllo di Chrysler.

Si è arrivati così al finale. Per la Chrysler è un problema di sopravvivenza perché se fallisce con Fiat davanti le si apre il baratro della scomparsa. Per la Fiat c'è il rischio che gli apprezzamenti si trasformino in un boomerang in caso di insuccesso. "Dobbiamo fare attenzione a questo pericolo e non restare con un pugno di mosche in mano se la cosa non funzionerà" si dicono al Lingotto quando mancano due settimane allo scadere del tempo utile. Sulla loro strada ci sono ora le banche e i sindacati. Ma c'è un punto sul quale la Fiat non è disposta a mollare. Marchionne e con lui Montezemolo lo hanno tradotto così: "Senza l'accordo con i sindacati non si fa nulla".

Eugenio Caruso Revisione del 17 aprile 2009


Note

1. Principio del Piacere ha chiamato Freud uno dei due principi che regolano il funzionamento della mente, e, cioè, quello che dirige l'attività psichica per la liberazione del dolore. L'altro principio è quello della Realtà, in base al quale la ricerca del piacere avviene obbedendo alle condizioni imposte dal mondo esterno.

Bibliografia

De Bono E., Il pensiero laterale, BUR, 1967.
Freud S., Introduzione alla psicoanalisi, Boringhieri, 1978.
Lambin J. J., Marketing strategico e operativo, McGraw-Hill, 2000.
Moser F., Piccola filosofia per non filosofi, Feltrinelli, 2002.
Trevisani D., Psicologia di marketing, FrancoAngeli, 2003.


Per un approfondimento sul marketing si invia al successo editoriale
E. Caruso, Il circolo virtuoso impresa mercato, Tecniche Nuove

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