Ancora dubbi sull'interazione tra neanderthaliani e homo sapiens e l'ipotesi dell'esclusione competitiva
Vivevano in piccoli gruppi geneticamente isolati, un handicap nella competizione con la nostra specie
Qualcuno ricorderà quel sito in Francia
che, un paio d’anni fa, aveva riaperto
la questione su una possibile lunga
convivenza (15.000 anni, più o meno) fra
gli ultimi Neanderthal e i primi sparuti gruppi
di Homo sapiens arrivati nelle terre a nord
del Mediterraneo dall’Oriente e, in ultimo,
dall’Africa.
Il sito si chiama Grotte Mandrin e
vi è documentata la presenza della nostra specie
a partire da 54.000 anni fa. È una data che
va messa a confronto con quella, consolidata
da un decennio, della definitiva estinzione dei
Neanderthal circa 40.000 anni fa.
Se queste cifre ci dicono qualcosa sul
«quando» si estinse Homo neanderthalensis,
sul «come» è sul «perché» aleggiano da sempre
molte domande e fin troppe risposte. Una
scoperta fatta proprio a Grotte Mandrin e
pubblicata a settembre su «Cell Genomics» favorisce
ora uno degli scenari possibili, che poi
è quello che a me sembra più compatibile con
diversi altri dati che abbiamo a disposizione e,
quindi, il più convincente.
Catastrofi accessorie
Ma andiamo con ordine. È noto che per
spiegare l’estinzione dei Neanderthal vengono
invocati fattori «catastrofici» avvenuti
circa 40.000 anni fa: per esempio le conseguenze
di un’eccezionale eruzione vulcanica,
come fu quella dei Campi Flegrei, o
dell’«evento di Laschamp», un’importante
escursione del campo magnetico terrestre.
Personalmente penso che eventi di questo tipo
possano aver anche influito, ma che la causa
principale sia stata un’altra, da ricondurre a
un principio fondamentale in biologia evoluzionistica
detto «esclusione competitiva». (NDR Potrebbe anche essere stato il primo genocidio commesso dall'uomo, considerando la tendenza alla violenza che caratterizza la nostrta specie. Ma di questo si cerca di non parlare)
Significa che in natura non possono coesistere,
negli stessi territori, due specie che occupino
la stessa nicchia ecologica: che vivano
cioè nello stesso modo, si nutrano degli stessi
cibi, abbiano un analogo posto nell’ecosistema
e così via. Ritengo perciò che la presenza
di una forma ecologicamente molto simile ai
Neanderthal – come furono i primi Homo sapiens
giunti in Europa – possa aver comportato, sia
pure indirettamente, la loro estinzione. A patto
che vi fossero elementi che favorivano gli
uni e sfavorivano gli altri nella competizione.
Scambi di geni e di conoscenze
Penso alle potenzialità cognitive dei nostri
remoti antenati, documentate per esempio
dall’arte preistorica, o alle loro abilità tecniche,
dimostrate dall’invenzione di armi da
lancio come arco e frecce. A Grotte Mandrin
i ricercatori hanno trovato un’ulteriore traccia,
cioè i resti (quasi solo denti, per ora) di un
Neanderthal di circa 50.000 anni fa, chiamato
Thorin. Tramite il DNA, oltre a determinarne
il sesso (maschio), è stato possibile identificarlo
come appartenente a un gruppo di dimensioni
molto piccole e che, soprattutto, non
avrebbe avuto alcuna interazione genetica
con Neanderthal di aree vicine e della stessa
antichità, suggerendo qualcosa come 50.000
anni di isolamento riproduttivo (non poco!).
Questo dato sostiene l’ipotesi dell’esclusione
competitiva, in quanto ci mostra una
differenza notevole fra le bande di cacciatori-
raccoglitori Neanderthal e quelle della specie
moderna. Ci dice che i gruppi della nostra
specie potevano avere maggiori probabilità di
entrare in contatto con altri gruppi e di tessere
interazioni sociali più estese. Abbiamo in
effetti prove per cui i primi Homo sapiens arrivati
in Siberia formarono subito le cosiddette
«reti di accoppiamento» fra piccole bande, tali
da evitare la consanguineità al loro interno.
Anche il comunicare di più e scambiare conoscenze
è qualcosa che gli esseri umani fanno
e che, in una certa misura, i Neanderthal non
avrebbero potuto fare a causa del loro stile di
vita isolato, organizzato in gruppi piccoli ed
endogamici.
Giorgio Manzi
Ricostruzione dell'uomo di neanderthal
Eugenio Caruso - 7 gennaio 2025
Tratto da le scienze