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Struttura e competitività delle imprese industriali e dei servizi nel 2006.

 

Tutti si lamentano di aver poca memoria, nessuno si lamenta di aver poco raziocinio.

De La Richefoucauld


A fine 2008, l ’Istat ha reso disponibili i principali risultati, aggiornati al 2006, sulla struttura e la competitività del sistema delle imprese in Italia. I dati sono stati raccolti attraverso due distinte rilevazioni statistiche che hanno interessato complessivamente circa 48.000 imprese rispondenti: la rilevazione campionaria sulle piccole e medie imprese e sull’esercizio di arti e professioni (PMI, rivolta alle imprese con 1-99 addetti) e la rilevazione censuaria sul sistema dei conti delle imprese (SCI, che ha come campo di osservazione le imprese con 100 addetti ed oltre). Giova notare che questi dati, che fanno riferimento al "lontano" 2006, hanno un puro valore statistico.
Entrambe le rilevazioni concorrono a tracciare il quadro strutturale dei risultati economici delle imprese italiane, secondo i criteri stabiliti dal Regolamento sulle statistiche strutturali sulle imprese n. 58/97 (SBS), emanato per valutare, in modo armonizzato, la struttura, l’attività e la competitività delle imprese nell'Unione europea.
In particolare, i dati si riferiscono alle imprese che operano nei settori dell’industria e dei servizi ad esclusione del comparto dell'intermediazione monetaria e finanziaria e delle attività di organizzazioni associative - disaggregati per settore di attività economica, dimensione aziendale e localizzazione delle attività.
Per la metodologia di rilevazione, le fonti utilizzate e la comparabilità dei risultati con altre indagini dell’Istituto si vedano le note informative.

Principali risultati
Nel 2006 le imprese italiane dell’industria e dei servizi di mercato sono 4.338.766, occupano circa 16,6 milioni di addetti (11,1 milioni di dipendenti) e realizzano un valore aggiunto di circa 677 miliardi di euro (+6,8 per cento rispetto al 2005). La struttura produttiva italiana continua ad essere caratterizzata da una prevalenza di imprese di piccole dimensioni con una limitata presenza di grandi imprese. La dimensione media delle imprese italiane rimane, anche nel 2006, di circa 3,8 addetti, risultando più elevata nell’industria (5,9 addetti) rispetto ai servizi (3,1 addetti).
Nelle microimprese con meno di 10 addetti, il 64,3 per cento dell’occupazione è costituito da lavoro indipendente (65,1 per cento nel 2005). In esse si concentra il 94,9 per cento delle imprese, il 47,7 per cento degli addetti, il 25,4 per cento dei dipendenti, il 28,9 per cento del fatturato ed il 33,8 per cento del valore aggiunto. Le imprese di maggiori dimensioni (250 e più addetti) sono, invece, 3.320 unità e assorbono il 18,6 per cento del totale degli addetti, il 27,7 per cento dei dipendenti, il 28,8 per cento del fatturato e il 27,6 per cento del valore aggiunto complessivo.
Nel 2006, rispetto all’anno precedente, le microimprese crescono di 34 mila unità e 71 mila addetti e registrano un incremento del valore aggiunto del 10,3 per cento; la produttività nominale del lavoro, misurata dal valore aggiunto per addetto, è pari in media a 29,0 mila euro: il valore di questo indicatore è circa il 47,8 per cento di quello delle imprese con almeno 250 addetti (pari a 60,7 mila euro). I lavoratori dipendenti nelle imprese con meno di 10 addetti percepiscono una retribuzione lorda procapite di 16,3 mila euro, inferiore del 39,3 per cento a quella dei lavoratori delle imprese con 250 addetti e oltre (26,9 mila euro).
Le imprese con 250 addetti aumentano di circa 100 unità e registrano una crescita di 101 mila addetti e un incremento del 3,4 per cento del valore aggiunto.

La struttura settoriale e dimensionale dei principali aggregati economici
Nell’industria in senso stretto operano circa 521 mila imprese che assorbono 4,7 milioni di addetti (il 28,6 per cento dell’occupazione totale), il 35,9 per cento dei dipendenti complessivi e realizzano circa 246 miliardi di euro di valore aggiunto (36,3 per cento del totale). Rispetto all’anno precedente, si registra un miglioramento nella profittabilità del settore in un contesto caratterizzato dalla flessione dell’occupazione (-0,8 per cento) e dall’aumento del fatturato (+8,4 per cento), del valore aggiunto (+4,4 per cento) e delle ore lavorate per dipendente (+0,8 per cento). Nell’industria in senso stretto il 36,5 per cento del valore aggiunto è realizzato dalle imprese con 250 addetti ed oltre, che assorbono il 23,3 per cento degli addetti e realizzano il 40,9 per cento del fatturato.
Il comparto delle costruzioni registra nel 2006 un numero di imprese attive pari a circa 595 mila unità (+10 mila unità rispetto al 2005), che forniscono occupazione a 1,8 milioni di addetti (+35 mila unità) e realizzano un valore aggiunto di 63,3 miliardi di euro (+9,0 per cento), pari al 9,3 per cento di quello complessivo. Nelle costruzioni prevalgono le microimprese, che contribuiscono per il 51,5 per cento alla creazione del valore aggiunto del settore, impiegando il 64,4 per cento degli addetti e realizzando il 53,2 per cento del fatturato.
Nei servizi destinabili alla vendita le imprese attive sono circa 3,2 milioni (+31 mila unità rispetto all’anno precedente), assorbono circa 10,0 milioni di addetti (il 60,3 per cento dell'occupazione totale) e realizzano circa 368 miliardi di euro di valore aggiunto (+8,0 per cento), pari al 54,4 per cento di quello complessivo. Nei servizi le microimprese creano il 44,4 per cento del valore aggiunto, assorbono il 55,3 per cento degli addetti e il 39,2 per cento del fatturato, mentre le grandi imprese rappresentano il 25,4 per cento del valore aggiunto, il 19,3 per cento degli addetti e il 23,0 per cento del fatturato.
La dimensione media delle imprese presenta il valore più elevato nell’industria in senso stretto (9,1 addetti) e livelli più contenuti nelle costruzioni e nei servizi (3,1 addetti per entrambi i settori).
Nel 2006 prosegue il trend di crescita del settore terziario, che realizza ormai stabilmente oltre il 50 per cento del valore aggiunto totale ed arriva ad assorbire per la prima volta oltre il 60 per cento dell’occupazione complessiva nelle imprese.

Le imprese con meno di 20 addetti
Nel 2006 le imprese con meno di 20 addetti sono 4.258.908 (+35 mila unità rispetto al 2005),occupano circa 9,8 milioni di addetti (+79 mila) e realizzano circa 304 miliardi di euro di valore aggiunto (+9,0 per cento). Rispetto al complesso delle imprese industriali e dei servizi, in questa classe dimensionale si concentra il 98,2 per cento delle imprese, il 58,9 per cento degli addetti, il 39,8 per cento del fatturato e il 44,8 per cento del valore aggiunto.
Le imprese con meno di 20 addetti mostrano una più elevata presenza nei servizi (74,8 per cento delle imprese, 65,4 per cento dell'occupazione e 65,3 per cento del valore aggiunto), soprattutto nei settori del commercio (che assorbe il 38,7 per cento delle imprese, il 39,9 per cento dell’occupazione e il 37,8 per cento del valore aggiunto) e delle attività immobiliari, noleggio, informatica e altre attività professionali (33,0 per cento delle imprese, 27,1 per cento dell’occupazione e 35,6 per cento del valore aggiunto).
Nelle costruzioni sono concentrate il 13,8 per cento delle imprese che assorbono il 15,2 per cento degli occupati e realizzano il 14,7 per cento del valore aggiunto, mentre nell’industria in senso stretto le imprese rappresentano l’11,4 per cento del totale di questa fascia dimensionale, il 19,4 per cento dell’occupazione e il 20,0 per cento del valore aggiunto.
Il 54,7 per cento dell'occupazione è costituita dal lavoro indipendente, con quote del 61,8 per cento nei servizi, del 47,5 per cento nelle costruzioni e del 36,6 per cento nell'industria in senso stretto. Nel 2006 il peso delle imprese con meno di 20 addetti diminuisce in termini occupazionali (-0,4 punti percentuali rispetto al 2005), aumenta in termini di fatturato (+0,8 punti percentuali) e di valore aggiunto (+0,9 punti percentuali). Il segmento delle microimprese (1-9 addetti) registra, in particolare,un aumento della quota del fatturato (+0,7 punti percentuali) e una crescita di 1,0 punti percentuali del peso del valore aggiunto mentre le imprese con 10-19 addetti non mostrano variazioni significative nelle quote di fatturato e di valore aggiunto.

Le imprese con 20 e più addetti
Le imprese con 20 e più addetti sono circa 80 mila (1,8 per cento delle imprese italiane) e assorbono oltre 6,8 milioni di addetti (41,1 per cento del totale degli addetti e 60,2 per cento dei dipendenti). Rispetto al 2005 cresce il fatturato (+6,6 per cento) e il valore aggiunto (+5,0 per cento) e migliora il rapporto valore aggiunto per addetto (54,8 mila euro nel 2006, 53,5 mila euro nel 2005). Nel 2006 esse hanno realizzato il 60,2 per cento del fatturato complessivo e il 55,2 per cento del valore aggiunto.
Le imprese di questa fascia dimensionale sono attive prevalentemente nell’industria in senso stretto (45,8 per cento delle unità, 41,7 per cento dell’occupazione, 53,1 per cento del fatturato e 49,6 per cento del valore aggiunto) e nei servizi (44,2 per cento di imprese, 53,0 per cento degli addetti, 43,0 per cento del fatturato e 45,4 per cento del valore aggiunto).
Nell’industria in senso stretto, le imprese con 20 addetti ed oltre assumono, in relazione al complesso delle imprese italiane del settore, proporzioni rilevanti nella produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua (93,6 per cento degli occupati e 90,7 per cento del valore aggiunto), nella fabbricazione di mezzi di trasporto (89,3 per cento degli occupati e 94,0 per cento del valore aggiunto), nella fabbricazione di prodotti chimici e di fibre sintetiche e artificiali (88,0 per cento degli occupati e 92,4 per cento del valore aggiunto) e nella fabbricazione di coke, raffinerie di petrolio e trattamento dei combustibili nucleari (87,8 per cento degli occupati e 94,6 per cento del valore aggiunto). Nel settore dei servizi, la presenza delle imprese con 20 addetti ed oltre è rilevante nei trasporti, magazzinaggio e comunicazione (69,0 per cento degli occupati e 82,6 per cento del valore aggiunto).
Rispetto al complesso delle imprese industriali e dei servizi, le imprese con 20-49 addetti assorbono il 9,8 per cento del totale degli addetti (il 13,8 per cento dei dipendenti), realizzano l’11,6 per cento del fatturato e l’11,3 per cento del valore aggiunto; le medie imprese con 50-249 addetti assorbono il 12,7 per cento degli addetti (il 18,7 per cento dei dipendenti), realizzano il 19,9 per cento del fatturato e il 16,2 per cento del valore aggiunto, mentre le grandi imprese (con almeno 250 addetti) registrano il 18,6 per cento dell’occupazione (il 27,7 per cento dei dipendenti), il 28,8 per cento del fatturato e il 27,6 per cento del valore aggiunto. Rispetto all’anno precedente, il peso delle grandi imprese aumenta leggermente in termini di occupazione (dal 18,3 al 18,6 per cento) mentre risultano appena ridimensionate le quote di fatturato (dal 29,7 per cento al 28,8 per cento) e di valore aggiunto (dal 28,5 per cento al 27,6 per cento).

I principali indicatori economici

La produttività del lavoro
Nel 2006 la produttività nominale del lavoro (misurata dal valore aggiunto per addetto) è pari a 40,8 mila euro, con valori più elevati nell'industria in senso stretto (51,9 mila euro) e più contenuti nei servizi (36,8 mila euro) e nelle costruzioni (34,3 mila euro). Il livello dell’indicatore si attesta su 31,1 mila euro nelle imprese con 1-19 addetti mentre raggiunge 54,8 mila euro in quelle con 20 addetti ed oltre. La produttività del lavoro aumenta quindi al crescere della dimensione aziendale, passando dai 29,0 mila euro delle microimprese ai 52,1 mila euro delle medie imprese e ai 60,7 mila euro delle grandi imprese. Analoghi differenziali di produttività si registrano in tutti i principali macrosettori.
L’indicatore di produttività per il complesso delle imprese registra un aumento di 2,1 punti rispetto al 2005. In particolare, l’aumento è di 2,3 punti nelle imprese con 1-19 addetti e di 1,3 punti nelle imprese con 20 e più addetti. A livello settoriale i comparti in cui si registrano gli aumenti più rilevanti della produttività sono quelli della produzione e distribuzione di energia elettrica, gas e acqua (11,8 punti) e della fabbricazione di mezzi di trasporto (8,0 punti).

L’orario di lavoro
Nel 2006 ciascun dipendente ha lavorato mediamente 1.651 ore, con limitate differenze fra i tre macrosettori: 1.671 ore nell’industria in senso stretto, 1.686 ore nelle costruzioni e 1.631 ore nei servizi. I dati per dimensione aziendale non mettono in evidenza scostamenti rilevanti: le ore effettivamente lavorate sono state pari a 1.659 nelle piccole imprese (con meno di 50 addetti),1.666 nelle medie imprese (50 a 249 addetti) e 1.625 nelle grandi imprese con 250 e più addetti.

Le retribuzioni e il costo del lavoro
Nel 2006 la retribuzione lorda per dipendente è risultata nel complesso pari a 22,1 mila euro, con un aumento del 3,3 per cento rispetto al 2005. L’analisi per classi di addetti mostra un consistente differenziale retributivo a favore dei dipendenti delle grandi imprese. I lavoratori dipendenti nelle microimprese percepiscono, infatti, una retribuzione pro-capite pari a 16,3 mila euro, che corrisponde al 60,7 per cento di quella percepita in media dai dipendenti delle imprese con 250 addetti ed oltre (pari a 26,9 mila euro). L’eterogeneità retributiva legata alla dimensione di impresa è riscontrabile in tutti i macrosettori di attività economica ma è più elevata nelle costruzioni (la retribuzione lorda per dipendente nelle grandi imprese è di 33,0 mila euro contro i 16,0 mila euro delle microimprese) e più contenuta nei servizi, (23,9 mila euro rispetto ai 16,4 mila euro).
Anche l’analisi del costo orario del lavoro rileva differenze fra le classi dimensionali: nelle imprese con 1-9 addetti il costo orario del lavoro (pari a 13,4 euro) corrisponde al 57,5 per cento di quello delle imprese con almeno 250 addetti (pari a 23,3 euro).

La redditività lorda delle imprese
La redditività lorda delle imprese, misurata dal rapporto tra margine operativo lordo e valore aggiunto, è pari al 31,2 per cento per il complesso delle imprese risultando in aumento rispetto al livello registrato nel 2005 (29,5 per cento). Il valore del margine operativo lordo nella costruzione di questo indicatore viene depurato dalla componente di remunerazione dei lavoratori indipendenti assimilabile al “reddito da lavoro” dell’imprenditore. La redditività risulta più elevata nell’industria in senso stretto (36,3 per cento), rispetto ai servizi (28,8 per cento) e alle costruzioni (25,5 per cento).
Dall’analisi per classe di addetti emerge una migliore performance delle imprese con 250 addetti ed oltre (37,6 per cento) rispetto alle imprese di piccola e media dimensione. Per le imprese con 1-9 addetti e per quelle con 20-49 addetti il migliore livello di profittabilità si riscontra nel settore dei servizi (24,5 per cento e 35,3 per cento); per quelle con 10-19 addetti nel settore delle costruzioni (35,7 per cento).
Con riferimento alle medio-grandi imprese, la redditività più elevata si registra nell’industria in senso stretto con un indicatore pari, rispettivamente, a 35,7 per cento nella fascia 50-249 addetti, e a 44,0 per cento in quella con 250 addetti ed oltre.
Tra il 2005 ed il 2006 si evidenzia un consistente incremento della redditività nelle microimprese (dal 18,8 per cento al 23,4 per cento) ed una contenuta flessione nelle imprese con 250 addetti ed oltre (dal 37,8 per cento al 37,6 per cento). Nelle imprese con 10-19 addetti la quota dei profitti sul valore aggiunto passa dal 33,7 per cento al 33,8 per cento, nelle imprese con 20-49 addetti dal 32,8 per cento al 34,2 per cento e nelle medie imprese dal 31,5 per cento al 32,8 per cento.

Gli investimenti fissi lordi
Nel 2006 gli investimenti fissi lordi effettuati dalle imprese ammontano a circa 117 miliardi di euro (+9,4 per cento) e sono realizzati per il 56,7 per cento dalle imprese dei servizi destinabili alla vendita, mentre la quota dell’industria in senso stretto si colloca sul 34,7 per cento; gli investimenti sono realizzati per il 34,9 per cento dalle imprese con 250 addetti ed oltre, per il 31,1 per cento dalle imprese con 1-9 addetti, per il 16,7 per cento dalle imprese con 50-249 addetti, per il 9,2 per cento dalle imprese con 20-49 addetti e per l’8,1 per cento da quelle con 10-19 addetti.
Gli investimenti per addetto ammontano a 7,1 mila euro (6,6 mila euro nel 2005), risultando più elevati nell'industria in senso stretto (8,6 mila euro) rispetto ai servizi (6,7 mila euro) e alle costruzioni (5,5 mila euro). Anche la dimensione di impresa influisce sull’ammontare degli investimenti per addetto: si passa dai 4,6 mila euro per addetto nelle imprese con 1-9 addetti ai 13,3 mila euro in quelle con 250 e più addetti.
A livello più disaggregato, i valori dell’indicatore rispecchiano sostanzialmente la diversa intensità di capitale dei singoli comparti, oscillando, nell’industria, da 48,1 mila euro nella fabbricazione di coke, raffinerie di petrolio e trattamento dei combustibili nucleari a 2,4 mila euro nell’industria conciaria e della fabbricazione di prodotti in cuoio, pelle e similari e, nei servizi, da 14,8 mila euro nel settore dei trasporti, magazzinaggio e comunicazioni a 2,5 mila euro nel settore dell’istruzione.

Le imprese esportatrici nell’industria manifatturiera

Struttura delle imprese esportatrici
Nelle imprese manifatturiere che dichiarano una quota di fatturato proveniente dalle esportazioni si concentra il 56,3 per cento degli addetti (circa 2,6 milioni) e il 69,3 per cento del valore aggiunto del settore. La loro dimensione media (30,3 addetti per impresa esportatrice) è nettamente superiore a quella delle imprese non esportatrici (4,7 addetti). Il peso in termini di occupazione e valore aggiunto delle imprese esportatrici aumenta in misura significativa al crescere della dimensione aziendale. Con riguardo all’occupazione, si passa dal 14,7 per cento nel segmento delle microimprese, al 38,9 per cento nelle imprese con 10-19 addetti e all’89,7 per cento in quelle con 250 e più addetti. Analogamente, il 20,4 per cento del valore aggiunto totale è realizzato nelle imprese esportatrici con 1-9 addetti e il 46,7 per cento in quelle con 10-19 addetti, mentre nelle imprese con 250 addetti ed oltre tale quota raggiunge il livello del 90,7 per cento. La propensione all’esportazione diretta da parte delle imprese manifatturiere, misurata dal rapporto tra fatturato all'esportazione e fatturato totale, è pari al 28,1 per cento, in aumento rispetto all’anno precedente (27,6 per cento).
La propensione all’esportazione risulta correlata positivamente alla dimensione di impresa: le imprese con 1-9 addetti dichiarano, infatti, un fatturato all’esportazione pari al 7,3 per cento del totale, quelle con 10-19 addetti il 13,7 per cento, quelle con 20-49 addetti il 22,3 per cento, quelle con 50-249 addetti il 33,0 per cento e quelle con 250 e più addetti il 36,2 per cento. Anche nel 2006 l’analisi per attività economica conferma la maggiore propensione all’esportazione delle imprese che operano nella fabbricazione di macchine ed apparecchi meccanici (47,2 per cento), nella fabbricazione di mezzi di trasporto (40,9 per cento) e nell’industria conciaria e della fabbricazione di prodotti in cuoio, pelle e similari (40,0 per cento). Considerando soltanto le imprese esportatrici, l'incidenza del fatturato all’esportazione sul totale delle vendite è pari al 25,6 per cento nelle microimprese, al 26,1 per cento nelle imprese con 10-19 addetti, al 32,3 per cento in quelle con 20-49 addetti, al 40,3 per cento nella classe 50-249 addetti ed al 39,7 per cento nelle imprese di maggiori dimensioni.

Il profilo economico delle imprese esportatrici
Anche nel 2006 si conferma la migliore performance economica delle imprese esportatrici rispetto alle aziende orientate esclusivamente al mercato interno.La produttività del lavoro, in particolare, è significativamente più elevata per le imprese che esportano (58,8 mila euro rispetto a 33,6 mila euro delle imprese non esportatrici, ovvero il 74,8 per cento in più) con differenziali favorevoli in tutte le classi dimensionali (49,1 per cento nelle imprese con 1-9 addetti, 37,6 per cento nelle imprese con 10-19 addetti, 19,8 per cento nella classe 20-49 addetti, 14,7 per cento in quella con 50-249 addetti ed 11,7 per cento per le imprese con 250 addetti ed oltre). Nelle imprese esportatrici il costo del lavoro e le retribuzioni per dipendente sono sistematicamente superiori a quelli delle imprese non esportatrici. I maggiori oneri salariali non impediscono, tuttavia, alle imprese esportatrici di realizzare margini lordi di redditività più elevati rispetto alle unità che vendono esclusivamente sul mercato nazionale: il vantaggio di profittabilità è di 15,4 punti percentuali nelle imprese con 1-9 addetti, di 10,4 punti percentuali nelle imprese con 10-19 addetti, di 5,5 punti percentuali nelle imprese con 20-49 addetti, di 5,9 punti percentuali nelle imprese con 50-249 addetti e di 0,4 punti percentuali per le imprese con 250 addetti ed oltre.

I risultati economici nelle ripartizioni territoriali

La struttura del valore aggiunto
Dai risultati delle rilevazioni sulle imprese, rielaborati a livello di unità territoriale di attività economica omogenea 1, si rileva che la quota di valore aggiunto realizzata nel 2006 dalle regioni nord-occidentali è pari al 37,5 per cento del totale nazionale. Seguono la ripartizione nord-orientale con il 24,6 per cento, l'Italia centrale con il 19,5 per cento ed infine il Mezzogiorno con il 18,3 per cento. La maggiore quota di valore aggiunto prodotta dalle imprese del Nord-ovest si evidenzia in tutti i macrosettori di attività economica e per le diverse classi dimensionali.

Costo e produttività del lavoro
I dati relativi ai livelli di costo e produttività del lavoro mettono in luce notevoli eterogeneità territoriali, in gran parte legate alle specializzazioni settoriali e alla dimensione media d’impresa prevalenti nelle diverse aree geografiche.
A livello aggregato la produttività nominale del lavoro è pari a 46,8 mila euro nel Nord-ovest, a 41,6 mila nel Nord-est, a 38,9 mila nel Centro e a 33,1 mila nel Mezzogiorno. Le imprese meridionali registrano pertanto un differenziale negativo di produttività pari al 29,3 per cento nei confronti del Nord-ovest, al 20,4 per cento verso il Nord-est ed al 14,9 per cento verso il Centro. Il costo del lavoro per dipendente risulta invece pari a 33,9 mila euro nel Nord-ovest, a 31,0 mila nel Nord-est, a 30,2 mila nel Centro e a 26,2 mila nel Mezzogiorno. Quest’ultima ripartizione territoriale presenta anche un livello di produttività del lavoro pari al 22,8 per cento rispetto al Nord-ovest, al 15,6 per cento nei confronti del Nord-est ed al 13,3 per cento rispetto al Centro.

12 febbraio 2009

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Tratto da Rapporto ISTAT

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