L’operare senza regole è il più faticoso mestiere che esista.
Manzoni
Questo è l’ottavo di una serie di articoli tutti mirati a illustrare i vantaggi per l’impresa di un forte orientamento al marketing. Per il capitolo 7 clicca qui. Per il Capitolo 9 clicca qui.
Con il termine comunicazione intendiamo, sia quella che deve o dovrebbe circolare all'interno dell'impresa, sia quella che l'impresa trasmette verso l'esterno nell'ambito delle proprie attività di marketing mix. Di tutta l'attività del marketing operativo si ritiene utile dedicare uno spazio maggiore alla comunicazione perché essa è un elemento cruciale della vita aziendale e perché dipende da una serie di componenti psicologiche che è necessario conoscere.
1. Comunicazione verso l'interno
La comunicazione all'interno dell'impresa è uno degli strumenti base di successo; facile a dirsi, ma non a realizzarsi. Ostacoli alla comunicazione nell’impresa, sono: le differenti esperienze del personale, i diversi gradi di cultura, preparazione, addestramento e mentalità, le diverse abitudini, una sottostima dell'importanza della funzione, una volontà di non diffondere le informazioni, la gelosia. Esistono anche ostacoli alla veridicità dell'informazione in base alla filosofia delle buone notizie o della bella figura nei confronti dei capi; nella comunicazione si tende, spesso, a dar rilievo ai fatti positivi e a trascurare quelli negativi.
In un'impresa moderna la gestione della comunicazione è una funzione fondamentale; per ottimizzare questo processo il l'imprenditore, o un suo stretto collaboratore, dovrà impegnare molte energie al fine di sensibilizzare le persone a leggere e ad ascoltare, di creare un clima per la libera circolazione delle informazioni e delle idee, di creare gli strumenti per la circolazione delle informazioni, di far sì che la politica aziendale sia recepita da tutti in modo chiaro (quest'attenzione facilita i processi decisionali anche ai livelli più bassi), venga, in pratica, attuato il modello dell'open-book management.
Quando si è parlato d'impresa moderna è stato più volte sottolineato il valore della responsabilizzazione dei dipendenti in modo che essi, superato il ruolo della semplice dipendenza, si sentano portati a giocare quello della partnership (Moglia, 1998); per arrivare a questa conquista l'impresa deve comportarsi in modo trasparente.
Ogni dipendente deve essere messo nelle condizioni di valutare come sta andando lui stesso, il suo reparto, l'azienda; se non ha una chiara visione di che cosa ci si attende da lui, di come può contribuire al raggiungimento dei traguardi aziendali e se quanto fa non gli viene riconosciuto e non gli porta vantaggi concreti non potrà mai diventare un partner di quell'impresa (Ivancic, 1998).
2 Il database marketing
In generale, un'impresa dispone di una serie d'informazioni che vengono raccolte e gestite secondo il vecchio modello della gestione per obiettivi.
L'ufficio acquisti gestisce gelosamente il proprio database fornitori, l'ufficio contratti quello delle offerte, la direzione amministrativa quello dei contratti, la direzione marketing ha la propria mailing list cui inviare cataloghi e materiale pubblicitario e attivare le iniziative di direct marketing, l'amministratore delegato ha un proprio elenco di "personalità" da coinvolgere in occasione di avvenimenti topici per l'impresa, la direzione del personale dispone di curricula di potenziali collaboratori e consulenti e ovviamente il nominativo e le funzioni di tutti i dipendenti.
D'altra parte, nel modello dell'impresa a rete (Caruso, 2003), sappiamo che l'insieme dei dipendenti, dei fornitori, dei clienti, dei collaboratori esterni costituisce l'insieme degli stakeholder, sul quale si basa la struttura dell'impresa moderna; sembra pertanto paradossale che le informazioni riguardanti tutti questi soggetti, che pure fanno parte di un'unica realtà, vivano all'interno di archivi indipendenti non integrati tra loro e spesso realizzati solo sotto forma cartacea.
Per superare questi inconvenienti, le aziende più avanzate nell'adozione di strumenti di marketing innovativi hanno introdotto la funzione del database marketing (Linton, 1996), ovvero l'introduzione delle tecniche dell'information technology nel marketing management. Questa funzione consente di tenere sotto controllo almeno i seguenti elementi.
- La gestione in tempo reale di un database contenente dati su client, prospect (1) e suspect (2), sui contatti avvenuti, sulle offerte emesse e sulla loro conclusione, sui motivi della non trasformazione di un'offerta in ordine, sugli ordini ricevuti.
- L'identificazione dei clienti a maggiore potenzialità con cui sviluppare relazioni finalizzate a generare repeat businesses.
- La classificazione degli schemi e delle abitudini d'acquisto dei clienti e delle loro risposte alle varie iniziative di marketing.
- L'identificazione dei decision-maker e del loro atteggiamento nei confronti dell'impresa.
- L'identificazione dei principali concorrenti.
- L'identificazione dei clienti passati alla concorrenza o strappati alla concorrenza e le possibili spiegazioni.
- Il marketing mix aziendale.
- Lo sviluppo di modelli previsionali che consentano di comunicare da parte della persona giusta, nella forma giusta, al momento giusto, alla persona giusta.
- Una mailing list per l'invio di comunicazioni periodiche.
- Elenchi per lo sviluppo di offerte promozionali mirate.
- Dati sul mercato, ricavati da: questionari, contatti da fiere, reclami, ricerche ad-hoc, informazioni provenienti dai canali della distribuzione.
- Dati sull'efficacia dei diversi tipi di promozione commerciale condotti dall'azienda.
- Dati sui fornitori e sul legame di partnership instaurato con l'azienda.
- Dati sui collaboratori esterni e sui risultati ottenuti grazie alla loro collaborazione.
Va sottolineato che i dati archiviati devono avere il massimo grado di attendibilità; il databasemarketing funziona efficacemente solo se le basi di partenza sono certe. Chi ha gestito, a esempio, database di aziende sa che la percentuale di modifiche, ogni anno, può superare il 30%. Il database ha un senso solo se viene aggiornato con frequenza almeno annuale. Ciò comporta un costo non indifferente pertanto l'impresa che decide di servirsi della funzione del database marketing deve mettere in preventivo oltre ai costi di realizzazione dell'archivio informatico centralizzato anche i relativi costi di manutenzione.
La realizzazione del database centralizzato e dei relativi programmi di gestione non è un'operazione semplice. È opportuno partire dalla mailing listdella direzione marketing che normalmente contiene l'elenco di client, prospect e suspect, attorno alla quale costruire il database completo, con i tempi fisiologici necessari perché tutte le persone da coinvolgere vengano coinvolte e addestrate e tutti gli elementi citati nell'elenco di cui sopra vengano progressivamente inseriti.
E’ utile ricordare che lo strumento del data base è stato introdotto, inizialmente, nell'ambito delle attività di direct marketing del modello classico. Con l'introduzione del modello relazionale il direct marketing ha ampliato la portata della propria azione introducendo il targeted relationship marketing, al fine di trasformare i clienti in clienti fedeli (Stone, 1988) e il successivo customer relationship management (vedi Conquistare e fidelizzare il cliente) , al fine di ottenere una vera e propria gestione del cliente (Caruso, 2009). Giova ricordare che l'azienda, che utilizza un database contenente informazioni su altre aziende e persone, deve attenersi alla regolamentazione imposta dall'authority sulla privacy.
Di norma, responsabile della funzione database marketing è un dirigente, o un quadro, al quale è affidato il compito della corretta gestione del database centralizzato. È suo compito stabilire le autorizzazioni e individuare i diversi livelli di accesso:
- Abilitato a inserire o a modificare i programmi.
- Abilitato a inserire o a modificare i dati e le informazioni di propria competenza.
- Abilitato alla sola lettura di tutti i dati e le informazioni.
- Abilitato solo alla lettura di alcuni dati e di alcune informazioni.
Il responsabile dovrà fare controlli per verificare che chi inserisce i dati e le informazioni non lo faccia con atteggiamenti troppo ottimistico (la filosofia delle buone notizie) o troppo pessimistico (ispirato da atteggiamento lassista), tali da compromettere la certezza dei dati e la solidità delle informazioni ricavabili.
Il data base marketing è un'attività che richiede investimenti materiali e immateriali, essa, pertanto, deve essere organizzata in modo che l'impresa, in tempo reale, possa ottenere risposte certe ad un certo numero di domande, quali.
- Chi sono e quanti sono i nostri clienti e i nostri key-client.
- Quali sono le loro caratteristiche.
- Abbiamo individuato le loro aspettative.
- Siamo in grado di comunicare con i loro decision-maker.
- Quali prospect hanno le stesse caratteristiche dei clienti acquisiti.
- Che azioni dobbiamo compiere per trasformare un prospect in un client.
- Sappiamo realizzare il massimo business con i clienti fidelizzati.
- Quali altri prodotti potrebbero essere offerti a quel segmento di mercato.
- Quali segmenti offrono le maggiori probabilità di crescita.
- Quali sono i segmenti più remunerativi.
- Quali sono i clienti più importanti di ciascun segmento.
- I clienti sono soddisfatti dei nostri servizi after-sale.
- Quanto ci costa la promozione verso ogni key-client.
- Abbiamo una visione chiara del perché alcune nostre offerte non si sono trasformate in ordini.
- Abbiamo un'idea dei problemi che l'offerta dell'impresa incontra sul mercato.
- Sappiamo quale è l'attività promozionale della concorrenza nei confronti dei nostri key-client.
- Abbiamo un'esatta visione dei reali bisogni dei nostri clienti.
- Siamo certi che le nostre attività di marketing siano le più adatte, in relazione ai bisogni e alle caratteristiche dei clienti.
- Quali sono le iniziative di marketing che riescono meglio a influenzare la loro decisione d'acquisto.
- A fronte dei bisogni manifestati dai clienti, abbiamo individuato cosa dobbiamo fare per soddisfare quei bisogni.
- Siamo certi che le informazioni possedute dall'impresa raggiungano tutti coloro che ne potrebbero avere bisogno.
- Quali sono stati i risultati di una campagna di direct marketing.
- Che tasso di redemption hanno le nostre attività di direct marketing.
- Abbiamo un sistema di controllo della nostra comunicazione.
- Siamo in grado di valutare l'efficacia dei nostri canali di distribuzione.
- Siamo in grado di compilare un questionario per un direct mail, una ricerca di marketing o un'attività di telemarketing.
- Siamo in grado di dare al mercato le informazioni esatte sulla nostra azienda.
- La comunicazione verso l'esterno è omogenea e chiara.
- Siamo in grado di segmentare il mercato per le nostre attività promozionali.
- Siamo in grado di segmentare l'offerta.
- Cosa potrebbe accadere se decidessimo di cambiare la nostra strategia di marketing.
- Conosciamo la nostra concorrenza e la sua strategia di marketing.
Disporre di dati informatizzati e di facile leggibilità, che possano dare risposte alle domande succitate, consente un approccio più scientifico a tutte le attività di marketing dell'azienda, facilita la compilazione dei piani di marketing, è un supporto fondamentale per l'area degli obiettivi globali e per la scelta delle strategie.
È evidente che acquisire la capacità di rispondere, in tempo reale, alle domande sopra elencate richiede la costruzione di un sistema informatico aziendale che dovrà crescere in modo omogeneo, con continuità, con la certezza da parte di tutti del suo valore e senza l'angoscia di dover finire (infatti non si finirà mai); è un'attività da grande, come da piccola impresa, tutto dipende dalle risorse che l'impresa può dedicarvi.
Il database marketing è una funzione fondamentale del marketing relazionale. Quando il valore economico di un'impresa nasce dal tessuto delle sue relazioni, il database delle relazioni è in, un certo senso, la cassaforte dei valori aziendali. Nel database non solo vengono classificate le relazioni, ma vengono archiviate anche le decisioni riguardanti il loro sviluppo, mantenimento o abbandono.
Nel modello relazionale gli obiettivi primari da conseguire, grazie alla funzione del database marketing, sono indicati nel seguito:
- La fidelizzazione totale del cliente (il valore di un cliente dura tutta la vita).
- La conservazione di ciascuna relazione e il suo progressivo inserimento nelle catene del valore dell'impresa.
- La trasformazione di una relazione (in particolare un fornitore importante o un cliente la cui produzione dipenda dal nostro prodotto) in partnership.
- La conoscenza, sia delle caratteristiche del mercato, che delle strategie di produzione e di vendita dei clienti.
- La conoscenza delle attività di riorganizzazione aziendale dei clienti.
- La capacità di formulare una "specifica offerta" per uno "specifico cliente".
- La definizione di strategie adatte ad influenzare le modalità d'acquisto dei clienti.
- La definizione del prezzo ottimale per ciascuna categoria di cliente.
- Favorire le vendite con la tecnica del telemarketing o del direct mail, grazie alla capacità di stabilire un rapporto quasi del tipo one to one con ciascun cliente.
- Fare sentire il cliente come socio di un "club esclusivo".
- Personalizzare l'assistenza ai clienti.
- Valutare, con un buon grado di affidabilità, l'efficacia delle azioni promozionali condotte e migliorarne i risultati.
- Avviare iniziative volte al coinvolgimento di fornitori e clienti nella realizzazione del commercio elettronico.
Un data base relazionale aggiornato e dinamico consente di contattare i singoli soggetti della rete al momento opportuno e con la proposta più appropriata. Senza questo strumento, e nella necessità di dover adottare il modello del marketing relazionale, si rischia il caos all'interno dell'impresa (nessuno sa cosa fare esattamente e tutti fanno tutto) e il disorientamento del cliente.
3 Comunicazione verso l'esterno
Come già detto, oltre alla comunicazione interna all'azienda, esiste anche quella che l'impresa rivolge verso l'esterno, quella che nell'ambito del marketing operativo, abbiamo chiamato Promotion.
La conoscenza, da parte del potenziale acquirente, dell'esistenza sul mercato di un bene o di un servizio e delle sue caratteristiche è alla base di qualsiasi attività di vendita (Caruso, 2005).
È questo un argomento particolarmente importante e complesso, ma se ne farà solo un breve cenno. Va comunque detto che, come il prezzo, di cui si è già parlato, anche la comunicazione sul prodotto è essa stessa un prodotto.
Esistono vari mezzi che consentono di effettuare la comunicazione verso l'esterno: la stampa (in particolare le riviste specializzate), le fiere, il call center, la posta, la radio, la televisione, Internet, il direct marketing, il contatto diretto, la cartellonistica; ognuno di questi ha un costo e una specificità rispetto al prodotto o all'impresa.
In generale l'ideazione, lo sviluppo e l'attuazione di una strategia di comunicazione dovrebbero rispettare gli otto principi introdotti da Brochand e Lendrevie (Brochand, 1987).
- Principio di esistenza. La strategia di comunicazione deve essere scritta, conosciuta e accettata da tutti coloro che sono direttamente coinvolti.
- Principio di continuità. Una strategia di comunicazione deve essere concepita per durare.
- Principio di differenziazione. Va creato un codice di comunicazione che sia in grado di dare al "prodotto" un'identità precisa e di assegnare, agli occhi del cliente, un valore esclusivo a quel "prodotto".
- Principio di chiarezza. Una buona comunicazione deve basarsi su idee forti e semplici.
- Principio di realismo. Non fissare obiettivi sproporzionati alla capacità di offerta.
- Principio di adattamento. La comunicazione deve adattarsi ai diversi strumenti usati: Pr, stampa, etere, riviste specializzate.
- Principio di coerenza. In nessun caso vanno create situazioni in cui le informazioni trasmesse sul "prodotto" possano essere percepite dal cliente come incoerenti.
- Principio di accettabilità interna. È necessario che la comunicazione e i suoi messaggi siano compresi non solo dai clienti ma anche dalle risorse umane interne all'azienda.
Un altro elemento da chiarire è la differenza tra comunicazione, informazione e pubblicità (Di Stefano, 1997); questa precisazione è importante poiché esiste uno strumento di comunicazione l'infomercial, che consiste in pubblicità data sotto forma di informazione oggettiva.
Questo strumento, che è, deontologicamente, scorretto, è stato oggetto di contestazione da parte degli ordini dei giornalisti. È di qualche anno fa, ad esempio, l'episodio di una giornalista che nel corso di un telegiornale della Fininvest fu protagonista, come testimonial, di uno spot pubblicitario per un detersivo, spot che poteva chiaramente ingenerare nel pubblico l'impressione che quanto il testimonial andava dicendo fosse un'informazione data proprio nell'ambito del telegiornale; la giornalista si vide inflitta dall'ordine un avvertimento orale.
D'altra parte, la tecnica di mantenere fluidi i confini tra l'informazione e la pubblicità consente alle agenzie pubblicitarie di ottenere risultati estremamente vantaggiosi per l'impresa pubblicizzata e pertanto l'infomercialè usato sempre più frequentemente specie con i cosiddetti articoli redazionali.
Sarebbe comunque opportuno che gli ordini dei giornalisti facessero ogni sforzo per mantenere ben demarcato il confine tra informazione e attività pubblicitaria. Nel mese di maggio '98, anche l'ordine dei medici ha dichiarato guerra alla pubblicità mascherata sotto forma di informazione, comportamento che è anche vietato dal codice deontologico della categoria.
Informazione e pubblicità, fanno parte entrambe della comunicazione, ove però l'informazione deve limitarsi alla trasmissione di una notizia o di un oggettivo elemento di conoscenza, mentre solo alla seconda è affidato il compito di influenzare il destinatario della comunicazione e indirizzarlo verso un acquisto.
Un'altra forma di comunicazione che dovrebbe essere evitata è la "pubblicità avversativa"; in Italia ricordiamo quella dell'Alitalia che per esaltare il comfort e la comodità dei suoi voli evocava la sciagura del Titanic o quella dell'impresa delle ferrovie dello stato che per esaltare la "sicurezza" dei treni evocava i disservizi dell'inaugurazione di Malpensa 2000.
Nell'advertising bisognerebbe, sempre, tener presente che la pubblicità è l'arte di fare desiderare qualcosa, non disprezzare qualcos'altro e che i comportamenti scorretti non ripagano perché generano reazioni e spesso l'innesco di un circolo vizioso nocivo per tutti i contendenti.
3.1 La communication satisfaction
La communication satisfaction comprende il sistema di attese e di ideali relativi ai seguenti fattori (Trevisani, 2003).
- La qualità dell’informazione e la soddisfazione per l’informazione aziendale: riguardano la qualità di informazioni sulle caratteristiche tecniche che corredano il prodotto (completezza dei manuali d'uso, etichette di istruzioni, ingredienti), ma anche la modalità di organizzazione delle informazioni e la fruibilità delle interfacce informative.
- La qualità dei linguaggi utilizzati nei prodotti e nelle comunicazioni: appropriatezza, comprensibilità, stile, assenza di imperfezioni.
- La consonanza d’immagine: deriva dalla conformità tra l'immagine veicolata del prodotto e la self-image ideale del fruitore.
- La trasparenza delle condizioni commerciali: la comunicazione aperta, chiara, delle condizioni tecniche e di vendita.
In riferimento al tema della consonanza d’immagine, qualora l'immagine di prodotto si discosti, o sia in opposizione alla immagine di sé ideale, può nascere dissonanza cognitiva rispetto all'intenzione di acquisto del prodotto.
A esempio, un'autovettura fuoristrada può essere pubblicizzata tramite uno spot in cui essa venga utilizzata per un safari di caccia, visualizzando l'inseguimento dell'animale e la sua uccisione. L'accostamento tra il modello di fuoristrada e la caccia potrebbe essere del tutto antitetica rispetto all'immagine di sé ideale (ideal self-image) di un animalista. Un animalista che intenda acquistare il fuoristrada come strumento di lavoro cercherà un marchio non connotato da una pubblicità per lui negativa.
La vicinanza dell'immagine di marchio al sé ideale del cliente-target diviene un fattore di successo della comunicazione aziendale. Al contrario, l'associazione del marchio a un'immagine indesiderata, o a comportamenti considerati negativamente dal cliente-target, sono in grado di deprimere persino l'intenzione di acquisto di prodotti giudicati dal consumatore intrinsecamente validi.
Un tema importante tra quelli trattati è la trasparenza dell’informazione. Un esempio di scarsa trasparenza è dato dal trovare difformità tra prezzo comunicato e prezzo rilevato, anche se la comunicazione è formalmente veritiera. A parte le difformità fraudolente, esistono infatti anche le difformità celate.
3.2 La relationship satisfaction
In ogni tipo di esperienza di acquisto è possibile individuare due componenti: una componente tecnica legata alla prestazione in sé, e una componente relazionale costituita dal rapporto umano che si instaura tra acquirente e venditore.
Pertanto, di particolare importanza risulta la distinzione tra elementi tangibili del prodotto e elementi intangibili, poiché la soddisfazione del consumatore non si limita alla soddisfazione circa gli attributi del prodotto, ma comprende anche la soddisfazione verso gli aspetti relazionali e di servizio che accompagnano l'acquisto.
In altre parole, la soddisfazione verso il prodotto si trasforma in soddisfazione verso l'esperienza di acquisto, intesa nella sua globalità: qualità e imballaggio del prodotto, prestazioni percepite durante l'utilizzo, chiarezza delle istruzioni, capacità di rassicurazione da parte della forza di vendita, rinforzi positivi nel post-vendita, garanzie, rapporto interpersonale con i rappresentanti dell'azienda, soddisfazione per il prezzo.
A livello di prodotto è possibile identificare quindi due componenti.
- Aspetti tangibili: rendimento, caratteristiche, opzioni, stile, durata, resistenza.
- Aspetti intangibili: qualità del servizio, qualità della comunicazione, cortesia, competenza del personale, qualità del servizio post-vendita, qualità dell'assistenza, garanzie, cordialità, capacità di ascolto del cliente.
Le relazioni hanno un alto impatto emotivo. In molte situazioni di acquisto ad alto coinvolgimento, il consumatore può restare colpito più dalle componenti relazionali del venditore che non dalle componenti tecniche del prodotto. Un atto di grave scortesia del venditore difficilmente verrà rimediato da una buona prestazione di prodotto.
Prodotti molto simili dal punto di vista del contenuto, come la benzina o la tazzina di caffè al bar, risentono ancora maggiormente del peso della componente relazionale, l'elemento in grado di fare la differenza.
Nel consumare un caffè, l'avventore del bar non si limita a ricercare il prodotto generico, ma spesso respira le atmosfere del locale, è alla ricerca di un momento di svago o di socializzazione, o di un rapporto umano.
Proprio a causa della crescente uniformità tecnica di fondo, la competizione si sposta dalla differenza sul prodotto alla differenza sulla comunicazione e sulla relazione tra fornitore e cliente. Caratteristiche relazionali come affidabilità, trasparenza, sicurezza, competenza, capacità di recupero di situazioni critiche, capacità di ascolto, assumono un peso sempre maggiore nella scelta di un fornitore.
La capacità empatica di avvicinamento all'altro, per la fornitura di un servizio, costituisce un elemento di fondamentale importanza.
Realizzare prodotti discreti o accettabili non rappresenta più un traguardo per l'impresa che punti al vertice della competitività. Il traguardo si sposta verso l'immissione nel prodotto di caratteristiche in grado di avvicinarlo al "prodotto ideale" e di componenti relazionali, uno stato di qualità basato su caratteristiche, che a volte il consumatore riesce a percepire solo in maniera inconsapevole.
Il modello consente un allargamento del concetto di customer satisfaction. Ne consegue che anche la politica della qualità, così come viene contemplata oggi dalle imprese, richiede una sostanziale trasformazione, passando da un focus, molto orientato al prodotto, per dirigersi verso un nuovo modello basato su una comunicazione che sia in grado di far affiorare nel consumatore bisogni che sono o ancora latenti o a livello di percezione.
4 L'abilità nella comunicazione
Costruire relazioni "produttive" all'interno e all'esterno dell'impresa presuppone la capacità di comunicare adattandosi ai diversi interlocutori; spesso le difficoltà che si incontrano nel realizzare una corretta politica di comunicazione sono, infatti, da attribuirsi ai diversi comportamenti degli interlocutori che non consentono di attivare efficaci interfacce di collegamento.
Da qualche anno è arrivato dagli Usa il modello degli stili sociali (Sproccati, 1997) che si pone, appunto, i seguenti obiettivi:
- Riconoscere le differenze di comportamento tra gli individui.
- Migliorare la comunicazione attraverso la corretta interpretazione dei diversi comportamenti.
- Identificare e gestire l'eventuale tensione che si manifesta durante la relazione e che potrebbe trasformarsi in potenziale conflitto.
- Utilizzare la migliore strategia per rendere produttivo il rapporto.
Il modello degli stili sociali si basa sui seguenti presupposti:
- Gli esseri umani, con il tempo, sviluppano comportamenti relativamente stabili.
- Elaborano impressioni immediate sui loro interlocutori.
- Il comportamento reciproco è influenzato da queste impressioni.
- I comportamenti più significativi che vengono recepiti sono riconducibili alle dimensioni dell'assertività (controllo sugli altri) e dell'espressività (controllo di sé).
Tab. 1 I vari livelli dell'asssertività - controllo sugli altri
A |
B |
C |
D |
AFFERMARE |
DOMANDARE |
Comportamenti percepiti |
Comportamenti percepiti |
Indica, dirige, impone |
Offre suggerimenti |
È competitivo e protagonista |
Collabora |
Agisce e pensa con rapidità |
Agisce e pensa con pacatezza |
Vede e si assume i rischi |
Minimizza i rischi |
Prende l'iniziativa |
Asseconda |
Fa delle affermazioni |
Fa delle domande |
L'assertività è quella tendenza, percepita dall'interlocutore, secondo la quale la persona tende a influenzare e controllare i pensieri e le azioni dell'altro. La tab. 1 mostra i vari livelli dell'assertività; da A a D si passa dallo stadio nel quale è forte il comportamento dell'affermare a quello in cui prevale il comportamento del domandare, con B e C, stadi intermedi.
L'espressività è quella tendenza, percepita dall'interlocutore, secondo la quale la persona controlla o manifesta le proprie emozioni nel relazionarsi con gli altri. La tab. 2 mostra i vari livelli dell'espressività; da 1 a 4 si passa dallo stadio nel quale è forte il controllo delle emozioni a quello in cui prevale l'esternazione delle emozioni, con 2 e 3, stadi intermedi.
Tab. 2 I vari livelli dell'espressività - controllo su di se
1 |
2 |
3 |
4 |
CONTROLLARE LE EMOZIONI |
ESTERNARE LE EMOZIONI |
Comportamenti percepiti |
Comportamenti percepiti |
Freddo |
Caloroso |
Orientato al problema |
Orientato al rapporto |
Si basa sui fatti |
Si basa sulle intuizioni |
Controllato |
Spontaneo |
Compassato |
Amichevole |
Non esterna le proprie emozioni |
Esprime le proprie emozioni |
La tab. 3 mostra la matrice degli stili sociali: gli individui vengono classificati in quattro principali categorie in funzione dei livelli di assertività ed espressività.
Gli analytical sono orientati al metodo e al processo; essendo più interrogativi e molto controllati tendono a fare poco uso del potere personale e dell'espressività emotiva.
I driver sono più orientati al risultato che alle relazioni interpersonali; esercitano il proprio potere personale e controllano le emozioni.
Gli expressive sono orientati alle relazioni interpersonali e sociali; grazie all'elevato livello d'assertività e d'espressività manifestano liberamente le proprie emozioni e fanno uso del proprio potere personale.
Gli amiable sono orientati alle azioni di sostegno; tengono a freno il potere personale, ma esprimono liberamente sentimenti ed emozioni.
Tab. 3 Matrice degli stili sociali
ANALYTICAL (D, C, 1, 2)
- Controlla le emozioni
- Domanda
|
DRIVER (1, 2, A, B)
- Controlla le emozioni
- Afferma
|
AMIABLE (D, C, 4, 3)
- Esterna le emozioni
- Domanda
|
EXPRESSIVE (A, B, 4, 3)
- Afferma
- Esterna le emozioni
|
La teoria che trae origine da queste premesse afferma che ciascuno di noi ha una propria "zona di comfort", definita da una particolare combinazione dei livelli di assertività e di espressività. Muoversi nella propria zona di comfort ci fa sentire più efficienti, ma non sempre il risultato è produttivo.
Il nostro interlocutore potrebbe sentirsi, infatti, più a suo agio se abbandonassimo la nostra "zona di comfort". Questo cambiamento di stato non è facile da adottare, specie se gli interlocutori sono all'oscuro dei comportamenti percepiti uno dall'altro, ma è indispensabile se si vuole realizzare un'interfaccia che faciliti la comunicazione tra i due soggetti. Gli strumenti predisposti per facilitare la comunicazione interpersonale vanno anche sotto il nome di tecniche assertive (Schuler, 1998).
Un altro elemento da prendere in considerazione, durante lo sviluppo del rapporto, concerne la "tensione" che si crea tra gli interlocutori se le rispettive "zone di comfort" non sono gradite dall'altro.
Essa è una componente motivazionale importante purché non diventi eccessiva e sia di ostacolo al rapporto. Quando si supera "il limite di guardia", ciascun interlocutore cerca gli strumenti per scaricare la tensione e, in generale, i comportamenti di sfogo riflettono le modalità adottate nell'infanzia e perciò sono detti regressivi.
A tutti è capitato di osservare un folto gruppo di bambini che giocano in un cortile della scuola o in casa, in occasione di una festicciola. Ebbene è facile notare il bambino aggressivo, quello che tende ad essere autoritario, quello che si ritrae in un cantuccio e gioca da solo, quello che continua a piagnucolare per ogni piccolo motivo.
I comportamenti regressivi dipendono dagli stili sociali di ciascuno, come mostrato in tab. 4.
Gli analytical diventano elusivi ovvero evitano il conflitto, rimandano e temporeggiano per non dover affrontare il problema.
I driver tendono a diventare autocratici ovvero ad imporsi sugli altri con la logica accentuando il controllo delle proprie emozioni.
Gli amiable tendono ad essere remissivi ovvero non mostrano apertamente il proprio disaccordo ma ostentano atteggiamenti vittimistici.
Gli expressive diventano aggressivi, attaccano l'altro, anche sul piano personale nel tentativo di colpevolizzarlo e trasformano i propri sentimenti in arma.
Tab. 4 Stili regressivi di fuga, a sinistra, e di attacco, a destra, che consentono di dare sfogo alla tensione
Stili
regressivi di
fuga
|
Analytical
diventa
Elusivo |
Driver
diventa
Autocratico |
Stili
regressivi di
attacco
|
Amiable
diventa
Remissivo |
Expressive
diventa
Aggressivo |
La diversità di stili sociali nei rapporti interpersonali può sfociare quindi in un conflitto che sarà tanto più aspro quanto più alto sarà il livello di assertività affermativa degli interlocutori; è facile sentir dire «Io con quella persona non riesco a parlare».
È necessario che individui in posizioni conflittuali e ai quali stia a cuore la soluzione del problema oggetto del conflitto imparino a gestire il rapporto interpersonale ricorrendo a due strumenti:
- Il compromesso, per mezzo del quale le controparti rinunciano a parte dei propri obiettivi (4).
- La collaborazione, con la quale si cercano soluzioni comportamentali che consentano di comprendere gli obiettivi di entrambe le parti in causa.
Un'importante dimensione del modello degli stili sociali è, infatti, la versatilità, cioè la capacità di un individuo di adattare il proprio comportamento alle esigenze altrui; qualità grazie alla quale lo stile sociale di una persona può diventare più efficace.
La tab. 5 mostra una scala comparativa della dimensione della versatilità e come i diversi gradi di versatilità consentono di percepire l'altro.
Tab. 5 Livelli di versatilità
W |
X |
Y |
Z |
Limitata |
Sufficiente |
Buona |
Eccellente |
Minore versatilità percepita |
Maggiore versatilità percepita |
Limitata adattabilità agli altri |
Dimostra adattabilità agli altri |
Preferisce le certezze |
Accetta la bivalenza dei rapporti |
Si attiene ai principi |
È disposto a negoziare |
Conta sul potere di posizione |
Valorizza il potere personale |
La coerenza è un valore in sé |
La flessibilità è un valore in sé |
Assume una sola prospettiva |
Considera tutte le prospettive |
L'utilizzo della versatilità migliora le comunicazioni sul lavoro, aiuta a lavorare in team, valorizza le diversità, favorisce l'elaborazione di soluzioni più valide e, in ultima analisi, assicura risultati più produttivi.
L'abilità nel modello degli stili sociali consiste quindi:
- nel modificare il proprio stile, operazione difficile e di lungo periodo se si vuole ottenere un risultato vero e non solo una modifica di facciata;
- nel migliorare la propria versatilità, operazione sulla quale si può lavorare più facilmente e che consente maggiori ritorni in termini comportamentali.
Non va trascurato che se una persona vuole rifuggire dagli stati regressivi dovrebbe, in prima analisi, avere una buona consapevolezza di come essa è vista dagli altri. Questo è un punto assolutamente oscuro, sia alla psicologia, sia alla filosofia.
Osserva Wittgenstein che nel momento in cui cerchiamo di osservare dentro di noi con la nostra osservazione alteriamo i nostri sentimenti (5), «Ne consegue che possiamo solo inferire nel mondo interno degli altri».
Pertanto, la nostra osservazione deve essere diretta ad una profonda osservazione del comportamento degli altri e all'analisi di come questi comportamenti sono interpretati da terzi: successivamente, possiamo confrontare i nostri comportamenti esteriori ed ottenere una prima valutazione sommaria su come gli altri potrebbero vedere noi stessi.
Biblografia
Brochand B., J. Lendrevie, Le regole del gioco, Lupetti editore, 1987.
Caruso E. L’impresa in un mercato che cambia, Tecniche Nuove, 2003
Caruso E. Comunico, quindi esisto, Tecniche Nuove. 2005
Caruso E. Conquistare e fidelizzare il cliente, Tecniche Nuove, 2009
Di Stefano P. M., Il marketing del terzo millennio, FrancoAngeli, 1997.
Heaton J., Judy Groves, Wittgenstein, Feltrinelli, 1994
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Trevisani D., Psicologia di Marketing e Comunicazione. FrancoAngeli, 2003.
NOTE
- Il cliente potenziale.
- Il contatto che potrebbe diventare cliente potenziale.
- Risposte a un questionario, a una lettera con una domanda specifica, a un'offerta promozionale, a una visita porta-a-porta, ecc.
- Non si tratta di rinunciare ad obiettivi di carattere tecnico (la vendita o l'acquisto di un impianto, ad esempio), ma ad obiettivi di assertività ed espressività che risultano fastidiosi all'altro.
- Anche in fisica, il principio di indeterminazione di Heisemberg sostiene che la misura precisa di una grandezza genera imprecisione nella contemporanea misura
Eugenio Caruso
27 febbraio 2009
Tratto da
Il circolo virtuoso impresa mercato