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Il tormentone estivo sull'inno di Mameli

Questo è il testo dell’Inno nazionale tratto dal Sito della Presidenza della Repubblica, considerando che in Internet esistono diverse versioni con sia pur leggere differenze, dovute, in parte, alle diverse interpretazioni.

Fratelli d'Italia
L'Italia s'è desta,
Dell'elmo di Scipio
S'è cinta la testa.
Dov'è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l'ora suonò.
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Uniamoci, amiamoci,
l'Unione, e l'amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Dall'Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn'uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamoci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò

Sono costretto ad affrontare questo argomento perché da una decina di giorni sono ossessionato da un petulante giornalista che mi rovina le serate, con un tormentone “Perché non cambi canale” mi dice mia moglie e io “Voglio soffrire fino in fondo”.
La radio della mia macchina, quella dell’ufficio, quella della cucina/pranzo sono sempre sintonizzate su un’emittente nazionale, Radio 24, che mi concede ore di benessere grazie all’interesse che provo per i suoi programmi e per la professionalità dei conduttori. Da una decina di giorni il conduttotre de "La Zanzara" si è preso le meritate ferie ed è stato sostituto da un collega. Questi per imitare il tono scherzoso di colui che sostituisce s’è inventata la missione di insegnare e far cantare a tutti l’inno di Mameli. Giova notare che questa è una trasmissione durante la quale sono interpellati semplici ascoltatori e personaggi pubblici.

Indipendentemente dall’argomento che la trasmissione sta trattando, il nostro interrompe l’interlocutore con la fatidica domanda “Cantami un pezzo dell’Inno di Mameli!”.
E’ inutile dire che i primi, presi di sorpresa non andavano oltre il “Fratelli d'Italia L'Italia s'è desta,” con qualche titubanza sulla parola desta.
Dopo un certo numero di tentativi il conduttore s’era fatto un’idea precisa “Quelli del Nord, tutti un po’ leghisti  non avrebbero mai imparato, quelli del Sud un po’ fascisti potevano essere ottimi candidati”. Tra destra e sinistra non riusciva a districarsi perché l’ostilità a mettersi a cantare l’inno in radio li accomunava tutti.
Con il passare dei giorni gli interpellati, messi sull’avviso sul trappolone che il giornalista  aveva preparato avevano studiato a casa e alcuni erano riusciti ad arrivare al  “Dell'elmo di Scipio S'è cinta la testa.”.  Con notevoli titubanze e tremolii vocali sulle parole Scipio e cinta.

Una sera s’è presentato un ascoltatore che inizia un panegirico sull’inno e sul suo valore, sul  fatto che quando lo ascolta gli vengono le lacrime agli occhi, che l’inno c’è l’ha nel cuore e nell’anima, il giornalista rinfrancato “E allora cantami almeno tutta la prima strofa”; delusione immane il grande patriota non riesce ad andare oltre il Fratelli d’Italia tatatata ta ta ta, ta ta ta ta ta tata ta ta tata tataaaa ta ”.
Voci ben informate sostengono che tutti quelli della redazione giravano con le parole dell’inno in tasca per non essere presi in contropiede.
E dai, dai e dai con un aiutino e un cantiamola insieme si arriva con immensa difficoltà al “Dov'è la Vittoria?  Le porga la chioma, ché schiava di Roma  Iddio la creò. “.
A questo punto il conduttore si lascia andare e termina con il ritornello finale, ma qualcuno della redazione, con tanto di foglietto in mano gli suggerisce “non corte, coorte” coorte, che come tutti sanno,  è un decimo della legione romana che con la riforma mariana ha sostituito il manipolo.
Per le altre strofe rimando agli ottimi libri di storia che ancora circolano in qualche liceo.
Senza voler assolutamente entrare nel merito delle diatribe politiche che hanno infuocato quest'estate di fuoco.

P.S. Il giornalista di cui sopra si ritrova con due gravi difetti che un mentore o un responsabile dovrebbe indicargli: 1. Lascia che coloro che partecipano telefonicamente alla discussione insultimo, anche in modo bieco, l'avverzsario politico che, non essendo presente, non può difendersi. 2. Fa dei risolini di soddisfazione e consenso quando l'interlocutore fa un'osservatorzione contro la parte politica contro cui il giornalista è palesamente schierato.

Eugenio Caruso

21 agosto 2009

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