Mentre a Roma si discute, Sagunto è espugnata
Livio
C’è una reale scarsità di petrolio o si tratta di pura speculazione?. Gli 88 milioni di barili al giorno sono il motore del pianeta; il petrolio costa meno di 80 dollari al barile, ma era arrivato a 147 dollari nell’estate del 2008 e se tornasse, oggi, sopra i 100 dollari potrebbe strozzare la leggera ripresa in atto. Il problema dei giacimenti e delle scorte è un elemento che condiziona il prezzo, ma, negli ultimi anni questo è stato determinato, principalmente, dalla speculazione se si pensa che il volume dei futures legati alla materia prima supera i 600 milioni di barili.
Recentemente, ha scosso l’economia mondiale un articolo del The Guardian che afferma “Il mondo è vicino all’uscita dal petrolio più di quanto ammettano le stime ufficiali”. Il giornale cita due alti funzionari dell’IEA, secondo i quali le pressioni degli Usa avrebbero indotto l’IEA a non ridurre le stime sull’offerta mondiale di petrolio per evitare che si diffondesse il panico nei mercati. I 105 milioni di barili al giorno previsti dall’IEA come offerta nel 2030 (contro gli 88 attuali) sarebbero ottimistici; al massimo “sarebbero” 80-95 milioni.
Il fatto che il pianeta sarebbe sul punto di toccare il limite massimo della produzione di greggio potrebbe causare svariati disastri: prezzi del barile sempre più alti e instabili, corsa alle risorse, rischio di nuove recessioni, pertanto, ritengo che questi dati e questi allarmismi dovrebbero poter essere immediatamente smentiti, se possibile.
Non bastando il petrolcatastrofismo di The Guardian, anche l’Università di Uppsala ha pubblicato un rapporto che sostiene che al 2030 l’offerta mondiale di greggio non supererà i 75 milioni di barili al giorno.
Colin Campbell, fondatore dell’Association for the study of peak oil, via Internet ha ribadito che il picco è stato raggiunto nel 2008, che il petrolio a buon prezzo è al culmine e con esso il principale motore dell’espansione dell’Occidente. Secondo Campbel sarebbe stato proprio il picco del greggio a favorire la speculazione e l’instabilità dei prezzi dai 147 dollari al barile di metà 2008, fino ai 30 dollari del gennaio 2009, agli attuali 80 dollari. Per chi come noi ha seguito passo passo l'andamento della crisi economica sembra più realistico che sia stata proprio questa la causa delle forti oscillazioni del prezzo del greggio.
Naturalmente, i vertici dell’IEA hanno smentito tutto e riaffermato la loro assoluta autonomia nei confronti di tutti gli stati, ribadendo la previsione del picco nel 2030.
Il CERA (Cambridge Energy research association), che ha accesso diretto alle banche dati sui singoli giacimenti, sostiene che si potrà arrivare a 115 milioni di barili nel 2030 dopo di che inizierebbe una dolce decrescita dell’offerta.
Il gruppo di studio dell’MTI sostiene che i problemi non sono sottoterra ma sulla superficie. La scarsità non sarebbe fisica ma sarebbe dovuta a fattori economici e che per evitare turbolenze future il prezzo del petrolio dovrebbe poter restare stabilmente sopra i 60-70 dollari (il costo, cioè, del greggio più caro, quello estratto dalle sabbie bituminose). Fino al 2010-2011 non dovrebbero sorgere problemi di sorta grazie al greggio "risparmiato a causa della recessione. Dovrebbero riprender, poi, i grandi investimenti, da parte delle compagnie petrolifere, ridottisi a causa della crisi (-19% nel 2009), in modo da mantenere un buon livello di offerta finché il nucleare non sarà in grado di sopperire alle inevitabili riduzioni della produzione.
Eugenio Caruso
28 dicembre 2009