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Intervento di Draghi al Forex del 13 febbraio 2010

La situazione economica italiana ed internazionale, il punto sullo scenario macroeconomico, con un riferimento alle previsioni dell'economia italiana, oltre a un focus sulla finanza e sulle banche, ma anche una panoramica sugli sviluppi dei mercati: ecco i temi che il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi ha affrontato oggi nel suo atteso intervento alla 16ma edizione del congresso delle associazioni Aiaf e Assiom Forex, il tradizionale appuntamento evento di riferimento e principale occasione di confronto tra gli operatori della finanza e le istituzioni, quest'anno organizzato dal Banco di Napoli nei padglioni della Mostra d'Oltremare di Napoli. Al convegno hanno partecipato oltre 1.200 operatori e più di 500 banche.

La ripresa
Le tensioni sui mercati finanziari internazionali si sono notevolmente allentate rispetto a un anno fa: le banche sono tornate a raccogliere fondi e hanno effettuato in diversi casi importanti aumenti di capitale; gli abbattimenti di poste dell’attivo sono minori. Nelle ultime settimane è tuttavia aumentata la volatilità sui mercati.
Una ripresa dell’economia mondiale è in corso, ma in modo difforme nelle diverse aree. Nelle previsioni degli organismi internazionali e degli analisti privati, quest’anno Cina, India e Brasile tornerebbero agli alti tassi di sviluppo pre-crisi; non così le economie avanzate, la cui crescita rimarrebbe modesta, anche nel confronto con precedenti esperienze di uscita da fasi recessive. Le quotazioni del petrolio e delle altre materie di base sono risalite. Ciò nonostante, l’inflazione rimane frenata dagli ampi margini di capacità produttiva inutilizzata; nell’area dell’euro essa si porterebbe nei prossimi mesi su livelli di poco superiori a quelli registrati in gennaio; resterebbe moderata anche nell’orizzonte di medio periodo.
Il ritorno alla crescita è ancora fragile, segnatamente nell’area dell’euro. L’occupazione tarda a riprendersi. Le condizioni del credito alle piccole e medie imprese, tuttora stringenti, frenano la ripresa. In Italia lo scorso anno il prodotto è diminuito di quasi il 5 per cento. Se ne prevede un recupero lento, con ampie incertezze legate in particolare agli andamenti del ciclo internazionale e alle condizioni del mercato del lavoro. Per molte nostre imprese si sono aggravate difficoltà strutturali preesistenti; altre possono profittare dei cambiamenti di mercato indotti dalla crisi per accrescere il vantaggio competitivo. La domanda interna rimane debole. Alla fine dello scorso anno vi erano in Italia oltre 600.000 occupati in meno rispetto al massimo del luglio 2008. La quota di popolazione potenzialmente attiva che è al momento forzatamente inoperosa è elevata e crescente. Finché la flessione dell’occupazione non s’inverte permane il rischio di ripercussioni sui consumi, quindi sul prodotto.
Le politiche
Durante la crisi sono state essenziali in molti paesi misure di politicae conomica di eccezionale portata: le banche centrali hanno ridotto i tassi di  interesse a livelli senza precedenti e fatto ricorso a manovre espansive non convenzionali; i governi hanno volto i bilanci pubblici a supporto del sistema finanziario, della domanda, dell’occupazione. Queste misure dovranno rientrare, con la necessaria gradualità.
Come abbiamo ribadito nell’ultima riunione del Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE), il livello attuale dei tassi ufficiali nell’area resta adeguato; non emergono rischi di inflazione nel medio termine. Proseguono le operazioni dell’Eurosistema a sostegno della liquidità e della capacità delle banche di erogare credito. È in atto tuttavia la rimozione graduale delle misure non convenzionali che il miglioramento delle condizioni dei mercati finanziari rende non più necessarie. In dicembre abbiamo annunciato che le operazioni con scadenza a dodici e a sei mesi non sarebbero più state ripetute, rispettivamente, oltre dicembre e marzo. L’uscita dall’attuale configurazione di misure non convenzionali di politica monetaria non dovrà essere prematura, per non ostacolare la ripresa; non dovrà neanche essere tardiva, per non mettere a rischio la stabilità dei prezzi e non alimentare distorsioni nei mercati e bolle speculative che porrebbero i presupposti di nuove crisi. Prenderemo ai primi di marzo ulteriori decisioni sulla progressiva rimozione delle operazioni straordinarie guardando alle prospettive per la stabilità dei prezzi. La domanda di intermediari con eventuali difficoltà di provvista può essere soddisfatta senza condizionare la politica monetaria. Appare fin da ora necessaria una normalizzazione delle politiche di bilancio, almeno con il disegno di itinerari chiari di uscita. Il Fondo monetario internazionale valuta che dal 2007 i deficit pubblici si siano quintuplicati in rapporto al PIL nei paesi avanzati (dal 2 al 10 per cento); prevede inoltre che il disavanzo pubblico nell’area dell’euro sarà ancora superiore al 3 per cento del prodotto nel 2014. Nelle ultime settimane la situazione dei conti pubblici della Grecia ha allarmato i mercati finanziari internazionali. Se il governo greco attuerà il risanamento di bilancio con determinazione, con la puntuale verifica da parte della Commissione europea e della BCE, saranno gli stessi mercati a sottoscrivere i titoli che verranno in scadenza, come avvenne per l’Italia all’inizio degli anni novanta. È comunque importante che i paesi dell’area dell’euro abbiano espresso la volontà di intraprendere, qualora la situazione lo renda necessario, azioni decise e coordinate per garantire la stabilità finanziaria nell’area. Sui conti pubblici di molti paesi peseranno in misura crescente nei prossimi anni le spese connesse con l’invecchiamento della popolazione e con il cambiamento climatico. Una tempestiva e credibile indicazione delle vie per correggere le tendenze del debito pubblico è necessaria, anche per ridurre la volatilità sui mercati finanziari e il costo di offerta dei titoli pubblici. Aumenti dei tassi di interesse a lungo termine si rifletterebbero sull’economia reale, con possibili ripercussioni sui bilanci delle banche, rimettendo in discussione il rafforzamento del sistema finanziario.

Regole e controlli sulla finanza
Rinsaldare la stabilità delle banche, contenere il rischio di liquidità sono gli obiettivi del pacchetto di proposte regolamentari recentemente messo a punto dal Comitato di Basilea. Il patrimonio degli intermediari dovrà essere composto da strumenti di qualità elevata, veramente capaci di assorbire le perdite; la leva finanziaria verrà limitata; si attenueranno gli aspetti pro-ciclici della regolamentazione, prevedendo riserve e accantonamenti da accumulare nei periodi di forte crescita, da utilizzare quando si materializzino perdite. Nella prima parte di quest’anno il Comitato condurrà un dettagliato studio di impatto, che consentirà di valutare alternative, calibrare le nuove regole e definire i nuovi, più elevati livelli di capitale con cui le banche dovranno operare. Sarà importante verificare la coerenza complessiva dell’impianto, imponendo requisiti prudenziali più stringenti a quelle banche che hanno operato con modelli di business particolarmente rischiosi, all’origine della crisi. I leader del G20 hanno deciso che le nuove regole non dovranno entrare in vigore immediatamente, ma solo alla fine del 2012, e comunque a condizione che non pregiudichino la stabilità dei mercati e la ripresa di un adeguato flusso di finanziamenti all’economia. Hanno chiesto al Financial Stability Board (FSB) di analizzare le implicazioni di natura macroeconomica della riforma e assicurare la necessaria gradualità nell’applicazione, con appropriate discipline transitorie relative, soprattutto, al trattamento degli strumenti patrimoniali già emessi (grandfathering). La crisi ha mostrato l’effetto devastante dei fallimenti di grandi istituzioni finanziarie. I governi e le banche centrali sono intervenuti per mitigarne l’impatto; così facendo hanno, talvolta, sostenuto e protetto le stesse istituzioni all’origine della crisi. L’“azzardo morale” si è aggravato con la crisi: le istituzioni finanziarie si sentono protette dal rischio di fallimento e dal timore stesso che esso incute, assumono nuovi rischi e, grazie alle straordinarie condizioni di mercato che si sono create, realizzano ingenti profitti. Ridurre l’“azzardo morale” è obiettivo condiviso. Lo si intende perseguire limitando la probabilità dei fallimenti e la vastità del danno che apportano; creando meccanismi per una loro ordinata gestione; centralizzando i canali che ne trasmettono gli effetti, come gli scambi di strumenti derivati, che oggi avvengono fuori dei mercati organizzati e in via bilaterale. Devono essere individuati criteri per definire la rilevanza sistemica di una istituzione. Questo dovrà avvenire senza stilare liste di intermediari, che creerebbero una indebita segmentazione del sistema bancario e potrebbero avere effetti perversi sull’assunzione di rischi. Si stanno valutando: requisiti di capitale e di liquidità più stringenti, che dovranno tenere conto delle misure già proposte dal Comitato di Basilea; una intensificazione dell’attività di vigilanza; procedure robuste e armonizzate di gestione delle crisi. Altre proposte mirano a ridurre la complessità dei gruppi cross border. Una di esse contempla l’obbligo di operare in ciascuna giurisdizione estera per il tramite di una “sussidiaria”, cioè di una società dotata di sostanziale autonomia patrimoniale, di liquidità e gestionale. Segmentare sistemi informativi e procedure all’interno di un gruppo può ostacolare la vigilanza consolidata; l’integrazione internazionale dei gruppi e lo sviluppo complessivo dei mercati finanziari possono risentirne. D’altronde, è importante che l’organizzazione di una banca sia semplice, in modo da permettere alle autorità di vigilanza una piena valutazione dei rischi sistemici in caso di fallimento; sarà inoltre più probabile che si vada verso il modello delle sussidiarie ove non si riesca a pervenire a una armonizzazione minima delle procedure di risoluzione e di liquidazione delle grandi banche. Il FSB, che presenterà un rapporto al summit del G20 in ottobre, prevede anche che le banche preparino piani di emergenza per rifinanziarsi, contenere i rischi e, in caso di insolvenza conclamata, liquidare nella maniera più ordinata possibile le attività. È oggetto di dibattito anche l’opportunità di separare l’attività di intermediazione di tipo tradizionale da quella di investimento, al fine di limitare nelle banche l’assunzione di rischi. Come si vede, le misure in discussione per affrontare il rischio sistemico sono varie, ma tutte rientrano nel processo di cooperazione internazionale. Infatti, molte di esse sono analoghe a quelle contenute nell’agenda del Comitato di Basilea, dove alla maggiore rischiosità delle attività di investimento rispetto a quelle di intermediazione si fa fronte con requisiti di capitale più elevati. In questo campo è tuttavia improbabile che paesi con strutture bancarie diverse, colpiti dalla crisi in maniera diversa, adottino gli stessi provvedimenti; la cooperazione internazionale produrrà probabilmente un’armonizzazione minima, mentre per la regolamentazione sul capitale e la liquidità prevista dalla riforma di Basilea si mira a raggiungere un’armonizzazione massima. Nel nuovo disegno delle strutture di vigilanza europee, il progetto della Commissione europea mira ad armonizzare poteri e strumenti delle autorità nazionali in caso di crisi, introducendo disposizioni specifiche per i gruppi cross border. Riteniamo che l’Italia disponga di una normativa completa ed efficace in materia, di valide prassi ed esperienze, che dovranno essere valorizzate nel corso delle trattative con le istituzioni comunitarie. L’Europa ha dimostrato di voler accrescere la stabilità del sistema finanziario pur mantenendo elevata l’integrazione dei mercati nell’area. Le analisi delle diverse autorità andranno integrate per giungere a valutazioni dei rischi veramente comuni nell’ambito dei collegi dei supervisori sui gruppi bancari. In quelli di cui siamo responsabili abbiamo promosso con forza questa integrazione. L’obiettivo di ricostruire un sistema finanziario mondiale con più capitale, meno debito e che resista senza aiuti pubblici all’eventuale fallimento di grandi istituzioni finanziarie è ormai unanimemente condiviso. Anche l’accordo su una graduale transizione verso questo obiettivo è vicino. È importante che la comunità bancaria internazionale condivida questo processo e apprezzi a pieno la determinazione con cui viene perseguito. Che le nuove regole mettano a repentaglio la ripresa, inducendo una contrazione del credito, è affermazione facilmente smentibile: il nuovo sistema sarà introdotto con gradualità; il credito ha smesso da tempo di crescere senza che le nuove regole fossero neanche conosciute. Ritenere inoltre che arbitraggi regolamentari possano far eludere le nuove regole sottovaluta la generalità dei consensi verso la loro introduzione. È possibile che la combinazione dei vari provvedimenti in discussione determini una riduzione dei profitti delle banche, ma porterà anche a un contenimento dei rischi da loro assunti. Sarà saggio rispondere alla prima con opportune e ampie riorganizzazioni, non contrastare il secondo con l’assunzione di nuovi rischi.
Le banche italiane
Grazie agli interventi dei mesi scorsi liquidità e patrimonio delle banche italiane si stanno rafforzando, condizione essenziale per affrontare il significativo peggioramento della qualità del credito e del conto economico. La liquidità bancaria continua a migliorare, anche grazie alla parziale riapertura dei mercati di raccolta all’ingrosso. In gennaio le banche dell’area dell’euro hanno emesso sull’euromercato obbligazioni per circa 60 miliardi, contro una media mensile di circa 30 nella seconda parte dello scorso anno. Le banche italiane sono ben attrezzate per fronteggiare lo scenario internazionale, reso complesso anche dal graduale venir meno delle misure di sostegno da parte delle autorità monetarie e dei governi. Il loro patrimonio si è irrobustito grazie ad aumenti di capitale, a dismissioni di attività non strategiche, alla destinazione a patrimonio di una consistente parte degli utili e, per alcuni intermediari, a interventi pubblici. Tra la fine del 2008 e il settembre dello scorso anno il core tier 1 ratio dei cinque maggiori gruppi è aumentato, in media, dal 5,8 al 7,3 per cento. Il rafforzamento patrimoniale sta proseguendo: è necessario per accrescere la capacità delle banche di resistere a scenari macroeconomici avversi. È migliorata nel mercato la valutazione della rischiosità delle banche. Le modifiche regolamentari ora poste in consultazione dal Comitato di Basilea richiederanno alle banche italiane adeguamenti non trascurabili. Esse partono tuttavia da una situazione migliore di quella di altri sistemi bancari sul fronte della qualità del patrimonio, avendo già emesso strumenti di capitale per lo più di qualità elevata. L’impatto più rilevante potrebbe derivare dalla proposta di dedurre dal patrimonio le attività per imposte anticipate. Queste sono infatti cospicue nelle banche italiane, a causa dei vincoli esistenti nel nostro paese alla deducibilità fiscale delle svalutazioni e delle perdite su crediti, che si auspica vengano presto rivisti. Su questo fronte, lo studio d’impatto consentirà di valutare opzioni alternative, come quella di dedurre solo parzialmente tali attività, per attenuare le distorsioni competitive create dalla disparità nei trattamenti fiscali nazionali. Le banche italiane, relativamente più impegnate nella intermediazione di tipo tradizionale, presentano una leva finanziaria contenuta nel confronto internazionale: misurata dal rapporto tra il totale delle attività e il patrimonio di base, a giugno scorso essa era pari in media a 24 per i maggiori gruppi, a fronte di circa 34 per le principali banche degli altri paesi europei. L’eventuale introduzione di un leverage ratio non dovrebbe pertanto comportare per loro conseguenze significative. Lo stesso può dirsi di un inasprimento dei requisiti prudenziali sul portafoglio di trading, vista la minore incidenza delle operazioni di finanza innovativa e dei prodotti di credito strutturati nei bilanci delle banche italiane. La redditività delle nostre banche è nettamente peggiorata, di pari passo con il deterioramento della qualità dei loro prestiti. Nei primi nove mesi dello scorso anno gli utili netti dei principali gruppi si sono dimezzati rispetto allo stesso periodo del 2008, a causa di maggiori accantonamenti e rettifiche su crediti. In ragione d’anno, il rendimento del capitale e delle riserve si è ridotto, in media, dal 9,0 al 4,2 per cento. Nel terzo trimestre del 2009 il flusso di nuove sofferenze sui prestiti alle imprese superava il 3 per cento, il valore più elevato degli ultimi dieci anni. Secondo prime elaborazioni, il peggioramento della qualità del credito sarebbe proseguito anche nell’ultima parte dell’anno, con probabili effetti sui risultati economici del quarto trimestre dell’anno. L’aumento di incagli e rate non pagate prefigura un ulteriore peggioramento nei mesi a venire. Gli utili conseguiti devono essere prioritariamente impiegati nel rafforzamento patrimoniale.
Il credito
Lo scorso dicembre il valore totale dei prestiti bancari in essere era inferiore dello 0,7 per cento a quello di un anno prima. I finanziamenti erogati alla clientela del Centro Nord risultavano diminuiti dell’1,3 per cento; i prestiti nel Mezzogiorno erano invece ancora in crescita, del 2,7 per cento. La contrazione del credito riguarda le imprese, non le famiglie. A dicembre i prestiti alle imprese erano del 3 per cento inferiori a quelli del dicembre 2008. Da un lato, se ne era ridotta la domanda, per la forte flessione degli investimenti; dall’altro, incideva l’accresciuta cautela delle banche nell’offrire finanziamenti in una fase di profonda recessione. L’espansione dei crediti alle famiglie è invece continuata, a ritmi dell’ordine del 3 per cento sui dodici mesi. I nuovi prestiti per l’acquisto di abitazioni vengono concessi prevalentemente a tasso variabile: occorre che i contraenti siano avvertiti del rischio che corrono in caso di aumenti di tasso. Secondo le indagini più recenti presso le banche, vi è una moderata ripresa della domanda di finanziamenti da parte delle imprese. Quelle impegnate in processi di adeguamento tecnologico e di internazionalizzazione meritano maggiore attenzione. Il Governo ha adottato diverse iniziative nel corso del 2009 per rafforzare il supporto delle banche alle piccole e medie imprese; importante continuerà a essere il ruolo dei Confidi nel migliorare le condizioni di accesso ai prestiti e nel preservare la qualità del credito bancario. I modelli statistici di valutazione degli affidati in uso presso le banche utilizzano al momento i dati di bilancio delle imprese riferiti al 2008; dalla primavera cominceranno a elaborare quelli sul 2009 che, se la ripresa prosegue, potrebbero fornire una rappresentazione non più attuale della situazione. Occorre integrare i dati di bilancio con informazioni raccolte localmente, rendere più tempestive le revisioni degli affidamenti, affinare la selezione del merito di credito, prevedere incentivi equilibrati per coloro che gestiscono le relazioni con la clientela.
Il mercato finanziario italiano
Diversamente dai prestiti bancari, il mercato obbligazionario nel 2009 ha mostrato segni di ripresa. Le emissioni nette da parte di società non finanziarie si sono riportate su volumi superiori a quelli precedenti la crisi. Tutti i principali gruppi industriali vi hanno fatto ricorso. Nel mercato azionario, invece, scendono il numero di società quotate e il rapporto tra la capitalizzazione di mercato e il PIL. Quest’ultimo è sui livelli più bassi nell’area avanzata. Anche nel 2009 la raccolta netta dei fondi comuni di investimento di diritto italiano è stata negativa, pur con segnali di ripresa nell’ultima parte dell’anno, confermando il carattere strutturale della crisi dell’industria del risparmio gestito. Il patrimonio dei fondi di diritto estero ha superato a fine anno quello dei fondi di diritto italiano. Per valorizzare l’autonomia e l’indipendenza delle società di gestione appartenenti a gruppi bancari, nell’ottobre scorso abbiamo emanato specifiche disposizioni sulle modalità di esercizio dei poteri di direzione e coordinamento da parte delle capogruppo. I gruppi dovranno adeguarvisi entro giugno. Per ridare vitalità al settore occorre ancora intervenire sulla trasparenza e la correttezza nei rapporti con la clientela. Vanno rimosse le asimmetrie fiscali che penalizzano i prodotti del risparmio gestito rispetto a strumenti concorrenti. Occorre infine rivedere strategie e linee organizzative dell’industria del risparmio gestito. In seguito alla crisi si va affermando una tendenza, fortemente incoraggiata da banche centrali e dal FSB, a far confluire su mercati organizzati gli scambi over the counter, a far ricorso a controparti centrali in grado di minimizzare i rischi per i singoli operatori, a centralizzare le informazioni sui contratti sottoscritti presso i cosiddetti trade repositories. Ci auguriamo che i lavori della Commissione europea volti a definire un quadro legislativo armonizzato possano contribuire presto ad accrescere la trasparenza, la liquidità e la stabilità del mercato su cui si scambiano i derivati, specie quello dei credit default swaps, che più si presta a manipolazioni speculative. Le nostre infrastrutture di mercato sono ora a uno snodo decisivo. Cresce la concorrenza tra mercati organizzati e nel post trading. A livello europeo si fa concreta la prospettiva di una centralizzazione del settlement e si apre la possibilità dello sviluppo di un mercato ricalcato sul nostro Mercato Interbancario Collateralizzato (MIC). L’Italia ha tutti i requisiti per rispondere a queste sfide: dispone di infrastrutture nelle attività di negoziazione e di post trading di strumenti finanziari all’avanguardia in Europa e fortemente integrate nei mercati internazionali. Le negoziazioni all’ingrosso di titoli di Stato si svolgono su un mercato regolamentato, trasparente e ampio, che ha ben resistito alla crisi con una ripresa negli ultimi mesi. Le strutture del post trading sono, nel confronto internazionale, tra le meno costose. Le banche italiane detengono partecipazioni significative nelle principali infrastrutture di sistema: se consapevoli del loro valore, potranno trarne grandi benefici.
Il rapporto banca-cliente
La Banca d’Italia ha concluso un’ampia rilevazione – presso oltre 500 banche rappresentative di circa l’80 per cento dei conti correnti offerti alla clientela – della tipologia e degli importi delle commissioni applicate su affidamenti e scoperti di conto. I risultati, trasmessi al Ministero dell’Economia e delle finanze a cui le nuove norme hanno attribuito compiti di vigilanza in materia di commissioni bancarie, sono disponibili da oggi sul sito internet della Banca1. Essi mostrano una forte differenziazione fra gli intermediari: se nella media si registra una riduzione, in circa un terzo dei casi l’onere è invece aumentato. La varietà di nuove commissioni rende difficile per i clienti confrontare le diverse offerte. Occorre che la loro struttura venga drasticamente semplificata. Un nuovo intervento legislativo, che superi le incertezze interpretative del precedente, appare necessario. Inoltreremo nei prossimi giorni al Governo una proposta organica di disciplina che porti a oneri espressi con chiarezza, perché tutti i clienti 1 http://www.bancaditalia.it/vigilanza/banche/questio/comm_banche.pdf possano fare un confronto tra le diverse banche e la concorrenza possa operare senza l’impedimento dell’opacità. Da un mese sono in vigore nuove norme sulla trasparenza dei servizi bancari e finanziari e sul “conto corrente semplice”. Un contributo al sostanziale miglioramento delle relazioni tra intermediari e clienti sta venendo dall’Arbitro Bancario Finanziario, operativo dal 15 ottobre scorso. Il flusso di ricorsi da parte degli utenti è ininterrotto. I Collegi hanno già preso le prime decisioni. In diversi casi la lite si è risolta in favore del cliente prima ancora della pronuncia del Collegio. I primi segnali sono quindi molto incoraggianti. Il complessivo esito dei ricorsi verrà pubblicato entro aprile; fornirà elementi utili per l’azione di Vigilanza.
L’azione della Vigilanza
L’azione della Vigilanza sugli intermediari bancari e finanziari ha una logica unitaria. Ispezioni, controlli a distanza, interventi sul capitale e sulla liquidità, prescrizioni sugli statuti e sui compensi dei manager, regole e controlli sulla trasparenza e correttezza con i clienti sono tutti guidati dalla valutazione dei rischi a cui sono soggetti gli intermediari. Dopo gli esercizi condotti lo scorso anno in modo coordinato dalle autorità di vigilanza europee, in queste settimane ha preso avvio una nuova tornata di stress test sulle maggiori banche dell’Unione. I risultati saranno resi pubblici entro giugno. Gli stress test sono ormai un ordinario strumento di vigilanza: la Banca d’Italia ha promosso, con l’attiva partecipazione delle banche, gli interventi necessari ad affinarli e rafforzarli. Nel 2009 siamo ripetutamente intervenuti per richiamare le banche al pieno rispetto delle norme in materia di organizzazione e governo societario. Per le banche popolari si è puntato a un equilibrio tra la necessità di assicurare la stabilità degli assetti di governo approvati dalle assemblee e quella di evitare il rischio di un’eccessiva autoreferenzialità del management. A questo scopo abbiamo promosso adeguamenti statutari per garantire una sufficiente rappresentanza delle minoranze negli organi e facilitare la partecipazione dei soci alle assemblee, attraverso strumenti quali l’aumento del numero di deleghe e la possibilità di esprimere il voto a distanza. Ulteriori progressi in questa direzione sono tanto più necessari quanto più la realtà di alcune banche popolari si allontana dall’originaria connotazione localistica, facendo emergere intermediari di dimensioni sistemiche, quotati sui mercati regolamentati, con caratteristiche operative e assetti di gruppo complessi. Le linee guida emanate dal FSB prevedono due principi fondamentali per le remunerazioni: devono essere collegate con i rischi assunti; non devono pregiudicare la conservazione del capitale. Ai sei gruppi bancari più grandi abbiamo chiesto di verificare la coerenza dei propri sistemi di remunerazione e incentivazione anche con gli standard del FSB. Le principali questioni aperte riguardano il rapporto tra parte fissa e parte variabile della retribuzione del top management, l’introduzione di sistemi di incentivazione di medio-lungo periodo e di metodi di differimento della componente variabile, l’affinamento dei parametri di performance aggiustati per il rischio. Le relazioni alle prossime assemblee dei soci dovranno contenere informazioni esaurienti e dati puntuali circa l’effettivo adeguamento dei contratti e dei sistemi di incentivazione alla normativa. La reputazione di una banca si giudica anche da come previene e contrasta il riciclaggio. Le nuove disposizioni in vigore dall’inizio dell’anno per la tenuta dell’archivio unico informatico antiriciclaggio (AUI) permettono una migliore tracciabilità delle operazioni. È stata fortemente intensificata l’attività di controllo, attraverso nuove procedure valutative e percorsi di analisi e ispettivi dedicati. Le verifiche presso singole dipendenze, indirizzate in via prioritaria verso le zone ritenute a più alto rischio di infiltrazione criminale, stanno attualmente interessando filiali bancarie ubicate nell’entroterra campano, nell’hinterland milanese e nella provincia di Palermo. Le operazioni di rimpatrio dei capitali in regime di “scudo fiscale” devono essere attentamente esaminate dagli intermediari, al fine di individuare e segnalare operazioni sospettabili di riciclaggio. Finora sono giunte poco più di 50 segnalazioni di possibili reati connessi con operazioni di emersione di disponibilità all’estero. È un numero esiguo, spiegato solo in parte dal fatto che la legge esclude l’obbligo di segnalazione per diverse fattispecie di reato. Le banche devono impegnarsi di più a uno scrutinio attento delle operazioni di rimpatrio. È importante dissipare ogni dubbio circa le modalità di applicazione delle norme antiriciclaggio alle operazioni che vi ricadono. La normativa sullo scudo fiscale italiano formerà a breve oggetto di esame da parte del Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI). Poco più di un anno fa l’Italia entrava nel pieno della crisi che, dopo il fallimento di Lehman Brothers, diveniva globale. Vi entrava con un tasso di crescita basso, ai minimi europei. Sul versante finanziario la nostra economia resisteva all’impatto della crisi meglio di molte altre: la solidità e la prudenza delle banche non rendevano da noi necessari interventi di sostegno della portata di quelli che hanno gravemente pesato sui bilanci pubblici di altri paesi. Ma la perdita di produzione e di reddito è ingente. La rete di protezione sociale, pur non riformata organicamente, è stata opportunamente estesa così da arginare disoccupazione e abbandono sociale. Stiamo ora uscendo dalla crisi con un tasso di crescita basso, ai minimi europei. Una crescita economica sostenuta è base di benessere; è presupposto della stabilità finanziaria per un paese ad alto debito pubblico come l’Italia; è futuro per i giovani, dignità per gli anziani; il nostro Mezzogiorno ne trarrebbe forza, può esserne traino. Ne sono condizione le riforme strutturali, la cui mancanza ha segnato la perdita di competitività del Paese, che dura da un quindicennio. Non è un problema solo italiano, è comune ad altri paesi europei; è all’origine delle attuali fragilità. L’integrazione europea ha portato stabilità dei prezzi e, fino alla crisi, efficace controllo sui deficit pubblici. Dieci anni fa, l’avvio della moneta unica, si levarono voci a richiedere anche un più forte governo economico dell’Unione; furono sovrastate dai cori entusiasti che
celebravano la meta raggiunta insieme all’impegno a resistere a ogni ulteriore integrazione. L’euro è saldo. Chiaramente, una crisi che produce instabilità finanziaria mondiale colpisce le economie dell’area con intensità diversa a seconda delle strutture su cui poggiano. Occorre che nell’Unione si formi la volontà comune di estendere alle strutture economiche, e alle riforme di cui necessitano, la stessa attenta verifica, lo stesso energico impulso che sono stati esercitati negli anni sui bilanci pubblici.

13 febbraio 2010

 

AIAF Ass. Italiana Analisti Finanziari

ASSIOM Ass. Italiana Operatori Mercati dei Capitali

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