La fantasia edifica regioni celesti e vi colloca l'uomo e gli dice: tu passeggerai sovra le stelle.
Foscolo
La comunicazione d'impresa è il tessuto connettivo tra il mondo della produzione e dei servizi e il mercato, è il terreno di coltura del consumismo, è lo strumento indispensabile, sia per parlare all'interno dell'impresa, che per dialogare con tutto il sistema degli stakeholder (Tutti coloro che interagiscono con il soggetto imprenditoriale: dipendenti, collaboratori esterni, clienti, fornitori, partner, venditori, associazioni di categoria, sindacato, amministratori pubblici locali, ecc.).
Non è assurdo affermare che la comunicazione è l'impresa e che senza comunicazione l'impresa non esiste.
In realtà, specialmente nelle PMI e tra le partite Iva, questo potente asset è, spesso, sottostimato o utilizzato in termini riduttivi, e, quasi sempre, i soggetti imprenditoriali non sanno sfruttare le possibili sinergie dei vari aspetti della comunicazione.
I testi anglosassoni, da tempo, parlano di orchestrazione della comunicazione, intendendo la necessità di considerare l'insieme degli strumenti della comunicazione alla stregua di un'orchestra che deve eseguire una composizione, che prevede gli a solo e gli assieme, che devono, però, obbedire tutti ad uno spartito e seguire un direttore d'orchestra.
Il grande pittore norvegese Edvar Munch scrive, nel 1893, in un suo diario «Riunii tutti i dipinti e scoprii che immagini completamente diverse avevano un'affinità di contenuto. Appendendoli uno accanto all'altro era come se improvvisamente tutti i dipinti fossero pervasi da un'unica melodia. Si trasformavano completamente rispetto a quello che rappresentavano singolarmente. Il risultato era come una sola sinfonia».
La stessa sensazione si deve ricavare quando si compongono i vari tasselli della comunicazione.
Un altro aspetto innovativo e moderno della comunicazione è la tendenza ad annullare la separazione tra comunicazione verso l'esterno e comunicazione verso l'interno, e a progettare sistemi di comunicazione verso tutto il sistema degli stakeholder. Ciò in perfetta analogia con i risultati di molte ricerche che hanno mostrato come la customer satisfaction e la employee satisfaction siano due aspetti della stessa realtà; a dipendenti soddisfatti corrispondono clienti soddisfatti.
Nel seguito analizzeremo i vari strumenti della comunicazione mostrando come tali strumenti devono rispondere a un'unica cabina di regia che deve preoccuparsi di comunicare verso il mondo esterno e verso l'interno dell'impresa messaggi coerenti, veritieri e tali da rafforzare l'identità dell'impresa.
La pubblicità
In generale un'impresa si affida a un'agenzia di pubblicità, la quale viene messa al corrente sia sul messaggio che si vuole trasmettere, sia sul mercato target al quale si vuole far pervenire il messaggio. Avendo come vincoli il "cosa dire" e "a chi dirlo", l'agenzia si preoccupa del "come dirlo", anzitutto attraverso la scelta dei mezzi e dei corrispondenti veicoli.
Fra i mezzi e veicoli più comuni troviamo la radio, la televisione, la stampa, gli affissi, le insegne luminose, i manifesti, i cataloghi, i depliant, le cassette, Internet.
Il piano pubblicitario, in generale, viene affidato al media planner, il programmatore dei mezzi. La programmazione dei mezzi è condizionata dai tempi di attuazione stabiliti, che, a loro volta, sono subordinati alla natura del prodotto, ai sistemi di vendita, alle caratteristiche del mercato e della concorrenza, agli atteggiamenti del consumatore.
Sulla base di questi elementi si analizzano i seguenti parametri:
- la "possibilità di copertura",
- il "costo per contatto",
- il grado di dispersione" (La percentuale di persone che non è interessata ma che viene, comunque raggiunta dal messaggio).
- la "sovrapposizione" (La percentuale di persone interessata che viene raggiunta più volte con veicoli diversi dello stresso mezzo).
Successivamente, il messaggio scelto viene tradotto in frasi (gli slogan) semplici, persuasive e facili da ricordare, da parte dei copywriter, e in immagini, da parte dei grafici, i quali lavorano sotto la direzione dell'art director. Su Mark up, l'AD di Reckitt Benckiser Italia faceva notare il successo degli slogan creati per alcuni loro prodotti: Ava come lava; la lavatrice vive di più con Calfort; chi prova Sole non lo lascia più; Veet, più liscia più a lungo; Finish, brillantezza insuperabile; Air Wick, fragranze che cambiano la vita.
Il potenziale cliente viene condotto all'acquisto attraverso le varie fasi della "sequenza della comunicazione":
- dalla non conoscenza del prodotto,
- alla consapevolezza che esso esiste,
- alla comprensione dei suoi pregi,
- alla convinzione psicologica dell'utilità di acquistarlo.
Decenni di pubblicità e di esperienze sul campo hanno mostrato l'importanza degli aspetti scientifici della pubblicità. Oggi si sa come e perché la pubblicità funziona, come costruire una strategia della pubblicità che dia ai creativi la possibilità di sviluppare il proprio ingegno, come superare le "obiezioni virtuali" di un cliente sempre più smaliziato e cinico, come superare le critiche di coloro che affermano che la saturazione pubblicitaria porta a una limitazione delle libertà individuali.
Va comunque sottolineato che la pubblicità è una comunicazione persuasoria che, paradossalmente, non parte dall'impresa ma dal cliente. Infatti, stili di vita, struttura dei bisogni, sistema dei valori, credenze, atteggiamenti, comportamenti professionali condizionano fortemente il messaggio pubblicitario e creano un certo tipo di atteggiamento verso il prodotto che la pubblicità contribuisce solo in parte a formare. Si crea una sorta di circolo perverso o virtuoso, secondo i punti di vista, tra i bisogni consci o inconsci dei consumatori e la risposta in termini di offerta pubblicitaria.
È ovvio che il messaggio pubblicitario, destinato al cliente, raggiunge indirettamente tutto il sistema degli stakeholder, pertanto l'immagine che deve emergere deve essere chiarissima e veritiera, deve mettere in rilievo che l'eccellenza dell'impresa si fonda su competenze distintive reali ed essenziali per il segmento di clientela scelto.
La creazione dell'immagine dell'impresa dovrà basarsi su prove che hanno suscitato testimonianze da parte degli stakeholder; si tratta quindi di gestire queste prove.
Un'accorta gestione dell'immagine viene confermata, sia dalla fierezza dell'appartenenza che mostra il personale, sia dal compiacimento o dall'orgoglio dei clienti di essere serviti da quell'impresa. L'immagine deve poter sfumare nell'identità aziendale e cioè nella sua anima e nel suo cuore, nell'allineamento di tutti agli obiettivi dell'impresa e nel conseguente impegno comune verso il perseguimento degli obiettivi e dei valori aziendali.
Giova inoltre osservare che la crescente omogeneità e standardizzazione dell'offerta e la sua preponderanza sulla domanda portano, necessariamente, a dematerializzare il messaggio pubblicitario e a creare un mondo complesso e ricco di sfumature che vanno trattate con estrema sensibilità, proprio come se il prodotto fosse una persona della quale apprezzare la personalità, il carattere, lo stile, i valori, la missione.
Tradizionalmente si distinguono, a grandi linee, due stili di messaggio pubblicitario che sono funzione del fatto che ci si voglia rivolgere alla testa o al cuore del consumatore.
Il primo, atto a creare una risposta logica, è razionale, informativo e diretto a stimolare l'acquisto di un prodotto perché migliore.
Il secondo atto a creare una risposta basata su sentimenti e atteggiamenti, è emozionale, sottile e indiretto nello stimolare atmosfere, sensazioni, desideri positivi nei confronti del prodotto.
Lo stile emozionale tocca un vasto spettro di stati d'animo. Specialmente quando si deve vendere un bene del quale il consumatore non ha un bisogno primario, la pubblicità deve saper offrire un sogno o un'emozione, perché essi sono gli elementi che rendono desiderabile il prodotto e, soprattutto, lo differenziano dalla concorrenza.
Attraverso le tecnologie della comunicazione i professionisti della pubblicità riescono ad attribuire valori culturali a prodotti, servizi ed esperienze, e fanno in modo che i consumatori siano convinti che i loro acquisti siano intrisi di significati culturali.
Questi professionisti sono arrivati ad attribuirsi il ruolo di interpreti, creatori e consolidatori culturali, ruolo un tempo spettante alla scuola, alla chiesa, alla famiglia.
Nella vecchia economia la funzione principale della pubblicità era vendere beni sfruttando le espressioni della cultura per attirare i clienti verso il prodotto; oggi funzione primaria della pubblicità è selezionare segmenti di cultura popolare e trasformarle in prodotti che stimolino una reazione emotiva nei consumatori appartenenti a quel segmento culturale.
La pubblicità crea fantasie e trame, elaborate con i frammenti della cultura contemporanea, che superano il reale e trasportano il consumatore in una realtà virtuale più attraente ed eccitante.
Benetton sfrutta spesso, nella sua pubblicità, immagini cruente o provocatorie (un malato di Aids moribondo, un uccello imbrattato di petrolio, un prete che bacia una suora, un attentato terroristico); un modo per posizionare il marchio al centro delle problematiche affrontate quotidianamente dalla cultura popolare, per appropriarsi di quella cultura e per trasferirla in un mondo iperreale.
La Coca-Cola, per uscire dal fiasco del lancio della New-Coke, si appropriò del più grande avvenimento solidaristico della storia, l'Hands across America network. Il 25 maggio 1986, più di quattro milioni di persone si presero per mano attraverso tutti gli Usa, mentre oltre due milioni di persone parteciparono a manifestazioni culturali presso scuole e chiese. La Coca-Cola, in quell'occasione, legò il suo marchio ai problemi della povertà nel mondo e della solidarietà. Scisse Alfred Schreiber «Da quel momento le aziende hanno cominciato a dichiarare di non volere solo il danaro dei consumatori, ma di voler essere coinvolte nella loro vita e di voler condividere i loro valori».
Una volta compreso e definito l'obiettivo della comunicazione pubblicitaria occorre che il pubblicitario si focalizzi sulla pertinenza e sulla qualità dell'espressione, fattori fondamentali per determinare la produttività dell'investimento.
Nella fase di creazione è possibile adottare diversi approcci.
- La copy-strategy. È l'approccio classico e si basa su quattro punti.
- Il target, cioè a quale gruppo di cliente ci si rivolge.
- La promessa, vale a dire il vantaggio distintivo proposto al cliente.
- L'argomento della promessa, l'elenco delle caratteristiche oggettive che producono il vantaggio distintivo.
- Il tono della comunicazione, cioè lo stile e il modo di presentare il prodotto.
Questo approccio è particolarmente efficace per i prodotti funzionali per i quali esistono elementi di differenziazione aventi un risvolto tecnico. Con il tempo le marche si sono moltiplicate ed è diventato difficile trovare delle promesse specifiche che non siano "occupate" pubblicitariamente da una marca concorrente; alla ricerca di qualche elemento di differenziazione si corre il rischio di evidenziare aspetti significativi per il produttore e invisibili all'acquirente. Questo approccio resta comunque valido nel caso del business to business.
- La star-strategy. Questo approccio, che è particolarmente efficace se il prodotto in questione non presenta alcun elemento di distinzione per l'acquirente, pone l'accento sul "tono" dell'informazione, sulla personalità e sul carattere della marca o del prodotto. La star-strategy si basa, generalmente, su tre componenti necessari per definire l'asse della comunicazione:
- il fisico della marca (la sua funzione),
- il suo carattere o personalità,
- lo stile dell'espressione.
Per la star-strategy sono stati proposti altri approcci; ad esempio per l'identità della marca Porsche sono stati individuati da Kapferer sei componenti.
- Fisico: le prestazioni.
- Personalità: il perfezionismo.
- Occasioni: più individuali e personali che familiari.
- Cultura: la tecnologia tedesca.
- La fantasia dell'acquirente: la vettura del vincente.
- L'immagine di sé: il superamento di sé.
Si è detto che la comunicazione pubblicitaria ha portato a una standardizzazione dei prodotti. È interessante notare che essa ha portato anche ad un una omogeneizzazione dei consumatori; Andy Warhol, genio della comunicazione, forse, più che artista, osservava «Quel che c'è di grande in questo Paese è che l'America ha dato il via alla tradizione secondo cui i consumatori ricchi acquistano sostanzialmente le stesse cose dei poveri. Mentre guardi in Tv lo spot della Coca-Cola, sai che il presidente la beve, e anche tu puoi berla. Una Coca è una Coca, e nessuna somma di danaro può procurartene una migliore di quella che beve il barbone per strada. Tutte le Coca sono uguali e tutte sono buone; lo sa il presidente, lo sa Liz Taylor, lo sai tu».
Eugenio Caruso
24 luglio 2010
L’articolo segue Introduzione Parte I e Introduzione Parte II.
Tratto, parzialmente, da E. Caruso Comunico quindi esisto Tecniche Nuove 2005