Il futuro della rete, tra sicurezza delle transazioni e gratuità dei contenuti. Il futuro di Internet dipenderà dal modo in cui verranno sciolti due nodi rimasti irrisolti: i problemi di sicurezza delle transazioni on line e la questione riguardante la totale gratuità o meno dei contenuti reperibili in rete. Al momento solo il 43% degli italiani che utilizzano Internet si dice pienamente fiducioso in merito alla sicurezza delle transazioni (per il 5% sono del tutto sicure, abbastanza sicure per il 38%): un dato nettamente più basso del 58% medio rilevato a livello europeo. Molti gli utenti che hanno incontrato problemi legati alla navigazione in Internet. Il 64% lamenta di ricevere una quantità eccessiva di spam, al 58% è capitato di essere infettato da un virus informatico, l’8% si è imbattuto in incidenti relativi alla violazione della privacy, il 3% denuncia problemi legati alla sicurezza dei minori, il 2% è stato vittima di phishing. Tra le principali precauzioni adottate c’è quella di evitare le transazioni finanziarie on line (e-commerce, e-banking, ecc.), come dichiara il 55% degli utenti (un dato più alto di quello medio europeo, pari al 42%). Venendo al secondo nodo irrisolto, secondo una indagine del Censis per il 64,2% degli utilizzatori di Internet la forza della rete sta nella piena libertà dell’utente, che verrebbe compromessa dalla richiesta di pagamenti per l’accesso ad alcuni siti. L’11,8% sostiene che dovrebbero essere Google e gli altri aggregatori di notizie digitali a condividere i loro profitti con i produttori dei contenuti, dal momento che grazie alle inserzioni pubblicitarie monetizzano il traffico generato proprio da quei contenuti. Il 24% è invece favorevole al superamento dell’opzione «tutto gratis»: il 14,9% si dice disposto ad accettare il pagamento da parte dell’utente dei contenuti di informazione reperibili sul web attraverso il meccanismo dei micropagamenti, mentre il 9,1% si dimostra consapevole che la garanzia della libertà di informazione dipende anche da bilanci sani degli editori, che dovrebbero poter trarre qualche profitto dalle versioni digitali del loro lavoro. Fuga dalle notizie: la cattiva informazione smorza l’audience. Tra settembre 2009 e giugno 2010 c’è stato un calo di spettatori dei telegiornali serali nazionali da 18.333.000 a 14.968.000, con una perdita di audience superiore a 3 milioni. A diminuire in misura maggiore è stato l’ascolto del Tg5 e del Tg1, con una perdita di circa un milione di telespettatori ciascuno. Il confronto settembre 2009-settembre 2010 è altrettanto inesorabile: il Tg1 perde il 3,3% di share e 441.000 telespettatori. Anche peggio va al Tg5, che registra una media del 21,1% di share e 4.601.000 telespettatori, arretrando di 5 punti di share e di 813.000 telespettatori. Nel mese di settembre 2010 il Tg1 e il Tg5 hanno concesso molti più minuti al Pdl (il Tg1 il 35,8% del tempo totale contro il 17,3% al Pd, con un’ora e mezza di differenza; il Tg5 il 30,7% contro il 23%, con una differenza di 37 minuti). Lo sbilanciamento nello spazio concesso alle notizie di una parte piuttosto che dell’altra può aver provocato il distacco di una porzione degli ascoltatori. Leggere nel futuro: il digitale sorpasserà il cartaceo? Si prevede che la quota di mercato dei libri digitali triplicherà quest’anno, passando dallo 0,03% allo 0,1%, per un valore di oltre 3,4 milioni di euro. Si registra anche una forte crescita delle vendite di libri on line: +94,4% tra il 2006 e il 2009, +11,9% tra il 2008 e il 2009, con ricavi superiori a 100 milioni di euro. Anche i primi mesi del 2010 sono positivi: rispetto al giugno del 2009, le librerie on line fanno registrare un incremento dell’attività del 24,5%. Nel 2009 i libri elettronici pubblicati sono stati 685, per un totale di 2.257 opere disponibili sul mercato. I dati al settembre 2010 mostrano una produzione pari a 945 titoli (+38%), raggiungendo così un totale di 3.202 titoli elettronici disponibili nel nostro Paese (+41,8%). D’altra parte, gli utenti Internet rappresentano per alcune testate giornalistiche una significativa percentuale del totale dei lettori: il 19,6% per la Repubblica, il 18,2% per Il Sole 24 Ore, il 15,1% per il Corriere della Sera. L’informazione medica corre sul web. Dall’indagine del Censis in merito ai principali canali utilizzati dagli italiani per informarsi sui temi legati alla salute si evince che il medico gode sempre di un’ampia considerazione: ricorre al medico di famiglia il 20,3% del campione (dato che sale al 31,1% tra i soggetti meno istruiti), il 2,5% si rivolge al medico specialista e il 2,3% al farmacista. C’è poi il passaparola tra amici, colleghi e parenti, indicato come il mezzo principale per acquisire le informazioni dal 18,7% degli intervistati. Ma la prima fonte di informazione è la televisione, secondo il 42,9% delle opinioni raccolte, mentre il 25,8% degli italiani le cerca in giornali e riviste. Va sottolineato, però, che il 12,6% individua in Internet il primo strumento a cui ricorrere per informarsi su tematiche mediche (il web è la principale fonte di informazione sanitaria per il 17,8% dei laureati). Se però si valuta un uso più generico di Internet in relazione alla propria salute, il dato degli utilizzatori sale al 34% degli italiani (il dato oscilla tra il 5,4% dei soggetti con la sola licenza elementare fino a oltre il 45% di diplomati e laureati). Il 29,5% usa il web per cercare informazioni su patologie specifiche, il 18,4% per trovare informazioni su medici e strutture a cui rivolgersi, il 2,1% (e il dato arriva al 7,4% tra i soggetti laureati) frequenta forum on line, chat, blog e consulta altre communities di pazienti per scambiare informazioni e pareri. A questi comportamenti vanno sommati anche altri comportamenti funzionali, come l’abitudine a prenotare visite specialistiche e analisi mediche via Internet, che riguarda il 5,3% (il 9,5% dei laureati), o l’acquisto di farmaci on line, praticato dall’1,9%. Le responsabilità sociali dei media e l’opacità delle norme. L’accelerazione tecnologica e l’evoluzione dei media rendono la triangolazione «famiglie, minori, media» sempre più complessa. Il 18,2% dei minori utilizza il Pc da solo in casa. Le differenze tra i bambini e i ragazzi di 3-17 anni dovute al titolo di studio dei genitori sono molto forti: ha usato il Pc negli ultimi 3 mesi il 64,9% dei bambini e dei ragazzi con almeno un genitore laureato rispetto al 34,6% di quelli con genitori con al massimo la licenza elementare. I bambini e i ragazzi con genitori con titoli di studio bassi sono svantaggiati sia nell’uso a casa sia nell’uso combinato casa-scuola, a dimostrazione del fatto che la scuola non riesce a colmare il profondo divario dovuto a uno svantaggio sociale.
IMPRESA OGGI
2 gennaio 2011
Tratto da 44° Rapporto Censis sulla situazione sociale del paese