Gli uomini sono, per lo più, così soggettivi che nulla ha interesse per loro se non loro stessi.
Schopenhauer
Rapporto della Fondazione Nord-Est
1. Premessa. La crisi economica ha senza dubbio accelerato alcuni processi di trasformazione che erano già presenti da almeno un decennio nel Nord Est: in particolare, la selezione delle imprese non competitive, il riposizionamento sui mercati, la riorganizzazione interna alle imprese e la definizione dei rapporti nelle filiere. Questi fenomeni attengono all’esigenza di rispondere al mutamento del contesto competitivo internazionale con l’emergere di nuovi competitors e con la necessità per le imprese del sistema produttivo nordestino di intraprendere nuove strategie e di acquisire un nuovo mix di fattori competitivi. Un mix di elementi che tenga insieme quelli del passato ancora utili e ne aggiunga di nuovi, quali, ad esempio, un maggior spazio agli elementi immateriali della produzione, competenze professionali trasversali e aperte all’innovazione e, ancora ma non solo, un nuovo approccio con i mercati, anche attraverso una presenza consolidata nei nuovi paesi emergenti. La crisi, che ha generato un mutamento strutturale importante - sia nei livelli produttivi che nei comportamenti dei consumatori - ha portato al pettine alcuni nodi che nel recente passato erano rimasti sottotraccia grazie anche ad una crescita continua, seppur modesta, a elevati livelli di consumo e a buona disponibilità di credito. Oggi nessuna impresa può sentirsi esclusa dalla necessità di intraprendere un percorso di rinnovamento che prevede anche la capacità di migliorare il proprio equilibrio finanziario, pre-condizione necessaria per continuare a rimanere nel mercato, poter accedere ai finanziamenti bancari, risultare affidabile a possibili partner. 2. Un nuovo clima culturale. Per provare a sondare il clima culturale che pervade la classe imprenditoriale nordestina si è chiesto al panel di imprenditori, interpellati come testimoni privilegiati dell’economia locale, di indicare se alcuni elementi che hanno caratterizzato il sistema produttivo del Nord Est nel recente passato siano ancora oggi punti di forza o siano diventati, invece, punti di debolezza. Nello specifico si è chiesto di valutare il contributo di caratteristiche quali, la commistione impresa e famiglia, la piccola dimensione, il livello di capitalizzazione e il livello di indebitamento. Tra questi, attualmente, solo la commistione tra azienda e famiglia continua ad essere considerato un fattore di competitività e di forza per le imprese locali come indicato dal 73,1% degli intervistati. In altre indagini di tipo qualitativo emerge l’opinione che la presenza della famiglia continui a rappresentare una garanzia di continuità per l’impresa e i lavoratori e che, in particolare, l’imprenditore e i suoi familiari, nonostante la presenza di manager qualificati, continuino a rappresentare un punto di riferimento indispensabile. Meno netto è il giudizio in merito alla capacità della piccola dimensione di rappresentare ancora oggi un fattore di successo come lo è stato in passato quando lo slogan “piccolo è bello” richiamava il valore di un modello imprenditoriale flessibile e in grado di rispondere prontamente ai cambiamenti del mercato. Tra gli intervistati è minoritaria (44,2%) la quota di chi considera ancora applicabile questo motto. Il mutato contesto internazionale, la crisi economica hanno reso ancora più evidente la necessità di internazionalizzarsi e di dotarsi di strumenti e risorse finanziare e professionali in grado di reggere una sfida che chiede nuove strategie, ingenti investimenti e competenze adeguate a conquistare nuovi mercati, a dialogare con il mondo del credito, a confrontarsi con nuovi competitors. Gli altri due fattori, attuale livello di capitalizzazione e indebitamento, sono invece considerati da una larga maggioranza del panel come punti di debolezza per le imprese del Nord Est, rispettivamente l’83,8% e il 91,2%. Il dato rende evidente come stia emergendo la consapevolezza che sia necessario ripensare in modo drastico alla gestione finanziaria delle imprese sia dal punto di vista delle risorse disponibile che da quella degli equilibri e della stabilità interna. 3. Ricapitalizzazione: uno strumento per la competitività. Il tema della ricapitalizzazione appare particolarmente sentito tanto che oltre 8 imprenditori su 10 (82,7%) dichiarano di ritenere molto o abbastanza opportuno che le imprese procedano alla ricapitalizzazione per aumentare la propria competitività. La medesima propensione al ricorso alla ricapitalizzazione come strumento per recuperare competitività è stata misurata, seppur con una diversa formulazione del quesito, anche a livello nazionale tra tutte le imprese italiane di ogni settore economico. Il confronto mostra anche per il complesso del sistema produttivo nazionale un'attenzione molto alta verso il tema: il 60,8% delle imprese, infatti, dichiara opportuno procedere alla ricapitalizzazione. Se la maggioranza del campione ritiene oramai indispensabile ricapitalizzare le imprese, è necessario domandarsi quali siano a parere degli intervistati le fonti maggiormente accessibili attraverso cui dare attuazione a tale processo. La strada ritenuta
maggiormente percorribile (42,5% delle risposte) è quella del ricorso all’intervento dei soci che dovrebbero rendere disponibili nuovi capitali. Altra ipotesi, condivisa dal 28,2% del panel, è il ricorso agli istituti di credito sia nella forma della partecipazione che del sostegno. Ultima ipotesi che raccoglie un qualche consenso (16,2%) è l’apertura a nuovi soci che contribuiscano così alla ricapitalizzazione. Viceversa, strumenti più innovativi quali il private equity, il venture capital o a quotazione in borsa raccolgono complessivamente appena il 12,2% delle preferenze. Nonostante la ricapitalizzazione sia, come visto, ritenuta ormai indispensabile per restituire competitività alle piccole imprese, esiste tuttavia la consapevolezza che tale processo possa apparire alquanto gravoso per le stesse, anche in considerazione delle attuali difficoltà congiunturali. Pertanto si è chiesto al panel di imprenditori di esprimere
un giudizio circa l’utilità di alcune misure messe in atto per favorire la ricapitalizzazione delle PMI.
Da questo punto di vista la quasi totalità degli intervistati (94,6%) giudica molto/abbastanza utili le misure fiscali (ad esempio la detassazione a fronte di aumenti di capitale) a favore della ricapitalizzazione; mentre poco meno della metà (47,9%) esprime lo stesso giudizio in merito alle azioni che prevedono il sostegno da parte di enti, quali ad esempio le Camere di Commercio e Veneto Sviluppo. 4. Conclusioni. Anche tra gli imprenditori del Nord Est sta emergendo la consapevolezza della necessità di ripensare alla gestione finanziaria delle imprese e all’esigenza di dotare le aziende dei capitali e delle risorse necessarie per affrontare i cambiamenti imposti dalla crisi
internazionale. Crisi che sicuramente ha contribuito a modificare la cultura imprenditoriale locale: ancora a luglio 2008 il 72% dei titolari d’azienda, infatti, considerava il livello di capitalizzazione delle imprese un punto di forza del sistema, mentre oggi la maggioranza ritiene necessario avviare un processo di ricapitalizzazione. Tuttavia rimane certa una valutazione: la maggiore e adeguata disponibilità di capitali
deve essere considerata un mezzo e non un fine. Infatti, rischia di risultare inutile se non viene intesa come il presupposto per una rinnovata e concreta strategia di sviluppo, indispensabile per recuperare competitività e capacità di stare sui mercati, anche internazionali. Strategia che sottintende l’esigenza di una crescita dimensionale, non solo in termini numerici, ma anche di relazioni, di partenership, di progettualità. La ricerca è stata promossa da Veneto Banca Holding.
IMPRESA OGGI
23 gennaio 2011
Per un approfondimento su come l'Italia sia arrivata al limite del baratro si rimanda al successo editoriale
E. Caruso, L'estinzione dei dinosauri di stato.
Tratto da Rapporto Fondazione Nord-Est.