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18. L'arte della comunicazione d'impresa. Come persuadere. Parte 2


Gli obiettivi sono uno strumento manageriale dalle molteplici potenzialità d'uso..
Igor Ansoff


La persuasione
Una volta che ci siamo assicurati la fiducia del nostro interlocutore possiamo passare alla fase della persuasione. Ma, prima di affrontare questo argomento giova sottolineare che nell'interlocuzione non dobbiamo mai porci nell'ottica "io vinco, lui perde", ma in quella "io vinco, lui vince". La prima tattica se può far vincere una battaglia farà perdere, definitivamente, la relazione. La seconda permette di creare sinergia con le persone con cui entriamo in contatto; la sinergia è ciò che consente a entrambi gli interlocutori di trovare soddisfazione nel rapporto con l'altro, concludendo un affare che sia vantaggioso per entrambi, stringendo una relazione che sia di reciproca soddisfazione, avviando una partnership che, per le due parti, significhi soddisfazione, realizzazione, crescita dell'impresa.
Gli strumenti della persuasione sono tanti, vediamo di analizzare i più significativi.
L'uso sapiente delle domande.
Se riusciamo a porre le domande giuste al nostro interlocutore potremo raggiungere due scopi, stabilire quali sono i suoi problemi, i problemi della sua impresa, le sue aspettative, i suoi valori, i suoi criteri, le sue credenze e, come già detto, tentare di aprire una finestra sul lato celato della sua realtà.
Le parole "potenti".
Esistono alcune parole che hanno un impatto efficace sulle persone. Non esiste parola più potente da pronunciare che il nostro nome (in particolare il nome di battesimo); ricerche condotte da gruppi di psicologi hanno mostrato che pronunciare il nome di una persona all'inizio o alla fine di una frase esercita un irresistibile effetto persuasivo. Altre parole potenti sono: per favore, la ringrazio di, lei sa che, potrebbe?, perché (quello autorevole come "Perché lei possa fare un buon affare occorre …"), sicurezza, salute, giusto, profitto, libero, vantaggioso, opportunità, crescita, imprenditorialità, successo, autonomia ….
Il tempo.
Un buon persuasore evita le lungaggini e la lentezza della controparte che tenterà di rifugiarsi dietro i "ci devo pensare", "non sono ancora convinto", "ne palerò con il mio socio"; è preferibile dedicare tempo, sforzi ed impegno durante il colloquio in corso, piuttosto che farsi tentare dall'idea di rimandare ad un successivo incontro.
Suscitare credibilità.
Innanzitutto è opportuno che ci sforziamo di non esaltare noi stessi o un prodotto o un affare più di quanto l'interlocutore sia disposto, in quel momento, a credere. Per acquisire credibilità è, anzi, opportuno far notare qualche aspetto negativo di quello che stiamo proponendo. Un'altra caratteristica che può aggiungere credibilità alla nostra persona e alla nostra impresa è la precisione; se siamo portati alla sintesi o all'approssimazione, dobbiamo vincere la nostra natura ed essere precisi e scrupolosi su quanto affermiamo.
Le credenze.
Le credenze rappresentano ciò che per noi è vero o falso, sono le nostre convinzioni profonde, che determinano il nostro modo di vedere le cose e a volte rendono difficile il cambiamento (di opinione, di punto di vista, di visione della vita). Le credenze, peraltro, possono essere potenzianti (e allora sono positive) o depotenzianti (negative). È molto difficile agire sulle credenze di una persona, specialmente se non si riesce a sostituirle con altre; sarebbe un grande errore scontrasi con la credenza di un nostro interlocutore, ma la sua analisi potrebbe fornirci, con il tempo, indizi interessanti sulla sua personalità.

Linguaggio e comportamento
Nel 1957, il linguista americano Noam Chomsky dà vita ad un nuovo filone di studi specialistici nell'ambito della linguistica, che conduce alla cosiddetta tecnica del LAB Profile (Language And Behaviour Profile), cioè alla tecnica di identificazione di un interlocutore basata sul linguaggio e sui comportamenti. Questa tecnica descrive le connessioni che esistono tra stili linguistici (il modo di parlare, la scelta dei vocaboli, la sintassi, la velocità) e stili comportamentali. «Ciò a dire che il linguaggio rappresenta l'espressione formale del comportamento di ogni essere umano; in altre parole attraverso il linguaggio è possibile comprendere il funzionamento di chi lo usa in quanto espressione del suo modo di "filtrare" il mondo che lo circonda». Se noi facciamo attenzione oltre che al contenuto della comunicazione di un interlocutore anche alla forma, possiamo risalire ad alcuni aspetti della mappa mentale di chi parla, aspetti che non sono il frutto della casualità, anche se appartengono a un'attività a livello inconscio. Una volta che si sia fatta attenzione al formalismo del linguaggio dell'interlocutore è possibile adeguare ad esso il nostro, in modo da poter creare una sintonia e aprire i canali bidirezionali di comunicazione. Ciò significa strutturare uno stile comunicativo che si adatti alla struttura psichica dell'interlocutore. Con Chomsky si può affermare che la tecnica della comunicazione, tesa alla persuasione, inizia il proprio percorso scientifico. Le prime analisi riguardano l'applicazione ai rapporti tra due individui, successivamente, le scoperte acquisite nell'ambito del linguaggio e del comportamento sono state trasferite alla comunicazione verso il consumatore. Le tecniche di comunicazione basate su linguaggio e comportamento richiedono un certo approfondimento e non sono di facile applicazione. Si ritiene, comunque, utile illustrarle perché possono contribuire a rafforzare il nostro convincimento delle difficoltà che possiamo incontrare nella comunicazione interpersonale e dell'esistenza di messaggi e segnali inconsci verbali e non che possono sfuggire alla nostra percezione razionale. È sempre utile sottolineare che se una relazione ci sta particolarmente a cuore dobbiamo dedicare intelligenza e tempo affinché quella relazione possa produrre valore. Dobbiamo sempre chiederci «Perché dei tanti contatti che allacciamo solo pochi si concludono in un rapporto d'affari?». La conoscenza di queste tecniche può accrescere il "valore" di qualunque impresa.
La tecnica del LAB Profile individua due classi di strutture cognitive.
Le caratteristiche motivazionali comprendono le categorie che riguardano ciò di cui una persona ha bisogno per essere motivata in un determinato contesto o che, al contrario la demotivano. Esse corrispondono quindi a leve motivazionali che, se correttamente individuate, rivelano ciò che stimola una persona ad agire in una certa direzione o, in una direzione opposta. Appare evidente che se, attraverso il linguaggio e il comportamento del nostro interlocutore, riusciamo ad individuarne le caratteristiche motivazionali avremo un buon vantaggio per portarlo dalla nostra parte.
Le caratteristiche operazionali descrivono i processi mentali che una persona utilizza per affrontare in concreto situazioni di tipo relazionale, operativo, lavorativo. Se riusciamo a capire come la mente del nostro interlocutore opera, è possibile stabilire, ad esempio, l'ambiente e le circostanze in cui egli è più ricettivo a convincersi della validità di una proposta.
Le caratteristiche motivazionali
Se vogliamo approfondire scientificamente l'arte della persuasione dobbiamo, innanzitutto, imparare a conoscere le leve motivazionali su cui agire per raggiungere il nostro scopo. Normalmente sono descritti sei profili atti ad individuare le caratteristiche motivazionali di una persona. L'interlocutore deve imparare ad osservare attentamente la controparte per cercare di individuare in quale profilo motivazionale collocarlo.
Livello proattivo o reattivo. Una persona proattiva si motiva se è in grado di generare gli eventi e di prendere l'iniziativa; essa è focalizzata sull'obiettivo, sceglie le risorse necessarie per conseguirlo, cerca soluzione ai problemi, ha una grande capacità di precorrere gli avvenimenti, ama il gioco di squadra, attua il principio della responsabilizzazione, evitando, poi, di ricercare colpe o di individuare capri espiatori. Si può riconoscere il proattivo dal comportamento aperto, dagli spostamenti amichevoli verso l'interlocutore, dai movimenti continui del corpo; nel linguaggio usa frasi brevi, è portato alla sintesi, parla in termini di obiettivi, predilige il verbo volere piuttosto che dovere, parla con voce da attore e non da spettatore, dimostra impazienza se l'interlocutore non è pronto a recepire i suoi messaggi. Per motivare il proattivo occorre trasformare il suo livello energetico in azione entrando in sintonia con il linguaggio del corpo e usando frasi e parole del tipo: "facciamo", "forza", "buttiamoci", "non aspettiamo", "corriamo il rischio", "siamo in grado", "vogliamo". Una persona reattiva non ama prendere decisioni e aspetta che le prendano altri. Ama l'analisi, preferisce riflettere a lungo ed essere sicuro che tutto sia chiaro, risolto, definito, prima di agire. Si può riconoscere il reattivo se ha un atteggiamento del corpo un po' chiuso, mai proteso verso l'interlocutore, rilassato e seduto comodamente nella sua poltrona; nel linguaggio tende ad essere prolisso e complesso, parla di comprensione, analisi, riflessioni, usa frasi con concetti vaghi (come "è opportuno riflettere sulle cose"), usa i verbi in forma passiva ("il budget è stato rispettato"), usa il condizionale. Per motivare il reattivo è opportuno, come sempre, entrare in sintonia con il linguaggio del suo corpo e usare frasi e parole del tipo: "cercare di capire", "dovremmo riflettere", "sarebbe opportuno aspettare", "dovremmo considerare", "valutare attentamente", "provare a considerare". Alcune ricerche hanno indicato che in un contesto lavorativo circa il 20 % delle persone sono proattive, un altro 20 % sono reattive e un 60% sono equilibrate.
Valori e criteri. I valori sono i nostri parametri di riferimento interno, fondamentali per stimolare il nostro potenziale motivazionale. Corrispondono a ciò che è più importante per noi e a ciò che vogliamo nella vita. I valori sono riconoscibili, a livello linguistico, quando siamo portati a sostantivare i verbi. "La cosa più importante per me è la serenità" anziché "La cosa più importante per me è essere sereno", "L'accettazione reciproca è un fattore chiave per creare una squadra" anziché "Accettarsi reciprocamente è un fattore chiave per creare una squadra", "La competitività ci consente di stare sul mercato" anziché "Riusciamo a stare sul mercato perché siamo competitivi". I nostri valori, peraltro, entrano in azione secondo criteri precisi. Vi sono sempre, infatti, avvenimenti che devono accadere, affinché si realizzi un valore; ad esempio, se voglio vincere sul piano della competitività (valore) dovrò attrezzarmi perché la mia impresa si doti delle leve del vantaggio competitivo (criterio). Riuscire a comprendere quali sono i valori del nostro interlocutore non è impresa facile; occorre agire con tatto e professionalità. D'altra parte questa conoscenza è fondamentale come è ben noto agli specialisti di vendita e marketing. Spesso i valori delle persone sono soddisfazione, sicurezza, felicità, serenità, ricchezza, successo, potere; non per nulla nel campo della pubblicità si cercano frasi, scenari, località che riportano ad un mondo fantastico, dove tutto è bello e invitante e le persone sono felici, giovani, vincenti.
"Verso" o "Lontano da". Le persone che si motivano con un atteggiamento verso sono focalizzate sull'obiettivo, pensano in termini di risultati, sono brave nel gestire le priorità e amano, generalmente, la sintesi. Si può riconoscere la persona "verso" perché tende ad indicare con le mani davanti a sé, gesticola in forma centripeta (verso di sé, ad indicare la fiducia in se stesso) e dà spesso cenni di assenso con il capo. Nel linguaggio parla di ciò che ottiene, conquista, vince, di obiettivi, di mete. Per influenzare queste persone è opportuno utilizzare le seguenti parole: conseguire, ottenere, vantaggi, obiettivo, cogliere. Le persone dal profilo lontano da mettono un'attenzione particolare nella ricerca dei problemi e degli ostacoli che possono rendere difficoltoso il raggiungimento degli obiettivi, sono, generalmente, molto analitiche, non sanno gestire bene le priorità, perché i problemi vengono sempre prima di tutto il resto. Si può riconoscere la persona "lontano da" dall'espressione preoccupata o corrucciata, da una gestualità centrifuga (verso l'esterno, come segno di voler allontanare i problemi) e dai segni di dissenso con il capo. Nella comunicazione verbale cita situazioni problematiche, ostacoli da superare, problemi da risolvere. Per un linguaggio di influenza occorre usare parole come: "evitare", "stare alla larga", "escludere qualcosa o qualcuno", "lontano da", "occorre prevenire". Le ricerche già citate hanno indicato che in un contesto lavorativo circa il 40 % delle persone sono "verso", un altro 40 % sono "lontano da" e un 20% sono in mezzo.
Referenza interna o esterna. Le persone che si motivano riferendosi a parametri interni di giudizio sanno ciò che è giusto e ciò che è sbagliato per loro, in un dato contesto. Fanno fatica ad accettare critiche, commenti, giudizi dall'esterno; accettano informazioni, ma le rielaborano secondo il loro metro di giudizio interno e agiscono di conseguenza. Si può riconoscere la persona a referenza interna dalla postura eretta, dal puntare le mani verso se stessa, dalle lunghe pause che si prende durante una discussione. Nel linguaggio tende ad usare espressioni del tipo "io so che", "sono convinto di", "il mio giudizio è", e accetta con fatica che gli si dica cosa deve fare; per un linguaggio di influenza è opportuno servirsi di espressioni come, "solo tu puoi decidere", "come tu ben sai ", "dipende solo da te", "sarai tu a ", "queste sono le mie ". Se abbiamo di fronte una persona a referenza interna dovremo agire, cautamente, sulle leve della sintonia e della calibrazione per far sì che l'interlocutore accetti un giudizio che sia al di fuori di lui. Le persone che si motivano riferendosi a parametri esterni di giudizio hanno, invece, bisogno di altre persone per motivarsi. La ricerca di informazioni è orientata all'individuazione dell'opinione di terzi. Se hanno un'idea su cosa fare cercano la conferma all'esterno di loro stessi; non sanno come stanno andando nel loro lavoro, a esempio, e per questo lo chiedono ai colleghi. Le ricerche condotte non hanno, peraltro, mostrato un relazione tra persone a referenza esterna e persone insicure. Si può riconoscere la persona a referenza esterna dalla postura in avanti come di ascolto attivo e dalla ricerca di consenso con lo sguardo e con la testa. Nella comunicazione verbale fanno costantemente riferimento a persone o fonti esterne di informazione, cercano il consenso degli altri e si esprimono in termini di altri. Il linguaggio necessario per influenzare queste persone deve ricorrere ad espressioni del tipo: "gli studi più recenti indicano", "gli altri dicono ", "ti confermo che", "pensa a ciò che diranno", "cosa penseranno gli altri". Questo profilo è importantissimo dal punto di vista della persuasione: possiamo infatti sbilanciarci senza preoccupazioni se l'interlocutore è a referenza esterna e quindi è sensibile nell'ascoltare il nostro parere. Le ricerche già citate hanno indicato che in un contesto lavorativo circa il 40 % delle persone sono a referenza interna, un altro 40 % sono a referenza esterna e un 20% sono in mezzo.
Ragionamento. Una persona si motiva ragionando più facilmente attraverso la ricerca di opzioni o seguendo apposite procedure? Nel primo caso le persone sono motivate dalle opportunità, dalle possibilità, dalle alternative che incontrano nel corso della vita. Se stanno perseguendo un obiettivo l'energia motivazionale le indirizzerà verso la ricerca di "scorciatoie" o strade poco conosciute (che potrebbero, però, rivelarsi sbagliate); ritengono che vi sia sempre una strada migliore per fare in modo diverso quello che altri fanno in modo "convenzionale". Si può riconoscere la persona a ragionamento per opzioni solo dal tipo di linguaggio: descrive delle liste di valori, parla di opportunità, alternative, opzioni, possibilità, scelte, di idee da aggiungere alle altre. Il linguaggio volto alla persuasione di queste persone deve usare espressioni come, "cerchiamo nuove opportunità, alternative, opzioni", "uscire dalle regole", "il modo migliore per", "infinite possibilità". Una persona che è più motivata se riesce a ragionare seguendo apposite procedure è, fondamentalmente, interessata sul come fare le cose, piuttosto che sul cosa fare o sul perché le cose stanno andando in un dato modo; per questa persona la procedura può diventare più importante dell'obiettivo che si vuole conseguire. Si può riconoscere chi ragiona per procedure solo dal tipo di linguaggio: risponde ai "perché" con un "come", usa sovente le espressioni, "secondo le regole della nostra impresa", "occorre adeguarsi alle procedure", "veramente non ho scelto io", "è stato il mio capo a", "se si fossero seguite le regole non sarebbe". Il linguaggio volto alla persuasione di queste persone deve usare espressioni come: "seguendo le regole", "nel modo giusto per", "si fa così perché", "non vogliamo mettere in discussione le vostre procedure". Le ricerche citate hanno indicato che in un contesto lavorativo circa il 40 % delle persone sono a ragionamento per opzioni, un altro 40 % sono a ragionamento per procedure e un 20% sono in mezzo.
Fattori decisionali. Riguardano le risposte che ciascuno si dà con riferimento a un cambiamento. Le persone che sono motivate dalla similarità si trovano bene a continuare a fare quello che fanno, cercano conferma del proprio operato dall'esperienza precedente, fanno resistenza nell'adattarsi al nuovo. Nel loro linguaggio sono frequenti espressioni come, "nulla è cambiato", "le cose si assomigliano", "è sempre la stessa minestra", "è come l'anno scorso", "né più né meno". Il linguaggio volto alla persuasione deve essere ricco di: "simile a", "come prima", "in comune hanno", "invariato rispetto a", "come sempre", "come si sa", "è lo stesso". Le persone che sono motivate dalla similarità con eccezione si trovano bene a continuare a fare quello che fanno, ma in un'ottica evolutiva. Apprezzano i piccoli cambiamenti se essi non stravolgono, ma confermano la continuità con il passato. Nel loro linguaggio sono frequenti espressioni come, "evoluzione graduale", "è lo stesso eccetto che", "è migliore di", "politica dei piccoli passi". Il linguaggio volto alla persuasione deve essere ricco di: "lo stesso salvo che", "crescita controllata", "sviluppo senza pazzie", "guardarsi dai salti nel buio". Le persone che sono motivate dalla differenza non si trovano bene a continuare a fare quello che fanno, se non intervengono drastici fattori di cambiamento. Hanno bisogno di chiari segnali di trasformazioni in atto, corrono per essere nel futuro prima che esso diventi passato. Nel loro linguaggio sono frequenti espressioni come, "diverso da", "non c'è relazione tra A e B", "politica dei salti in avanti". Il linguaggio volto alla persuasione deve essere ricco di: "totalmente diverso", "nuova opportunità di business", "diventa irriconoscibile", "mai sentito prima". La ricerca mostra che in un contesto lavorativo circa il 5 % delle persone sono per la similarità, il 10 % combinano la similarità con l'eccezione e la differenza, il 20 % sono per la differenza e un 65 % sono per la similarità con l'eccezione.
Le caratteristiche operazionali
Queste caratteristiche hanno il pregio di farci capire come funzioniamo in un dato contesto per indicarci come mantenere alto il livello motivazionale.
La prospettiva: particolare o generale? Particolare. Le persone che gestiscono tante informazioni di dettaglio, spesso fino a perdere la visione d'insieme, in generale trattano le informazioni in forma sequenziale. La loro comunicazione verbale tende a focalizzare i dettagli e le sequenze di eventi, usano molti aggettivi e avverbi (le parole non sono mai sufficienti per descrivere un evento), sono precisi nell'identificare luoghi, cose e persone, parlano molto perché hanno timore di non essere capiti. Il linguaggio di influenza deve fare uso di espressioni del tipo: "dobbiamo scavare in profondità", "è opportuna un'analisi profonda e dettagliata", "il nostro discorso deve essere molto puntuale circa". Generale. Le persone che preferiscono una visione generale non seguono le cose da vicino ma le vedono, e le pensano, da lontano; si perdono quando incontrano un particolare e non riescono a stargli dietro . Nella comunicazione verbale tendono a parlare poco perché temono di essere ridondanti, sono abili nel riassumere, nel fare il punto, nel concettualizzare, usano pochi aggettivi e verbi. Il linguaggio di influenza deve fare uso di espressioni del tipo: "avere una visione d'insieme", "in generale", "la cosa importante è", "è necessario fare il punto", "in poche parole".
Risposta allo stress. Esistono due tipologie estreme di risposta allo stress: emotivo e razionale. La persona che risponde in modo emotivo, vive lo stress, lo sente, lo porta a casa per ragionarci la notte invece di dormire. Il pensiero dei problemi o delle difficoltà che gli creano lo stress è tale che può avere un'influenza negativa sull'efficienza del lavoro. Nella comunicazione non verbale modifica l'espressione del viso (i lineamenti sono tesi), la voce somatizza la tensione interna, il respiro può diventare affannoso, ha difficoltà nel parlare in pubblico. Il linguaggio di influenza deve usare parole evocative di stati di benessere, di successo, di tranquillità. La persona che risponde in modo razionale, vive le situazioni stressanti con distacco, con disinteresse, come se i fatti non lo riguardassero. Nella comunicazione non verbale non mostra alcuna mimica facciale, la voce non mostra indizi di emozione e il linguaggio del corpo trasuda sicurezza. Il linguaggio di influenza deve basarsi su dati di fatto logici e si dovranno usare parole come: "fredda realtà", "fatti concreti", "dati statistici".
Stile lavorativo. Stile indipendente. Desidera lavorare da solo e non gradisce la condivisione dei compiti. Nella comunicazione verbale non parla mai del lavoro degli altri e cita spesso: io, me stesso, la mia responsabilità. Il linguaggio di influenza deve adoperare queste espressioni: "fai da solo", "hai la responsabilità totale?", "chi fa da se fa per tre", "è meglio non essere disturbati". Stile vicino. Desidera lavorare avendo ben demarcato il confine della propria responsabilità e della propria competenza, ma desidera avere vicino qualcuno dal coinvolgere e con il quale confrontarsi. Nella comunicazione verbale parla del lavoro degli altri, ma fa affermazioni del tipo "c'erano altri, ma io", "il mio contributo è stato fondamentale anche se eravamo". Il linguaggio di influenza deve adoperare queste espressioni: "tu hai il controllo", "hai lavorato con altri ma la responsabilità era solo tua", "sei la loro guida", "sei come un maestro per loro". Stile cooperativo. Lavora in e per la squadra e condivide le responsabilità con gli altri; è il collaboratore ideale. Nella comunicazione verbale parla e coinvolge sempre altre persone, e fa affermazioni del tipo "il risultato di uno è il risultato di tutti", "il nostro lavoro", "i nostri risultati". Il linguaggio di influenza deve adoperare queste espressioni: "condividere lavoro e soddisfazioni", "squadra di collaboratori", "una grande famiglia". Occorre fare molta attenzione perché, spesso, la persona con stile indipendente, non infrequente tra gli imprenditori, usa il linguaggio dello stile cooperativo allo scopo di apparire, moderno e democratico.
Organizzazione. In questa caratteristica operazionale individuiamo le persone che hanno una buona attitudine ad organizzare il proprio lavoro in modo da valorizzare i contenuti umani, oppure quelle più orientate al compito specifico. Chi è più sensibile alla risposta umana privilegerà il rapporto interpersonale al lavoro che sta svolgendo. Nella comunicazione verbale parla delle persone, fa spesso riferimento alle emozioni e agli stati d'animo, si interessa con sincerità della salute dell'interlocutore, è spiritoso; nella comunicazione non verbale ha atteggiamenti aperti e voce energica e allegra. Nel linguaggio di influenza è opportuno usare i pronomi personali, i nomi delle persone e frasi del tipo: "qual è il tuo stato d'animo", "questo e importante per". Chi è più sensibile allo svolgimento dei compiti sembra freddo e distaccato, perché è concentrato sull'operatività, tratta le persone come cose, ma solo perché ritiene di poter gestire meglio la situazione. Nella comunicazione verbale parla di processi, di prodotti, di sistemi, di risultati e difficilmente parla di persone. Nel linguaggio di influenza è opportuno parlare di fatti, situazioni, obiettivi, profitto, grafici, risultati.
I filtri sensoriali. Per prendere contatto con il mondo che ci circonda disponiamo di cinque vie di accesso, i nostri cinque sensi. Come abbiamo già detto, il cervello organizza le percezioni provenienti dai filtri sensoriali attraverso una griglia psichica che controlla la rielaborazione degli stimoli e la presa di coscienza di essi. Oltre al sistema sensoriale disponiamo di un sistema di comunicazione con l'esterno che utilizziamo per trasmettere la nostra esperienza. Il punto nevralgico di tutto il processo sta nel legame esistente tra le nostre modalità sensoriali e il modo in cui filtriamo "il mondo reale". Esplorando le vie di ingresso che ci consentono il contatto con il mondo esterno, i cinque sensi corrispondono, in realtà, a tre vie di ingresso: visivo (vista), auditivo (udito), cinestesico (tatto, gusto e olfatto, ovvero l'insieme delle sensazioni corporee). I tre sistemi possono, a loro volta, essere divisi in: esterno e interno. In particolare, il sistema visivo esterno ci consente di osservare ciò che ci circonda, il sistema visivo interno ci permette di ricordare o immaginare cose, visualizzandole mentalmente. Lo stesso discorso vale per il sistema auditivo e per quello cinestesico. In ciascuno di noi esiste la prevalenza di uno dei tre sistemi sensoriali, rispetto agli altri due. Ora, se è facile capire quale via di ingresso utilizziamo se siamo ad un concerto, o visitiamo una mostra di quadri, o apprezziamo un buon vino, è meno immediato sapere quale dei tre tendiamo, generalmente, ad usare di più. È evidente che la conoscenza di questo particolare può consentirci di avere uno strumento importante perché una nostra azione di convincimento abbia successo. Per individuare quale sistema sensoriale sia prevalente in un nostro interlocutore possiamo utilizzare la cosiddetta griglia multisensoriale, uno strumento che consente di incrociare i sistemi sensoriali con i linguaggi verbale (V), paraverbale (PV) e non verbale (NV). Per la griglia si rimanda a Comunico, quindi esisto.
In base alla griglia multisensoriale possiamo stabilire con quale sistema sensoriale l'interlocutore accede alle esperienze che ci sta raccontando verbalmente; questa scoperta ci può essere di grande aiuto al fine di indirizzare il nostro messaggio nel canale sensoriale privilegiato dall'altro. Un'altra tecnica spesso utilizzata dagli psicologi per individuare il canale sensoriale di una persona è l'analisi dei micromovimenti che gli occhi compiono durante il colloquio; la tecnica del Lateral Eyes Movements ci dice molte cose sul sistema di rappresentazione utilizzato dal nostro interlocutore. A seconda della direzione che assume lo sguardo di chi ci sta di fronte possiamo stabilire con quale sensorialità egli accede alle esperienze che ci sta raccontando.
Visivo costruito. Occhi rivolti in alto a sinistra (per chi osserva): l'interlocutore sta costruendo un'immagine mai vista, stimolato dall'emisfero sinistro del cervello.
Visivo ricordato. Occhi rivolti in alto a destra: tale movimento stimola immagini di fatti accaduti e presenti nell'emisfero destro.
Auditivo costruito. Occhi rivolti a sinistra (per chi osserva): il movimento indica l'elaborazione mentale di un suono mai udito.
Auditivo ricordato. Occhi rivolti a destra: il soggetto sta rammentando voci e suoni già uditi. L'accesso auditivo è all'emisfero destro.
Cinestesico. Occhi rivolti in basso a sinistra (per chi osserva): il soggetto sta ricordando o vivendo emozioni.
Auditivo digitale. Occhi rivolti in basso a destra: il soggetto sta parlando a se stesso, ha in corso un dialogo interiore.

Una volta che abbiamo acquisito le caratteristiche motivazionali ed operazionali del nostro interlocutore, adottando la tattica della calibrazione dobbiamo entrare in sintonia con lui e far sì che anche lui entri in sintonia con noi; saremo così in grado di realizzare una comunicazione risonante, grazie alla quale, sarà più facile riuscire a convincere l'interlocutore a creare valore insieme.

La forza suggestiva della parola
Abbiamo parlato, nei paragrafi precedenti del potere suggestivo della parola e di come questa possa influenzare gli stati mentali degli interlocutori. Facciamo un esempio. Supponiamo che l'AD di un'impresa chiami il responsabile della ReS e gli faccia questo discorso:
«Dottor Bianchi l'ho fatta chiamare perché ritengo che la situazione della sua divisione sia poco brillante. L'analisi costi benefici è negativa e gli obiettivi che ci eravamo fissati sono ancora lontani».
Queste parole faranno nascere nel dottor Bianchi sensi di frustrazione, di delusione, di preoccupazione, di rancore per il mancato riconoscimento di ciò che di positivo è stato fatto; l'atteggiamento mentale e quello psicologico saranno orientati alla negatività.
Se l'AD di quell'impresa non mira alle dimissione del collaboratore, ma all'affermazione dell'esistenza di problemi nell'ambito della ReS, l'approccio linguistico è errato e può essere fonte di ulteriori problemi.
Supponiamo che l'AD esprima lo stesso concetto con parole diverse come:
«Dottor Bianchi l'ho fatta chiamare per discutere con lei dei problemi della sua divisione. Non ritengo giusto che se ne prenda tutto l'onere vediamo di trovare insieme una soluzione, come abbiamo già fatto in altre occasioni che hanno portato ad ottimi risultati».
Queste parole, che esprimono sempre il concetto dell'esistenza di problemi nella divisione di Bianchi, non sminuiscono o mettono in discussione, però, le capacità professionali del collaboratore e lo corroborano grazie all'offerta di possibili sostegni all'interno dell'impresa; l'atteggiamento mentale e quello psicologico di Bianchi saranno orientati alla positività.
Dobbiamo tener sempre presente che le parole sono "pesanti" e che ogniqualvolta pronunciamo una parola produciamo, più o meno inconsapevolmente, una suggestione con risvolti di positività o di negatività. Molte persone non si rendono conto di quanto le parole siano "pesanti", fanno apprezzamenti o sarcasmi che pensano durino il tempo per farli, ma non è così; le parole lasciano sempre una traccia nel rapporto interpersonale e spesso dànno luogo a processi o trasformazioni relazionali irreversibili. Rifacendoci alle considerazioni fatte in un prededente capitolo possiamo individuare, ad esempio, le parole a valenza negativa nel corso delle tre fasi del rapporto relazionale ivi descritto.
Presa di contato.
Vanno evitate le espressioni del tipo.
"Le rubo solo una decina di minuti".
Il termine rubo ci mette in condizioni di inferiorità e dà una sensazione negativa di tempo perso perché rubato.
"Non le farò perdere del tempo".
Anche in questo caso ci mettiamo in una condizione di inferiorità, definendo poco importanti e non degne del tempo necessario le cose che vogliamo dire.
"Non voglio essere noioso".
Mette l'interlocutore in una posizione di allerta perché lo porta al sospetto che quello che abbiamo da dire sia poco interessante e che questa nostra preoccupazione traspaia dalle nostre parole.
"Voglio essere onesto".
A livello di sensazione potrebbe sorgere il sospetto di un possibile inganno celato.
Se le parole a valenza suggestiva negativa del primo contatto portano ad un approccio negativo del rapporto, le parole a valenza negativa per le fasi due e tre sono un modo per continuare e chiudere male la comunicazione. Ne sono esempi frasi come.
"Credo di non sbagliare".
È una frase a forte suggestione negativa perché ad essa può seguire la sensazione di incertezza e insicurezza delle nostre affermazioni.
"Potremmo avere dei problemi".
L'affermazione "avere problemi" va assolutamente evitata perché la nostra funzione è quella di eliminare dei problemi non di dare la sensazione che potremmo farne nascere di nuovi.
"In caso di difficoltà in ….".
Anche la parola difficoltà, come carenze, sbagli, ostacoli evoca sensazioni e suggestioni negative e fanno di noi una persona poco gradevole, noiosa e pessimista.
"Speriamo di riuscire". "Forse arriviamo fino in fondo".
Le frasi che contengono una valenza di dubbio indeboliscono il nostro discorso perché insinuano l'idea di insicurezza.
"Io ritengo di poter sostenere".
L'uso del pronome io denuncia un
ego infantile, da persona insicura che si difende esaltando, per compensazione, la propria identità; l'uso reiterato dell'io genera disagio, fastidio, antipatia e, pertanto, crea una barriera con il nostro interlocutore.
"Potrei, vorrei, farei".
L'uso di questi condizionali denuncia una incongruenza tra ciò che stiamo dicendo e ciò che in realtà vogliamo e possiamo fare.

Se impariamo a evitare le parole a valenza suggestiva negativa dobbiamo, d'altra parte, rafforzare la nostra capacità comunicativa con parole a valenza positiva.
L'uso del noi.
Abbiamo visto che il pronome io ha effetti deleteri ai fini della comunicazione; dobbiamo, invece, usare ampiamente il pronome noi e l'aggettivo nostro. Questi hanno una forte carica di appartenenza, armonia, spirito di squadra, solidarietà.
Uso del presente e del futuro.
Abbiamo detto della negatività dei condizionali e delle frasi a valenza di dubbio. Il presente e il futuro "Le mostro", "Domani le invierò", "Insieme possiamo" trasmettono, invece, una suggestione di efficienza e di tempestività. Le parole a valenza positiva.
Crescita, sviluppo, accelerazione, opportunità, innovazione, valore, profitto, obiettivi comuni, soluzioni devono entrare frequentemente nel nostro discorso. «Per la regola dei vasi comunicanti se ci serviamo, volutamente, di parole a valenza suggestiva positiva influenziamo noi stessi e chi ci ascolta in modo beneficamente produttivo» e creiamo una risonanza concreta, rispetto alla possibilità di creare valore insieme.
Le parole chiave.
Ognuno di noi è incline a usare alcune parole in modo ricorrente, quelle che negli Usa chiamano le hot words, parole, ereditate dai genitori, dalla scuola, da un amico, da una persona amata, che hanno, generalmente, una forte carica affettiva. Se durante un colloquio riusciamo ad individuare le parole chiave dell'interlocutore e ad usarle anche noi, in modo appropriato, riusciremo a creare un piacevole senso di appartenenza allo stesso vissuto emozionale e quindi una risonanza emotiva. Vanno, invece accuratamente, evitate quelle parole che ripetute dal nostro interlocutore in modo eccessivo, e spesso avulso dal discorso, rivelano un ossessivo tic linguistico.

Per il precedente articolo clicca QUI.

Eugenio Caruso
19 novembre 2011

Tratto, parzialmente, da E. Caruso Comunico quindi esisto Tecniche Nuove 2005

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