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Energia dalle biomasse


Troveremo un modo o lo creeremo.

Annibale


Le biomasse costituiscono una fonte energetica rinnovabile, il cui ruolo potrebbe essere determinante per il raggiungimento degli obiettivi del protocollo di Kyoto e per il rispetto degli impegni assunti dall’Italia, a partire dal Piano nazionale d’azione per le energie rinnovabili, che prevede la definizione del contributo delle varie fonti per conseguire gli obiettivi stabiliti in ambito comunitario per il 2020, ossia 17% di produzione da fonti energetiche rinnovabili sul consumo totale di energia e 10% sul consumo totale di carburanti.
Per quanto riguarda le biomasse è previsto, sempre al 2020, un obiettivo di 18.8 TWh di energia elettrica e 5,7 Mtep di energia termica.
La direttiva comunitaria n. 28 del 2009, in materia di promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, definisce come biomassa la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dai prodotti agricoli, dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani (la cosiddetta frazione umida). Le biomasse da prodotti agricoli sono considerate rinnovabili non inquinanti perché utilizzano, come carburante, appunto prodotti agricoli e non sono considerati inquinanti (dal punto di vista dell’effetto serra) perché la quantità di CO2 che si sprigiona dalla combustione è considerata equivalente alla quantità di CO2 che la coltivazione della biomassa assorbe nella fase di crescita.
Il principio di funzionamento delle centrali alimentate a biomasse si basa sulla conversione dell’energia termica, ottenuta con la combustione della biomassa, in energia meccanica e successivamente in energia elettrica. Con opportuni trattamenti la biomassa può essere trasformata in un altro combustibile, il biogas. Il biogas – costituito prevalentemente da metano e da CO – nasce dalla fermentazione anaerobica di materiale organico di origine animale e vegetale e la normativa individua la molteplicità di matrici organiche da cui può essere prodotto: rifiuti conferiti in discarica o frazione organica dei rifiuti urbani, fanghi di depurazione, deiezioni animali, scarti di macellazione, scarti organici agroindustriali, residui colturali, colture energetiche.
I combustibili di origine biologica possono trovarsi anche allo stato liquido e sono distinti, in bioliquidi – combustibili liquidi per scopi energetici diversi dal trasporto, compresi l’elettricità, il riscaldamento e il raffreddamento - e in biocarburanti, carburanti liquidi o gassosi per i trasporti.
Molto usato, come biocombustibile solido è il cippato proveniente dagli sfalci, dai residui delle falegnamerie o da coltivazioni realizzate ad hoc come le short rotation forestry. Short Rotation Forestry, letteralmente selvicoltura a turno breve ma più correttamente cedui da biomassa è un termine con il quale si intende la coltivazione, ad elevata densità, di specie arboree caratterizzate da rapidità di crescita che vengono ceduate ad intervalli frequenti per la produzione di cippato, da destinare prevalentemente alla trasformazione energetica. In Italia i cedui da biomassa sono di recente introduzione (anni '80) e, attualmente, copre una superficie di 6.000 ettari. I turni di ceduazione più frequenti sono il biennale e il quinquennale, le specie impiegate sono il pioppo, il salice e la robinia.
Negli ultimi anni si è assistito a un consistente sviluppo di queste fonti energetiche rinnovabili, anche grazie ai meccanismi incentivanti introdotti con recenti disposizioni normative, come il Dlgs 28/2011 (Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili); molte imprese integrano il loro core business con la produzione di energie rinnovabili.
Appare evidente la necessità di promuovere e valorizzare forme di produzione dell’energia che utilizzino sostanze di origine biologica, in modo da ridurre il consumo di combustibili fossili e l’emissione di gas climalteranti, ma senza dare vita a effetti distorsivi per le imprese agricole o addirittura inefficaci per quanto riguarda il saldo delle emissioni.
Tra le energie rinnovabili da biomassa, il biogas sembra rappresentare un’apprezzabile potenzialità per alcune intrinseche caratteristiche positive della sua filiera:
- l’elevata intensità di lavoro che è in grado di produrre
- l’utilizzo prevalente di biomasse prodotte dalle imprese agricole
- la valorizzazione di parametri come l’efficienza e il riciclaggio di gran parte degli scarti della produzione agricola e zootecnica
- l’agevole delocalizzazione degli impianti in prossimità dei luoghi di produzione delle biomasse, con la contestuale riduzione dei costi (economici e ambientali) del trasporto delle biomasse stesse
- possibile utilizzo in ambito cogenerativo.
Tra le criticità emerse nella diffusione delle agroenergie si sottolineano:
- la realizzazione di impianti di medie e grandi dimensioni comporta un aumento della distanza coperta dai materiali necessari per il funzionamento degli impianti, con conseguente incremento della mobilità di mezzi pesanti e del relativo impatto ambientale, inoltre le emissioni di polveri e ossidi di azoto sono significative e quindi particolarmente impattanti in zone agricole
- il pericolo di aumento del costo dei terreni dedicati alle colture alimentari, che – a causa delle distorsioni provocate dagli incentivi – possono diventare meno convenienti per gli agricoltori
- il pericolo che controlli insufficienti possano consentire funzionamenti impropri degli impianti potenzialmente inquinanti.
Una delle principali preoccupazioni riguarda il pericolo di trasformazione delle colture agricole attualmente destinate all’alimentazione umana e alla zootecnia in colture finalizzate alla produzione di energia , con immaginabili alterazioni del mercato dei prodotti agricoli e zootecnici, rischiando di trasformare la finalità originaria delle agroenergie – di attività integrativa del reddito in agricoltura – in attività sostitutiva dell’agricoltura. E’ auspicabile promuovere la realizzazione di impianti che siano compatibili con le esigenze di vivibilità dei territori, con la salvaguardia delle produzioni agricole, stabilendo criteri per lo sfruttamento prevalente delle biomasse locali; in particolare sarebbe opportuno prevedere meccanismi disincentivanti per l’importazione di materiale dall’estero e, in maniera diversa, l’impiego di colture dedicate; bisogna altresì favorire le biomasse da rifiuti, da scarti agricoli, del verde urbano e forestali, premiando l’efficienza energetica del ciclo e la filiera corta.
Sono necessari alcuni correttivi all’attuale sistema, per garantire uno sviluppo sostenibile delle filiere agroenergetiche; in particolare sono necessari:
- la riduzione degli oneri a carico dei consumatori, con razionalizzazione e progressiva riduzione delle tariffe
- efficacia ed efficienza degli incentivi
- sviluppo di filiere industriali, corte e comunque circoscritte al territorio nazionale
- tutela del paesaggio
- controllo del consumo dei terreni agricoli
- contenimento dell’aumento dei prezzi delle derrate alimentari e degli affitti dei terreni agricoli
- corretto inserimento degli impianti nel tessuto urbanistico e rurale in rapporto alle caratteristiche tecniche e di produzione energetica, tenendo in adeguata considerazione l’impatto sul traffico stradale, sia per quanto riguarda le emissioni inquinanti e i problemi di congestione, sia per quanto riguarda l’inquinamento acustico della zona.
A tal proposito è necessario che il governo emani provvedimenti che consentano al sistema degli enti locali di regolamentare la localizzazione degli impianti di piccole dimensioni, fornendo gli strumenti urbanistici e autorizzativi adeguati per programmare, a livello di territorio, il settore delle agroenergie, con l’obiettivo di incentivarne l’utilizzo e le connesse potenzialità in termini di green economy e, contemporaneamente, di salvaguardare il paesaggio agrario e l’equilibrio urbanistico, evitando distorsioni di mercato che potrebbero minarne le reali possibilità di sviluppo. E’ inoltre necessario rivedere e razionalizzare il sistema degli incentivi per gli impianti a biomasse in modo da differenziarli sulla base dell’efficienza energetica dell’impianto, con l’obiettivo di sfruttare innanzitutto le risorse locali nel rispetto della vocazione agricola del territorio, premiando la virtuosità della filiera e dell’efficienza energetica di tutto il ciclo. Occorre poi provvedere a uniformare la legislazione relativa al ciclo integrato dei rifiuti per facilitare l’utilizzo del materiale organico, presente nel rifiuto o come effluente di processi industriali, quale substrato ideale per la produzione di energia attraverso combustione diretta e produzione di biogas.

Eugenio Caruso

9 agosto 2012


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Tratto da

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www.impresaoggi.com