Il peggio che può capitare a un genio è di essere compreso
Ennio Flaiano
Le specie alloctone invasive sono specie animali o vegetali introdotte in aree diverse da quelle di origine, dove possono provocare profonde alterazioni ecologiche e la conseguente estinzione di specie locali. Il problema delle invasioni biologiche rappresenta la seconda causa di riduzione della biodiversità, ed è riconosciuto a livello internazionale dalla Convenzione di Berna (1979), dalle linee guida della Iucn (International Union for Conservation of Nature, 2000) e dalla Convenzione sulla biodiversità (1992) che raccomanda di “prevenire l’introduzione di specie aliene, controllarle eradicarle, in quanto costituiscono una minaccia agli ecosistemi, agli habitat e alle specie”.
Il gambero rosso della Louisiana (Procambarus clarkii), originario degli Stati Uniti centro-meridionali e del Messico nord-orientale, è un esempio di specie alloctona invasiva ed è stato studiato dall’ARPA dell’Emilia Romagna.
Dalla seconda metà del secolo scorso è stato introdotto a scopo commerciale in quasi tutto il pianeta:in Italia dal 1989 in Piemonte e in Toscana; attualmente è diffuso in gran parte delle regioni settentrionali e centrali. La maturità sessuale precoce, l’elevata fecondità, l’alimentazione generalista e la plasticità del ciclo biologico rendono P. clarkii una specie molto invasiva essa colonizza ogni tipo di ambiente acquatico, incluse le acque salmastre e asfittiche. I gamberi adulti consumano macrofite e predano invertebrati, anfibi e pesci. L’attività di scavo delle tane aumenta la torbidità delle acque, riducendo la produttività primaria e, inoltre, provoca il crollo degli argini dei corsi d’acqua incrementando i costi annuali per la loro manutenzione. Le coltivazioni di riso sono danneggiate dal consumo di germogli e plantule. È dannoso per la salute umana, in quanto accumula nell’organismo metalli pesanti e tossine algali (sostanze tossiche prodotte da alghe unicellulari, dinoflagellati, diatomee, sia in acqua dolce che salata, anche se non è ancora noto il ruolo di queste molecole nel metabolismo delle alghe) ed è veicolo di malattie infettive come la tularemia. Riduce la consistenza delle popolazioni di gamberi indigeni in quanto è vettore dell’oomicete Aphanomyces astaci, agente eziologico della peste del gambero.
Nel territorio del Consorzio di bonifica dell’Emilia Centrale , P. clarkii è stato segnalato per la prima volta nel 1998; dopo quattro anni, la specie risultava presente in tutti i corsi d’acqua. Dati gli ingenti danni provocati dalla specie, la Direzione del Consorzio ha intrapreso una serie di azioni di controllo nell’ambito del progetto Tecniche di controllo del gambero invasivo Procambarus clarkii nel Consorzio di Bonifica dell’Emilia Centrale.
Nel corso del progetto (2007-2010) sono state sperimentate diverse tecniche di controllo, per ciascuna delle quali sono stati valutati i risultati raggiunti e la possibilità di applicazione su larga scala.
Trappolaggio intensivo. Prevede la cattura dei gamberi tramite nasse con esca, che possono essere utilizzate in vaste aree e per lunghi periodi. Questo metodo permette un efficace controllo della popolazione con una minima pericolosità per l’habitat. Sfortunatamente i costi in termini di tempo
e personale dedicato sono elevati, mentre i risultati ottenuti sono solo temporanei; una volta interrotto il trappolaggio, infatti, la popolazione cresce nuovamente in breve tempo. Nel corso di tre anni di lavoro sono stati rimossi 53.941 gamberi in 6 canali.n
Tecnica SMRT (Sterile Male Release Technique). Questa tecnica prevede il rilascio nell’ambiente di maschi sterili. Non necessita di una frequente e costosa attività sul territorio, ma si limita a un’eventuale ripetizione dei rilasci di un adeguato numero di maschi sterili. I gamberi vengono sterilizzati mediante l’uso di radiazioni ionizzanti che colpiscono le gonadi maschili. I maschi sterili mantengono la stessa capacità di corteggiamento dei soggetti non trattati e di conseguenza, se una femmina si accoppia con un maschio sterile, deporrà uova destinate a non essere fecondate; dato che i maschi sterili sopravvivono per più stagioni riproduttive, ogni anno la popolazione subirà una progressiva riduzione della sua dimensione totale.
Uso di biocidi: il Pyblast. Il vantaggio nell’utilizzo di Pyblast è legato alla sua componente attiva, la piretrina, che decade completamente alla luce solare e presenta una tossicità bassa per mammiferi e uccelli e nulla per le piante. Tuttavia, come tutti i biocidi, non è specie-specifico e, pertanto, colpisce anche altri organismi acquatici. Per limitare i danni all’ambiente, è stata individuata una concentrazione che consente la massima mortalità dei gamberi con l’impiego della minima quantità di prodotto. Tale concentrazione, pari a 0.05 mg/l, è stata inserita in tratti sperimentali del canale Pia Est Naviglio dove ha determinato una mortalità del 95% dei gamberi nei primi due giorni decadendo completamente in 72 ore dall’applicazione.
Immissione di predatori indigeni: l’anguilla (Anguilla anguilla). L’immissione nei canali dell’anguilla può contribuire alla riduzione delle popolazioni di gamberi invasivi. Tuttavia, il rilascio di anguille nei canali Mandriolo e Pia Est Naviglio ha avuto una scarsa efficacia, probabilmente perché le anguille erano in numero troppo basso e hanno agito per un periodo troppo breve, oppure perché la loro attività predatoria è stata influenzata negativamente da un habitat non idoneo.
Nel Consorzio sono comunque presenti diverse specie di pesci e di uccelli che predano il gambero e possono quindi favorirne il controllo. La tutela delle specie ittiche dovrebbe prevedere: una riduzione della pesca nei periodi di attività del gambero; il mantenimento di un livello idrico che consenta la sopravvivenza dei pesci durante tutto l’anno (deflusso minimo vitale); la realizzazione di opere di
ripristino ambientale propedeutiche alla reintroduzione di pesci indigeni. Per gli uccelli predatori, soprattutto gli ardeidi, è necessario ripristinare gli ambienti idonei alla loro riproduzione per favorirne la permanenza.
L’ampia diffusione del gambero ne rende difficile l’eradicazione, ma è tuttavia possibile intraprendere azioni di controllo della popolazione nei siti di interesse o laddove la specie sia presente in densità troppo elevate. Il controllo permette di mantenere una popolazione sotto i livelli di rischio per l’ambiente, la produttività e la salute dell’uomo. La Direzione del Consorzio, d’intesa con l’Università di Firenze, ha disposto un piano di azione (PA) per una corretta programmazione degli interventi sul territorio. Il PA rappresenta uno strumento gestionale sviluppato sulla base dei risultati di tre anni di ricerche e monitoraggi, che contiene tutte le informazioni necessarie per il controllo della specie, ovvero tempistiche, costi di realizzazione e indicazioni sulle tecniche da applicare in relazione al contesto ambientale.
Questo studio mostra come basti poco, come l’introduzione di una specie alloctona, per provocare gravi danni all’ambiente.
Tratto da ECOSCIENZA del marzo 2012
Gambero rosso della Luisiana.
14 agosto 2012
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Tratto da