La dignità non consiste nel possedere onori, ma nella coscienza di meritarli.
Aristotele
INDICE
Presentazione
La valutazione del rischio
Le norme di legge
A. Gli attori della prevenzione
1. Il datore di lavoro
2. I Dirigenti e i Preposti
3. l lavoratore
4. Il servizio di prevenzione e protezione
5. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
6. Il medico competente
B. Gli strumenti della prevenzione
1. La valutazione dei rischi
2. La sorveglianza sanitaria
3. L'informazione e la formazione
Primo Soccorso
C. I Rischi
1. Il rischio amianto
2. Il rischio biologico
3. Le radiazioni ionizzanti
4. Il rischio chimico
5. Il rischio elettrico
6. Gli anestetici
7. Movimentazione manuale dei carichi
8. Il rumore
9. Le atmosfere esplosive
10. Le radiazioni ottiche artificiali
11. Altri rischi
La prevenzione degli incendi
Uso delle attrezzature munite di videoterminali
Dispositivi di protezione individuali (DPI)
Sicurezza in ufficio
Stress legato all'attività lavorativa
Informazione per le lavoratrici gestanti
PRESENTAZIONE
La valutazione del rischio.
La valutazione del rischio è lo strumento fondamentale che permette al datore di lavoro di individuare le misure di prevenzione e di pianificarne l’attuazione, il miglioramento ed il controllo al fine di verificarne l’efficacia e l’efficienza. In tale contesto si potrà confermare le misure di sicurezza già in atto o apportare delle modifiche al fine di migliorarle in relazione alle innovazioni di carattere tecnico e/o organizzativo introdotte in materia di sicurezza. La valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza assume un'importanza fondamentale tra le misure generali di tutela costituendo il presupposto dell’intero sistema di prevenzione. Il datore di lavoro (vedi la definizione in seguito) deve valutare nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti i gruppi dei lavoratori esposti a rischi particolari. La valutazione del rischio deve dunque riguardare tutti i rischi, secondo le modifiche introdotte dalla comunità Europea e deve, di conseguenza, tradursi in un documento contenente :
1. una relazione sulla valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute durante il lavoro, nella quale sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;
2. l’individuazione delle misure di protezione e prevenzione e dei dispositivi di protezione individuale;
3. il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza.
Attraverso la valutazione del rischio si possono delineare gli interventi necessari per eliminare o/e ridurre al minimo il possibile potenziale di danno. (prevenzione attiva e passiva e protezione dei lavoratori.
Seguendo le linee di lavoro suggerite dal D.Lgs. 81/2008 sono possibili le seguenti azioni:
- eliminazione del pericolo
- codificazione delle circostanze e delle cause che determinano le situazioni di pericolo che non possono essere eliminate al fine di poterle controllare e poter prevenire il potenziale di rischio
- eliminazione del danno e/o sua riduzione a bassi valori di gravità.
Una volta individuato un determinato pericolo e i relativi rischi connessi, bisogna individuare tutte le misure necessarie atte a prevenire il verificarsi di un determinato evento e/o modificarne le cause. Esse possono suddividersi in misure di prevenzione tecnologica (attrezzature, protezioni collettive) e misure di prevenzione organizzativa (informazione e formazione dei lavoratori, redazione di documentazione). Nelle misure di prevenzione è importante, inoltre , considerare la presenza di differenti organizzazioni lavorative all’interno di un medesimo ambiente di lavoro.
La finalità principale della valutazione del rischio è quella di determinare se le misure di prevenzione adottate siano adeguate o meno, in modo tale da controllare i rischi prima che si verifichi il danno. Al fine di ottenere una completa valutazione del rischio è necessario utilizzare un approccio partecipativo, vale a dire coinvolgere il personale nel rilevare e comprendere le problematiche presenti nell’ambiente di lavoro e poter poi attuare delle migliorie a livello di sicurezza e salute per il lavoratore e la struttura lavorativa interessata.
Il D. lgs. 626/94, recependo la Direttiva quadro 391/89 della Comunità Europea, riguardante il miglioramento della sicurezza e salute sui luoghi di lavoro, rivoluziona le logiche e i principi della precedente legislazione in materia. Infatti, la sicurezza sui luoghi di lavoro non è più vista solo in funzione di macchine/impianti e/o della rispondenza degli ambienti ai requisiti previsti dalle prescritte normative vigenti. Tutto il personale, anche se con ruoli e responsabilità diverse, partecipa in prima persona al perseguimento dell'obiettivo comune di innalzare i livelli di sicurezza nell'ambiente di lavoro cosicché anche i lavoratori, tradizionalmente considerati soggetti passivi da "tutelare", hanno un ruolo attivo. Tale ruolo si esplica attraverso una partecipazione diretta all'organizzazione del sistema della prevenzione aziendale. E' necessario cogliere l'opportunità data dalla 626/94 per recuperare la consapevolezza che la lotta al rischio deve essere condotta attraverso la collaborazione di tutte le parti interessate e che, per poterla efficacemente affrontare, occorre soprattutto una continua opera di sensibilizzazione "informazione – formazione - istruzione – addestramento, che fonda le sue radici in una cultura di tipo partecipativo". E’ importante essere consapevoli che senza collaborazione reciproca, non può esservi sviluppo di nessuna forma di tutela efficace.
LE NORME DI LEGGE
Costituzione della Repubblica italiana
Art. 32 "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo ed interesse della collettività (omissis)".
Art. 35 "La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni (omissis)".
Art. 38 "I lavoratori hanno diritto che siano provveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio (omissis)".
Art. 41 "L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana (omissis)".
Codice civile
Art. 2087 "L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, le esperienze e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro".
Statuto dei lavoratori
"I lavoratori, mediante le loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l'elaborazione e l'attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica".
Codice penale
DPR 547/55 Norme generali per la prevenzione degli infortuni. Importante decreto impostato sulla prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro. Si occupa di impianti in genere, dei macchinari, degli ambienti di lavoro e dell'organizzazione della sicurezza, in particolar modo sui comportamenti e le segnalazioni di pericolo. Alcuni articoli hanno subito modifiche ed aggiornamenti con decreti successivi (vedi, ad esempio, i D.Lgs. 626/94 e 242/96).
DPR 303/56 Norme generali per l'igiene del lavoro. Contiene disposizioni relative ad ambienti di lavoro, difesa dagli agenti nocivi, servizi sanitari, servizi igienico-assistenziali, nuovi impianti. Alcuni articoli hanno subito modifiche ed aggiornamenti con decreti successivi (vedi, ad esempio, i D.Lgs. 626/94, 242/96 e 25/2002).
D.Lgs. 277/91 Attuazione di direttive CEE in materia di protezione dei lavoratori Contiene prescrizioni riguardo la protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro (alcune disposizioni riguardanti il piombo sono state modificate dal decreto legislativo 25/2002).
D.Lgs. 626/94 Attuazione di direttive CEE in materia di protezione dei lavoratori Introduce importanti novità concernenti la sicurezza e la tutela della salute dei lavoratori, tra cui la figura del “rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”, l’obbligo per il datore di lavoro di elaborare un documento contenente la “valutazione dei rischi”, l’individuazione delle misure di prevenzione necessarie in base alle norme di legge, l’individuazione delle situazioni di rischio e la predisposizione di un programma di informazione e formazione dei lavoratori.
D.Lgs. 758/94 Modifica la disciplina sanzionatoria in materia di lavoro.
D.Lgs. 242/96 Modifica ed integra il Decreto Legislativo 626/94, recante attuazione di direttive comunitarie riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul luogo di lavoro. Di particolare rilievo appare l’estensione della applicabilità del decreto alla totalità dei luoghi di lavoro (anche quindi ai servizi pubblici). Ha introdotto i commi 4/bis e 4/ter nell’art. 1 che impongono l’obbligo di osservare le disposizioni del decreto ai datori di lavoro, ai dirigenti e ai preposti e precisando quegli adempimenti che il datore di lavoro non può delegare.
D.Lgs. 493/96 Contiene le prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o salute sul luogo di lavoro.
D.Lgs. 645/96 Contiene prescrizioni sul miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo d'allattamento. (Integrato dalla legge 53/2000 e in parte dal Testo Unico – D. Lgs. 151/2001).
D.M. 5 agosto 1998 n. 363. Regolamento recante norme per l'individuazione delle particolari esigenze delle università e degli istituti di istruzione universitaria. E' stato il primo regolamento emanato ai sensi dell'art. 1. co. 2 del D. Lgs. 626/94, a introdurre una disciplina complessa e articolata che si discosta da quella generale. Il principale problema che il decreto tenta di affrontare è quello della ripartizione delle responsabilità in ordine alla prevenzione e alla sicurezza fra tutti i numerosi soggetti chiamati a partecipare dei poteri organizzativi e direttivi all'interno dell'Università. Il provvedimento parte da una effettiva esigenza specifica che è quella di tener conto dell'autonomia finanziaria oltre che della didattica e della ricerca di cui godono le varie strutture organizzative universitarie. Il regolamento aggiunge l'inedita figura del responsabile di laboratorio.
D.M. 10/03/1998 Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro.
D.Lgs. 25/02 Introduce il concetto di rischio "moderato" e ne "affida" la gestione al datore di lavoro; modifica alcuni aspetti dell'attuale sistema di sorveglianza sanitaria rispetto al rischio chimico, facendo sparire tabelle predefinite e periodicità prefissate.
Circolare del Ministero della Sanità 28 marzo 2001, n.4 Interpretazione ed applicazione delle leggi vigenti in materia di divieto di fumo (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 85 del 11 aprile 2001).Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la circolare contro il fumo passivo del Ministero della sanità, che specifica l'elenco dei luoghi in cui è vietato fumare e le sanzioni previste. È disponibile un modulo con cui i cittadini possono far presente eventuali violazioni e veder tutelati i propri diritti. Il ministro ha chiesto ai direttori delle Asl e degli ospedali di valutare l'opportunità di costituirsi parte civile nei procedimenti penali per reati connessi a comportamenti dannosi per la salute pubblica a causa del fumo.
Legge 16 gennaio 2003, n.3 Contiene disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione. In particolare l’art. 51 tratta la tutela della salute dei non fumatori.
D.P.C.M. 23 dicembre 2003 Regolamento di attuazione dell’art. 51, comma 2 della Legge 16 gennaio 2003, n° 306, in materia di “tutela della salute dei non fumatori”.
D. Lgs. 81/2008 Il d.lgs 81/2008 è formato da 306 articoli, suddivisi nei seguenti titoli:
Titolo I - (art. 1-61) Principi comuni (Disposizioni generali, sistema istituzionale, gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro, disposizioni penali)
Titolo II (art. 62-68) Luoghi di lavoro (Disposizioni generali, Sanzioni)
Titolo III (art. 69-87) Uso delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale (Uso delle attrezzature di lavoro, uso dei dispositivi di protezione individuale, impianti e apparecchiature elettriche)
Titolo IV (art. 88-160) Cantieri temporanei o mobili (Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei e mobili, Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni e nei lavori in quota, sanzioni)
Titolo V (art. 161-166) Segnaletica di salute e sicurezza sul lavoro (Disposizioni generali, sanzioni)
Titolo VI (art. 167-171) Movimentazione manuale dei carichi (Disposizioni generali, sanzioni)
Titolo VII (art. 172-179) Attrezzature munite di videoterminali (Disposizioni generali, obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti, sanzioni)
Titolo VIII (art. 180-220) Agenti fisici (Disposizioni generali, protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore durante il lavoro, protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni, protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici, protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni ottiche, sanzioni)
Titolo IX (art. 221-265) Sostanze pericolose (protezione da agenti chimici, protezione da agenti cancerogeni e mutageni, protezione dai rischi connessi all’esposizione all’amianto, sanzioni)
Titolo X (art. 266-286) Esposizione ad agenti biologici (obblighi del datore di lavoro, sorveglianza sanitaria, sanzioni)
Titolo XI (art. 287-297) Protezione da atmosfere esplosive (disposizioni generali, obblighi del datore di lavoro, sanzioni)
Titolo XII (art. 298 - 303) Disposizioni diverse in materia penale e di procedura penale
Titolo XIII (art. 304 - 306) Disposizioni finali
A. GLI ATTORI DELLA PREVENZIONE
Il Decreto Legislativo 626/94 è la più completa normativa nel campo della sicurezza e dell'igiene del lavoro. In esso non solo vengono rielaborati alcuni concetti già in vigore, ma vengono introdotte nuove figure all'interno dell'impresa con compiti specifici sotto il profilo della prevenzione. Sono, di seguito, presentati gli "attori della prevenzione" ponendo in rilievo il loro ruolo nel campo della sicurezza.
1. Il datore di lavoro
Datore di lavoro è il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Questa figura ha una serie di compiti definiti NON DELEGABILI (per i quali non hanno effetto le procure, le deleghe di funzione o ogni altro istituto giuridico) e per i quali è l’unico e il solo responsabile. Il datore di lavoro ha inoltre una serie di altri obblighi (vedi per esempio art. 18 D.lgs 81/08) che possono essere delegati. Individuazione del datore di lavoro: può accadere che in un’organizzazione siano presenti più soggetti con pari poteri decisionali e di spesa. In questi casi, le responsabilità sono condivise: in caso di violazione di norme, ciascuno di questi soggetti è destinatario di una autonoma ed intera sanzione, come previsto per il reato commesso. Diventa quindi necessario INDIVIDUARE un unico soggetto titolare di prerogative ed obblighi in materia di sicurezza del lavoro. Si ricorre, in questi casi, all’individuazione del datore di lavoro: un soggetto viene investito di tutti i poteri decisionali e di spesa, a scapito degli altri soggetti che, pur rimanendo plenipotenziari per ogni altro aspetto, non hanno più alcun ruolo nelle decisioni e nell’organizzazione della sicurezza in azienda.
2. I dirigenti preposti
Il dirigente è colui che, ha il compito di sovrintendere all’organizzazione dell’azienda o di dirigere in particolare, uffici, reparti, settori. Opera in certi casi come "l'alter ego" del datore di lavoro. Per svolgere tali funzioni gli vengono delegati poteri di autonomia gestionale e funzionale, cui corrisponde un elevato grado di responsabilità. Al dirigente competono precise responsabilità decisionali in considerazione dell’autonomia e dei poteri effettivamente svolti. Il dirigente deve impartire ordini, il più possibile analitici, per la migliore effettuazione del lavoro. Il dirigente deve poi vigilare in concreto sul rispetto di tali disposizioni da parte dei preposti e dei lavoratori. Il preposto, è il capo-squadra, capo-reparto, ecc. E' il dipendente che, in posizione gerarchicamente subordinata rispetto al dirigente, ha compiti di sorveglianza e di controllo diretto dell'attività dei lavoratori. La vigilanza esercitata dal preposto riguarda essenzialmente gli sviluppi esecutivi dell'opera, la realizzazione cioè del programma di lavoro, così come è stato elaborato dai suoi superiori gerarchici, sulla base di criteri di massima, con i mezzi, le attrezzature e i presidi di sicurezza esistenti. Il preposto non ha il compito di adottare le necessarie misure di prevenzione, ma di fare osservare quelle che sono state disposte da altri (datori di lavoro e dirigenti). Ha il compito di controllare che il comportamento dei lavoratori, a causa di imprudenza o negligenza, possa provocare danni a sè o ad altri. La personale esperienza mi stimola a sottolineare che spesso il ruolo del preposto non è ben "digerito" e anzi, a volte il preposto stesso concorda con il lavoratore sulla manomissione dei sistemi di sicureza.
3. Il lavoratore
Ciascun lavoratore deve prendersi cura della propria sicurezza e della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni ed omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni ricevute e ai mezzi forniti dal datore di lavoro. Tra i vari compiti, i lavoratori devono:
a) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva ed individuale;
b) utilizzare correttamente i macchinari, le apparecchiatura e gli utensili, le sostanze ed i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto e le attrezzature di lavoro, nonché i dispositivi di sicurezza;
c) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a disposizione;
d) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto, le deficienze dei mezzi e dei dispositivi, nonché le altre eventuali condizioni di pericolo di cui si venga a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle proprie competenze e possibilità, per eliminare o ridurre tali deficienze o pericoli, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
e) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;
f) non compiere, di propria iniziativa, operazioni o manovre che possano compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;
g) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal medico competente;
h) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento di tutti gli obblighi imposti dall'autorità competente o comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute durante il lavoro;
i) mantenere il pavimento dei luoghi di lavoro e di passaggio in ordine; segnalare la presenza di eventuali sostanze che potrebbero renderlo scivoloso;
j) mantenere il posto di lavoro sempre in ordine e pulito, in quanto il disordine e l'ingombro possono provocare incidenti e, in ogni caso, ostacoli al movimento;
k) non occupare i percorsi di emergenza con materiali e oggetti;
l) non imbrattare o rendere poco visibili i cartelli di segnalazione dei percorsi di fuga;
m) non chiudere o impedire la libera apertura delle porte di emergenza;
n) usare le attrezzature igienico-sanitarie e segnalare eventuali disfunzioni; questo aiuta a prevenire malattie e rischi inutili;
o) rispettare i divieti e gli avvertimenti evidenziati dalla segnaletica esposta;
p) dare immediata comunicazione, ai diretti superiori, dell'infortunio eventualmente verificatosi, anche se non richiede particolari cure;
q) effettuare una pausa o un cambiamento di attività di 15 minuti ogni due ore di lavoro al videoterminale purchè non comporti un impegno alla visione ravvicinata continua, movimenti ripetitivi degli arti superiori o una postura assisa uguale a quella richiesta nell’attività al video terminale.
Poiché le attività presenti in azienda sono molteplici e quindi i rischi sono di natura diversa, si rende necessario che ogni lavoratore abbia un comportamento consapevole e un’attenzione diffusa maturata a seguito dei processi di informazione e formazione attuati dall’azienda.
Lavoratori designati per il primo soccorso, la prevenzione incendi e la gestione dell’emergenza (Artt 12 - 15). Sono i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di pronto soccorso e comunque di gestione delle emergenze. Il piano di emergenza di ogni struttura identifica le persone incaricate di sovrintendere e controllare l’attuazione delle procedure. Sono designati dal datore di lavoro e non possono rifiutare la designazione senza giustificato motivo. Devono ricevere una formazione adeguata.
4. Il servizio di prevenzione e protezione (SPP) – (Artt. 8-9)
E' l'insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali nell’impresa o nell’unità produttiva. Compiti del SPP sono di consulenza tecnica e collaborazione col datore di lavoro per l'individuazione dei rischi e delle misure tecniche, organizzative, procedurali, informative, formative, ecc., da attuare per tutelare la salute e sicurezza dei lavoratori. In particolare il SPP:
• Procede alla valutazione dei rischi ed alle successive fasi di individuazione delle misure da attuare e di pianificazione della loro attuazione
• Elabora le procedure di sicurezza
• Propone programmi di informazione e formazione dei lavoratori
• Partecipa alla consultazione dei lavoratori ed alle riunioni periodiche di cui all'art. 11 D. lgs 626/94
• Fornisce ai lavoratori l'informazione ai sensi dell'art. 21 D. Lgs. 626/94
• Collabora con gli altri attori aziendali della prevenzione.
Questa struttura è una novità importante cui tutte le imprese devono adeguarsi e che impone al datore di lavoro di avvalersi di tecnici qualificati (i quali devono “possedere attitudini e capacità adeguate”) cui affidare specifici compiti nell'individuazione delle misure di prevenzione.
Il decreto legislativo 195 del 2003 che modifica il Dlgs 626/94 introduce criteri precisi per lo svolgimento delle funzioni di addetto al SPP ed in particolare prevede per questa figura il possesso di un titolo di studio non inferiore al diploma di scuola media superiore e la partecipazione ad un corso di formazione specifico tenuti da enti autorizzato dal suddetto decreto. Inoltre per la figura responsabile del servizio (RSPP), è previsto, sempre in base ad Dlgs 195/03 che possieda oltre ai titoli di studio anche le partecipazioni a particolari corsi di formazione ancora in fase di definizione. Lo scopo primario di tale struttura è quello di promuovere, nel posto di lavoro, condizioni che garantiscano il più alto grado di qualità nella vita lavorativa, proteggendo la salute dei lavoratori, migliorando il loro benessere fisico, psichico, sociale e prevenendo malattie ed infortuni, fungendo da consulente specializzato del datore di lavoro su ciò che attiene a tutte le incombenze relative alla promozione e tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.
5. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (Artt. 18-19)
Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) è una delle nuove figure introdotte dal decreto “seiduesei”. Il legislatore italiano ha disciplinato la figura del RLS quale soggetto che partecipa al processo di gestione della sicurezza del luogo di lavoro attraverso la forma della consultazione da parte del datore di lavoro; tale consultazione deve avvenire sia preventivamente, nella procedura di valutazione del rischio, sia successivamente, nella verifica della sufficienza ed efficacia delle misure di prevenzione e protezione poste in atto. La legge ha disposto tra l'altro, a favore del RLS, il diritto di accesso ai luoghi di lavoro, il diritto a ricevere le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le relative misure di prevenzione (art. 19, comma 1 lettera e del d.lgs. 626/94) e la facoltà di ricorrere agli organi di vigilanza qualora non ritenga idonee le misure di prevenzione e di protezione adottate. Il RLS è poi compreso fra i soggetti attori della riunione periodica (art. 11 d.lgs 616/94). Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha la funzione di tutelare i diritti dei lavoratori e promuovere il miglioramento delle condizioni di lavoro. E’ eletto o designato per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro. Il numero minimo degli RLS, stabilito dalla legge, varia da 1 a 6, a seconda delle dimensioni dell'azienda. Egli:
• accede ai luoghi di lavoro;
• è consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi;
• è consultato sulla designazione degli addetti al servizio di prevenzione, all'attività di prevenzione incendi, al pronto soccorso, all'evacuazione dei lavoratori;
• è consultato in merito alla formazione di cui all'art. 22 c. 5 D. Lgs 626/94.
• riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti le sostanze ed i preparati pericolosi, le macchine, gli impianti, l'organizzazione e gli ambienti di lavoro, gli infortuni e le malattie professionali;
• riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
• riceve una formazione adeguata;
• promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori;
• formula osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti;
• partecipa alla riunione periodica sulla sicurezza;
• fa proposte in merito all'attività di prevenzione;
• avverte il responsabile dell'azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;
• può fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro ed i mezzi impiegati per attuarle non siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
La figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza rispetto alla normativa antecedente il D. Lgs. 626/94 è del tutto nuova e non va confusa con altre figure.
6. Il medico competente (Art. 17).
E' il professionista nominato dal datore di lavoro che deve effettuare le visite preventive e periodiche all’interno dell’Unità Produttiva, in relazione ai rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori allorché ne sia prevista obbligatoriamente la nomina. Deve effettuare la sorveglianza sanitaria sui lavoratori con l’obbligo del segreto ed il divieto di divulgazione e manipolazione dei dati cui viene in possesso per ragione del suo ufficio. Deve essere un medico di qualificata professionalità che assume un compito di primaria importanza all'interno dell'impresa. Al medico competente viene richiesta una prestazione professionale che non si esaurisce semplicemente nell'atto della visita medica, ma che deve estendersi sia al campo della prevenzione primaria, sia a quello della prevenzione secondaria. Il medico competente inoltre valuta i rischi per la salute e l’igiene degli ambienti di lavoro e partecipa all’attività di formazione e informazione dei lavoratori sui rischi specifici. Costituisce un punto di riferimento importante per i rls e per i lavoratori.
Il lavoratore è soggetto obbligato a sottoporsi agli accertamenti sanitari: infatti il suo rifiuto è sanzionato penalmente. Il Rls può avanzare delle richieste al medico competente tra cui informazioni sui rischi, oppure l’andamento dello stato di salute dei lavoratori in termini collettivi, o chiarimenti sui protocolli adottati per la sorveglianza sanitaria, ecc.
B. GLI STRUMENTI DELLA PREVENZIONE
1. La valutazione dei rischi (art. 4)
E' compito del Datore di lavoro analizzare e valutare i rischi presenti nel proprio ambiente lavorativo nell'interesse collettivo di tutela di persone. Le fasi di questa attività sono:
• Individuazione del rischio
• Valutazione del rischio
• Individuazione delle misure di sicurezza e di salubrità degli ambienti di lavoro
• Elaborazione delle misure preventive e protettive e i loro sistemi di controllo
• Elaborazione delle procedure di sicurezza per le diverse attività aziendali
• Attivazione di programmi di informazione e formazione dei lavoratori e di riunioni periodiche in materia di sicurezza e igiene del lavoro.
Nel caso in cui ci siano più di dieci dipendenti è necessario che la valutazione sia redatta tramite un Documento di Analisi e Valutazione che deve comprendere:
- una relazione sulla valutazione dei rischi nei vari ambienti o posti di lavoro, contenente anche i criteri adottati per la sua valutazione
- la descrizione delle misure di prevenzione e protezione adottate
- il programma degli interventi di prevenzione e protezione da attuare.
La valutazione dei rischi non è solo un adempimento burocratico ma ha anche lo scopo di "migliorare la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro". Il concetto di "prevenzione" dai rischi infatti è uno degli aspetti fondamentali della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. E' partendo dalla conoscenza dei rischi cui il lavoratore è esposto nello svolgimento di determinate attività, che si può individuare l'origine professionale delle malattie e quindi trovare il modo per prevenirle.
In generale si possono individuare tre forme di prevenzione:
• la prevenzione primaria che si basa sulla lotta alle cause del danno, ovvero scoprire un rischio ed eliminarlo prima che si trasformi in danno, quindi eliminando i rischi in fase di progettazione, sostituendo ciò che è pericoloso con ciò che non lo è o è meno pericoloso;
• la prevenzione secondaria la quale mette in atto le misure che limitino al massimo il danno, riducendo a livelli accettabili i rischi esistenti (ad esempio privilegiando le procedure ed i metodi di lavoro più sicuri);
• la prevenzione terziaria che protegge direttamente l'uomo contro i rischi residui (ad esempio con l'uso dei DPI).
La prevenzione è tanto più efficace quanto più adotta
• Il sistema dell’eliminazione dei rischi.
• La riduzione dei rischi alla fonte.
• La sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è o è meno pericoloso.
• Il privilegio delle misure di protezione collettiva rispetto a quelle di protezioni individuali.
2. La sorveglianza sanitaria.
La sorveglianza sanitaria, da attuarsi a cura del medico competente, è rivolta ai lavoratori esposti ai seguenti rischi:
a) Sostanze chimiche, come ad esempio:
• Reagenti e prodotti di laboratorio;
• Gas anestetici
• Prodotti di pulizia, disinfezioni e sterilizzazione,
• Vernici, solventi, ecc
b) Radiazioni ionizzanti e non ionizzanti
c) Rischio biologico
d) Movimentazione manuale dei carichi
e) Farmaci antiblastici
f) Lavori al VDT.
E’ previsto un programma di sorveglianza sanitaria con:
1. visita medica
2. visite periodiche per mansioni e rischi professionali
3. procedure in caso di infortunio.
La sorveglianza sanitaria: è dovuta per tutte le attività lavorative in cui la valutazione dei rischi abbia evidenziato un rischio per la salute, sia che esse prevedano un uso deliberato di agenti biologici che una esposizione potenziale. Sta al medico competente predisporre un protocollo di sorveglianza sanitaria in rapporto ai fattori di rischio definiti in sede di valutazione dei risultati. Il medico competente che effettua la sorveglianza sanitaria
• effettua due tipi di accertamenti sanitari: quelli preventivi e quelli periodici;
• valuta le condizioni di salute del lavoratore sia in occasione della prima assunzione che periodicamente;
• aggiorna e conserva la documentazione sanitaria con salvaguardia del segreto professionale;
• visita gli ambienti di lavoro e quelli relativi all’informazione, per le materie sanitarie di sua competenza; dalla mia personale esperienza risulta che questa "visita" non venga quasi mai effettuata, a detrimento di un'accurata valutazione dei rischi e dei problemi ambientali;
• coadiuva con il datore di lavoro nell'organizzazione delle attività e degli interventi prevenzionistici.
Ogni lavoratore è obbligato a sottoporsi alle visite mediche ed agli accertamenti che il medico competente richiede (art. 5, comma 2, lettera “g” DLgs. 626/94). Ogni lavoratore ha il diritto:
• di ricevere le informazioni riguardanti il significato degli accertamenti a cui si sottopone e di ricevere anche copia della documentazione sanitaria che lo riguarda (dietro sua richiesta);
• di conoscere il risultato delle indagini sanitarie inerenti la sua persona.
3. L’informazione e la formazione (Artt. 21-22).
Può essere generale o specifica.
INFORMAZIONE GENERALE DEI LAVORATORI
Il datore di lavoro provvede affinché i lavoratori ricevano un'adeguata informazione sui seguenti aspetti:
• rischi per la sicurezza e la salute connessi all'attività dell'impresa in generale;
• misure e attività di prevenzione e protezione adottate;
• rischi specifici a cui è esposto in relazione alla specifica attività svolta;
• pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei preparati pericolosi utilizzati;
• procedure che riguardano il pronto soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione dei lavoratori;
• nominativo del RSPP e del medico competente;
• nominativo dei lavoratori incaricati di applicare le misure di pronto soccorso, prevenzione incendi e lotta antincendio, evacuazione dei lavoratori.
L' INFORMAZIONE È SPECIFICA NEI SEGUENTI CASI PARTICOLARI
ESPOSIZIONE AL RISCHIO INFORTUNISTICO GRAVE:
• I lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave devono essere informati, il più presto possibile, circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione.
• Tutti i lavoratori che possono essere esposti ad un pericolo grave ed immediato devono essere informati circa le misure predisposte ed i comportamenti da adottare.
USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO
• Il datore di lavoro deve provvedere affinché, per ogni attrezzatura di lavoro a disposizione, i lavoratori incaricati dispongano di ogni informazione ed istruzione d'uso necessaria in rapporto alla sicurezza.
USO DI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE (DPI)
• Il datore di lavoro, ai fini di un corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, deve
- fornire istruzioni comprensibili per i lavoratori;
- informare preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il DPI lo protegge.
USO DI ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI (VDT)
Le informazioni che devono essere fornite ai lavoratori riguardano
• le modalità di svolgimento dell'attività;
• la protezione degli occhi e della vista;
• problemi legati alla postura ed all'affaticamento fisico e mentale.
RISCHIO DI ESPOSIZIONE AD AGENTI CANCEROGENI O MUTAGENI
Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, informazioni ed istruzioni in particolare per quanto riguarda:
• gli agenti cancerogeni presenti nei cicli lavorativi;
• le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
• le misure igieniche da osservare;
• la necessità di indossare e impiegare indumenti di lavoro e protettivi e dispositivi di protezione individuali;
• il loro corretto impiego;
• il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure da adottare per ridurne al minimo le conseguenze.
L'informativa in argomento deve essere fornita prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione e ripetuta con frequenza almeno quinquennale, comunque ogni qualvolta si verifichino, nelle lavorazioni, cambiamenti circa la natura ed il grado dei rischi.
RISCHIO DI ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI
Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, informazioni ed istruzioni in particolare per quanto riguarda:
• i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici utilizzati;
• le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
• le misure igieniche da osservare;
• la funzione degli indumenti di lavoro;
• le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
• il loro corretto impiego;
• il modo di prevenire il verificarsi di infortuni.
Anche l'informativa in argomento deve essere fornita prima che i lavoratori siano adibiti alle attività in questione e ripetuta con frequenza almeno quinquennale, comunque ogni qualvolta si verifichino, nelle lavorazioni, cambiamenti circa la natura ed il grado dei rischi. L’informazione deve essere sistematica ed abituale. Sarebbe opportuno verificare che essa sia stata percepita e recepita correttamente.
IL LAVORATORE HA DIRITTO AD UN’ISTRUZIONE A CARATTERE GENERALE E SPECIFICA ALL’ATTO DI
a) assunzione;
b) trasferimento di attività;
c) introduzione di nuove attrezzature, sostanze e teconologie.
Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro ed alle proprie mansioni.
PRIMO SOCCORSO (ART. 15)
Si definisce Primo Soccorso l’applicazione di un insieme di manovre semplici rivolte a una o più vittime di infortunio al fine di preservare la vita o migliorare le condizioni generali del/degli infortunati. Il datore di lavoro, oppure una persona da lui designata, considerando la natura e i rischi delle lavorazioni che si svolgono nell'impresa, sentito il parere del medico competente, organizza il Pronto Soccorso prendendo in considerazione anche la dislocazione dei servizi di emergenza esterna e la necessità del trasporto dei lavoratori infortunati.
E’ stato pubblicato un decreto sul pronto soccorso aziendale, il D.M. 388/2003 in attuazione dell’art. 15, comma 3, del D. Lgs. 626/94. Il DM 388 del 2003 sul pronto soccorso suddivide le aziende in tre fasce (A, B e C) che vanno dalle situazioni potenzialmente più critiche a quelle meno critiche, in base alle quali scattano precisi obblighi. Le imprese dei primi due gruppi debbono dotarsi di cassetta di pronto soccorso, mentre per il gruppo C è sufficiente un pacchetto di medicazione; tutte le aziende debbono comunque dotarsi di un mezzo di comunicazione idoneo per attivare rapidamente il 118.
LA FORMAZIONE DEGLI ADDETTI AL PRONTO SOCCORSO
La formazione degli addetti al pronto soccorso deve essere teorica e pratica ed è svolta da personale medico (in collaborazione, ove possibile, col 118): il personale infermieristico può solo collaborare nella parte pratica della formazione. E’ articolata su tre moduli e i contenuti devono in ogni caso comprendere sempre la trattazione dei rischi specifici dell`attività svolta nei luoghi di lavoro. I contenuti dei corsi per le imprese dei tre gruppi sono praticamente sovrapponibili e l’unica differenza è la durata: 16 ore per i lavoratori delle aziende del gruppo A e 12 ore per i lavoratori delle aziende dei gruppi B e C.
LA SICUREZZA DEI SOCCORRITORI
Gli addetti al pronto soccorso devono avere ovviamente a loro disposizione attrezzature e DPI adeguati ai rischi specifici cui possono andare incontro, individuati dal datore di lavoro in collaborazione col medico competente, sulla base dei rischi specifici presenti in azienda.
CONTENUTO DELLA CASSETTA DI PRONTO SOCCORSO
1) Guanti sterili monouso (5 paia).
2) Visiera paraschizzi
3) Flacone di soluzione cutanea di iodopovidone al 10% di iodio da 1 litro (1).
4) Flaconi di soluzione fisiologica ( sodio cloruro - 0, 9%) da 500 ml (3).
5) Compresse di garza sterile 10 x 10 in buste singole (10).
6) Compresse di garza sterile 18 x 40 in buste singole (2).
7) Teli sterili monouso (2).
8) Pinzette da medicazione sterili monouso (2).
9) Confezione di rete elastica di misura media (1).
10) Confezione di cotone idrofilo (1).
11) Confezioni di cerotti di varie misure pronti all'uso (2).
12) Rotoli di cerotto alto cm. 2,5 (2).
13) Un paio di forbici.
14) Lacci emostatici (3).
15) Ghiaccio pronto uso (due confezioni).Sacchetti monouso per la raccolta di rifiuti sanitari (2).
16) Termometro.
17) Apparecchio per la misurazione della pressione arteriosa. Guanti monouso in vinile o in lattice.
Il materiale deve essere mantenuto in buono stato di pulizia, ripristinato dopo ogni utilizzo, conservato in una cassetta lavabile contrassegnata con la croce rossa, facilmente visibile e accessibile a chiunque. I presidi con scadenza devono essere controllati almeno ogni sei mesi e rinnovati qualora risultino scaduti. Il datore di lavoro designa i lavoratori incaricati dell'attuazione dei provvedimenti di primo soccorso. Essi non possono rifiutare la designazione se non per giustificati motivi. Questi lavoratori devono essere specificamente istruiti ed addestrati e, in caso di soccorso d’urgenza, devono comportarsi così:
a) mantenere la calma, cercando di capire cosa sia successo e se sussistono ancora condizioni di pericolo per l’infortunato;
b) proteggere se stessi dai rischi che si potrebbero incontrare attuando il soccorso;
c) proteggere l’infortunato da un eventuale aggravamento della situazione;
d) restare vicino all’infortunato sorvegliandolo finché non giungono i mezzi di soccorso sanitario;
e) toccare il meno possibile il materiale di medicazione con le mani(usare pinzette e forbici)e ricordarsi di usare i guanti anche per proteggersi;
f) avere cura che gli infortunati non siano esposti ad altri pericoli (es: incendi, ecc.).
Se invece NON si è un lavoratore addetto al primo soccorso, in caso di infortunio di un collega di lavoro occorre astenersi dal prendere qualsiasi iniziativa che siano di competenza del medico per non peggiorare le condizioni dell’infortunato ed occorre anche avvertire immediatamente i lavoratori addetti al primo soccorso. Bisogna ricordarsi di non somministrare mai alcolici all’infortunato.
Se si è in prima persona vittima di un infortunio, bisogna:
a) farsi sempre medicare da personale abilitato presente in azienda oppure presso un presidio esterno di pronto soccorso. Va ricordato che anche una piccola ferita può comportare gravi conseguenze;
b) far sempre registrare l'infortunio entro 24 ore. Questo adempimento è necessario anche per accedere ai benefici assicurativi. E' compito dell’infortunato informare tempestivamente il datore di lavoro allegando la certificazione.
C. I RISCHI
1. Informazioni relative al rischio amianto
L'amianto è il nome generico di una serie di materiali fibrosi naturali molto diffusi in natura. Si trova in prodotti di vario genere, ma realizzati solo prima del 1992, perché dal 1992 la legge 257 del 27 marzo, vieta la produzione e commercializzazione dell'amianto.
L'amianto ostacola la trasmissione di suoni e calore, resiste alle alte temperature e protegge dalle fiamme, è facilmente filabile, leggero e resiste ad acidi e basi. In virtù di tali qualità, l'amianto ha trovato vastissimo impiego nella produzione di numerosi manufatti ad uso industriale e civile.
LA SEMPLICE PRESENZA DI AMIANTO IN UN EDIFICIO NON COMPORTA RISCHI PER LA SALUTE.
L'amianto è infatti pericoloso solo in caso di:
• deterioramento
• insufficiente manutenzione
• danneggiamento volontario
L'amianto è altamente tossico per inalazione e cancerogeno.
Gli organi colpiti e gli effetti prodotti dall'esposizione ad amianto sono:
• il polmone
• la pleura.
L’amianto non si lavora più, quindi le attività in cui è necessario prevenire questi rischi sono le operazioni di BONIFICA che sono di 3 tipi:
1. rimozione dei materiali di amianto
2. incapsulamento dei materiali di amianto
3. confinamento dei materiali di amianto.
E' POSSIBILE PROTEGGERE I LAVORATORI DURANTE QUESTE OPERAZIONI applicando gli obblighi previsti dal Decreto Legislativo n. 277 del 15 agosto 1991.
SI RICORDA CHE i mezzi personali di protezione da usare in queste lavorazioni sono essenzialmente di 2 tipi:
1. dispositivi di protezione delle vie respiratorie (maschere)
2. indumenti protettivi.
Quando si lavora vicino all'amianto, SI RICORDA...
• di non cominciare a lavorare senza mezzi di protezione individuali
• di indossare una maschera specifica per lavori con amianto
• di inserire tutti i rifiuti di amianto in un sacco di plastica resistente, sigillandolo con nastro adesivo
• di mettere una etichetta su ogni sacco con la scritta: "ATTENZIONE, RIFIUTI DI AMIANTO"
• che i materiali di amianto devono essere portati in discarica secondo le norme statali e locali.
2. Il rischio biologico
Si definisce Agente Biologico qualsiasi microrganismo anche geneticamente modificato, colture cellulari ed endo-parassiti, che potrebbe provocare infezione, allergia, intossicazione (batteri, virus, funghi, parassiti, ecc…). Il D. Lgs. 626/94 affronta per la prima volta in maniera specifica il rischio conseguente alla esposizione ad Agenti Biologici, non solo per le attività che ne comportano l'utilizzo diretto ma anche per quelle in cui la loro presenza è occasionale, come nell'attività assistenziale nei luoghi di ricovero e cura.
- Le conseguenze per la salute
Tutta l'attività sanitaria è soggetta al rischio di contatto accidentale con liquidi biologici a rischio di infezione quali: sangue, sperma, liquido peritoneale, pleurico, sinoviale e amniotico. Il contatto può avvenire per contaminazione accidentale di cute o mucose o attraverso punture, tagli o ferite causati da presidi appuntiti o taglienti normalmente utilizzati nell'attività assistenziale (aghi, bisturi).
- Le precauzioni
Una adeguata periodica e specifica formazione sul rischio biologico presente sul luogo di lavoro e sulle misure di prevenzione da attuare è uno dei punti cardine del sistema di controllo di tale rischio in ambito lavorativo.
- Uso dei DPI
Quelli maggiormente utilizzati sono: guanti, abbigliamento, protezione per gli occhi, maschere facciali.
3. Le radiazioni ionizzanti
Con il termine radiazione s'intende il trasferimento di energia, sotto forma di particelle o di onde elettromagnetiche, da un punto all'altro dello spazio. Quando una radiazione è in grado di produrre direttamente o indirettamente la ionizzazione (alterazione della struttura elettronica) degli atomi e delle molecole del mezzo attraversato si dice radiazione ionizzante. Nei sistemi biologici il processo di ionizzazione può comportare la formazione, a livello cellulare, di nuove specie chimiche (es. radicali liberi) o la rottura di legami chimici con conseguenti effetti sull'organismo vivente. Le sorgenti di radiazioni ionizzanti sono rappresentate sia da apparecchi radiologici, soprattutto per uso diagnostico o terapeutico, sia da materie radioattive, in forma di sorgenti sigillate o non sigillate, utilizzate anch'esse per scopi di ricerca, diagnosi/terapia.
- Precauzioni e interventi:
Allo scopo di assicurare la protezione dei lavoratori e degli individui della popolazione esposti al rischio di radiazioni ionizzanti, si è sviluppata una disciplina che viene chiamata radioprotezione; il controllo è affidato all'esperto qualificato per la radioprotezione. La normativa italiana in materia di protezione dei lavoratori e della popolazione dagli effetti dannosi delle radiazioni ionizzanti (D. Lgs. 230/95 e successive modifiche e integrazioni) così definisce l’esperto qualificato per la radioprotezione: "persona che possiede le cognizioni e l'addestramento necessari sia per effettuare misurazioni, esami, verifiche o valutazioni di carattere fisico, tecnico o radiotossicologico, sia per assicurare il corretto funzionamento dei dispositivi di protezione, sia per fornire tutte le altre indicazioni e formulare provvedimenti atti a garantire la sorveglianza fisica della protezione dei lavoratori e della popolazione". Nel caso in cui la concentrazione di radon nei locali di lavoro definiti dalla normativa superi il livello di azione di 500 Bq m-3 , il datore di lavoro è tenuto a mettere in atto azioni di rimedio per portare la concentrazione sotto tale limite. Non è però obbligato a questo se dimostra, avvalendosi di un esperto qualificato, che nessun lavoratore riceve una dose superiore a 3 mSv/anno e nessuna persona del pubblico riceve una dose superiore a 1 mSv/anno. La normativa di radioprotezione così definisce la sorveglianza fisica della radioprotezione: "l'insieme dei dispositivi adottati, delle valutazioni, delle misure e degli esami effettuati, delle indicazioni fornite e dei provvedimenti formulati dall'esperto qualificato al fine di garantire la protezione sanitaria dei lavoratori e della popolazione nei confronti delle radiazioni ionizzanti". La sorveglianza fisica della radioprotezione, affidata all’esperto qualificato, viene istituita dal datore di lavoro ogni qualvolta l’attività esercitata generi un rischio di esposizione dei lavoratori e/o della popolazione all’azione dannosa delle radiazioni ionizzanti. Nel caso di presenza di radon nei locali di lavoro definiti dalla normativa e qualora, nonostante le azioni di rimedio adottate, la concentrazione di radon o la dose efficace al o ai lavoratori superasse i livelli d’azione, il datore di lavoro è tenuto a istituire, avvalendosi di un esperto qualificato, la sorveglianza fisica della radioprotezione per i lavoratori interessati ed eventualmente per la popolazione. Inoltre la normativa italiana in materia di protezione dei pazienti dagli effetti dannosi delle radiazioni ionizzanti (D. Lgs. 187/2000) così definisce l’esperto in fisica medica: "persona esperta nella fisica o nella tecnologia delle radiazioni applicata alle esposizioni che rientrano nel campo di applicazione del presente decreto legislativo [esposizioni mediche, NDA], con una formazione ai sensi dell'articolo 7, comma 5, e che, se del caso, agisce o consiglia sulla dosimetria dei pazienti, sullo sviluppo e l'impiego di tecniche e attrezzature complesse, sull'ottimizzazione, sulla garanzia di qualità, compreso il controllo della qualità, e su altri problemi riguardanti la radioprotezione relativa alle esposizioni che rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva".
RIGUARDO AL COMPORTAMENTO DEL LAVORATORE È NECESSARIO CHE EGLI OSSERVI SCRUPOLOSAMENTE LE INDICAZIONI DEL DATORE DI LAVORO E LE NORME INTERNE DI RADIOPROTEZIONE CHE DEVONO ESSERE PRESENTI E CONSULTABILI IN TUTTI GLI AMBIENTI DI LAVORO CON RISCHIO DI RADIAZIONI.
E' bene ricordare che per limitare l'assorbimento di dose da irraggiamento esterno occorre:
- ridurre il tempo
- aumentare la distanza
- usare le schermature.
INOLTRE È IMPORTANTE L'USO CORRETTO DI PROTEZIONI SCHERMATE E INDUMENTI PROTETTIVI.
Per proteggersi dal pericolo di contaminazione radioattiva, occorre osservare scrupolosamente le norme interne, e comunque i principi generali di seguito riportati:
1. usare i dispositivi di sicurezza e i mezzi di protezione personali messi a disposizione dal datore di lavoro (camici, guanti, schermature ed altri)
2. non assumere cibi e bevande e non usare cosmetici in zona con rischio di contaminazione
3. conservare le sorgenti nei contenitori idonei opportunamente segnalati
4. lavorare sotto cappa
5. segnalare immediatamente ogni malfunzionamento dei dispositivi di sicurezza e ogni incidente che comporti spargimento di sostanze radioattive.
4. Il rischio chimico
Il rischio chimico è la probabilità che una sostanza o un preparato allo stato solido, liquido o gassoso, presente durante l'attività lavorativa, possa interagire con l'organismo, generando effetti dannosi per la salute. La presenza e l'impiego degli agenti chimici espone gli utilizzatori ai seguenti rischi professionali: INCENDI, IRRITAZIONI, INTOSSICAZIONI ACUTE, INTOSSICAZIONI CRONICHE.
Le principali vie di penetrazione degli agenti chimici nell'organismo sono:
• inalazione
• ingestione
• contatto con cute e mucose.
I danni sono legati alle caratteristiche specifiche dell'agente chimico, alla quantità assorbita e alla durata dell'esposizione. La prevenzione si attua mediante il rispetto delle norme di sicurezza e l'adozione di comportamenti adeguati riguardanti ambienti, sostanze impiegate, strumenti e macchinari, sistemi di prevenzione ambientale, dispositivi di protezione individuale.
LA SCELTA DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE DEVE TENER CONTO DELLO STATO FISICO E DELLE CARATTERISTICHE DELL’AGENTE. Al fine di ridurre l'esposizione professionale ad agenti chimici pericolosi, possiamo intervenire tenendo in considerazione le misure generali per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori indicate dal D. Lgs. 626/94 art. 3.
REAZIONI AVVERSE DERIVANTI DALL'USO DEI GUANTI
Un caso sui generis di rischio chimico è quelle delle reazioni avverse derivanti, per alcune persone, dall'uso dei guanti (attività irritative o di sensibilizzazione). Esse possono dipendere da reazioni allergiche o da fenomeni irritativi, e in ogni caso hanno caratteristiche derivanti da ipersuscettibilità: pertanto la loro valutazione ed i provvedimenti da adottare sono di pertinenza del medico competente.
5. Il rischio elettrico
Il rischio elettrico deriva dagli effetti dannosi che la corrente elettrica può produrre sul corpo umano sia per azione diretta che per azione indiretta. L'uso di apparecchiature alimentate da energia elettrica rappresenta la fonte di rischio maggiore per la sicurezza delle persone sia negli ambienti di lavoro che in quelli di vita, in quanto gli infortuni di questa natura hanno quasi sempre esito mortale. La legislazione italiana (DPR 547/55, L.186/68, DPR 462/2001, DM 37/2008) pone prescrizioni ben precise sull'utilizzo in sicurezza delle apparecchiature alimentate da energia elettrica e sulla costruzione e gestione degli impianti di alimentazione. Più recentemente la Legge n. 46 del 1990 prescrive che la realizzazione degli impianti tecnologici, in particolare di quelli elettrici, sia effettuata solo da ditte abilitate e iscritte in un apposito Albo presso la Camera di Commercio.
- Le precauzioni:
La prima fondamentale precauzione nei confronti del rischio elettrico è quello di far installare ovviamente, gli impianti elettrici da personale abilitato in modo da avere la garanzia che questi siano dotati di tutti i sistemi di protezione previsti dalle norme di sicurezza.
- Particolare cura poi deve essere posta nell'uso proprio di apparecchiature elettriche.
Valgono le seguenti avvertenze:
• non utilizzare macchine o apparecchiature per scopi non previsti dal costruttore
• non usare apparecchiature elettriche in condizioni di rischio elettrico accresciuto (ad esempio con le mani bagnate, con i piedi immersi nell'acqu o in ambienti umidi)
• non lasciare apparecchiature elettriche abbandonate sulle vie di transito
• fare particolare attenzione nell'uso degli apparecchi elettrici nei locali da bagno, o in altri locali umidi.
Ed infine fare sempre attenzione alle PRESE A SPINA!!
6. Gli anestetici
Gli anestetici sono farmaci capaci di mettere il paziente in uno stato di incoscienza. Nel periodo in cui vengono somministrati, gli anestetici infatti provocano insensibilità al dolore; tale condizione consente di affrontare le operazioni più cruente e dolorose. E' cosa risaputa che durante l'effettuazione di interventi in anestesia generale l'utilizzo di gas anestetici può comportare un inquinamento ambientale nei locali della sala operatoria; con conseguente possibilità di "esposizione" degli operatori presenti in quell'ambiente. Con "esposizione" degli operatori, si intende il contatto involontario dell'organismo con sostanze definite pericolose. Queste sostanze sono diversamente "pericolose" in funzione della concentrazione e della durata del contatto e possono creare effetti temporanei, acuti, cronici o permanenti.
ESPOSIZIONE E' QUINDI UNA INTERAZIONE FRA L'ORGANISMO, O PARTI DI ESSO, CON UNA DETERMINATA SOSTANZA IN GRADO DI GENERARE UN ESITO NEGATIVO PER LA SALUTE.
- Le precauzioni:
Risulta indispensabile cercare di contenere l'inquinamento ambientale da gas anestetici. Risulta quindi indispensabile adottare particolari norme di buona tecnica e adeguati controlli della organizzazione del lavoro, allo scopo di prevenire e contenere l'eventuale rischio. E' ovvio che la scelta dei materiali che fanno parte del circuito di anestesia e la loro manutenzione (valvole, raccordi, tubi, palloni, ecc.) sono molto importanti. Considerato che le perdite di gas possono verificarsi in ogni momento, UNA VERIFICA CONTINUA ED ATTENTA SULL'IMPIANTO DOVRA' COINVOLGERE IL PERSONALE DELLE SALE OPERATORIE!
7. Movimentazione manuale dei carichi.
La Movimentazione Manuale dei Carichi non è caratteristica di uno specifico comparto, ma riguarda la quasi totalità delle attività lavorative, comprese scuole ed uffici. Per movimentazione manuale dei carichi si intendono le operazioni di trasporto o di sostegno di un carico fatte da uno o più lavoratori. Vengono incluse anche le azioni del sollevare e deporre, spingere e tirare. In generale sono contemplate tutte le azioni di trasporto o sostegno che, per la natura del carico o per le particolari caratteristiche sfavorevoli dal punto di vista ergonomico possano presentare, tra l’altro rischi di lesioni dorso-lombari. Le lesioni in oggetto sono lesioni a carico delle ossa, dei muscoli, dei tendini, del sistema nervoso e vascolare del tratto dorso-lombari. II datore di lavoro ha tra i suoi obblighi quello di: adottare tutte le misure organizzative e procedurali e ricorrere all’uso di attrezzature meccaniche per evitare la movimentazione manuale dei carichi. Qualora sia impossibile evitare la movimentazione manuale del carichi, deve:
1. adottare misure organizzative
2. fornire strumenti di lavoro adeguati
3. fornire alle persone interessate un’adeguata informazione sui rischi connessi con l'attività e sulle corrette procedure di lavoro.
- Valori limite dei pesi movimentabili a mano:
• maschi 30 kg, feminine 20 kg.
NORME DI COMPORTAMENTO DA SEGUIRE DURANTE LE OPERAZIONI DI MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI.
In caso di sollevamento e trasporto del carico:
• Flettere le ginocchia e non la schiena
• Mantenere il carico quanto più possibile vicino al corpo
• Evitare i movimenti bruschi o strappi
• Nel caso si movimentino scatole, sacchi, imballaggi di vario genere, verificare la stabilità del carico all'interno, per evitare sbilanciamenti o movimenti bruschi e/o innaturali
• Assicurarsi che la presa sia comoda e agevole
• Effettuare le operazioni, se necessario, in due o più persone.
- In caso di spostamento dei carichi:
• Evitare le rotazioni del tronco, ma effettuare lo spostamento di tutto iI corpo
- In caso di spostamento di mobili o casse:
Evitare di curvare la schiena in avanti o indietro; è preferibile invece appoggiarla all’oggetto in modo che sia dritta e spingere con le gambe.
In ogni modo il carico deve essere tenuto il più possibile vicino al corpo.
- In caso di sistemazione di carichi su piani o scaffalature alte:
Evitare di compiere i movimenti che facciano inarcare troppo la schiena, qualora non si arrivi comodamente al ripiano, utilizzare una scala.
Le informazioni per la Movimentazione manuale dei carichi sono messe a disposizione dal Datore di Lavoro, sentito il Medico competente quando necessario.
IL D. Lgs. 626/94 PREVEDE CHE, NELLE ATTIVITA' CHE POSSONO COMPORTARE LA MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI, SI VERIFICHI SE ESISTE LA POSSIBILITA' DI ELIMINARE QUESTE OPERAZIONI, O DI RENDERLE MENO FATICOSE CON L'USO DI MEZZI ADATTI, E CI SI ADOPERI QUINDI PER RIDURRE IL RISCHIO.
8. Il rumore.
Che cos'è?
Rumore: qualsiasi fenomeno acustico, generalmente irregolare, casuale, specialmente se sgradevole, fastidioso, molesto, nocivo. L'intensità dipende dalla pressione che l'onda sonora esercita sul nostro orecchio e si misura in decibel (dB). Da un'intensità appena percepibile (detta soglia di udibilità) si può arrivare a valori sempre più elevati che possono determinare dolore (soglia del dolore).
All'interno di questi valori estremi esistono diversi livelli di comune riscontro nella nostra vita quotidiana; si ricorda che:
• La soglia dell'udibilità è tra 5 e 19 dB;
• Il tic tac di un orologio ha un'intensità di 20 dB;
• Una normale conversazione si svolge a 60-70 dB;
• Un concerto rock e alcune attività lavorative possono superare i 100 dB;
• Un aereo al momento del decollo supera i 120.
Quando si viene esposti ad elevati livelli sonori, anche se per brevi periodi, subiamo una perdita temporanea dell'udito (ad es. lo si nota dopo aver lasciato una discoteca). Quando i lavoratori sono esposti ad alti livelli sonori ogni giorno lavorativo, per molti anni, possono subire gradualmente una perdita permanente dell'udito.
- Effetti sulla salute
Un soggetto esposto per un certo periodo in ambienti di lavoro a rumori elevati, subisce un innalzamento temporaneo della soglia uditiva, spesso accompagnato da ronzii, mal di testa e senso di intontimento psichico. Se tale esposizione si protrae nel tempo, può subentrare una lesione interna con perdita parziale o totale dell'udito (ipoacusia). In caso di rumore di intensità superiore a 130-140 dB, si può verificare la rottura della membrana del timpano con conseguente otorragia (perdita di sangue dall'orecchio).
- Valori limite
Il D. Lgs. 277/91 fissa 3 valori limite di esposizione al rumore (80, 85 e 90 dBA) il cui superamento comporta l'adempimento di relativi obblighi per il datore di lavoro e per i lavoratori.
IL DATORE DI LAVORO E' COMUNQUE OBBLIGATO A RIDURRE AL MINIMO IL RUMORE PRODOTTO ANCHE AL DI SOTTO DI 80 dBA (art. 41 comma 1 D. Lgs. 277/91).
- Il rumore può anche determinare:
• alterazioni della frequenza cardiaca e circolatoria;
• modificazioni della pressione arteriosa;
• aumento delle resistenze vascolari periferiche
• modificazioni funzionali del sistema nervoso e neurovegetativo
• alterazioni a carico dell'apparato digerente.
e inoltre contribuire all'aumento degli infortuni sul lavoro facendo diminuire l'attenzione e la concentrazione degli operatori e la percettibilità dei segnali acustici.
- Periodicità della valutazione del rumore
L'art. 40 del D. Lgs. 277/91 prevede che la valutazione dell'esposizione al rumore debba essere ripetuta ad opportuni intervalli di tempo. Viene precisato l'obbligo di ripetizione della valutazione ogni qualvolta vengano introdotte nelle lavorazioni modifiche che influiscano in modo sostanziale sul rumore.
- Quali sono gli obblighi dei lavoratori??
Il lavoratore deve:
1. impiegare con cura i DPI
2. dare immediata segnalazione al datore di lavoro di eventuali inefficienze dei dispositivi nonché di altri eventuali condizioni di pericolo di cui venga a conoscenza
3. sottoporsi ai controlli sanitari previsti nei suoi riguardi.
Il lavoratore non deve:
1. rimuovere o modificare senza autorizzazione i DPI
2. compiere di propria iniziativa operazioni o manovre non di competenza che possono compromettere la protezione e la sicurezza.
E' POSSIBILE RIDURRE L'ESPOSIZIONE AL RUMORE CON I SEGUENTI MEZZI:
1. Inserti
2. Cuffie
3. Caschi muniti di cuffie.
9. Le atmosfere esplosive
Il processo di valutazione del rischio di esplosione va effettuato caso perr caso, non presentando una soluzione aprioristicamente valida. Infatti, l'art. 290 del D.Lgs 81/08, impone al datore di lavoro una valutazione che tenga conto almeno dei seguenti elementi:
- probabilità e durata della presenza di atmosfere esplosive;
- probabilità che le fonti di accensione, comprese le scariche elettrostatiche, siano presenti e divengano attive ed efficaci;
- caratteristiche dell'impianto, sostanze utilizzate, processi e possibili interazioni;
- entità degli effetti prevedibili.
Se si vuole analizzare un'attività sotto l'aspetto del rischio da esplosione, tale valutazione dovrà essere svolta considerando la probabilità di accadimento dell'evento esplosivo (ovvero la sua frequenza) e le conseguenze dell'incidente prevedibile.
Corpo legislativo
Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81 modificato dal Decreto Legislativo 3 agosto 2009 n. 106 (Direttiva 99/92/CE)
DPR 23 marzo 1998 n. 126 (Direttiva 94/9/CE)
10. Le radiazioni ottiche artificiali (ROA).
Per radiazioni ottiche si intendono tutte le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezza d'onda compresa tra 100 nm e 1 mm. Lo spettro delle radiazioni ottiche si suddivide in radiazioni ultraviolette, radiazioni visibili e radiazioni infrarosse; per tutte esiste un rischio da ROA. Le radiazioni, ai fini protezionistici, sono a loro volta suddivise in:
- Radiazioni ultraviolette: radiazioni ottiche di lunghezza d'onda compresa tra 100 e 400 nm. La banda degli ultravioletti è suddivisa in UVA (315-400 nm), UVB (280-315 nm) e UVC (100-280 nm);
- Radiazioni visibili : radiazioni ottiche di lunghezza d'onda compresa tra 380 e 780 nm;
- Radiazioni infrarosse: radiazioni ottiche di lunghezza d'onda compresa tra 780 nm e 1 mm. La regione degli infrarossi è suddivisa in IRA (780-1400 nm), IRB (1400-3000 nm) e IRC (3000 nm-1 – 1 mm).
Le sorgenti di radiazioni ottiche possono inoltre essere classificate in coerenti e non coerenti.
Le prime emettono radiazioni in fase fra di loro (i minimi e i massimi delle radiazioni coincidono), e sono generate da LASER, mentre le seconde emettono radiazioni sfasate e sono generate da tutte le altre sorgenti non LASER e dal Sole. Tutte le radiazioni ottiche non generate dal Sole (radiazioni ottiche naturali) sono di origine artificiale, cioè sono generate artificialmente da apparati e non dal Sole. La tipologia di effetti associati all’esposizione a ROA dipende dalla lunghezza d’onda della radiazione incidente, mentre dall’intensità dipendono sia la possibilità che questi effetti si verifichino che la loro gravità. La tipologia di effetti associati all’esposizione a ROA dipende dalla lunghezza d’onda della radiazione incidente, mentre dall’intensità dipendono sia la possibilità che questi effetti si verifichino che la loro gravità. Oltre ai rischi per la salute dovuti all’esposizione diretta alle radiazioni ottiche artificiali esistono ulteriori rischi indiretti da prendere in esame quali:
•sovraesposizione a luce visibile: disturbi temporanei visivi, quali abbagliamento, accecamento temporaneo;
•rischi di incendio e di esplosione innescati dalle sorgenti stesse e/o dal fascio di radiazione;
e ulteriori rischi associati alle apparecchiature/lavorazioni che utilizzano ROA quali stress termico, contatti con superfici calde, rischi di natura elettrica, di esplosioni od incendi come nel caso di impiego di LASER di elevata potenza etc.
La qualità degli effetti, la loro gravità, o la probabilità che alcuni di essi si verifichino dipendono dalla esposizione radiante, dalla lunghezza d’onda della radiazione e, per quanto riguarda alcuni effetti sulla pelle, dalla fotosensibilità individuale che è una caratteristica geneticamente determinata. Considerati dal punto di vista del loro decorso temporale gli effetti prodotti sull’occhio e sulla pelle possono essere suddivisi in:
•effetti a breve termine o da esposizione acuta con tempi di latenza dell’ordine di ore, giorni;
•effetti a lungo termine o da esposizione cronica con tempi di latenza di mesi, anni.
In generale per ciascun effetto acuto è possibile stabilire “la dose soglia” al di sotto della quale l’effetto non si verifica. La maggior parte degli effetti a lungo termine (tumori:carcinoma cutaneo) hanno natura diversa dagli effetti acuti e la loro probabilità è tanto maggiore quanto più è elevata la dose accumulata dall’individuo.
Ai fini della visione, l’occhio deve essere necessariamente esposto alla luce. Quasi sempre le sorgenti di luce visibile (il sole e le lampade per illuminazione) emettono anche radiazioni non visibili quali la radiazione infrarossa e in misura minore ultravioletta, che sono inefficaci ai fini della visione ma che, viceversa, possono rappresentare un rischio potenziale per l’occhio. Rispetto alla propagazione della radiazione attraverso le strutture oculari, l’occhio può essere schematizzato come un sistema di filtri sovrapposti ciascuno con una particolare trasmissione spettrale (banda passante) e perciò in grado di assorbire e “filtrare” specifiche lunghezze d’onda.
Gli effetti biologici prodotti dalla RUV su ogni singola struttura, dipendono:
a) dalla dose assorbita che, a sua volta, è legata anche alle proprietà filtranti delle strutture precedenti le quali possono assorbire completamente la radiazione di determinate lunghezze d’onda;
b) dalle caratteristiche intrinseche di assorbimento della struttura considerata;
c) dalla suscettibilità dei tessuti interessati all’assorbimento della RUV;
d) dalla capacità di riparare il danno prodotto.
La trasmissione spettrale del cristallino, varia progressivamente con l’età e ciò può influire sia sulla natura sia sul livello del rischio. La rimozione del cristallino e la sua sostituzione con una protesi artificiale, nel trattamento chirurgico della cataratta, può alterare notevolmente la trasmissione dell’occhio nella regione spettrale UV-A e aumentare l’esposizione della retina.
Gli effetti dannosi più significativi che possono manifestarsi sulle strutture dell’occhio non protetto esposto alla RUV e le regioni spettrali in cui essi si manifestano sono:
1) la fotocheratocongiuntivite (180÷330 nm);
2) i danni al cristallino che possono accelerare l’insorgenza della cataratta (290÷340 nm);
3) il danno retinico di natura fotochimica negli individui afachici (300÷550nm).
La fotocheratocongiuntivite è provocata da esposizioni brevi ed intense alla RUV della regione spettrale precedentemente indicata. E’ un effetto caratterizzato da lesioni superficiali che interessano la congiuntiva e la cornea, dovute alla morte e progressiva perdita di cellule epiteliali con conseguente messa a nudo delle numerose terminazioni nervose superficiali che vengono in contatto con il velo lacrimale. Lo stato infiammatorio risultante ha carattere transitorio e reversibile ma è accompagnato da dolore acuto, fotofobia e una fastidiosa “sensazione di sabbia” negli occhi. Lo spettro d’azione della fotocheratite presenta un massimo di efficacia biologica fra 265÷275 nm. La prevenzione può essere facilmente realizzata mediante l’uso di occhiali idonei o maschere con visiera provvista di filtro.
Il cristallino è funzionalmente una lente a focale variabile e, per definizione, deve essere trasparente nella banda del visibile. Il termine cataratta definisce uno stato patologico caratterizzato da una più o meno accentuata opacità del cristallino, a cui corrisponde una diminuita trasmissione della luce verso la retina ed un aumento della componente diffusa. La cataratta è prevalentemente una patologia multifattoriale dell’età avanzata, legata a processi di invecchiamento molecolare e cellulare. La Radiazione UV è tuttavia in grado di accelerare detti processi e quindi deve essere considerata un fattore causale specifico. Numerose indagini epidemiologiche dimostrano questa associazione e anche gli esperimenti condotti su vari animali evidenziano l’effetto catarattogenico della RUV. Il contributo all’induzione della cataratta attribuibile all’esposizione alla RUV è un effetto di notevole rilevanza sanitaria sia per la gravità della patologia sia per i suoi costi sociali. Le lesioni microscopiche che contribuiscono ad accelerare l’insorgenza della cataratta sono di natura fotochimica. Esse dipendono sostanzialmente dalla dose di RUV assorbita dal cristallino che, anche a causa dei processi di riparazione molto lenti, si accumulano nel tempo.
Per quanto riguarda l'esposizione a radiazione Infrarossa, emessa ad esempio da corpi incandescenti quali vetro o metalli fusi, fin dagli inizi del 1900, numerosi studi di rassegna ed epidemiologici hanno evidenziato un significativo incremento di incidenza di cataratte tra lavoratori addetti a lavorazioni del vetro o di metalli alle temperature di fusione. Nel caso di esposizione oculare a luce visibile o Infrarosso A (I.R. - A) , la cataratta è associata all’assorbimento della radiazione nell’iride: l’energia termica viene quindi trasferita per conduzione diretta al tessuto epiteliare del cristallino. Nel caso di esposizione oculare a radiazione Infrafrossa, con componenti spettrali dominanti nelle regioni IR-B, IR-C, la radiazione è invece assorbita dalla cornea: l’energia termica si propaga quindi al cristallino mediante conduzione termica attraverso i tessuti oculari adiacenti (cornea-umor acqueo). Radiazione visibile e radiazione I.R. sono ambedue in grado di indurre cataratta, producendo entrambe, sia pure con meccanismi diversi, un riscaldamento del cristallino. Nel caso della cataratta dei vetrai questa dovrebbe essere associata essenzialmente all’esposizione ad IR-B o IR-C.
Il danno retinico da luce blu. In un individuo adulto normale la retina non è raggiunta dalla RUV esclusa una piccolissima frazione di UV-A di più bassa energia. La funzione complessiva di filtro (passabanda perché trasmette saltando il visibile e l’infrarosso A) è svolta dalle strutture oculari che precedono la retina. In età giovanile, tuttavia, l’occhio presenta una maggiore trasparenza alla RUV ed anche negli individui afachici (cristallino naturale sostituito da una protesi) la trasmissione nella regione UV-A può risultare notevolmente aumentata. Sino a non molti anni fa si riteneva che i danni prodotti dalla radiazione ottica sulla retina fossero sostanzialmente di natura termica. Poi è stato dimostrato che la radiazione della regione spettrale compresa fra 300 e 550 nm può indurre sulla retina danni di natura fotochimica. Secondo alcuni, tali danni potrebbero concorrere ad accelerare il manifestarsi della degenerazione maculare senile.
Effetti sulla pelle. Gli effetti più rilevanti che possono manifestarsi sulla pelle a seguito di esposizione acuta e/o cronica alla RUV sono:
a) la fotoelastosi, effetto associato con il fotoinvecchiamento della pelle (220÷440 nm);
b) la fotocancerogenesi cutanea (270÷400 nm);
c) l’eritema (200÷400 nm);
d) le reazioni fototossiche e fotoallergiche (280÷400 nm);
e) l’immunosoppressione da RUV (250÷400 nm);
f) la vera pigmentazione adattativa (abbronzatura) (200÷400 nm).
Esposizione a Radiazione UV e Tumori della pelle. E’ noto che la RUV è in grado di produrre vari danni sul DNA quali:
mutazioni geniche, scambi cromatidici, aneuploidia, etc. e che questi effetti sono o possono essere connessi con la cancerogenesi.
Tra gli effetti sanitari a lungo termine l’induzione di tumori cutanei è di grande rilevanza per numero e gravità. L’analisi delle più recenti evidenze scientifiche mostra che la radiazione ultravioletta (UV) è uno dei fattori causali maggiori per i carcinomi della pelle (carcinoma spinocellulare e carcinoma basocellulare) e per il melanoma cutaneo, provoca l’invecchiamento precoce della pelle ed effetti nocivi per la salute. A carico dell’occhio, la radiazione UV può comportare lesioni e danni alla retina ed al cristallino. Lo IARC classifica lo spettro solare della radiazione UV e le lampade abbronzanti come “cancerogeni per l’uomo” (gruppo 1 A ): a tale gruppo appartengono sostanze ed agenti per cui è accertata la cancerogenicità sull'uomo.
11. Altri rischi
Si rimanda al seguente Manuale dell'Ispesl.
LA PREVENZIONE DEGLI INCENDI
Quando si parla di incendi non si intende solo il pericolo costituito dalla combustione di materiale organico, ma anche il rischio di esplosione. Infatti l'uso di combustibili espone a questo tipo di rischio. La strada da percorrere è senz'altro quella della prevenzione, cioè l'organizzazione di tutte le disposizioni atte a fare in modo che l'evento dannoso non si verifichi. Appare evidente che l'organizzazione della prevenzione può scongiurare più del 50% degli eventi, e si deve concentrare sulla informazione, sulla formazione e sulla manutenzione dell' impiantistica. Un incendio determina sempre condizioni di emergenza su un luogo di lavoro; tali condizioni possono essere causa di pericoli ed avere conseguenze indirette sulla sicurezza, in quanto il panico e la fuga disordinata, ad esempio, possono essere fonte di ulteriori rischi. Il D.Lgs. 626/94 prevede che in ogni luogo di lavoro sia definito “il piano di emergenza”.L’obiettivo primario è la salvaguardia delle persone. Inoltre, in ogni struttura devono essere designati ed addestrati i lavoratori incaricati di attuare le misure di primo soccorso, di salvataggio, di prevenzione incendi, di lotta antincendio e, in generale, di gestione dell'emergenza (addetti).
COME COMPORTARSI PER PREVENIRE L'INCENDIO.
L’incendio è un fuoco di cui si è perso il controllo. Il pericolo di incendio può essere presente a causa di comportamenti umani errati o dolosi. Un’ attenta analisi dei rischi e l’adozione di adeguate misure di prevenzione e protezione consentono di ridurre il numero delle emergenze, affrontare emergenze meno gravi e di limitare le conseguenze delle emergenze. Di seguito si illustrano alcuni comportamenti che possono contribuire a ridurre o eliminare il rischio di incendio:
a) non fumare o usare fiamme libere ove esista pericolo per la presenza di materiali, gas, vapori o polveri infiammabili;
b) non gettare mozziconi di sigaretta in ambienti dove sono presenti materiali combustibili;
c) evitare di accumulare materiali combustibili (carta, legno, ecc) in luoghi non predisposti appositamente;
d) non causare spandimenti di liquidi infiammabili;
e) mantenere le vie di accesso e le uscite di emergenza sgombre da ostacoli.
f) utilizzare con attenzione le apparecchiatura elettriche senza sovraccaricare le prese;
g) non usare apparecchi non omologati o in cattive condizioni;
h) non svuotare i portacenere nei cestini della carta.
In caso d'incendio, o di qualsiasi altra emergenza, occorre attenersi al piano d'emergenza della struttura in cui si opera.
LE MISURE ORGANIZZATIVE, AI FINI DELLA PROTEZIONE SONO:
• manutenzione dei sistemi di allarme
• adozione di segnaletica
• piani di emergenza e squadre di pronto intervento
• informazione, formazione e addestramento dei lavoratori.
L’uso di segnali di avvertimento è una delle misure di tutela da impiegarsi per aumentare lo standard di sicurezza e salute del luogo di lavoro. Il datore di lavoro, il dirigente ed il preposto devono astenersi, salvo casi eccezionali debitamente motivati, dal chiedere ai lavoratori di riprendere le attività in situazioni in cui persista un pericolo grave ed imminente (Art. 14 D. Lgs. 626/94).
SQUADRE DI EMERGENZA
Deve essere assicurato il presidio costante di squadre di emergenza in base al tipo di rischio ed al numero di lavoratori presenti nell'area. Le squadre dovranno essere addestrate a fronteggiare ogni tipo di evento previsto nella valutazione preliminare.
TUTTI I LAVORATORI DEVONO ESSERE ADDESTRATI A COOPERARE CON LE SQUADRE DI EMERGENZA.
Il contributo di tutti è indispensabile per consentire un intervento efficace.
USO DELLE ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI
MUTA LA DEFINIZONE DI LAVORATORE A VIDEOTERMINALE E LA PERIODICITA' DELLE VISITE MEDICHE
Il 21 dicembre 2000 è stata approvata la legge comunitaria 2000 che ha apportato modifiche all’art.51 comma 3, lettera c, all’art.55 commi 3 e 4 e all’art.58 del Dlgs 626/94. Le grosse novità riguardano la definizione del videoterminalista e le visite mediche cui deve essere sottoposto periodicamente. La modifica della definizione sta nel fatto che mentre prima il lavoratore VDT era considerato tale solo se lavorava almeno 4 ore consecutive davanti al pc per cinque giorni alla settimana, ora può essere considerato tale con 20 ore di lavoro settimanali raggiunte non importa con quali modalità. Facciamo un esempio: mentre prima erano esclusi i lavoratori part-time che lavoravano quattro giorni la settimana, ora ne sono compresi a pieno titolo. Così come chi lavorava ben più di 20 ore settimanali ma ripartite in modo da non arrivare mai a 4 ore consecutive giornaliere. La seconda novità sta nella frequenza delle visite mediche che saranno quinquennali e obbligatorie per tutti. Oltre il cinquantesimo anno inoltre, la frequenza delle visite passerà da quinquennale a biennale.
L'Inail ha pubblicato un manuale utile per avere un quadro della normativa degli operatori a videoterminale.
OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO (l’art. 52 del D.Lgs 626/94)
Il datore di lavoro, all'atto della valutazione del rischio di cui sopra, analizza i posti di lavoro con particolare riguardo:
• ai rischi per la vista e per gli occhi;
• ai problemi legati alla postura ed all'affaticamento fisico o mentale;
• alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui sopra tenendo conto della somma ovvero della combinazione dell’incidenza dei rischi riscontrati”.
ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO
Il datore di lavoro assegna le mansioni e i compiti lavorativi comportanti l'uso dei video terminali anche secondo una distribuzione del lavoro che consenta di evitare il più possibile la ripetitività e la monotonia delle operazioni.
Caratteristiche del lavoro svolto presso il posto con VDT. I relativi aspetti vanno raccolti per ogni operatore presente, eventualmente mediante intervista allo stesso:
• orario di lavoro
• ore di lavoro giornaliere con VDT (e loro distribuzione temporale)
• presenza di andamenti incostanti (nella settimana , nel mese) di lavoro con VDT
• tipo di lavoro (caricamento, acquisizione, word processing, dialogo, programmazione)
• tempi di uso tastiera, mouse o altri sistemi di interfaccia
• presenza di compiti complementari con impegno visivo ravvicinato.
Risulta assai importante per il Medico Competente, l’acquisizione di giudizi soggettivi dei lavoratori circa l’ambiente, il posto e il contenuto del lavoro. Vanno raccolti, per intervista, per ogni operatore presente. I giudizi possono riguardare diversi aspetti o variabili ma sono particolarmente importanti quelli relativi a:
• qualità dell’aria
• qualità delle condizioni climatiche
• qualità dell’illuminazione (presenza di riflessi, sfarfallamento,etc.)
• qualità dei caratteri del monitor
• accettabilità delle condizioni di rumore
• spazio di lavoro
• necessità di accessori.
Tali aspetti infatti non sono del tutto compendiati dalle descrizioni di cui ai punti precedenti e le valutazioni degli operatori possono risultare utili ai fini di eventuali successivi interventi.
SVOLGIMENTO QUOTIDIANO DEL LAVORO
Il lavoratore, qualora svolga la sua attività per almeno quattro ore consecutive, ha diritto ad una interruzione della sua attività mediante pause ovvero cambiamento di attività.
SORVEGLIANZA SANITARIA
I lavoratori, sono soggetti ad una visita medica iniziale comprendente l’esame della visita effettuata dal medico competente. Qualora l'esito della visita medica ne evidenzi la necessità, il lavoratore è sottoposto ad esami specialistici.
DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALI (DPI)
Per dispositivo di protezione individuale (DPI), si intende qualsiasi attrezzatura destinata a essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciare la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.
I Dispositivi di Protezione Individuale sono messi a disposizione dal Datore di Lavoro. In relazione alle specifiche fasi di lavorazione I DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALI HANNO COME OBIETTIVO QUELLO DI RIDURRE I RISCHI DI DANNI DIRETTI ALLA SALUTE DEI LAVORATORI DERIVANTI DALLE ATTIVITÀ EFFETTUATE NEI DIVERSI LUOGHI DI LAVORO. L’art. 40 del D.Lgs 626/94 definisce esattamente cosa si intenda per dispositivi di protezione individuale (DPI) e precisa le esclusioni. Si fa osservare che tra le esclusioni vengono indicati gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi; tuttavia, qualora tali indumenti svolgano la funzione di protezione da rischi specifici o generici, dalla legge si evince chiaramente che in tal caso anch’essi sono da considerare DPI.
NON SONO DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALI
• gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificatamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore;
• le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;
• gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori di rischio.
Nell’art. 41 viene ribadito che l’impiego del DPI è subordinato alla verifica del fatto che il rischio non può essere in alcun modo evitato o ridotto attraverso l’adozione di altri sistemi di prevenzione e di protezione. E’ quindi chiaro che il datore di lavoro deve essere in grado di poter dimostrare, anche attraverso l’esibizione della specifica documentazione, che la valutazione dei rischi e la conseguente individuazione delle misure preventive (art. 4) ha escluso la fattibilità di altri interventi. Occorre cioè aver completato un primo percorso di valutazione seguito dall’adozione o dalla previsione d’efficacia o dalla verifica d’efficacia di misure tecnico - organizzativo - procedurali ed aver rilevato che permangono ulteriori rischi.
I DPI SONO DUNQUE OBBLIGATORI QUANDO IL RISCHIO NON PUÒ ESSERE EVITATO O RIDOTTO IN TERMINI DI ACCETTABILITÀ.
SICUREZZA IN UFFICIO
Come in ogni altro ambiente, anche negli uffici è possibile la presenza di fonti di rischio. L'obiettivo deve essere quello di gestire gli uffici in sicurezza, facendo riferimento alle normative vigenti ma anche prestando attenzione ad aspetti talora anche banali ma molto spesso trascurati.
Argomenti di cui tenere conto sono:
• AMBIENTE DI LAVORO: disorganizzazione e disordine sono le condizioni principali di pericolo. Per favorire un esodo veloce e ordinato è indispensabile, oltre a garantire sempre l'assenza di materiale di ingombro sulle vie di circolazione disporre segnaletica e cartellonistica adeguate.
• COMPONENTI DI ARREDO: la "personalizzazione" dell'ufficio comporta spesso modifiche della situazione iniziale tali da compromettere la vivibilità dell'ambiente di lavoro. Nel trasportare imballi di vario genere è necessario valutarne sempre il peso e il baricentro considerando la movimentazione più corretta da adottare e i rischi che ne possono derivare.
• MATERIALE E APPARECCHIATURE DA UFFICIO: la manutenzione dei macchinari deve essere affidata a tecnici esperti, in particolare quando si tratta di lavori di smontaggio, riparazione, sostituzione di pezzi o parti di macchine o impianti. Le misure di sicurezza da adottare devono essere comunque tali da consentire l'effettuazione dei lavori il più possibile in condizioni di sicurezza.
• IL LAVORO AL VIDEOTERMINALE: i disturbi derivanti dall'uso del vdt sono da imputare all'inadeguatezza delle attrezzature ma soprattutto a comportamenti scorretti da parte degli operatori.
• ANTINCENDIO: lo spegnimento di un focolaio comporta rischi notevoli per l'operatore. E' indispensabile evitare di inalare fumi e gas di combustione, è necessario dirigere il getto dell'estintore alla base delle fiamme, procedendo dalle più vicine alle più lontane ed è fondamentale mantenere una via di fuga alle spalle.
• PORTE ED ELEMENTI DI CHIUSURA VERTICALE: le vie di transito e di esodo devono sempre garantire una percorrenza facile e sicura. Condizioni da evitare sono:
1. scarsa illuminazione.
2. presenza di gradini o dislivelli poco visibili o non segnalati.
3. presenza di porte, armadi o sportelli che aprono sulla via di transito.
• ELEMENTI DI ARREDO: armadi, classificatori e schedari non ancorati saldamente alle pareti possono divenire causa di infortunio.
• IMPIANTI ELETTRICI: e' sempre consigliabile l'installazione di canaline passacavo con prese e interruttori modulari, ispezionabili e rimovibili in caso di necessita'.
• IL MICROCLIMA: ottenere le condizioni di benessere ambientale è importante per tutti gli utenti di un ufficio; questo imperativo diventa indispensabile per i soggetti allergici per i quali, in effetti, sono stabiliti livelli di soglia ben più severi. Per quanto riguarda l'aerazione dei luoghi di lavoro chiusi, è necessario che i lavoratori dispongano di aria salubre in quantità sufficiente anche ottenuta con impianti di aerazione. L'aria dei locali di lavoro deve essere frequentemente rinnovata, evitando che le correnti colpiscano direttamente i lavoratori addetti a posti fissi di lavoro. La temperatura nei locali di lavoro deve essere adeguata all'organismo umano durante il tempo di lavoro ed evitare pregiudizio alla salute dei lavoratori.
• L'ILLUMINAZIONE: I luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale. In ogni caso, tutti i locali e luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi che consentono un'illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute ed il benessere dei lavoratori.
• IL RUMORE: Il benessere acustico può essere garantito tramite l'adozione di opportuni accorgimenti come, ad esempio, la compartimentazione di fonti di rumore, l'interposizione di locali-filtro tra stanze rumorose e stanze che necessitano di maggiore tranquillità e l'impiego di pannelli fonoassorbenti e fonoisolanti come divisori o come controsoffitti.
STRESS LEGATO ALL'ATTIVITA' LAVORATIVA
Lo stress legato all'attività lavorativa è il problema di salute più diffuso sul posto di lavoro, dopo il mal di schiena. Può essere provocato da agenti psicosociali, quali l'organizzazione e la gestione del lavoro (ad esempio, richieste eccessive e scarso controllo del proprio lavoro) oppure da agenti fisici, come la rumorosità e la temperatura. La prevenzione dello stress legato all'attività lavorativa è uno degli obiettivi riportati nella Comunicazione della Commissione europea in merito alla nuova strategia per la salute e la sicurezza sul lavoro.
INFORMAZIONE PER LE LAVORATRICI GESTANTI
Deve essere assicurata una specifica informazione a tutte lavoratrici gestanti o puerpere ai sensi del D.Lgs. 25 novembre 1996, n° 645 (integrato dalla Legge 53/2000 e in parte dal T.U. – D. Lgs. 151/2001) che definisce gli ambiti di attività possibili per le lavoratrici in gravidanza ed obbliga il datore di lavoro ad allontanare le gravide in presenza di attività pericolose per la loro salute e per quella del feto. Sono previste alcune lavorazioni assolutamente vietate, altre particolarmente a rischio, mentre per tutte le restanti attività è prevista una valutazione dei rischi da parte dell’azienda per adottare le misure tecniche ed organizzative necessarie a garantire la salute della lavoratrice in gravidanza.
1 luglio 2013
Tratto da