Un discorso falso trae origine da una falsa premessa.
Aristotele
Durante la trattazione dei vari argomenti sviluppati in questa sezione si è fatto, spesso, riferimento al Total Quality Management e il fatto non è casuale; la Qualità totale è, oggi, infatti, una filosofia trasversale a tutte le funzioni aziendali (per questo motivo la indichiamo con la q maiuscola). Essa è, infatti, la metodologia con la quale deve essere affrontata la vita nell'impresa ed è stata raccontata in centinaia di libri specialistici.
È noto che quando si parla di Qualità si pensa, immediatamente, all'industria giapponese dove è essa è nata; ma, ironia della sorte, non furono i giapponesi gli ideatori della Qualità. La sua origine è americana ed è scaturita, grazie a un gruppo di statistici che, tra gli anni '20 e '30, lavoravano nella divisione controllo della Qualità della Western Electric, un'azienda industriale della Itt. Alla Western si cercava una metodologia in grado di arginare il fenomeno della variabilità dei prodotti, all'uscita delle linee di produzione. La tecnica messa a punto da quei pionieri è quella che oggi è chiamata Statistical process control (Spc).
Alla fine della guerra mondiale Edwards Deming e Joseph Juran, della Western Electric, e Armand Feigenbaum, ex-responsabile della Qualità della General Electric, in qualità di membri delle forze d'occupazione per la ricostruzione industriale, insegnarono ai giapponesi le tecniche della Qualità. Molti anni dopo, gli elevati livelli qualitativi raggiunti dai giapponesi nel settore produttivo, indussero il sistema produttivo occidentale a interpellare Deming, Juran, Feigenbaum e un altro guru della Qualità, Philip Crosby, un ex-dirigente della Itt, per attingere, nuovamente, alle dimenticate tecniche della Qualità.
Il concetto di Qualità ha subìto una grande evoluzione; nei primi anni '50, i giapponesi utilizzarono le teorie di Deming e soci per la ricostruzione della loro struttura industriale cercando, soprattutto, di migliorare i processi di produzione. Particolare cura veniva rivolta ai controlli effettuati per ridurre il numero di difetti che si presentavano nell'arco del processo di produzione, dalla materia prima o dal semilavorato al prodotto finito.
La Qualità oggi abbraccia tutti gli aspetti operativi di un'impresa, si parla, infatti, di Qualità totale, ed essa non è più monopolio del solo sistema produttivo giapponese. Anche il rapporto tra management e dipendenti è cambiato: dall'organizzazione basata sul "controllo" del lavoro dei dipendenti si è passati, oggi, al principio del "consenso".
La Qualità diventa la parola d'ordine degli anni '90, quando le imprese si rendono conto che l'attenzione ai dettagli genera affidabilità e quindi vantaggio competitivo e iniziano a farsi certificare secondo le norme Iso 9000.
La Qualità totale, meglio nota come il Total Quality Management (Tqm), è una disciplina che, oggi, abbraccia l'intera organizzazione, dalle relazioni tra gli stakeholder, alla produzione. Con l'introduzione della parola total nel concetto di Qualità è stato introdotto un aspetto olistico della gestione, inoltre, dai criteri e dai metodi d'impostazione della Qualità, attraverso l'autodiagnosi organizzativa, ogni impresa può seguire un percorso metodologico per conseguire l'eccellenza del business.
La Qualità totale ha comportato l'immissione nell'organizzazione aziendale di gerarchie flessibili, lavoro di squadra, auto-regolamentazione dei lavoratori, utilizzo di strumenti per quantificare il successo e per realizzare un continuo miglioramento dei compiti e dei processi. Il Tqm dovrebbe essere l'obiettivo finale d'ogni impresa, che dovrà essere però consapevole che il processo d'attuazione richiede tempo, impegno e risorse. La strada seguita da molte imprese è quella di raggiungere, gradualmente, livelli qualitativi sempre più elevati per essere pronte ad adottare il Tqm. La Texas Instruments, la Exxon Chemical, la Xerox, la Amdahl, la Kodak, sono alcuni esempi d'aziende occidentali che, per prime, hanno riprogettato tutta l'organizzazione aziendale, basandosi sul Tqm. La riorganizzazione è stata adottata con il principio della gradualità (mediamente occorrono circa dieci anni perché la mentalità all'interno di un'azienda cambi e si orienti al Tqm) specie al fine di superare le resistenze del middle management interno (o di attendere che cambi la vecchia struttura decisionale).
Negli Usa il Tqm è diventato oramai un must per tutte le imprese, tanto che il Malcom Baldrige National Quality Award, istituito nel 1987 e consegnato ogni anno dallo stesso Presidente degli Usa alle sei aziende distintesi nel campo del Tqm, è per ogni impresa l'oggetto del desiderio. La stessa ambizione mostrata dalle imprese giapponesi nei confronti del premio sulla Qualità, istituito negli anni '50 e dedicato all'americano Edwards Deming.
Mentre l'Occidente rincorreva i giapponesi nell'adottare il Tqm, questi avevano posto il loro target più avanti ancora, adottando il metodo di produzione just-in-time. Il metodo consiste in una procedura organizzativa in grado di consegnare il prodotto finito, prelevandolo direttamente dalla catena di montaggio, invece di mandarlo ad ampliare il livello delle scorte in attesa della vendita. L'industria automobilistica Toyota fu la prima a convincersi della validità di due principi: la Qualità resta un'arma competitiva molto potente, ma la possibilità di una consegna immediata di un prodotto ordinato quasi "su misura" può diventare fonte di notevole vantaggio competitivo.
Giova, comunque, osservare che il Tqm rappresenta l'insieme delle procedure adottate avendo come obiettivo principale l'orientazione al marketing management; infatti, il Tqm è andato evolvendosi, partendo dalla riconversione dei processi produttivi, per arrivare al riconoscimento della coevoluzione sinergica del sistema delle relazioni. In ogni caso l'uomo di marketing sa perfettamente che se un'impresa vuole, ad esempio, rivedere la propria adeguatezza organizzativa in termini di marketing dovrà rifarsi agli strumenti d'auto-diagnosi messi a punto dalle tecniche della Qualità.
È necessario, comunque, sottolineare la situazione di ritardo dell'Ue rispetto a Usa e Giappone nell'applicazione della Qualità come strumento di competitività dell'apparato produttivo. L'Ue ha analizzato, durante le "Settimane della Qualità", alcuni elementi di comparazione e sono emerse le seguenti considerazioni:
• manca una "cultura omogenea" della Qualità e quindi un'immagine europea della Qualità;
• ciò penalizza nella competizione poiché la Qualità è l'asse orizzontale di una politica industriale tesa al mantenimento o all'acquisizione di quote di mercato;
• siamo in ritardo, circa il ruolo della Qualità quale elemento di management;
• stiamo perdendo occasioni per una maggiore partecipazione del personale interno e quindi per una sua maggiore soddisfazione e una migliore qualità della vita;
• non si aiutano sufficientemente le Pmi;
• siamo in ritardo nell'introduzione della Qualità nei servizi pubblici (l'Italia è al 58° posto della classifica stilata dall'Ocse).
Se ne deduce quindi che anche nel settore della Qualità, come in quelli del marketing, dell'energia e dell'ambiente, esistono, per le imprese italiane, occasioni di business o di miglioramento del business.
Nel seguito vengono illustrati alcuni casi "storici" d'applicazione del Tqm in aziende famose (Holberton, 1991), allo scopo di mostrare quanto diverse possano essere le strade che conducono un'impresa ad adottare le metodologie della Qualità.
Case history: il Tqm alla kodak
Come accennato la Kodak è stata una delle prime aziende occidentali a riorganizzarsi secondo i principi del Tqm. Presso la Kodak è stato approfondito e migliorato lo strumento dello Statistical process control (Spc). Il metodo utilizza i dati di un processo di produzione per il controllo e il miglioramento dello stesso: dati, controllo e miglioramento sono le tre parole-chiave dell'Spc. I dati permettono di superare il livello delle supposizioni, il controllo permette, l'analisi, sia della "variabilità" all'interno di tutti i processi di produzione, sia delle interazioni uomo macchina. Successivamente si può procedere ai miglioramenti, attraverso la collaborazione tra gruppi di lavoro inter-funzionali. Jack Frost, Direttore della Kodak in Gb ha affermato: «Abbiamo trattato gli operai da sciocchi per anni. Ora vogliamo coinvolgerli e ci rendiamo conto che possiedono molte buone idee». Il punto di vista di Frost non lascia margine al dubbio: per anni il management delle imprese non ha saputo sfruttare al meglio le capacità delle proprie risorse umane. L'atto di nascita della Qualità alla Kodak si fa risalire alla decisione, presa da Frost, nel 1985, di inviare un certo numero di dipendenti dell'impianto chimico di Kirkby, vicino Leverpool, a frequentare un corso per apprendere l'Spc; la scelta dei partecipanti fu fatta sulla base della loro capacità d'interazione e sulla fiducia di cui godevano nei confronti dei colleghi. Al loro ritorno in azienda, essi istruirono sessanta colleghi sui concetti fondamentali dell'Spc e il 1986 fu dedicato ad una serie di seminari che coinvolsero tutti i livelli, dagli operai al management; durante i seminari venivano analizzate e recepite idee e proposte da parte dei partecipanti. Nel 1990 l'impianto di Kirkby, che produceva un prodotto chimico per sensibilizzare le pellicole Ektacolor, era diventato il più efficiente nel mondo; nel 1990 il costo della produzione era calato del 40%, l'utilizzo delle materie prime era salito dal'86 al 91%, i tempi di consegna erano soddisfatti nel 100% dei casi, la qualità del prodotto era migliorata.
Case history: il Tqm alla Amdahl
Feigenbaum negli anni '50, in Giappone, aveva compreso che la Qualità totale non era solo un'attività tecnica ma un modo di gestire. Tornato in Occidente, fu invitato a tenere una serie di conferenze mirate ad introdurre le metodologie sulle quali si basava il successo delle imprese giapponesi. Il seme lasciato da Fiegenbaum, e dagli altri citati guru della Qualità, iniziò a crescere anche in aziende di minor importanza, al paragone della Kodak. Nel 1985, Clem Smyth, Direttore della produzione e controllo della Amdahl Ireland, sussidiaria della Amdahl Corporation americana, produttrice di mainframe, aveva compreso che l'introduzione del Tqm in azienda presupponeva due requisiti fondamentali: introdurre un efficace sistema di standardizzazione della produzione e favorire un ambiente meno rigido gerarchicamente. Nel 1985 fu avviato il piano di Tqm, che portò in pochi anni, alla costituzione di squadre autogestite di 120 persone. Il taylorismo, fino ad allora impiegato, imponeva la scomposizione del computer in tante parti da assemblare in modo continuo lungo la catena di montaggio; l'autogestione, praticata alla Amdahl, si basava sulla collaborazione del gruppo che produceva un computer per volta. L'autogestione consentiva al gruppo di gestire gli spazi, i tempi di lavoro, gli eventuali straordinari, il controllo della qualità dei prodotti, i compiti, secondo le capacità tecniche di ciascuno e/o il desiderio di migliorare la propria professionalità. L'autogestione e l'introduzione del just-in-time fecero sì che, mentre nel 1985 l'imprese impiegava 135 giorni per produrre un computer, nel 1990 ne impiegava 59.
Case history: il Tqm alla Rank Xerox
Il percorso compiuto dalla Rank Xerox per l'introduzione del Tqm è passato attraverso la valorizzazione del "Servizio clienti". In un settore come quello delle attrezzature d'ufficio, che è sempre più simile al settore delle materie prime (dove il prezzo è il fattore decisionale principale), il servizio clienti e le strutture di supporto sono i fattori chiave per orientare le scelte dei clienti. Il Tqm della Rank Xerox poggiava, sostanzialmente, sulle tecniche di marketing avanzato; utilizzando ricercatori indipendenti venivano condotte indagini approfondite sul livello di soddisfazione-insoddisfazione dei clienti. Le indagini venivano realizzate con un'inchiesta annuale svolta con l'invio di questionari a tutti i clienti e con l'invio alla clientela di un altro questionario novanta giorni dopo l'acquisto di una macchina Xerox. Dopo l'analisi dei questionari venivano stilati, un rapporto di "vulnerabilità", per evidenziare le ragioni d'insoddisfazione (cattiva prestazione della macchina o insoddisfacente rapporto con la clientela) e, quindi, da parte dei responsabili regionali, in collaborazione con il cliente, un rapporto sulle azioni da intraprendere per eliminare le cause dell'insoddisfazione. Secondo Vernon Zelmer, amministratore delegato della Rank Xerox, spesso è difficile capire se l'insoddisfazione parte dal dipendente o dal cliente, ma che, comunque, non è possibile ottenere la soddisfazione dell'uno, senza quella dell'altro e viceversa. Per tale motivo la Rank si era preoccupata di creare un buon livello di soddisfazione tra i suoi dipendenti con un processo di ristrutturazione interno teso a definire meglio ruoli e compiti in collaborazione con i dipendenti stessi. Dall'inizio degli anni '90, per un paio d'anni, gli obiettivi globali posti dal top management a tutta l'impresa erano stati quelli dell'ottimizzazione dei livelli di soddisfazione interna ed esterna anche a scapito degli obiettivi puramente funzionali o finanziari. Uno dei risultati ottenuti fu il riconoscimento che la causa dell'insoddisfazione andava cercata nel management; per ovviare a questo inconveniente fu data l'opportunità ai dipendenti di inviare critiche sull'operato dei manager, critiche che venivano lette e discusse dai manager riuniti con i propri subordinati. Tra le tecniche del Tqm non va trascurata, infatti, quella del conflitto interno all'impresa; è compito (difficile) del management alimentarlo e gestirlo, perché diventi fonte di miglioramenti e non di caos e turbolenze. Ad esempio alla Electrolux tutti i dipendenti dànno un voto all'impresa sulla base di un questionario che copre 17 aree gestionali. Dai risultati di questa pagella, resa pubblica e fatta oggetto di discussione con i sindacati, dipende il 30% della quota variabile dello stipendio del top management.
Case history: il Tqm alla Toyota
Ci sono state poche innovazioni nella gestione di un'impresa così ammirate e imitate come il sistema di produzione just-in-time (Jit), messo a punto dalla Toyota Motor. Sviluppato nel 1960 dal leggendario Taiichi Ohno come metodo per la riduzione delle scorte, il Jit ha subìto una serie di modifiche diventando una metodologia che garantisce elevati livelli d'affidabilità e qualità al processo di produzione. Quando il sistema fu progettato, la produzione della Toyota avveniva nel raggio di 50 km dalla sede centrale, nel distretto di Aichi. Con il tempo l'impresa è stata in grado di far crescere, nei pressi di ciascuna fabbrica, una serie di fornitori in grado di effettuare le consegne ogni giorno, al momento stabilito e nell'esatto quantitativo. Il Jit prevede anche che non si ricorra a squadre di manutenzione; a ogni operaio è affidato il controllo del buon funzionamento delle macchine ed ogni addetto ha il diritto, anzi l'obbligo, di fermare la catena quando si presenta un problema (il total productive maintenance). Questo tipo di gestione rende l'operaio tranquillo sulla presenza delle scorte e orgoglioso del livello di responsabilità affidatogli. Negli anni '90 la Toyota ha costruito una serie di fabbriche in Usa e in Gb, questa politica di espansione ha reso più problematica la gestione del Jit. Le difficoltà sono state però superate creando grandi magazzini di componenti realizzati, per lo più, in Giappone e gestendo la loro consegna alle fabbriche, secondo il metodo del Jit, utilizzando le tecnologie informatiche. In tal modo, nel giro di pochi anni, la fabbrica Toyota del Kentucky ha raggiunto quasi lo stesso livello di produzione delle fabbriche di Aichi. In ogni caso, affermava Tadaaki Jagawa, Direttore della pianificazione della Toyota, «americani ed europei hanno oramai imparato a produrre secondo gli elevati standard qualitativi giapponesi, cosicché l'elemento Qualità è destinato a perdere importanza competitiva». A questo punto, affermava Jagawa, la chiave del successo sarà la capacità di consegnare tempestivamente un prodotto personalizzato; «i clienti vorranno la loro automobile il giorno dopo che l'hanno ordinata». Presso la Toyota il Jit si è quindi coniugato con una produzione flessibile che consente di modificare i piani di produzione nel giro di una giornata.
Tratto da Eugenio Caruso, Gestire l'impresa del 2000, Franco Angeli Ed. (Cinque ristampe)
Eugenio Caruso - 19 agosto 2013
Tratto da
http://www.francoangeli.it