La ragione è condannata a porsi degli interrogativi ai quali sa di non poter rispondere.
Immanuel Kant
Negli ultimi decenni, in seguito
a iniziative più attente da parte
dei governi locali ed europei, la
qualità dell’aria in Emilia-Romagna è
migliorata su gran parte delle città. Sono
calate vistosamente le concentrazioni di
alcuni inquinanti, come ad esempio il
monossido di carbonio, biossido di zolfo,
piombo, benzene. Rimangono critici
PM10, ozono e biossido di azoto.
Dunque, l’inquinamento atmosferico deve
continuamente essere monitorato con
un sistema di centraline che registrano
i livelli dei vari inquinanti. Questi dati
sono necessari sia per la valutazione
delle misure adottate dai governi (locali
e nazionali) per il miglioramento della
qualità dell’aria, sia per la pianificazione e
l’attuazione dei provvedimenti.
Per la valutazione delle misure adottate
in Emilia-Romagna ci si avvale di studi
basati su strumenti statistici applicati
ai dati osservati che provengono dalla
rete di stazioni regionale. Tale rete
nasce, tuttavia, con esigenze di carattere
conoscitivo-legale piuttosto che
statistico-scientifiche. In altri termini,
la priorità è monitorare la matrice aria
garantendo un’informazione completa
e quotidiana al cittadino e ai decisori,
adeguandosi via via al mutare dei fattori
di pressione presenti e all’evoluzione del
contesto normativo.
Dunque, nello studio dei trend della
qualità dell’aria bisogna tenere conto
che la rete non nasce con questo scopo.
Ciò richiede alcune cautele. La garanzia
di qualità del dato, perfettamente
soddisfacente per gli scopi di
monitoraggio della rete stessa, potrebbe
non essere ottimale per uno studio
statistico di lunga durata. In particolare,
in alcuni casi il cambio di strumentazione
potrebbe portare a differenze sistematiche
nelle misure: da un punto di vista
statistico, la serie non è più omogenea.
Questo è un primo problema.
Il secondo problema si pone soprattutto
qualora si ambisca a definire un
indicatore sintetico regionale che
rappresenti in forma aggregata la qualità
dell’aria in regione, per poi valutarne la
tendenza sul lungo periodo.
Dunque, in questa prima fase dello
studio del trend della qualità dell’aria
in Emilia-Romagna, abbiamo adottato
un approccio analitico: il trend è stato
calcolato separatamente per ciascuno dei
tre inquinanti presi in esame (NO2, PM10,
O3) e per ciascuna centralina che li misura.
Un’analisi robusta del trend di una serie
storica deve tener in conto delle assunzioni
che essa sottende (normalità, assenza di
autocorrelazione, omoschedasticità ecc.).
Per l’analisi delle serie storiche di dati di
qualità dell’aria sono adeguati approcci
del tipo utilizzato nel metodo di Mann-
Kendall o quello di Theil-Sen.
Per questo studio abbiamo utilizzato
questo ultimo, implementato dal King’s
College di Londra nel pacchetto software
OpenAir.
Il vantaggio dello stimatore di Theil-
Sen è che tende a produrre intervalli
di confidenza accurati anche quando i
dati non sono distribuiti normalmente e
nel caso di eteroschedasticità (varianza
dell’errore non costante). Inoltre, è un
metodo robusto rispetto agli outliers. Infine,
tiene conto del fatto che le serie storiche di
dati di qualità dell’aria sono autocorrelate.
I dati delle centraline sono stati preparati
e analizzati seguendo questa procedura:
1) controllo di qualità
2) selezione delle stazioni con un numero
di dati validi sufficiente
3) destagionalizzazione
4) solo per l’ozono, calcolo del massimo
giornaliero della media mobile su 8 ore
5) calcolo delle medie mensili
6) stima del trend con il metodo di Theil-
Sen
7) stima dell’intervallo di confidenza del
trend stesso
8) calcolo del p-value, cioè valutazione
della significatività statistica del trend.
Il controllo di qualità delle misure della
rete regionale è affidato all’esperienza
degli operatori delle Sezioni provinciali di
Arpa, che garantiscono controlli incrociati
quotidiani e applicano procedure di
validazione dei dati a cadenze regolari.
Questo sistema garantisce una qualità
del dato omogenea su tutto il territorio
regionale, ormai da diversi anni. Nei
primi anni dello scorso decennio, però,
tale omogeneità non era ancora garantita
e pertanto si è proceduto a un ulteriore
controllo automatico preliminare.
Tale controllo si articola in due fasi. In
una prima fase si verifica la coerenza
di ciascun dato della serie storica con
la distribuzione statistica della serie
stessa, allo scopo di evidenziare eventuali
anomalie. In una seconda fase è verificata
la coerenza spaziale dei dati rilevati, allo
scopo di segnalare misure discordanti
rispetto alle centraline vicine, e pertanto
sospette. Ne risultano invalidati circa
l’uno per mille dei dati di PM10,
concentrati negli anni 2001-2004, e
ancora meno per NO2 e ozono.
Le concentrazioni degli inquinanti
oggetto di questo studio mostrano tutte
una spiccata stagionalità: i valori di PM10
e biossido d’azoto sono circa doppi nei
mesi invernali rispetto a quelli estivi,
mentre l’inverso succede per l’ozono. Il
metodo di Theil-Sen usato per stimare
la significatività del trend richiede
invece che i dati non abbiano ciclicità,
ma solo variazioni casuali, sovrapposte
a un (eventuale) trend. Perciò prima
di procedere all’analisi dei trend si è
rimossa la stagionalità. In pratica, dai dati
misurati è stata sottratta la media di tutte
le misure effettuate dalla stazione nella
sua storia nello stesso mese.
I risultati dell’analisi
Vediamo dunque i risultati dell’analisi.
Per il PM10 la tendenza è di diminuzione
in quasi tutte le stazioni. In metà
delle stazioni il calo è statisticamente
significativo. Solo tre stazioni delle 32
analizzate mostrano un trend in aumento,
ma non significativo da un punto di vista
statistico. Il valore mediano dei trend di
PM10 è di -0.9 µg/m3 all’anno.
Si nota in maniera evidente che il
trend di calo non è una caratteristica di
alcune zone piuttosto che di altre.
Anche nel caso del NO2, la maggior
parte delle stazioni mostra un trend
in diminuzione. Per metà delle 74
stazioni analizzate la diminuzione è
statisticamente significativa. Undici
stazioni mostrano una crescita,
significativa in 5 casi solamente. Il valore
mediano dei trend di NO2 è di -0.9
µg/m3 all’anno. Non si evidenzia nessuna particolare
configurazione geografica prevalente.
La situazione per il terzo inquinante, e
cioè l’ozono, sembra essere più variegata
e meno soddisfacente. In questo caso
non sembra esserci indicazione chiara
di un aumento o di una diminuzione, e
nella maggior parte delle stazioni il trend
non è significativo. Questo ci rimanda
a ulteriori analisi per approfondire tale
risultato. Il valore mediano dei trend di
ozono è di +0.17 µg/m3 all’anno.
Conclusioni
Come interpretare questi risultati? In
un’ottica regionale, ci sono segnali di
miglioramento per PM10 e NO2, ma non
per l’ozono. Volendo poi interpretare
le singole realtà locali, occorrerebbero
elementi conoscitivi ulteriori. In tal senso,
questo studio non pretende di esaurire
il tema, che richiederà anzi ulteriori
approfondimenti.
Ad esempio, si evidenziano alcuni casi
particolari. Non deve stupire la variabilità
dei risultati per NO2, vista la natura più di
scala locale del fenomeno, che in alcuni casi
probabilmente risente di variazioni locali
della circolazione stradale. In qualche
raro caso il trend potrebbe invece essere il
riflesso della variazione di strumentazione.
La lunghezza delle serie storiche, unita
alla metodologia adottata, mette al riparo
dagli effetti della variabilità meteorologica
di breve periodo, ma non consente di
discriminare tra gli effetti delle variazioni
meteorologiche di lungo periodo e gli
effetti delle variazioni emissive. Per
effettuare uno studio che tenga conto
anche di questi due fattori occorrerà
elaborare metodologie più sofisticate.
Giovanni Bonafè, Enrico Minguzzi,
Antonella Morgillo
Arpa Emilia-Romagna
... Tratto da Ecoscienza 3/2013
30 settembre 2013
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