Gli scissionisti PdL tengono in piedi un governo con mani legate e intanto la rinata Forza Italia lo massacra di botte. È quasi maramaldesco: neppure un governo forte e coeso sarebbe in grado di reggere per un anno e mezzo in questa crisi godendo del consenso popolare, immaginarsi un Letta-Alfano! La divisione di compiti tra le destre sembrerebbe dunque perfetta per il genio degli scontri bipolari urlati, in presenza di un Pd spaccato tra chi avrebbe voglia di far cadere il governo – certo non solo Renzi – e chi sta dalla parte di Letta e Napolitano: un “repeat” della situazione in cui si era venuto a trovare Veltroni nel 2008, impacciato dal sostegno all’impopolare governo Prodi 2. Ma la storia non si ripete mai, se non come farsa, una farsa tragica nel nostro caso: quali sono le differenze?
La prima è che siamo in una situazione tripolare, e chi si avvantaggerebbe di più da uno scontro urlato sono i 5 Stelle e non Forza Italia: Berlusconi decaduto e ai servizi sociali, indebolito dalla divisione del suo gruppo, appesantito dal sostegno che aveva dato a Letta-Napolitano, sarebbe ancora il regista della sua parte politica, ma non il protagonista dello scontro. La seconda è che le regole elettorali oggi sono in ballo, mentre allora il Porcellum non era in discussione. Se la Consulta ne proclamasse l’incostituzionalità per l’assenza di un limite inferiore al premio, com’è probabile, torneremmo nel proporzionale, a meno che si adotti la facile soluzione D’Alimonte e per l’attribuzione chiedo venia a Pasquino che l’aveva anticipata tanti anni fa in un diverso contesto: un ballottaggio per il premio tra le due liste che hanno ottenuto i maggiori consensi. Ma questa “soluzione” non eliminerebbe la possibilità di risultati difformi tra Camera e Senato, e di conseguenza il caos. Né la possibilità di un successo travolgente di Grillo, e di conseguenza un caos ancor più forte. Siccome né un D’Alimonte, né una riforma del Senato sembrano in vista, la soluzione più probabile è il proporzionale, che converrebbe a tutti, tranne che a Renzi. Sì, anche a Grillo, nonostante le sue sparate a favore del Porcellum, che hanno il solo scopo di rifiutare il ricatto che non si può tornare a votare subito.
Nel suo primo vero scontro con Letta (caso Cancellieri) Renzi ha ceduto, e probabilmente ha fatto bene perché il terreno di battaglia non era il suo. Farà così anche quando sarà segretario del partito e il terreno sarà quello, per lui decisivo, della legge elettorale? Sarà in grado di porre al governo un aut/aut, o bipolarismo e in fretta (alla D’Alimonte, l’unico possibile), o morte? E oltretutto un bipolarismo a rischio Senato, perché una riforma costituzionale porterebbe via troppo tempo? La posizione più ragionevole sarebbe quella di porre un aut/aut su un D’Alimonte subito, e però sostenere lealmente Letta se il governo si impegna a condurre in porto entro il 2014 la riforma del Senato: i tempi ci sono. È vero che ciò esporrebbe Renzi a un rischio di logoramento, sostenendo un governo che sarebbe impopolarissimo se cerca di fare riforme vere, o inefficace se traccheggia, ipotesi assai più probabile. Ma chi aspira a essere uno statista, e non solo un segretario di partito, anche a questi rischi deve imparare ad esporsi. Michele Salvati.
da rivistailmulino.it - 26 novembre 2013
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