1. Premessa
Negli ultimissimi anni il sistema produttivo mondiale sta affrontando un vero e proprio rivolgimento che va sotto il nome di new-economy.
E' però opportuno affermare che new-economy non significa la nascita e lo sviluppo recente di un gran numero d'imprese nei settori dell'e-commerce, dello sfruttamento delle potenzialità di Internet e delle telecomunicazioni, poiché questi soggetti imprenditoriali non sono altro che la punta di un iceberg e che questo iceberg è una vera rivoluzione industriale che sta conducendo a modifiche culturali, organizzative e strategiche la massa delle aziende dei paesi più industrializzati.
Assistiamo, ad esempio, a un'accelerazione degli avvenimenti, mai vista prima, tutto è fluido, i cambiamenti avvengono in modo così repentino da imporre l'assioma che le imprese, per sopravvivere, oltreché essere veloci e flessibili, devono interpretare il cambiamento come un fatto fisiologico, incorporato nel proprio dna.
Per capire cosa realmente sia questo iceberg della nuova economia, forse, più che porre l'attenzione sui grandi gruppi gioverebbe osservare come le Pmi più avanzate siano protagoniste di una vera e propria rivoluzione con l'introduzione dell'information technology nella progettazione, nei processi produttivi, nella gestione e con una marcata attenzione alle nuove tecnologie.
Si possono, tra l'altro, illustrare un gran numero di esempi pratici; i produttori italiani di macchine utensili, dopo un periodo di stallo, sotto i colpi della concorrenza a basso costo del lavoro, stanno ritrovando lo slancio e la leadership del passato grazie all'information technology e all'utilizzo massiccio di una grappolo di tecnologie (laser, fibre ottiche, microelettronica, miniaturizzazione dei motori elettrici).
Le due regine dell'export italiano sono rispettivamente, la meccanica e il tessile-abbigliamento, due settori nei quali la concorrenza proveniente da ogni angolo del mondo è agguerrita; ma l'innovazione tecnologica e gestionale, l'information and communication technology e la creatività hanno dato ai nostri imprenditori quel plus che consente ad una miriade di piccole, medie e grandi (poche) imprese di battere la concorrenza.
La rivoluzione succitata è caratterizzata da una serie di elementi distintivi, che non possono non rientrare in un concetto di nuova economia.
Ieri l'azienda era focalizzata su aspetti tangibili o misurabili (strutture, impianti, materie prime, lavoro, capitale, bilanci), oggi sono gli aspetti intangibili che dettano le regole della competitività (leadership, immagine, informazione, conoscenza, vision, sfida).
I manager devono fronteggiare situazioni contraddittorie e dilemmi (semplice-complesso, stabile-instabile, centralizzato-decentrato, competizione-cooperazione, ordine-disordine, velocità decisionale-condivisione, comando-leadership), ma sono impreparati a fondere gli opposti, ad affrontare il paradosso, a misurare l'immisurabile.
Ciò non significa che le imprese non vogliano cambiare, esse, infatti, hanno sperimentato vari modelli organizzativi, come l'activity based management (1) , il total quality management con le sue varie modalità operative, il business process reengineering (2) , l'outsourcing, il downsizing, la lean organization (3) , il pdca (4).
Si potrebbe affermare che le aziende, specie la grandi, sono state investite da ondate di proposte d'innovazione delle loro strutture organizzative; spesso i risultati sono stati modesti e si sono tradotti, sostanzialmente, in drastici tagli nel costo del personale, nell'applicazione del buon senso (5) e nel superamento delle logiche burocratiche e gerarchico-funzionali.
Ma ora, la nuova economia richiede a imprenditori e manager, sia un salto rispetto alla tradizione deterministica e meccanicistica, sia l'abbandono di regole e paradigmi che sono ancora alla base della vecchia cultura.
Paradossalmente, alla complessità, alla fluidità e alla non linearità della nuova economia non è possibile rispondere con modelli complessi, con ristrutturazioni onerose e con una continua perdita di risorse, ma, viceversa, con una semplificazione dei modelli di gestione e con la focalizzazione su alcuni principi guida. E' essenziale rammentare che la Pmi, nerbo e cerniera del sistema produttivo non ha, quasi mai, seguito le mode delle riorganizzazioni, eppure i risultati parlano di un loro continuo e inarrestabile successo. Allora, forse, anche la grande impresa deve entrare nell'ottica della Pmi e adottare quei semplici principi guida che sono alla base del loro successo.
Giova sottolineare che alla complessità non si può rispondere con i grandi piani strategici, con le continue ristrutturazioni, ma seguendo proprio i principi di gestione della Pmi:
- scegliere le priorità,
- concentrarsi su esse delegando il resto,
- decidere le modalità operative,
- mobilitare le persone che servono,
- cercare i risultati nel breve.
Il mondo dell'impresa è passato dalla realtà dei dati degli anni settanta, a quella delle informazioni degli anni ottanta a quella della conoscenza degli anni novanta. Oggi la capacità di acquisire, sviluppare, disseminare più velocemente della concorrenza idee, creatività, immaginazione, conoscenza sta sostituendo la capacità di realizzare prodotti e servizi innovativi come fattore critico di successo.
Una corretta gestione della conoscenza può essere considerata, oggi, il principio base su cui fondare la propria impresa.
2. La gestione della conoscenza
In base al grado di accessibilità la conoscenza può essere suddivisa in:
1. Tacita (mente umana e organizzazione): indirettamente accessibile solo con difficoltà attraverso deduzioni e osservazioni dei comportamenti.
2. Implicita (informazioni non formalizzate, processi di lavoro): accessibile attraverso discussioni, interviste e indagini in azienda.
3. Esplicita (documenti e computer): di facile accesso dato che tutto è ben documentato in risorse di conoscenza formale che sono spesso ben organizzate già alla fonte.
Avendo ben chiaro che per conoscenza esplicita si intende quella formale, sistematica, scientifica, chiara e, quindi, facilmente duplicabile e per conoscenza tacita quella intuitiva, ambigua, interpretativa, non lineare, appartenente alle menti lavorative e difficile da rappresentare in una equazione scientifica, è possibile comprendere perché le imprese, che oggi si ritrovano a dover competere in un mercato sempre più vorticoso, frenetico e "affamato" di conoscenza, si stanno orientando sempre più verso una gestione delle risorse umane che sappia valorizzare al meglio il know-how di ciascun lavoratore. Lo scopo è quello di poter sfruttare il grande potenziale nascosto posseduto da ciascuna impresa, il capitale intellettuale proprietario di ciascun individuo o meglio la conoscenza tacita.
Per capire la potenzialità di una gestione efficace ed efficiente della conoscenza tacita di un'organizzazione, basta pensare che il valore di un'azienda dipende mediamente per circa il 40-50% dal know-how dei suoi dipendenti.
Lo sforzo che ciascuna impresa deve essere in grado di sostenere, al fine di poter applicare una gestione della conoscenza efficace, è quello di riuscire a sensibilizzare ciascun membro dell'organizzazione a diffondere/condividere il proprio sapere, in modo da poter esplicitare quanto è racchiuso nelle sue tacite pratiche giornaliere.
Alcuni economisti, al fine di valorizzare la conoscenza di "proprietà dei singoli", suggeriscono di creare un sistema sociale attraverso il quale i membri di un'organizzazione possano dialogare/confrontarsi tra loro allo scopo di ampliare e condividere le proprie credenze, prospettive e così via. Merito di tale sistema sociale oltre a quello di rendere organizzativa la conoscenza tacita, è quello di facilitare la generazione di nuova conoscenza grazie ai conflitti, ai confronti e alle discussioni che si vengono a creare tra i vari membri dello stesso sistema.
Per rendere operativa questa soluzione è indispensabile creare una cultura organizzativa fortemente orientata allo spirito di condivisione, cercando di infondere nel personale dipendente il concetto di partecipazione. Giova osservare che le strutture organizzative marketing oriented sono quelle che, generalmente, riescono a meglio realizzare in azienda lo spirito di identità e la partecipazione.
3. Come organizzare l'azienda knowledge oriented
Questa nuova economia, caratterizzata dalla transizione da modelli fondati su dati e informazioni a modelli basati sulla conoscenza ha imposto, conseguentemente, una revisione di alcuni processi organizzativi tra i quali:
- la comunicazione, condizione irrinunciabile per tradurre in pratica le strategie di business. Il processo di comunicazione deve articolarsi in due fasi: il concepimento del dettato strategico (vision (6) , mission, sistema dei valori, definizione del business) e la condivisione di tale dettato tra tutti gli stakeholders, in modo che, in un circolo virtuoso, si ottenga la convergenza tra il progetto d'impresa e il progetto di vita dei singoli individui;
- l'adattamento alle rapide evoluzioni del mercato. Il cambiamento non sarà più realizzato attraverso le piccole modifiche incrementali alle quali eravamo abituati, ma con veri e propri salti;
- una forte e autorevole leadership, necessaria per gestire questi salti. Più marcato è il cambiamento, più forte è la domanda di leadership della quale la nuova economia è in forte debito per uno sviluppo più organico ed efficiente. Come è stato dimostrato ampiamente una forte leadership è alla base dell'eccellenza di un'impresa. L'eccellenza è la condizione per acquisire una leadership di mercato, ma acquisire una leadership sta diventando una condizione di sopravvivenza per molte imprese, cosicché, in un circolo virtuoso l'eccellenza produce la leadership, che, a sua volta, è alla base della "vitalità" delle imprese.
4. L'impresa moderna
L'analisi della "azienda moderna" porta a definire una serie di modelli; tra i più frequenti si trovano:
- l'impresa cava,
- l'impresa a rete,
- l'impresa virtuale,
- l'impresa snella.
Tutti modelli che vedono sfumare il "soggetto Impresa" in modelli organizzativi che vedono, spesso, svalutati gli asset materiali a favore di quelli immateriali e che interpretano l'impresa come una rete di soggetti che condividono l'obiettivo della creazione di valore.
Le caratteristiche principali dell'impresa moderna sono:
- tra produttore e utilizzatore si è stabilito un rapporto bi-direzionale di informazioni;
- l'impresa è orientata a produrre ciò che é in grado di vendere;
- l'impresa è convinta di esistere in quanto si sente capace di soddisfare specifici bisogni di specifici clienti;
- l'impresa parte dal mercato, concentra la propria attenzione sull'individuazione dei bisogni dei clienti, individua i mezzi, le tecnologie e le risorse umane più appropriati per raggiungere gli obiettivi della massima soddisfazione del cliente e dell'ottimizzazione dei profitti, si impegna perché, al termine dello scambio, impresa e cliente abbiano raggiunto entrambi un livello di maggiore soddisfazione. In questo equilibrio dei ruoli, il consumer, diventando una sorta di collaboratore del produttore, agisce in modo pro-attivo e viene definito, prosumer;
- l'impresa ha abbandonato la gestione funzionale per obiettivi, per abbracciare una gestione olistica, interfunzionale e per processi,
- i processi prevedono tecnologie flessibili, cicli di produzione brevi, basso livello di scorte,
- l'organizzazione dà spazio all'imprenditorialità dei singoli,
- le performance si misurano in termini di economie di scopo e di profitto a breve-medio termine, in funzione della tipologia del business,
- infine si può affermare che il governo della complessità del sistema economico può realizzarsi se l'impresa sa far convivere una notevole capacità di accumulazione di conoscenza e di sfruttamento rapido della stessa con la flessibilità, per cogliere opportunità di business sempre più fugaci.
5. L'e-enterprise
Esiste ancora la falsa ma largamente diffusa idea che avere un web site dal design accattivante, tramite il quale proporre prodotti ed accettare ordini, sia sufficiente a portare le aziende verso il mercato globale.
In realtà questa opinione va considerata solo come una parte dell'equazione. Ciò che è ugualmente importante è la capacità dell'azienda di muovere il prodotto fisicamente fino a renderlo disponibile per il consumatore. L'azienda fa questo attraverso una serie di processi fisici ed elettronici che possono essere re-ingegnerizzati per ottenere un'efficienza maggiore ed un incremento della produttività. Per ottenere questi risultati, i processi dovrebbero essere revisionati al fine di includere non solo quelli interni all'azienda, ma anche quelli che operano al di fuori dell'organizzazione; va, cioè, considerato tutto il sistema degli stakeholders. Per beneficiare delle molte opportunità offerte dalla rete ed evitare contestualmente le minacce, le imprese dovrebbero puntare a sviluppare una strategia per l'e-enterprise che permetta di massimizzare i profitti a breve termine, garantendo sufficiente flessibilità per calibrarsi costantemente con le dinamiche di un mercato in continua evoluzione e maturazione.
Le aziende con un occhio rivolto al futuro riconoscono che la chiave per il successo è costruire un modello di e-enterprise che venga definito sia dalle dinamiche di business che da quelle dell'architettura tecnologica.
Quindi, in ottica sistemica, si può affermare che il centro dell'e-enterprise è costituito da una spina dorsale fatta da processi di business condivisi. Poiché per definizione un'e-enterprise è modellata su questi processi elettronici (virtuali), una piattaforma di successo per le sue e-applications (b2b, b2c, o2o, b2e) deve coinvolgere non solamente clienti e fornitori, ma anche i processi interni, il personale, la funzioni di back-office ed i partner esterni.
I processi che superano i confini dell'azienda per includere gli stakeholders sono chiamati inter-organizational processes.
Le e-pplications garantiscono i maggiori benefici all'azienda proprio grazie all'ingegnerizzazione e re-ingegnerizzazione di tutti i processi aziendali, in modo da coinvolgere tutto il sistema degli stakeholder.
La gestione degli inter-organizational processes è un'attività complessa che deve vedere coinvolte tutte le competenze di ICTs in particolare secondo il principio del system integration management.
Eugenio Caruso
(1) Gestione basata sul management by processes.
(2) Riprogettazione radicale dei processi per ottenere drastici miglioramenti di prestazioni, costi, qualità, servizio, velocità.
(3) Struttura organizzativa caratterizzata da quattro criteri fondamentali: la riduzione dei livelli gerarchici, la semplificazione delle procedure, la riduzione del frazionamento orizzontale, l'ampliamento dei ruoli.
(4) Elaborato dal prof. Deming il ciclo pdca è uno strumento per il miglioramento dei processi e delle performance aziendali. Il pdca si realizza attraverso un circolo virtuoso costituito da quattro fasi: plan (pianificare), do (fare ciò che si è pianificato), check (verificare i risultati e confrontarli con il piano), act (decidere di mantenere o correggere).
(5) Non a caso il prof. T. Asak afferma che «la qualità totale è l'applicazione del buon senso».
(6) Immagine del futuro che si vuole creare in azienda; è, in sintesi, l'azienda oltre il suo orizzonte.