La felicità è qualcosa che si moltiplica quando viene condivisa.
P. Coelho
È venuto un tempo ormai in cui non possiamo non dirci tutti ambientalisti. Ma è sempre più diffusa la consapevolezza che l’ambiente vada studiato, curato, difeso in modo diverso. La Giornata mondiale dell’ambiente ci coglie così, un po’ preoccupati e un po’ distratti, alla ricerca di idee che possano migliorare i complicati rapporti tra uomo e natura. Alle spalle ci lasciamo la stagione delle grandi speranze riposte nei summit internazionali, che fissano obiettivi sempre meno vincolanti e sempre più disattesi. Lasciamo dietro di noi le esagerazioni dei film catastrofisti sui cambiamenti climatici. Sembra volgere al tramonto anche la stagione delle contrapposizioni infuocate tra ambientalismo scientifico e ambientalismo ecologista, quelle che hanno visto sfidarsi a duello ecologisti ortodossi e scettici, pessimisti malthusiani e ottimisti razionali. Tutto ciò sembra appartenere più al passato che all’oggi.
Il nostro presente è una crisi economica che ha modificato le priorità dell’agenda politica e le scelte dei consumatori. In tanti credono alle buone qualità del cibo biologico e del vivere naturale, vogliono lasciare le città per la campagna e magari investire sulle professioni e sui business della green economy, ci ricorda Coldiretti in un rapporto diffuso il 4 giugno. Ma tanti altri si trovano ogni settimana a fare la coda al discount. Sette anni dopo il Nobel ad Al Gore e all’agenzia Onu per i cambiamenti climatici (Ipcc), quasi nessuno nega più l’esistenza del riscaldamento globale. Secondo l’ultimo rapporto ciascuno degli ultimi tre decenni è stato in sequenza più caldo di qualsiasi decennio precedente dal 1850. Nell’emisfero settentrionale il periodo 1983-2012 è stato probabilmente il trentennio più caldo degli ultimi 1.400 anni. Ma cambiare le abitudini e i consumi di miliardi di persone per ora si è rivelata una missione impossibile.
L’oggi dunque è un faticoso lavorio che tiene occupati ricercatori di tanti campi per trovare strategie di breve, medio e lungo periodo. Alcuni inseguono le grandi soluzioni con la esse maiuscola: tentano di replicare sulla Terra le reazioni pulite che fanno splendere il sole, immaginano sistemi avveniristici per sequestrare l’anidride carbonica negli oceani, vogliono produrre biocombustibili con i batteri sintetici. Ma in mancanza (o in attesa) del jackpot, della vincita grossa, il cammino sarà fatto di tanti piccoli passi, nessuno risolutivo eppure tutti utili. Gli scienziati agrari studiano piante capaci di tollerare la siccità, gli ingegneri sistemi per proteggere le coste dall’avanzata del mare, gli specialisti della logistica rapporti più razionali di interconnessione tra produttori e consumatori per limitare gli sprechi. L’ambientalismo di oggi probabilmente è quello che conserva i suoi ideali ma non ha paura di sporcarsi le mani. Quanto al futuro, le previsioni sono fatte per essere smentite. Ma a costruirlo saranno nuove generazioni di ragazzi cresciuti con una sensibilità per la natura che i loro genitori non avevano.
Anna Meldolesi
... Tratto da corriere.it
1 luglio 2014
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Tratto da www.corriere.it