La felicità consiste nel poter esercitare liberamente il proprio genio.
Aristotele
E’ per me sempre un piacere leggere e recensire un libro di Gianpaolo Pansa che ritengo essere uno dei giornalisti più validi oggi in circolazione. Essendo un lettore “feroce” ho l’occasione di analizzare centinaia di articoli e di saggi di estrazione politica differenziata. Errori ortografici, latitanza dei congiuntivi, assoluta ignoranza degli accenti tonici, errato uso del cui, errata pronuncia di parole straniere sono all’ordine del giorno, come l’uso di rùbrica, bàule, leccòrnia, celebrissimo, asprissimo, in degli, c'abbiamo, qual'è, un pò. Poche settimane fa un noto presentatore radio irrideva Renato Brunetta che usava (correttamente) gli aggettivi succubo e succuba. Il livello culturale di molti giornalisti è ai minimi storici e forse è questo il motivo per cui alle argomentazioni hanno sostituito l’insulto, all’obiettività, la partigianeria, all'informazione il cabaret.
Il nuovo saggio di Pansa narra di milioni di persone schiacciate nella morsa di due fazioni senza pietà, i partigiani e i fascisti. Nella fase conclusiva del secondo conflitto mondiale, tanti italiani si trovarono scaraventati dentro l’inferno della guerra civile. E scoprirono che non esisteva differenza fra le parti che si scannavano. I partigiani e i fascisti si muovevano allo stesso modo, alimentando una tempesta di orrori, rappresaglie, esecuzioni, torture, stupri, devastazioni. Non sto parlando de Il sangue dei vinti, ma di La guerra sporca (446 pagine, 19,50 euro, Rizzoli) in cui Giampaolo Pansa torna a occuparsi della guerra civile italiana, e lo fa smontando la leggenda rossa per cui i partigiani erano moralmente superiori rispetto ai militi della Repubblica sociale. Descrive il lato oscuro degli anni fra il 1943 e il 1945, il terrore di tante donne alle prese con la solitudine, la fame, la miseria che le costringe a vendersi e di un dopoguerra che genera altri delitti. Non è la prima volta che il giornalista di Casale Monferrato lo dice: pure i partigiani avevano ucciso persone innocenti e inermi sulla base di semplici sospetti, spesso infondati, e sotto la spinta di un cieco odio ideologico. A conti fatti anche la Resistenza si era macchiata di orrori.
Il volume inizia con queste parole "Questo libro va contro una leggenda che resiste inalterata da un'infinità di anni. La leggenda sostiene che esistono guerre sporche e guerre pulite. La mia opinione è diversa: tutti i cinflitti armati sono sporchi delle vite sottratte a chi vi partecipa o ne rimane coinvolto. In ogni caso, su entrambe le parti in lotta cade sempre una pioggia rossa, una pioggia di sangue".
La vita di Gianpaolo Pansa
Allievo di Alessandro Galante Garrone all'Università di Torino si laurea in Scienze politiche con una tesi intitolata Guerra partigiana tra Genova e il Po. Agli inizi degli anni sessanta entra nel quotidiano torinese La Stampa. L'elenco delle sue collaborazioni è il seguente:
con quotidiani
1961-1964: La Stampa (direttore Giulio De Benedetti);
1964-1968: Il Giorno (direttore Italo Pietra);
1969-1973: La Stampa, inviato da Milano (direttore Alberto Ronchey);
1973- ottobre 1977: redattore capo al Messaggero (direttore Alessandro Perrone); inviato per il Corriere della Sera (direttore Piero Ottone);
novembre 1977-1991: La Repubblica, editorialista (direttore Eugenio Scalfari). Nell'ottobre 1978 assume la vicedirezione. Riprende a scrivere, sporadicamente, per il quotidiano nel 2000; il 1º ottobre 2008, trovandosi in contrasto con la linea editoriale, lascia il Gruppo Editoriale L'Espresso;
ottobre 2008-dicembre 2010: Il Riformista (direttore Antonio Polito);
settembre 2009-oggi: Libero, dove nel gennaio 2011 ha portato il «Bestiario» (direttore Maurizio Belpietro).
con settimanali
1983-1984: crea la rubrica «Quaderno italiano» su Epoca (direttore Sandro Mayer);
1984-1987: crea la rubrica «Chi sale e chi scende» su L'Espresso (direttore Giovanni Valentini);
1987-1990: crea la rubrica «Bestiario» su Panorama - pre Berlusconi (direzione di Claudio Rinaldi, Pansa è il condirettore);
1990- settembre 2008: il «Bestiario» prosegue su L'Espresso (direttore Claudio Rinaldi, Giulio Anselmi, poi Daniela Hamaoui).
Negli anni della sua collaborazione al quotidiano la Repubblica, Pansa è stato tra i rappresentanti della linea editoriale vicina alla sinistra di opposizione, senza risparmiare critiche anche al Partito Comunista Italiano. Sono note inoltre alcune sarcastiche definizioni che Pansa ha dedicato a politici italiani, come quella di "Parolaio rosso", per Fausto Bertinotti o quella di "Dalemoni", allusiva al cosiddetto "inciucio" tra Massimo D'Alema e Silvio Berlusconi ai tempi della Bicamerale. Pansa non fu tenero neanche con i colleghi giornalisti: nel 1980 scrisse su la Repubblica un articolo intitolato «Il giornalista dimezzato», in cui stigmatizzava il comportamento, da lui giudicato ipocrita, dei colleghi.
Nel settore dei saggi storici la sua attività ha avuto come principale interesse la Resistenza italiana, già oggetto della sua tesi di laurea (pubblicata da Laterza nel 1967 con il titolo Guerra partigiana tra Genova e il Po). Nel 2001 Pansa pubblica Le notti dei fuochi, sulla guerra civile italiana combattuta tra il 1919 e il 1922, conclusa con la presa del potere da parte del fascismo. Nel 2002 esce I figli dell'Aquila, racconto della storia di un soldato volontario dell'esercito della Repubblica sociale italiana. Con questo libro comincia il ciclo «dei vinti», cioè una serie libri sulle violenze compiute da partigiani nei confronti di fascisti durante e dopo la seconda guerra mondiale. Escono successivamente Il sangue dei vinti (vincitore del Premio Cimitile 2005), Sconosciuto 1945, La Grande Bugia e I gendarmi della memoria. I suoi libri sul revisionismo gli procurarono molte critiche e offese da parte di colleghi del Gruppo Editoriale l'Espresso atteggiamenti che lo costrinsero ad abbanmdonare il Gruppo.
Eugenio Caruso - 9 luglio 2014
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