In questi giorni assistiamo ad un incondizionato appoggio dei sindacati alla Finanziaria del governo Prodi; quella parte del sindacato che mostrava atteggiamenti più aperti e riformistici è stata messa in silenzio e costretta a obbedire ad una rinnovata centralizzazione. L’ideologismo che acceca il sindacato italiano e coloro che gli dànno credito e potere mostra che in Italia non siamo capaci di leggere il futuro e che siamo arroccati su posizioni sorpassate.
La concertazione governo sindacati garantisce solo ed esclusivamente i dipendenti a tempo indeterminato della grande industria, che vedono un ritorno economico grazie all’effetto del cosiddetto cuneo fiscale. Oltre a questi l’altra categoria per la quale i sindacati hanno mostrato una grande combattività è quella della pubblica amministrazione i cui aumenti assorbono gran parte della finanziaria, ma i cocchi del sindacato restano i giovanottoni cinquantacinquenni liberi di godersi la pensione ed un meritato lavoro in nero.
Naturalmente non possono mangiare alla greppia dello stato i lavoratori dipendenti a tempo determinato delle piccole e medie imprese. Ma questa categoria, generalmente, non è iscritta al sindacato e, pertanto, per il sindacato non esiste.
La flessibilità, che pure era gradita quando il suo portabandiera era Marco Biagi, ritorna da essere parola impronunciabile.
La flessibilità, in una società moderna, è uno strumento formidabile per dare una speranza immediata ai giovani e per abbattere il tasso di disoccupazione, ma, da parte di governo e sindacati, essa è simbolo di negatività ed oppressione.
Sarebbe, forse, opportuno, ripartire dal libro bianco di Marco Biagi e battersi per rendere paritari, in termini di tutela, il lavoro flessibile e quello a tempo indeterminato.
Un altro aspetto della sclerotizzazione del sistema Italia è rappresentato dalla gerontocrazia della classe politica. Tutti gli schieramenti parlano di rinnovamento ma nessuno fa la prima mossa nella direzione dello svecchiamento. Tra Camera e Senato abbiamo un migliaio di vecchietti tenacemente abbarbicati alle loro scranne. Io ritengo che, indubbiamente, in un parlamento debba essere presente l'esperienza che può essere acquisita con l'età, ma ritengo altrettanto indubbio che ad ogni elezione debba essere iniettato anche lo spirito della gioventù alla quale offrire l'opportunità di acquisire quella competenza che possa dare continuità all'azione di governo. D'altra parte, in tutti gli altri paesi del pianeta, ad esclusione delle dittature, si assiste ad un continuo ricambio generazionale della classe politica con benefici enormi in termini di rinnovamento culturale e strutturale dei sistemi paese.
Giova, pertanto, ricordare cosa avveniva in Grecia 2.650 anni fa. Nel 650 a. C., i cittadini della cretese Dreros decisero che nessun politico potesse ricoprire la carica più alta di quella città per due volte in dieci anni, e istituirono un consiglio per punire eventuali trasgressori (1).
Dicembre 2006 - Eugenio Caruso
(1) In un pozzo sono state trovate infatti iscrizioni arcaiche note come "le sacre leggi di Dreros" che rappresentano il più antico documento costituzionale giunto a noi dall'antichità, sacre leggi che si concludevano solennemente con la frase "Questo ha deciso la polis!"