Terribile e immedicabile è l'ira, quando la discordia mette gli amici contro gli amici.
Euripide, Medea
Storie che si ripetono: eventi
meteorologici molto intensi,
addirittura estremi in certi casi.
Nubifragi che accadono in pochissime
ore. Piogge intense che causano alluvioni,
e poi i danni. La lista degli eventi sta
crescendo. L’alluvione delle Cinque Terre,
ottobre 2011, Genova novembre 2011,
Catania, febbraio 2013; e poi la Sardegna
novembre 2013. Inondazioni, strade che
si allagano, esondazioni che trascinano
via persone, automobili, moto. Spesso,
purtroppo, si contano i morti e i feriti.
Di recente anche l’Emilia-Romagna è
stata colpita da eventi molto intensi, si
ricordino i due tornado del modenese nel
2013 e nel 2014.
Qui non siamo arrivati ai 500 mm
in tre ore di Genova 2011, un valore
impensabile fino a qualche anno fa, ma si
tratta di eventi molto importanti.
Si pensi ai 100 mm di pioggia a
Salsomaggiore in un’ora nello scorso
giugno, la punta di un iceberg che ha
toccato negli stessi giorni Bologna,
Faenza e il riminese.
L’anno scorso il nubifragio di Rimini, 90
mm di pioggia in mezzora! Si fa fatica a
trovare eventi del genere spulciando tra
gli archivi. L’aumento
della frequenza di questi eventi è evidente,
le statistiche parlano, e i cittadini stessi
avvertono, nel loro vivere quotidiano, un
segnale di cambiamento in atto.
Non limitiamoci alla litania “i danni
causati da questi eventi non sono solo
colpa della natura”, la responsabilità
è troppo spesso dell’uomo che ha
cementificato in modo incontrollato,
rubando suolo per costruire strade, case,
industrie, spesso in modo irrazionale e
senza compensazioni o contromisure.
Così la vulnerabilità dei territori
è aumentata ed è cresciuta la loro
esposizione al rischio.
Il cambiamento del clima non è la causa
dei singoli eventi. Però, come ci insegna
la termodinamica, un’atmosfera più calda
può trattenere al suo interno più vapore
d’acqua, che è una delle “benzine” che
alimentano il “motore” dell’atmosfera,
renderla più instabile e favorire i
fenomeni convettivi intensi.
Come quando, soprattutto a inizio estate,
aria molto fredda proveniente da nord
passa sopra l’aria molto più calda della
nostra pianura padana (36°C a inizio
giugno 2014), è così che l’instabilità
accumulata in giorni e giorni di caldo
viene rilasciata. Si scatenano quindi i
temporali molto forti, come quello di
Bologna del 14 giugno, con 50 mm
di pioggia in un’ora caduta nel centro
storico; secondo valore in 80 anni, così
dicono le statistiche.
Le domande che nascono spontanee,
quando si verificano questi eventi,
chiamano in causa le capacità della
società di far fronte a questa crescente
pericolosità. Siamo pronti a mitigarne
gli impatti? La nostra società è
sufficientemente “resiliente”, cioè capace
di resistere? E ancora: i nostri sistemi
di allertamento sono già efficaci così
come sono o vanno rivisti? è un dato
di fatto che sempre di più si dovrà agire
per mettere in sicurezza stabilmente
le popolazioni, con azioni strutturali
che adeguino e rafforzino i sistemi di
protezione (ad esempio gli argini fluviali).
Queste azioni richiedono e richiederanno
una solida e duratura pianificazione, una
costante capacità e volontà di spesa per
rafforzare le opere di difesa, tenere puliti
i fiumi, garantire la stabilità dei versanti.
Saremo capaci di garantire tutto ciò?
Sapendo che comunque queste azioni
non bastano e non basteranno, perché
resterà sempre un rischio residuo
crescente da gestire, nel tempo “reale”,
quando gli eventi accadono, e che si
può governare solo con i sistemi di
allertamento alle popolazioni, per
evacuare le aree a rischio in tempo prima
che i fiumi o i torrenti escano dagli argini.
Se questi eventi intensi cresceranno
ancora di frequenza, occorrerà
ottimizzare i sistemi di allertamento; per
arrivare a questo è necessario operare in
tante direzioni: certamente garantire e
potenziare dove serve il “monitoraggio”
idro-meteo in tempo reale. Ma non basta.
Occorrerà conoscere meglio, e sempre in
tempo reale, le condizioni di vulnerabilità
dinamica e le esposizioni al rischio
dei territori, condizioni che cambiano
da giorno a giorno e da chilometro a
chilometro. Si dovranno perfezionare
i sistemi di preannuncio, diffondendo
previsioni idro-meteo sempre più
accurate, anche se, inevitabilmente,
incerte.
E a questi messaggi di allerta, di natura
inevitabilmente probabilistica, dovranno
poi seguire azioni certe, di contrasto,
descritte all’interno di piani di protezione
civile efficaci, e soprattutto noti e
accettati dai cittadini, oltre che dagli enti
di protezione preposti.
Dovrà in sostanza crescere una nuova
cultura del rischio che significa far
crescere la “resilienza” dei sistemi sociali,
attraverso una maggiore conoscenza e
capacità di reazione.
Carlo Cacciamani
Arpa Emilia-Romagna
... Tratto da ecoscienza.it
25 agosto 2014
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Tratto da ecoscienza3/14