Imparare senza pensare porta a nulla. Pensare senza imparare è pericoloso.
Confucio
L'analisi di report editi in Usa e in Europa sulla vita delle aziende di successo (quelle che figurano tra le prime 500 nella classifica stilata annualmente da Fortune) indica una vita media di diciotto anni; come se il successo di un'impresa portasse con sé il seme dal quale scaturirà l'insuccesso; sempre nella lista delle prime 500 aziende, stilata da Fortune nel 1970 ben il 60% non esiste più.
Arie de Geus dell'Organizational learning centre, presso l'Mit, in base ad una ricerca sul periodo di vita delle imprese, è arrivato a stabilire che questi tassi di mortalità prematura sono esclusivamente da attribuirsi a scelte imprenditoriali o manageriali errate; d'altra parte l'impresa è un'organizzazione che fisiologicamente può durare per secoli come dimostrano la giapponese Sumitomo, fondata nel 1590, o la svedese Stora, fondata più di settecento anni fa.
De Geus ha individuato alcune caratteristiche comuni alle imprese che hanno più di un secolo di vita.
Le considerazioni fatte valgono per le imprese medio-grandi; per le piccole e medie imprese non esistono documenti significativi che descrivono le motivazioni della loro longevità o del loro declino.
La mia esperienza mi porta a identificare, sostanzialmente, due ragioni della mancanza di longevità di una piccola o media impresa.
- La crisi che nasce al momento del trapasso generazionale.
- Il ritardo con il quale l'imprenditore si rende conto di segnali premonitori di una crisi. I segnali tangibili e misurabili non dànno segni di crisi, i bilanci sono soddisfacenti, la produttività è a livelli standard, non ci sono problemi con il personale, è, pertanto, facile che l'imprenditore, occupato, molto, a seguire la gestione ordinaria e, poco, a scrutare nel futuro, trascuri segnali intangibili di crisi.
1. Il ciclo di vita di un’impresa
Il ciclo di vita di un'impresa è raffigurabile con una curva sigmoide del tipo di quella che descrive il ciclo di vita di un prodotto.
Anche per le imprese le fasi sono quattro, nascita (punto O), sviluppo (tra O e A la curva sale, con un punto di flesso, generalmente a metà), maturità (tra A e B la curva si appiattisce), declino (oltre B la curva scende). In generale, quando un'impresa si trova nel punto B del ciclo di vita e decide di cambiare, spesso ha raggiunto un punto di irreversibilità e la salvezza è ardua.
Ma perché le aziende decidono di adottare iniziative di rinnovamento solo quando si trovano nel succitato punto B e quindi nel momento meno propizio e di massima difficoltà?
Perché gli imprenditori hanno guidato l'azienda affidandone la verifica dello stato di salute solo agli indicatori economico-finanziari (cioè affidandosi al passato) e hanno trascurato quegli indicatori immisurabili o intangibili, ben noti all’imprenditore in grado di guardare oltre l’orizzonte.
Se, viceversa, l'impresa decidesse di operare un cambiamento in prossimità del punto A, innescando una nuova curva di crescita, disporrebbe di tempo, energie, entusiasmo e risorse per attivare un nuovo percorso di sviluppo prima che maturità e declino ne indeboliscano l'organizzazione.
La decisione di procedere in tal senso non è facile in quanto, generalmente, essa presuppone uno spostamento paradigmatico all'interno dell'azienda, ma è opportuno notare che la transizione su una nuova curva di crescita è la principale decisione strategica per un'impresa che voglia evitare il declino.
2. Le fasi della vita di un'impresa
Considerando le fasi del ciclo di vita di un’impresa, si possono fare le seguenti considerazioni.
Nel momento in cui un'impresa nasce «Si percepisce un alto livello di energia e di eccitazione e vi è un diffuso spirito di collaborazione e di integrazione tra gli individui. Ci si sente pionieri in un'avventura e questo genera gratificazione e appagamento sul lavoro. La flessibilità è massima» (D'Egidio, 1999).
Generalmente, in questa prima fase, non sono state ancora ben definitela mission e le strategie, eppure, lo spirito di identificazione nell'idea imprenditoriale è alto, tutti sono allineati con l'imprenditore nel conseguimento dei primi obiettivi e le motivazioni sono legate a questo obiettivo.
L'ambiente è libero da pregiudizi, gelosie e preconcetti, tutti tendono a essere creativi e propositivi, le competenze non sono codificate, il livello di burocratizzazione è nullo, le gerarchie impercettibili. L'immagine dell'impresa verso il mondo esterno è in fase di costruzione, i rapporti con i clienti sono buoni, anche se spesso il prodotto offerto risente della politica del trial and error (prova e correggi); arrivano, infatti, alcuni reclami ma l'organizzazione interna è fortemente orientata a recepirli, anzi a cercare di fidelizzare il cliente che reclama.
Nella fase dello sviluppo l'impresa conosce un momento di forte espansione. I clienti apprezzano i prodotti offerti, la reputazione dell'azienda fa sentire i collaboratori orgogliosi di lavorare per quell'impresa, l'organico incomincia a crescere per soddisfare la domanda, si raggiunge il punto di breakeven e arrivano i primi utili. Il livello di energia e di eccitazione è ancora alto, c'è anche un diffuso senso di euforia per i risultati raggiunti.
L'impresa inizia a conoscere, però anche alcuni aspetti negativi.
- Non è possibile, infatti, soddisfare le aspettative di tutti i collaboratori; alcuni pensano che l'impresa non riconosca pienamente gli sforzi e i sacrifici del periodo precedente e dànno le dimissioni, passando, magari, a un'azienda concorrente.
- Si cominciano a osservare i primi schemi precostituiti per la soluzione dei problemi e si dà meno spazio a creatività e nuove proposte.
- Si nota l'inizio di una formalizzazione nei rapporti interpersonali; vi è meno spontaneità.
- La conoscenza inizia ad essere gerarchizzata.
A questo punto, un imprenditore in grado di analizzare criticamente questi primi e deboli segnali, dovrebbe iniziare a valutare alternative di business per avviare una nuova fase di sviluppo.
Durante la fase della maturità si acquisiscono i massimi risultati economico-finanziari. Il prodotto dell'impresa è, oramai, noto e affermato sul mercato, i clienti sono soddisfatti, l'impresa ha definito in dettaglio vision, mission e strategie di medio-lungo periodo.
Di converso i problemi emersi nella fase precedente si sono acuiti e ne sono nati altri.
- Non si avvertono più l'energia e l'eccitazione delle fasi precedenti.
- Alcuni collaboratori della fase pionieristica se ne sono andati e i nuovi assunti non hanno vissuto quel particolare momento.
- L'impresa va bene ed è diffusa l'idea che debba andare bene per sempre.
- Le motivazioni e le ragioni di soddisfazione per i dipendenti vanno scemando.
- Creatività e spirito di iniziativa hanno lasciato il posto all'esecuzione formale di compiti definiti.
- Si nota un calo di tensione nella ricerca di nuovi mercati, nuovi prodotti e soluzioni innovative.
- L'organizzazione è più rigida e burocratica.
- E' subentrato il principio della difesa dei propri piccoli centri di potere.
- Arrivano molti reclami, ma lo spirito con il quale vengono accolti non è più quello della fase pionieristica.
Durante la fase del declino anche gli indicatori economico-finanziari dànno l'evidenza del cattivo stato di salute dell'azienda.
Gli elementi negativi sono sotto l'occhio di tutti.
- Il livello di slancio e di energia è minimo.
- In azienda prevale un senso di sfiducia.
- Molti dei collaboratori migliori se ne sono andati.
- Si vive alla giornata, la vision, la mission, le strategie aziendali sono state completamente abbandonate.
- Il know-how dà segni di obsolescenza.
- I conflitti di natura sindacale sono frequenti.
- Il livello di fidelizzazione dei clienti si è indebolito.
- L'imprenditore si affida a consulenti esterni per valutare possibili soluzioni alla crisi, ma i tentativi di riorganizzazione gettano l'azienda in una crisi definitiva e irreversibile.
- Si sono esaurite le fonti del vantaggio competitivo. Su questo argomento vedi E. Caruso, Come vincere le sfide della concorrenza, Tecniche Nuove.
L'analisi critica delle quattro fasi descritte mostra perché è opportuno rilanciare l'impresa in prossimità del punto A del ciclo di vita e non tra A e B, né tantomeno in prossimità del punto B.
Nell'intorno di A l'impresa trasuda energia, creatività, orgoglio, autostima e si trova ancora in uno stato di eccitazione che rende possibile lanciare un'altra sfida. Tra A e B l'impresa si è "seduta sugli allori" ed è molto più difficile smuoverla da abitudini consolidate e riti giornalieri e dal ristagno dei piccoli centri di potere.
Questa condizione spiega perché, quando un'azienda si affida a consulenti esterni per una riorganizzazione, spesso, la prima azione proposta è il taglio di posizioni dirigenziali.
3. Come evitare il declino
Da quanto detto l'imprenditore dovrebbe avere nel proprio dna la capacità di percepire i deboli segnali di una possibile crisi e porvi rimedio.
D'Egidio ha individuato "otto fattori di vitalità" che l'imprenditore dovrebbe tenere sotto controllo al fine di poter effettuare una valutazione di massima sul momento più opportuno per operare il cambiamento e allungare il ciclo di vita della sua impresa (D'Egidio, 1999).