Il telescopio Webb ha immortalato due galassie all'origine del Cosmo
Pochi giorni dopo l'inizio delle operazioni scientifiche, il James Webb Space Telescope (Jwst) è stato in grado di rivelare la luce proveniente da due galassie tra le primissime dell'universo primordiale, tra 350 e 450 milioni di anni dopo il Big Bang. Sono i risultati dell'analisi di osservazioni dell'ammasso di galassie Abell 2744 e di due regioni del cielo a esso adiacenti, realizzate dal potente telescopio spaziale tra il 28 e il 29 giugno 2022 nell'ambito del progetto Glass-Jwst Early Release Science Program. Recenti studi su 2744Y1 hanno posto agli scienziati la domanda se il big bang sia realmente esistito o se vi possano essere teorie alternative come l'universo ciclico. Se ciò fosse vero sarebbe la più importante scoperta del'età moderna. Anche il concetto di tempo potrebbe canbiare.
Da quando è entrato in funzione, il James Webb sta svelando un Universo ricco di oggetti celesti. Riesce a farlo soprattutto perché osserva nella lunghezza d’onda infrarossa. Tutto ciò che non abbiamo mai visto e che è rimasto finora nascosto, questo telescopio spaziale lo sta rivelando giorno dopo giorno.
I ricercatori al lavoro sui dati di Webb hanno appena trovato due galassie eccezionalmente luminose, che esistevano già circa 350 e 450 milioni di anni dopo il Big Bang. Si tratta quindi di galassie primordiali, appartenenti a un Universo ancora in formazione e molto diverso da quello che conosciamo ora. E a stupire non è tanto il fatto che Webb le abbia individuate e fotografate, ma che siano così luminose.
Queste giovani galassie stanno fabbricando stelle a una velocità elevata, e appaiono compattate in forme sferiche o discoidali come quelle mature che osserviamo oggigiorno. L’unica differenza è che sono molto più piccole. Hanno però permesso agli scienziati di stimare che l’inizio della nascita stellare potrebbe essere avvenuto solo 100 milioni di anni dopo il Big Bang. Gli astronomi sostengono che WEBB non potrà avvicinarsi al big banng più di questo tempo; ci vorranno telescopi pioù potenti.
Tommaso Treu, ricercatore dell’Università della California a Los Angeles e partecipante a uno dei primi programmi scientifici di Webb, ha affermato: “Tutto ciò che vediamo è nuovo. Webb ci sta mostrando che c’è un Universo molto ricco al di là di quello che immaginavamo. Ancora una volta ci ha sopreso: queste prime galassie sono insolite sotto molti aspetti.”
I dati utilizzati dai ricercatori provengono dal GLASS (Grism Lens-Amplified Survey from Space) Early Research Science Program di Webb, e dal CEERS (Cosmic Evolution Early Release Science Sourvey).
Da GLASS è stato possibile ottenere una dettagliata immagine dell’ammasso di galassie Abell 2744, noto anche come ammasso di Pandora. In esso, circa 6.000 galassie possono essere rilevate all’interno di una regione di cielo piccolissima. L’analisi iniziale suggerisce che un numero insolito di galassie nell’universo primordiale fosse molto più luminoso del previsto. Due articoli al riguardo, uno con PI Marco Castellano dell’INAF di Roma e uno con PI Rohan Naidu del centro di Astrofisica Harvard & Smithsonian del MIT, sono stati pubblicati separatamente su The Astrophysical Journal Letters.
Entrambi gli studi sono partiti da soli quattro giorni di analisi, ai termini delle quali due galassie eccezionalmente luminose sono state scoperte nelle immagini GLASS. I ricercatori le hanno denominate GLASS-z11 e GLASS-z12, perché si trovano a un redshift (spostamento verso il rosso della luce, causato dall’espansione cosmica) pari circa a 10.5-11 e 12-12.5. L’età precisa di questi due oggetti primordiali, e quindi il valore esatto del loro redshift, sarà confermata da future misurazioni spettroscopiche ora programmate con il Webb.
Il precedente detentore del record di galassia più lontana era GN-z11, che esisteva circa 400 milioni di anni dopo il Big Bang (redshift pari a 11.1). Era stata identificata da Hubble e dall’Osservatorio Keck nel 2016.
Gli strumenti NIRSpec e MIRI di Webb effettuano osservazioni spettroscopiche di bersagli estesi e complessi (come galassie, nebulose o campi affollati di stelle o galassie) in un unico scatto. Una tecnologia che usano è quella delle “unità di campo integrali” (Integral Field Units). Le IFU utilizzano una tecnica di suddivisione dell’immagine per riorganizzare il segnale da un’immagine bidimensionale del cielo in un insieme di sezioni. Queste fette vengono inviate a uno spettrografo che genera uno spettro per ogni pixel e vengono quindi disposte in un cubo di dati. Questo cubo è una pila di molte immagini dello stesso bersaglio, ciascuna a una diversa lunghezza d’onda, e fornisce una panoramica completa dell’intero oggetto in esame.
Perché sono così luminose?
L’estrema luminosità di queste due giovanissime galassie dell’Universo primordiale è un vero e proprio enigma. Sfida tutte le teorie e i modelli cosmologici che nel corso dei secoli sono stati avanzati per comprendere la formazione ed evoluzione delle strutture e macrostrutture cosmiche. Due solo le ipotesi avanzati dagli esperti:
- Sono molto massicce, con molte stelle di piccola massa, come le galassie successive e per noi meno insolite.
- Sono invece molto meno massicce, costituite da meno stelle ma straordinariamente luminose, note come stelle di Popolazione III. Esse sarebbero le prime stelle mai nate, sfolgoranti e con temperature altissime, costituite solo da idrogeno ed elio primordiali. Nell’Universo locale non le abbiamo mai individuate, ma i dati spettroscopici di Webb ci aiuteranno a capire se questa opzione può davvero essere l’ipotesi corretta.
Nel frattempo, le nuove osservazioni di Webb stanno spingendo gli astronomi ad accettare il fatto che un insolito numero di galassie primordiali fosse molto più luminoso del previsto. Se ciò si rivelerà vero, riuscirà anche a permettere a Webb di trovare facilmente galassie ancor più precoci di GLASS-z11 e GLASS-z12. “Nessuno si aspettava che i secoli bui sarebbero finiti così presto” ha dichiarato Garth Illingworth, dell’Università della California a Santa Cruz. “L’Universo primordiale sarebbe stato solo un centesimo della sua età attuale”.
Il membro del team capeggiato da Naidu, Erica Nelson dell’Università del Colorado, ha spiegato che a colpirli è stato anche l’essere in grado di misurare le forme di queste prime galassie. “I loro dischi calmi e ordinati mettono in dubbio la nostra comprensione di come si formarono le prime galassie, nell’affollato e caotico Universo primordiale”.
Queste due galassie individuate da Webb sono molto diverse dalla nostra Via Lattea, o dalle altre grandi galassie che vediamo attorno a noi al giorno d’oggi. Si tratta quindi di una scoperta epocale, fatta solo grazie alla nitidezza e risoluzione del Webb nella lunghezza d’onda infrarossa.
Conosciuta come GLASS-z13, questa galassia risale a 300 milioni di anni dopo il Big Bang, circa 100 milioni di anni prima rispetto a qualsiasi cosa precedentemente identificata, ha detto all'AFP Rohan Naidu dell'Harvard Center for Astrophysics.
Immagine ingrandita di Glass-z-13. La galassia più lontana che l'uomo abbia mai osservato.
Solo una settimana dopo che le sue prime immagini sono state mostrate al mondo, il James Webb Space Telescope potrebbe aver trovato una galassia che esisteva 13,5 miliardi di anni fa, ha detto mercoledì uno scienziato che ha analizzato i dati.
Conosciuta come GLASS-z13, la galassia risale a 300 milioni di anni dopo il Big Bang, circa 100 milioni di anni prima rispetto a qualsiasi cosa precedentemente identificata, ha detto all'AFP Rohan Naidu dell'Harvard Center for Astrophysics. "Stiamo potenzialmente osservando la luce stellare più lontana che chiunque abbia mai visto", ha detto.
Più gli oggetti sono lontani da noi, più tempo impiega la loro luce per raggiungerci, quindi guardare indietro nell'universo lontano significa vedere nel profondo passato.
Sebbene GLASS-z13 esistesse nella prima era dell'universo, la sua età esatta rimane sconosciuta poiché potrebbe essersi formata in qualsiasi momento entro i primi 300 milioni di anni.
GLASS-z13 è stato individuato nei cosiddetti dati di "rilascio anticipato" del principale imager a infrarossi dell'osservatorio orbitante, chiamato NIRcam, ma la scoperta non è stata rivelata nel primo set di immagini pubblicato dalla NASA la scorsa settimana.
Quando viene tradotta dall'infrarosso allo spettro visibile, la galassia appare come una macchia rossa con il bianco al centro, come parte di un'immagine più ampia del cosmo lontano chiamata "campo profondo".
Naidu e colleghi, un team di 25 astronomi da tutto il mondo, hanno presentato le loro scoperte a una rivista scientifica.
Per ora, la ricerca è pubblicata su un server di "prestampa", quindi viene fornita con l'avvertenza che deve ancora essere sottoposta a revisione paritaria, ma ha già messo in fermento la comunità astronomica globale.
"I record di astronomia si stanno già sgretolando e altri sono traballanti", ha twittato il capo scienziato della NASA Thomas Zurbuchen.
"Sì, tendo a esultare solo quando la scienza ottiene una chiara revisione tra pari. Ma sembra molto promettente", ha aggiunto.
Naidu ha affermato che un altro team di astronomi guidato da Marco Castellano che ha lavorato sugli stessi dati ha raggiunto conclusioni simili, "quindi questo ci dà fiducia".
Quando viene tradotta dall'infrarosso allo spettro visibile, la galassia appare come una macchia rossa con il bianco al centro come parte di un'immagine più ampia del cosmo lontano.
"Lavoro da svolgere"
Una delle grandi promesse di Webb è la sua capacità di trovare le prime galassie che si sono formate dopo il Big Bang, avvenuto circa 13,8 miliardi di anni fa.
Poiché questi sono così distanti dalla Terra, quando la loro luce ci raggiunge, è stata allungata dall'espansione dell'universo e spostata nella regione dell'infrarosso dello spettro luminoso, che Webb è in grado di rilevare con una chiarezza senza precedenti.
Naidu e colleghi hanno analizzato questi dati a infrarossi dell'universo lontano, alla ricerca di una firma rivelatrice di galassie estremamente distanti.
Al di sotto di una determinata soglia di lunghezza d'onda dell'infrarosso, tutti i fotoni, i pacchetti di energia, vengono assorbiti dall'idrogeno neutro dell'universo che si trova tra l'oggetto e l'osservatore.
Utilizzando i dati raccolti attraverso diversi filtri a infrarossi puntati sulla stessa regione dello spazio, sono stati in grado di rilevare dove si verificavano questi drop-off di fotoni, da cui hanno dedotto la presenza di queste galassie più distanti.
"Abbiamo cercato in tutti i primi dati le galassie con questa firma molto sorprendente, e questi erano i due sistemi che avevano di gran lunga la firma più convincente", ha affermato Naidu.
Uno di questi è GLASS-z13, mentre l'altro, meno antico, è GLASS-z11. "Ci sono prove evidenti, ma c'è ancora del lavoro da fare", ha affermato Naidu.
In particolare, il team vuole chiedere ai manager di Webb il tempo necessario al telescopio per eseguire la spettroscopia, un'analisi della luce che rivela proprietà dettagliate, per misurarne la distanza precisa.
"In questo momento, la nostra ipotesi sulla distanza si basa su ciò che non vediamo:sarebbe fantastico avere una risposta per ciò che vediamo", ha affermato Naidu.
Tuttavia, il team ha già rilevato proprietà sorprendenti.
Ad esempio, la galassia ha la massa di un miliardo di Soli, il che è "potenzialmente molto sorprendente, e questo è qualcosa che non capiamo davvero" dato quanto tempo dopo si è formato il Big Bang, ha detto Naidu.
Lanciato lo scorso dicembre e pienamente operativo dalla scorsa settimana, Webb è il telescopio spaziale più potente mai costruito, con gli astronomi fiduciosi che annuncerà una nuova era di scoperte.
"Questo lavoro mostra innanzitutto la capacità di Jwst di selezionare sorgenti nell'epoca della cosiddetta 'alba cosmica'. Non meno importante il fatto di avere trovato, tra le altre, due sorgenti brillanti in un'area relativamente piccola - afferma Marco Castellano, ricercatore Inaf a Roma e primo autore dell'articolo che descrive la ricerca di queste due lontanissime galassie, pubblicato recentemente su The Astrophysical Journal Letters - sulla base di tutte le previsioni, pensavamo che avremmo dovuto sondare un volume di spazio molto più grande per trovare tali galassie. I risultati invece sembrano indicare che il numero di galassie brillanti sia molto maggiore di quanto ci si aspettasse, forse per effetto di una maggiore efficienza di formazione stellare".
Il gruppo di ricerca guidato da Castellano è stato tra i primi a usare i dati di Jwst, pubblicando un preprint sulla piattaforma open-access arXiv a luglio, solo 5 giorni dopo che i dati erano stati resi disponibili. "C'era molta curiosità nel vedere finalmente cosa Jwst poteva dirci sull'alba cosmica, oltre naturalmente al desiderio e all'ambizione di essere i primi a mostrare alla comunità scientifica i risultati ottenuti dalla nostra surveyGlass - aggiunge il ricercatore - non è stato facile analizzare dei dati cosi' nuovi in breve tempo: la collaborazione ha lavorato 7 giorni su 7 e in pratica 24 ore su 24 anche grazie al fatto di avere una partecipazione che copre tutti i fusi orari".
La distanza delle due galassie in questione dovrà essere confermata con maggior precisione mediante osservazioni spettroscopiche, ma si tratta già dei candidati più robusti selezionati ad oggi con dati Jwst. A confermare l'affidabilità dei risultati è proprio l'accordo con quanto riscontrato anche in altri studi, tra cui il lavoro guidato da Rohan Naidu dell'Harvard Center for Astrophysics, negli Stati Uniti, che analizza gli stessi dati del progetto Glass, apparso lo stesso giorno su arXiv e attualmente in corso di pubblicazione, anch'esso su The Astrophysical Journal Letters.
"Queste osservazioni sono rivoluzionarie: si è aperto un nuovo capitolo dell'astronomia - commenta Paola Santini, ricercatrice Inaf a Roma e coautrice del nuovo articolo - già dopo i primissimi giorni dall'inizio della raccolta dati, Jwst ha mostrato di essere in grado di svelare sorgenti astrofisiche in epoche ancora inesplorate". A differenza degli strumenti usati in precedenza - dal telescopio spaziale Hubble ai più grandi osservatori disponibili a terra - Jwst ha una sensibilità e risoluzione nell'infrarosso che permettono di cercare oggetti cosi' distanti.
"Stiamo esplorando un'epoca a poche centinaia di anni dal Big Bang che in parte era sconosciuta e in parte a malapena esplorata, con molte incertezze al limite delle possibilità dei telescopi precedenti", ricorda Castellano. Come e quando si sono formate le prime galassie e la primissima generazione di stelle - la cosiddetta popolazione III - è una delle grandi domande ancora aperte dell'astrofisica.
"Queste galassie sono molto diverse dalla Via Lattea o altre grandi galassie che vediamo oggi intorno a noi", spiega Tommaso Treu, professore all'Università della California a Los Angeles e principal investigatordel progetto Glass-Jwst "La domanda era: quando vedi le stelle più rosse e più vecchie con Webb, vedi che in realtà la galassia è molto più grande di quello che sembrava dalle osservazioni nell'ultravioletto?"
Le nuove osservazioni di Jwst sembrano indicare che le galassie nell'universo primordiale fossero molto più luminose, anche se più compatte del previsto. Se ciò fosse vero, potrebbe rendere più facile per il potente osservatorio trovare un numero ancor maggiore di queste galassie precoci nelle sue prossime osservazioni del cielo profondo.
"La sorgente più lontana è effettivamente molto compatta", sottolinea Adriano Fontana, responsabile della divisione nazionale abilitante dell'astronomia ottica ed infrarossa dell'Inaf e coautore dello studio. "I colori di questa galassia sembrano indicare che la sua popolazione stellare sia particolarmente priva di elementi pesanti, e potrebbe contenere anche alcune stelle di popolazione III. La conferma verrà dai dati spettroscopici di Jwst".
Osservare le galassie più distanti, come quelle rivelate in queste osservazioni di Jwst, è un passo fondamentale per iniziare a capire come si sono formate le primissime sorgenti luminose nella storia del cosmo e comprendere le prime fasi della lunghissima evoluzione che ha portato l'universo a essere cosi' come lo vediamo oggi, con la nostra galassia, il Sole, la Terra e noi umani che la abitiamo. Occorreranno ulteriori sforzi sia osservativi, per confermare e caratterizzare il risultato, che teorici, per comprenderne la fisica sottostante.
Diverse immagini dal WEBB
WEBB: Nebulosa NGC 3132
WEBB: Nebulosa della Carena
Dietro la coltre di polvere e gas in queste incredibili "scogliere cosmiche" ci sono piccole stelle nascoste, ora scoperte da Webb. Si tratta della Nebulosa della Carena, in tutto il suo splendore.
È un gruppo di cinque galassie a 290 milioni di anni luce nella costellazione di Pegaso.
È l’immagine infrarossa più profonda e nitida dell’universo lontano fino ad oggi. Per ottenerla è stata utilizzato un tempo di esposizione molto lungo per raccogliere la massima quantità di luce possibile.
Come riporta la Nasa, la fotocamera a infrarossi di Jwst ha catturato un altro affascinante soggetto, che ha fornito agli scienziati informazioni aggiuntive sulla nascita di una stella: si tratta di L1527, protostella di “soli” 100.000 anni, all'interno della regione di formazione stellare della Nube del Toro, a circa 460 anni luce dalla Terra.
Le nubi di materiale stellare incandescente sono visibili solo alla luce infrarossa, rendendole un bersaglio ideale per la fotocamera di Webb, che le ha ritratte mentre alimentano la protostella, assumendo una peculiare forma a clessidra, con L1527 al centro. I colori delle nubi, che variano dal blu all’arancione, dipendono dalla densità del materiale presente in quella regione, con il blu che indica le aree in cui vi è meno polvere stellare; inoltre la regione superiore dell’immagine, oltre alla polvere e ai gas, mostra anche le espulsioni di materiale dalla protostella. Infine, al centro dell’immagine, appare una linea scura, attraverso cui filtra la luce di L1527: si tratta di un disco protoplanetario, che i ricercatori hanno stimato avere all'incirca le dimensioni del nostro Sistema solare. Non è raro, infatti, che condizioni del genere permettano la nascita, oltre alle stelle, anche di pianeti: in sostanza, la foto di Webb mostra come potevano apparire il Sole e il nostro Sistema solare all’inizio della loro formazione.
ESO 350-40, soprannominata Galassia Ruota di Carro (in inglese Cartwheel Galaxy), è una galassia peculiare con le caratteristiche di una galassia lenticolare e di una galassia ad anello: È situata in direzione della costellazione dello Scultore alla distanza di circa 500 milioni di anni luce dalla Terra. Le sue dimensioni sono stimate in circa 150.000 anni luce di diametro, quindi leggermente superiori a quelle della Via Lattea e ha una massa di circa 2,9-4,8 x 109 masse solari, con una velocità di rotazione di 217 km/s
Magnifica immagine degli iconici Pilastri della creazione, le dense colonne di gas e polvere interstellare della Nebulosa Aquila (a 6.500 anni luce dalla Terra) che ospitano stelle in formazione, catturate per la prima volta dal telescopio Hubble nel 1995: questa volta, come riporta la Nasa, è merito del James Webb Space Telescope, che ha immortalato lo stesso soggetto del suo predecessore ma con un dettaglio mai visto prima. I dati derivanti dalla suggestiva immagine, afferma l’agenzia spaziale statunitense, aiuteranno i ricercatori a studiare i modelli di formazione delle stelle, comprendendo meglio come, nel corso di milioni di anni, esse originano da queste nubi e la loro evoluzione. Queste immagini hanno aumentato notevolmente il nostro livello di comprensione dei processi di formazione stellare in atto all'interno della nebulosa. Si pensa che le sue aree oscure siano associate a protostelle o comunque a oggetti stellari giovani.
Nasa, Esa e Csa (agenzia spaziale canadese) hanno pubblicato una nuova, spettacolare immagine della Phantom Galaxy (M74), distante 32 milioni di anni luce, nella costellazione dei Pesci. La foto è stata realizzata combinando i dati delle osservazioni, in diverse lunghezze d'onda (infrarosso/visibile), dei telescopi spaziali James Webb e Hubble.
M74 risulta particolarmente interessante per gli astronomi che studiano l'origine e la formazione delle galassie a spirale, sia per il suo orientamento, ben rivolto verso la Terra, sia per la sua struttura, con bracci protesi e ben definiti.
In particolare, l'acuta vista del James Webb (JSWT) ha rivelato la presenza di delicati filamenti di gas e polvere tra le immense spire di M74. La mancanza di gas nella regione nucleare, inoltre, ha fornito una visuale non oscurata dell'ammasso stellare nel “cuore” della galassia.
L'analisi spettroscopica di M74 nella lunghezza d'onda del medio infrarosso, ottenuta dal JSWT attraverso il MIRI (Mid-InfraRed Instrument), punta a migliorare la nostra conoscenza delle prime fasi della formazione stellare in quella zona di Universo.
Questa osservazione è parte di un più ampio progetto che prevede il tracciamento infrarosso di 19 galassie con stelle in formazione, nell'ambito della collaborazione internazionale.
“Sono passati tre decenni dall’ultima volta che abbiamo visto questi anelli deboli e polverosi, e questa è la prima volta che li vediamo nell'infrarosso”. È con queste parole che la scienziata Heidi Hammel, del team interdisciplinare del telescopio spaziale James Webb (JWST) della NASA, ha introdotto le prime spettacolari immagini di Nettuno e dei suoi anelli, nella visione più nitida mai osservata. Alcuni degli anelli planetari più deboli non venivano infatti osservati da quando la sonda Voyager 2 divenne, nel 1989, il primo veicolo spaziale ad osservare Nettuno durante un sorvolo.
La galassia, denominata NGC 7469, dista circa 220 milioni di anni luce dalla Terra e ospita una regione centrale estremamente luminosa, chiamata nucleo galattico attivo (AGN), che si diffrange in una sorprendete stella a sei punte perfettamente allineata con il centro galattico. Nell’immagine sono visibili anche altre due punte più corte e più deboli, create sempre dalla diffrazione della luce sugli specchi di Webb. Nel complesso, NGC 7469 si estende per circa 90.000 anni luce di diametro, dominati dagli eleganti bracci a spirale che si allungano nello spazio, e gode di un orientamento invidiabile, in quanto il piatto del suo piano galattico è rivolto quasi direttamente verso la Terra, offrendo possibilità di osservazioni sbalorditive. La natura compatta della sua struttura e la presenza di una grande quantità di polvere hanno però reso difficile ottenere sia la risoluzione sia la sensibilità necessarie allo studio di questo sistema, ma grazie agli strumenti a infrarossi e spettroscopici del Webb, gli astronomi sono riusciti a ottenere immagini e spettri con dettagli senza precedenti. A rendere unica la nuova immagine è la sorprendente stella a sei punte che si allinea perfettamente con il cuore di NGC 7469. “A differenza della galassia, questo non è un vero oggetto celeste, ma un artefatto di imaging noto come picco di diffrazione, un modello prodotto quando la luce si piega attorno ai bordi taglienti di un telescopio, in questo caso dovuto al luminoso nucleo galattico attivo irrisolto – spiega l’ESA in una nota – . Lo specchio primario di Webb è composto da segmenti esagonali che contengono ciascuno bordi su cui la luce si diffrange, dando sei punte luminose. Le due punte più corte e più deboli sono invece create dalla diffrazione dal puntone verticale che aiuta a sostenere lo specchio secondario di Webb”. Gli studiosi hanno inoltre confermato l’esistenza di gas atomico diffuso e altamente ionizzato, che sembra uscire dal nucleo a circa 6,4 milioni di chilometri all’ora, come parte di un deflusso galattico che era stato precedentemente identificato, ma che Webb ha rivelato con precisione sbalorditiva. Con l’analisi dei dati ancora in corso, verranno sicuramente svelati ulteriori segreti di questo nucleo galattico e dell’anello di starbust che lo circonda.
Nebulosa Tarantola. La Nebulosa Tarantola (nota anche come 30 Doradus o con le sigle di catalogo NGC 2070 e C 103) è una vastissima regione H II situata nella Grande Nube di Magellano. È la più grande regione di formazione stellare conosciuta nel Gruppo Locale di galassie.
Galassia Fantasma. La galassia M74, conosciuta anche come “Galassia Fantasma”, si trova a circa 32 milioni di anni luce dalla Terra in direzione della costellazione dei Pesci ed è quasi di fronte a noi. Questa posizione privilegiata assieme alle sue braccia a spirale ben definite, la rende uno dei bersagli preferiti dagli astronomi che studiano l’origine e la struttura delle spirali galattiche. M74 è una particolare classe di galassie a spirale nota come “spirale di grande design”, il che significa che le sue braccia sono prominenti e ben definite, a differenza della struttura irregolare e irregolare vista in alcune galassie a spirale. La visione profonda del James Webb ha rivelato delicati filamenti di gas e polvere nei grandiosi bracci a spirale di M74, che si snodano verso l’esterno dal centro dell’immagine. La mancanza di gas nella regione del nucleo ha consentito anche una visuale non oscurata dell’ammasso al centro della galassia.
Un'altra splendida immagine della galassia Fantasma, M74
Orione o il Cacciatore è un'importante costellazione, forse la più conosciuta del cielo, grazie alle sue stelle brillanti e alla sua posizione vicino all'equatore celeste. La costellazione conta circa 130 stelle visibili a occhio nudo ed è identificabile dall'allineamento di tre stelle che formano la Cintura di Orione (dal vertice destro alto della foto, 3 cm in basso e 1 cm di lato), incorniciate da un rettangolo di quattro stelle più luminose; le tre stelle della Cintura sono chiamate in diversi modi a seconda della tradizione: i Tre Re, i Re Magi, il rastrello, i tre mercanti, i bastoni. La sagoma dell'eroe è invece delineata da nove stelle. Orione è molto utile per trovare altre stelle. Estendendo la linea della Cintura verso sudest, si può trovare Sirio (a Canis Majoris); verso nordovest, Aldebaran (a Tauri). Una linea verso est che attraversa le due spalle indica la direzione di Procione (a Canis Minoris). Una linea da Rigel verso Betelgeuse punta a Castore e Polluce, a e ß Geminorum.