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Gas
Il gas naturale è un combustibile fossile di origine organica, costituito in massima parte da metano (CH4). Le riserve accertate sono distribuite in poche aree geografiche, in particolare nei Paesi ex URSS e dell’Europa orientale (per oltre il 38%) e nei Paesi mediorientali (per oltre il 30%). In natura si trova in giacimenti sotterranei o sottomarini, spesso associato al petrolio. La sua estrazione richiede, pertanto, un’attività di perforazione, effettuata con speciali trivelle in grado di scendere a profondità a volte davvero rilevanti. Dai luoghi di produzione, che sono per lo più molto lontani da quelli di consumo, il gas naturale viaggia per mezzo di metanodotti, cioè attraverso condutture fisse che possono estendersi per migliaia di chilometri. Si tratta di una delle fonti energetiche più importanti, condividendo insieme ai prodotti petroliferi varie possibilità di impiego. Viene largamente adoperato, infatti, come combustibile per la generazione di energia elettrica, ma anche direttamente per il riscaldamento di ambienti o come carburante nell’autotrazione . Attualmente, poco meno del 25% della domanda di energia primaria mondiale è soddisfatta dal gas naturale, che, a giudizio degli esperti, è anche la fonte di energia primaria destinata ad avere la crescita maggiore nei prossimi decenni. Si prevede, al riguardo, che nel 2025 i consumi di gas raggiungano la quota di circa 5 trilioni di metri cubi (pari al 28% del consumo energetico mondiale), raddoppiando in tal modo le quantità consumate nel 2001. Questo potrà rendere problematico in futuro l’approvvigionamento sia per la scarsità delle riserve accertate sia per la loro concentrazione in aree poco stabili del pianeta. Attualmente in Italia il gas copre quasi un terzo del fabbisogno energetico. Il nostro Paese dispone di risorse di gas naturale che hanno svolto una funzione importante nei decenni passati. L’attuale produzione nazionale è tuttavia complessivamente modesta rispetto ad una domanda che è in costante aumento, per cui dipendiamo dall’estero per gran parte dei nostri consumi.
Gassificatore
Per gassificatore (da non confondersi con rigassificatore, che è tutt'altro) si intende un impianto che a partire da vari materiali (fra cui determinati tipi di rifiuti) ricava combustibili gassosi impiegabili per la produzione di energia. Sono proposti come una alternativa agli inceneritori. I gassificatori sfruttano la dissociazione molecolare, definita pirolisi, usata per convertire direttamente i materiali organici in gas, appunto, mediante riscaldamento in presenza di ridotte quantità di ossigeno: essi sono completamente distrutti scindendone le molecole, generalmente lunghe catene carboniose, in molecole più semplici di monossido di carbonio, idrogeno e metano, che formano un "gas di sintesi" (syngas), costituito in gran parte da metano e anidride carbonica e a volte abbastanza puro da essere usato tal quale. A differenza dei pirolizzatori, i quali attuano la pirolisi in senso stretto, ovvero in totale assenza di ossigeno, i gassificatori operando invece in presenza di piccole quantità di tale elemento producono anche una ossidazione parziale; in relazione al tipo di processo utilizzato, i gassificatori possono considerarsi come una tecnologia intermedia tra l'incenerimento e la pirolisi propriamente detta. Le applicazioni più diffuse e collaudate riguardano specifiche tipologie di rifiuti, quali ad esempio scarti di cartiera, pneumatici, plastiche, biomasse (scarti vegetali, legno, sansa di olive ecc). Alcuni produttori di impianti affermano di poter trattare anche rifiuti urbani indifferenziati senza alcun genere di pretrattamento. Se si trattano biomasse, l'energia imprigionata attraverso la fotosintesi clorofilliana in tali sostanze organiche può così essere liberata o bruciando il gas di sintesi (syngas) in una caldaia per sfruttarne il calore o alimentare una turbina a vapore, o usandolo come combustibile per motori a scoppio, o ricavandone idrogeno da usare poi in pile a combustibile per produrre elettricità. Questo gas può essere successivamente utilizzato per produrre energia elettrica (con rendimenti da due a tre volte più alti di un comune inceneritore) nonché ovviamente calore. I gassificatori sono impiantisticamente molto versatili – possono essere di varia tipologia e potenza, perciò si possono costruire direttamente dove servono diminuendo i costi e l'inquinamento del trasporto – e sono un sistema efficiente per sfruttare le potenzialità energetiche delle biomasse in generale, oltre che dei rifiuti solidi urbani: si prestano pertanto a essere usati in agricoltura, poiché permettono di sfruttare terreni poco produttivi o adatti solo a colture non pregiate per produrre energia, un bene invece dal valore in continua crescita. Pertanto, a fronte di un investimento relativamente modesto sia in fase di costruzione sia in gestione (grazie alla possibilità di introdurre una grande varietà di materiale organico anche non trattato e in virtù della non necessità di smaltire o filtrare grandi quantità di emissioni o rifiuti tossici), permettono di ottenere un guadagno costante e sicuro, il che dà loro alte potenzialità di sviluppo anche nel medio-breve termine, in un contesto di difficoltà di smaltimento dei rifiuti (e di opposizione alla costruzione di inceneritori tradizionali per i timori per la salute e l'ambiente) e di contrazione del mercato per gli agricoltori.
Le emissioni sono molto variabili a seconda della tecnologia e dell'impianto: si veda la voce Inceneritore per un confronto. Nel caso dell'impianto islandese di Husavik, che opera a temperature inferiori ai 400° C (permettendo fra l'altro la completa autonomia di funzionamento, in quanto per raggiungere questa temperatura si usa parte del gas di sintesi prodotto), alla fine del processo rimangono ceneri per il 3% della massa immessa, mentre dal lato delle emissioni, in particolare:
- la bassa temperatura riduce di oltre cento volte l'emissione di polveri sottili (e in particolare è ridotta la produzione di nanopolveri, che si formano soprattutto ad alte temperature in presenza di forti turbolenze), la cui produzione si concentra nella fase della combustione, in cui può però essere limitata grazie alla purezza del gas ottenuto;
- gli ossidi di azoto sono ridotti perché nella combustione l'idrogeno ne sequestra i precursori;
- i metalli pesanti sono ridotti notevolmente, perché data la bassa temperatura ne è ridotta la sublimazione e la liberazione nell'aria sotto forma di piccole impurità;
- la concentrazione di diossine e furani è inferiore ai livelli misurabili: la cinetica di reazione che negli inceneritori porta alla formazione di diossine, non interviene alle normali temperature d'esercizio (la diossina si forma soprattutto fra i 400 e gli 800° C), senza contare che l'alta efficienza della combustione abbassa la quantità di composti organici necessari alla loro formazione.
Il rendimento energetico totale (elettricità + calore) di tali impianti è dichiarato attorno al 70% ed è gestibile in modo molto più flessibile rispetto a un inceneritore. Si può infatti scalare, a seconda della necessità e della stagione da un 60% elettrico + 10% termico ad un 20% elettrico + 50% termico. Viceversa un inceneritore è molto più rigido ed in ogni caso la produzione elettrica a stento supera il 25% anche nelle migliori condizioni. I rendimenti di entrambe le tipologie di impianti ovviamente salgono molto se si ha la possibilità di sfruttare il calore in una rete di teleriscaldamento.
Un classico processo di gassificazione dei rifiuti è quello basato sull'utilizzo di un reattore HTCW (High Temperature Conversion of Waste):esso produce la dissociazione molecolare a una temperatura di 2700 °C, mentre le ridotte quantità di ossigeno impediscono la combustione favorendo piuttosto un processo di ossidazione parziale che trasforma il carbonio in CO e produce H2. Le diossine, i furani e altri inquinanti correlati, in queste condizioni subiscono scissione in composti non nocivi. Rispetto a un classico inceneritore, le emissioni di polveri ed inquinanti gassosi (gas acidi, CO ecc.) risultano variabili in funzione della tecnologia utilizzata e comunque minori, mentre il livello di metalli pesanti è sostanzialmente identico ma il mercurio può anche essere maggiore (in particolare in funzione del tipo di rifiuti trattati, ad esempio plastiche e pneumatici hanno emissioni diverse da biomasse legnose): si veda la voce inceneritore per un confronto. La frazione minerale viene trasformata in una fase vetrosa che trova uso in svariate applicazioni.
Un processo di gassificazione differente adotta come fonte di calore una torcia al plasma, originariamente sviluppata per la Nasa allo scopo di mettere alla prova i materiali realizzati per resistere alle altissime temperature cui sono sottoposte le navicelle spaziali al rientro nell'atmosfera a causa dell'attrito. Il plasma generato dalla torcia comprende gas ionizzato a temperature comprese fra i 7.000 e i 13.000 °C: l'elevatissima quantità di energia, applicata ai rifiuti:
- decompone le molecole organiche (in una zona di reazione dove la temperatura va dai 3000 ai 4000 °C), che, con l'aggiunta di vapore d'acqua, producono così un gas di sintesi simile a quello prodotto una volta nei gasogeni a carbone, e più precisamente composto di idrogeno (53%) e monossido di carbonio (33%), nonché anidride carbonica, azoto molecolare e metano (recuperato per produrre elettricità);
- fonde i materiali inorganici e li trasforma in una roccia vetrosa simile alla lava, totalmente inerte e non nociva, che può essere usata come materiale da costruzione (in questo modo non può essere recuperato il materiale ferroso o l'alluminio come con le scorie degli inceneritori). In questa "lava" sono totalmente conglobati e quindi resi inerti tutti i metalli pesanti, perciò non si hanno ceneri volanti che li contengano. Tuttavia, si ipotizza che in procedimenti come questo si producano enormi quantità di nanopolveri, anche se non ci sono studi sulla loro effettiva composizione e sono rarissimi quelli sulla dispersione nell'ambiente.
Questi sono gli unici scarti: il tipo di combustione non permette la produzione di nessun composto tossico o pericoloso come diossine, furani o ceneri. Per questo un reattore al plasma può trattare pneumatici, PVC, rifiuti ospedalieri e altri rifiuti industriali con emissioni minori di un normale inceneritore. Secondo alcune fonti l'adozione di questa tecnologia sarebbe relativamente economica: circa il 20-40% in meno di un termovalorizzatore di ultima generazione per costi di costruzione e gestione, a parità di produzione netta di energia, nonostante la generazione di plasma a 7000-13000 C° comporti come ovvio elevatissimi consumi energetici; non risultano tuttavia impianti di questo genere per i rifiuti urbani, ma solo per lo smaltimento dei rifiuti tossici come ceneri volanti da inceneritori, residui amiantiferi e PCB, mentre – come si è detto a proposito delle scorie – sono allo studio applicazioni della tecnologia della torcia al plasma per la loro vetrificazione, che risolverebbero un problema piuttosto grave degli inceneritori (cioè lo smaltimento delle scorie pesanti, che sono rifiuti pericolosi). La convenienza di questa operazione dipende dai consumi energetici del processo, come visto elevati, e dall'uso che si può fare del materiale ottenuto.
Gassogeno
Gassogeno o gasogeno è un dispositivo in grado di produrre gas a partire da una massa solida. A esempio esistono gassogeni a biomasse i quali raccolgono il gas prodotto da escrementi e da altri materiali biologici in decomposizione per essere utilizzato in diverse applicazioni, come il riscaldamento domestico. I gassogeni più noti per ragioni storiche sono quelli a gas povero, che consistono in particolari bruciatori nei quali al combustibile solido (carbone, coke o semplicemente legna secca) viene fornita una quantità insufficiente di ossigeno, cosa che porta alla formazione di molecole di monossido di carbonio. Il monossido di carbonio può ulteriormente essere ossidato portando alla formazione di anidride carbonica. Il gas povero prodotto è appunto una miscela di ossido di carbonio, anidride carbonica, azoto e idrogeno, e si forma anche per effetto del vapore d'acqua che si genera durante la combustione e attraversa il carbone incandescente facendogli sprigionare una miscela detta gas d'acqua, che si unisce agli altri prodotti della combustione (globalmente detti gas d'aria). Il gas povero è dunque composto da gas d'acqua e gas d'aria, e costituisce un combustibile economico ma dal basso potere calorifico.Un tipico gassogeno è costituito da una camera cilindrica di lamiera alta 3-5 metri con diametro di 2 metri ricoperta all'interno di refrattario. Alla base c'è una griglia a forma di cono su cui è appoggiato il coke (2 metri di altezza) e attraverso cui viene immessa l'aria. Viene utilizzato per la produzione di gas d'aria e gas d'acqua. Innescata la combustione si nota che nella parte prossima alla griglia avviene la combustione completa:
Essendo esotermica la reazione si raggiungerà la temperatura di 1200-1250°C; l'anidride carbonica formatasi passa allo strato superiore di coke e avviene la reazione:
Alla temperatura di 900°C si verifica che l'equilibrio è quasi tutto spostato a destra,quindi abbiamo solo la presenza di CO, anche se rimane un 2-3% di CO2, la reazione finale sarà:
Generatore di vapore
Un generatore di vapore, o caldaia a vapore, o semplicemente caldaia è un'apparecchiatura che trasforma l'energia di combustibili in calore e lo rende disponibile in un circuito contenente un liquido provocandone un cambiamento di stato da liquido ad aeriforme, in modo continuo ed in condizioni controllate.La prima caldaia di cui si ha notizia è la sfera di Erone, costituita da un recipiente metallico cavo di forma sferica, chiuso salvi alcuni ugelli tangenziali; posta sulla fiamma, l'acqua contenuta vaporizzava e, per effetto dell'espansione conseguente, il vapore fuoriusciva dagli ugelli tangenziali ponendo la sfera stessa in rotazione; si era in presenza quindi di un assieme caldaia - motore a vapore. La sfera di Eliogabalo non ebbe seguito pratico, né vi furono tentativi concreti di sfruttare il vapore fino al tardo XVII secolo; le ragioni di ciò essendo la mancanza di utilizzatori e la mancanza di combustibile adatto (il legno, specie se verde, ha bassissimo potere calorifico e non è adatto alla generazione di vapore se non con particolari accorgimenti, relativamente più recenti). Nel XVIII secolo, quando iniziarono le applicazioni del vapore come produttore di energia meccanica, si sviluppò anche la tecnologia delle caldaie. Nei primi generatori di vapore, la caldaia era un recipiente metallico, di solito cilindrico, al disotto del quale veniva fatto bruciare il carbone. Questi modelli, non differenti nel principio dalle moderne pentole a pressione (recipiente chiuso posto su una fiamma esterna, con uscita su cui agisce una contropressione controllata), si passò al tipo, ancor oggi usato anche se solo sporadicamente, Cornovaglia, definibili a grande volume d'acqua. Le caldaie da riscaldamento odierne (che però non sono generatori di vapore) sono simili al tipo Cornovaglia.
Con l'aumentare dell'uso del vapore, tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo, il semplice focolare della Cornovaglia, che non permetteva grandi superfici di scambio, venne gradualmente sostituito da sistemi a fascio tubiero che, oltre ad aumentare la superficie di scambio, consentivano un migliore controllo del moto convettivo dell'acqua: le caldaie a tubi di fumo (vedi figura), dette anche a medio volume d'acqua. Questo è il modello generalmente usato nelle locomotive a vapore. Verso la fine del XIX secolo, nel 1867, gli statunitensi George Babcock e Stephen Wilcox concepirono una caldaia, da loro definita non esplodente in cui all'interno dei tubi, anziché i fumi di combustione, veniva fatta circolare l'acqua da vaporizzare, creando così migliori coefficienti di scambio e, dato che si potevano usare tubi più piccoli e tortuosi, maggiori superfici di scambio, ottenendo così caldaie più piccole a parità di produzione; ulteriori vantaggi erano il ridotto volume d'acqua, che consentiva un avviamento molto più rapido, e le dimensioni minori delle parti a pressione, che venivano così ad avere minori spessori (da qui il nome non esplodente). Infine, la caldaia a tubi d'acqua presenta una superficie assai elevata (rispetto alla tubi di fumo) esposta all'irraggiamento diretto del focolare.
Delle caldaie a tubi d'acqua vennero anche realizzati in quel periodo tipi particolari, in cui la circolazione viene assicurata da una pompa esterna: le caldaie a circolazione forzata, di cui il tipo principale è la caldaia tipo La Mont. Il sistema è oggi largamente usato, specie nelle grandi caldaie destinate all'alimentazione di turbine per produzione di energia elettrica. Parte dell'evoluzione delle caldaie è dovuta all'evoluzione dei combustibili. Dal legno dei primordi, si è passati al carbone verso il XVIII secolo, e questo è rimasto per un secolo e mezzo il combustibile principe; la combustione avveniva nel focolare, sostanzialmente una griglia, su cui veniva posto il combustibile solido, in modo più o meno meccanizzato e da cui venivano evacuate le ceneri, anch'esse in modo più o meno meccanizzato. Nel XX secolo il carbone è stato gradualmente soppiantato dai combustibili liquidi; ciò ha richiesto la sostituzione del focolare con altri sistemi, in grado di iniettare miscele combustibile liquido - comburente gassoso nella camera di combustione. Tali dispositivi sono detti bruciatori.
Generatore elettrico
Un generatore elettrico è un dispositivo destinato a produrre energia elettrica a partire da una diversa forma di energia. Concettualmente esistono due tipi di generatori elettrici:
Il generatore di tensione produce una tensione elettrica definita e costante (o comunque un andamento prefissato in funzione del tempo). Il variare del carico applicato comporta una variazione della corrente uscente dal generatore secondo quanto previsto dalla legge di Ohm. Il generatore di corrente mantiene invece una corrente elettrica, ed al variare del carico varia la tensione in uscita dal generatore in modo che, per effetto della legge di Ohm la corrente si mantenga al valore corretto. Generatore ideale. Nello studio teorico dei fenomeni e circuiti elettrici si considerano in genere i generatori come ideali. Un generatore ideale è in grado di produrre qualunque tensione e corrente senza alcun limite ed è privo di resistenza interna. Il valore di corrente o tensione generato è indipendente dal carico applicato. Nella realtà non esistono generatori ideali, poiché qualunque dispositivo ha una sua resistenza interna intrinseca, inoltre è in grado di generare tensione e corrente solo entro determinati limiti. Generatore reale. Un generatore reale di tensione può essere rappresentato come un generatore ideale di tensione con esplicitata in serie la resistenza interna, mentre il generatore reale di corrente può essere rappresentato come un generatore ideale di corrente con in parallelo la resistenza interna. In teoria, qualora un circuito comprendente un generatore ideale di corrente venga aperto, la tensione in uscita dovrebbe salire all'infinito. Nei generatori reali esiste però un valore limite di tensione oltre il quale la corrente crolla a zero. Dal punto di vista teorico, nella rappresentazione teorica del generatore reale la corrente in uscita dal generatore ideale si chiude sulla resistenza interna. Generatori elettrodinamici. Questi generatori si basano sulla induzione di corrente elettrica in un circuito per effetto della legge di Faraday-Neumann-Lenz e sono i più importanti in termini di produzione di energia elettrica. In questa categoria rientrano principalmente la dinamo per la produzione di corrente continua e l'alternatore, in grado di generare corrente alternata. Generatori elettrochimici. Quando il flusso di elettroni è prodotto da una reazione di ossidoriduzione si ha un generatore elettrochimico. I più comuni sono le pile e le celle a combustibile.
Gestore del Mercato Elettrico (GME)
E’ la società per azioni costituita dal GSE alla quale è affidata la gestione economica del mercato elettrico secondo criteri di trasparenza e obiettività, al fine di promuovere la concorrenza tra i produttori assicurando la disponibilità di un adeguato livello di riserva di potenza. In particolare il GME gestisce il Mercato del giorno prima, il Mercato di Aggiustamento e il Mercato per il servizio di dispacciamento. Al GME è affidato inoltre la contrattazione dei Certificati Verdi e dei titoli di efficienza energetica (“Certificati Bianchi”).
Gestore della rete di trasmissione nazionale (GRTN)
E’ una società per azioni la cui costituzione è avvenuta in base al Decreto Bersani; al Gestore della Rete sono attribuite in concessione le attività di trasmissione e dispacciamento e la gestione unificata della rete di trasmissione nazionale. Il Gestore ha il compito di assicurare il buon funzionamento dell'intero sistema elettrico.
Gestore di rete elettrica
E’ la persona fisica o giuridica responsabile, anche non avendone la proprietà, della gestione di una rete elettrica con obbligo di connessione di terzi, nonché delle attività di manutenzione e di sviluppo della medesima.
Grandi opere.
Il controllo ambientale.
Gray (radioattività).
Il gray (simbolo Gy) è l'unità di misura della dose assorbita di radiazione del Sistema Internazionale. Un'esposizione di un gray corrisponde ad una radiazione che deposita un joule, (definito come 1 kg•m2/s2), per chilogrammo(kg) di materia (sia tessuti biologici che qualsiasi altra cosa). Gy=J/kg=m2/s2.
Grossista
Persona fisica o giuridica che acquista e vende energia elettrica senza esercitare attività di produzione, trasmissione e distribuzione nei Paesi dell’Unione Europea.
Gruppo regolante
Gruppo di generazione idoneo a mantenere la tensione e la frequenza dell’energia elettrica consegnata alla rete entro il loro campo normale di valori.
GSE
Gestore Servizi Eletttrici. Ha un ruolo centrale nella promozione, nell'incentivazione e nello sviluppo delle fonti rinnovabili in Italia. Azionista unico del GSE è il Ministero dell'Economia e delle Finanze che esercita i diritti dell'azionista con il Ministero delle Attività Produttive. Il GSE è capogruppo delle due società controllate AU (Acquirente Unico) e GME (Gestore del Mercato Elettrico). In seguito al trasferimento del ramo d’azienda relativo a dispacciamento, trasmissione e sviluppo della rete a Terna S.p.A, avvenuto il 1° novembre 2005 per effetto del DPCM dell’11 maggio 2004, il GSE si concentra sulla gestione, promozione e incentivazione delle fonti rinnovabili in Italia, attività in parte già svolte. Il Gestore dei Servizi Elettrici - GSE S.p.a. svolge un ruolo fondamentale nel meccanismo di incentivazione della produzione di energia da fonti rinnovabili e assimilate, predisposto dal provvedimento CIP 6/92, e a gestire il sistema di mercato basato sui Certificati Verdi. Rilascia, inoltre, la Garanzia di Origine, riconoscimento introdotto dalla direttiva comunitaria 2001/77 per l’energia elettrica da fonte rinnovabile, e i certificati RECS (Renewable Energy Certificate System), titoli internazionali, su base volontaria, attestanti la produzione rinnovabile. A rafforzare la caratterizzazione delle attività svolte dal GSE, l’assegnazione - da parte dell’AEEG - del ruolo di “soggetto attuatore” previsto dal decreto del Ministero delle Attività produttive del 28 luglio 2005, per l’incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare.
Idrogeno
L'idrogeno è l'elemento più leggero e abbondante dell'universo. È tuttavia assai raro sulla Terra allo stato elementare, a causa della sua estrema volatilità. Per poterne disporre in quantità industrialmente utili occorre pertanto estrarlo dai composti che lo contengono in abbondanza (a esempio dall’acqua, dai combustibili fossili, da sostanze minerali e da organismi vegetali) utilizzando una fonte di energia esterna. Per questo motivo l’idrogeno, al pari dell’elettricità, deve essere considerato un vettore energetico, piuttosto che una fonte energetica primaria. L'interesse per il suo impiego come combustibile, tanto per applicazioni industriali quanto per l’autotrazione, deriva dal fatto che l'inquinamento prodotto dall’idrogeno è quasi nullo. Se usato in sistemi a combustione produce, infatti, soltanto vapore acqueo e tracce di ossidi di azoto; mentre produce solo vapore acqueo, se viene utilizzato con sistemi elettrochimici (celle a combustibile). Le tecnologie di produzione dell'idrogeno a partire dai combustibili fossili (in particolare dal carbone) sono mature e ampiamente utilizzate, anche se vanno ottimizzate da un punto di vista economico, energetico e di impatto ambientale. Dei circa 500 miliardi di m3 di idrogeno prodotti annualmente a livello mondiale, circa 190 miliardi rappresentano un sottoprodotto dell'industria chimica, mentre la maggior frazione deriva da combustibili fossili (gas naturale, idrocarburi pesanti e carbone) attraverso processi di reforming, di ossidazione parziale, di pirolisi e di gassificazione.
La produzione dell’idrogeno dai combustibili fossili ha tuttavia l'inconveniente di dar luogo alla emissione, come prodotto di scarto, di grandi quantità di CO2, gas notoriamente a effetto serra. Tuttavia proprio la produzione dell’idrogeno dal carbone e l’idrogeno generato come sottoprodotto nell’industria chimica appaiono oggi le uniche strade praticabili per avviare una filiera produttiva di dimensioni tali da raggiungere le necessarie economie di scala. L'estrazione diretta di idrogeno dall'acqua ha, al momento, un unico processo industriale consolidato: l'elettrolisi. In questo caso si dà luogo a un processo di produzione e consumo ambientalmente sostenibile, ma è necessaria una corrispondente quantità di energia elettrica pulita in grado di alimentare il processo di elettrolisi. Il problema è pertanto quello dei costi: con l'elettrolisi dell'acqua, infatti, si può ottenere idrogeno praticamente puro, ma a un prezzo che può diventare economicamente accettabile in una prospettiva ancora lontana, allorquando le innovazioni tecnologiche potranno consentire di utilizzare per il processo energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili (o da nucleare) a costi molto bassi. Altri aspetti da valutare con attenzione sono inoltre quelli legati alla difficoltà di trasporto e stoccaggio , sia per la bassa densità energetica, sia perché l’idrogeno è esplosivo, infiammabile ed estremamente volatile.
Lo sviluppo dell'idrogeno come vettore energetico è pertanto una opzione di estremo interesse per contribuire a risolvere i problemi energetici del pianeta, ma richiede miglioramenti sostanziali nelle tecnologie esistenti e la ricerca di tecnologie innovative per renderne l'impiego economico e affidabile nelle varie fasi della catena tecnologica (produzione, trasporto, stoccaggio, utilizzo finale). Si tratta di una sfida non semplice, che si sta oggi affrontando con numerose tecnologie allo studio. In questo scenario l'Italia può avere un ruolo da protagonista, poiché le conoscenze scientifiche e le capacità tecnologiche possedute sono di vertice a livello internazionale. La ricerca è particolarmente attiva nel settore della produzione sia da fonti fossili, attraverso la gassificazione del carbone, sia da fonti rinnovabili con il processo di elettrolisi, sfruttando l’elettricità prodotta nelle centrali idroelettriche.
Impianto fotovoltaico
Impianto costituito da moduli fotovoltaici e altri componenti progettato per produrre energia elettrica a partire dalla radiazione solare.
Impianto fotovoltaico connesso in rete
Impianto fotovoltaico collegato alla rete di distribuzione dell’energia elettrica.
Impianto fotovoltaico isolato
Impianto fotovoltaico non collegato alla rete elettrica di distribuzione.
Impianto misto
Stazione elettrica (anche localizzata presso un impianto di produzione) all’interno della quale sono realizzate trasformazioni AAT/AT afferenti alla rete di trasmissione nonché trasformazioni AT/MT tipiche di cabina primaria. In esso le competenze sono, normalmente, suddivise tra il GSE e il gestore della rete di distribuzione.
Impianto produttore
Insieme del macchinario, dei circuiti, dei servizi ausiliari, delle apparecchiature e degli eventuali carichi per la generazione di energia elettrica, che ha origine nel punto di consegna. Indice di corretto funzionamento su guasto (Dp) Indicatore della capacità del sistema complessivo di protezione nell’eliminare i guasti, una volta che siano stati rilevati. E’ definito dalla formula Dp=1-F/A dove: A= numero totale di guasti nel sistema; F= numero di guasti nel sistema in cui l’interruttore ha mancato l’apertura.
Indice di disalimentazione Rapporto tra l'energia non fornita in una determinata rete elettrica a causa di disservizi ed il picco di carico nella stessa rete nel periodo di tempo considerato. Costituisce un parametro che consente di valutare la continuità del servizio elettrico.
Impronta ecologica.
L'impronta ecologica è un indicatore utilizzato per valutare il consumo umano di risorse naturali rispetto alla capacità della Terra di rigenerarle. L'impronta ecologica misura l'area biologicamente produttiva di mare e di terra necessaria per rigenerare le risorse consumate da una popolazione umana e per assorbire i rifiuti prodotti. Utilizzando l'impronta ecologica, è possibile stimare quanti "pianeta Terra" servirebbero per sostenere l'umanità, qualora tutti vivessero secondo un determinato stile di vita. Confrontando l'impronta di un individuo (o regione, o stato) con la quantità di terra disponibile pro-capite (cioè il rapporto tra superficie totale e popolazione mondiale) si può capire se il livello di consumi del campione è sostenibile o meno. Per calcolare l'impronta ecologica si mette in relazione la quantità di ogni bene consumato (es. grano, riso, mais, cereali, carni, frutta, verdura, radici e tuberi, legumi, ecc.) con una costante di rendimento espressa in kg/ha (chilogrammi per ettaro). Il risultato è una superficie espressa quantitativamente in ettari. Si può esprimere l’impronta ecologica anche da un punto di vista energetico, considerando l’emissione di diossido di carbonio espressa quantitativamente in tonnellate, e di conseguenza la quantità di terra forestata necessaria per assorbire le suddette tonnellate di CO2. Da alcuni studi effettuati su scala mondiale e su alcuni paesi emerge che l'impronta mondiale è maggiore della capacità bioproduttiva mondiale. Secondo Mathis Wackernagel, nel 1961 l'umanità usava il 70% della capacità globale della biosfera, ma nel 1999 era arrivata al 120%. Ciò significa che stiamo consumando le risorse più velocemente di quanto potremmo, cioè che stiamo intaccando il capitale naturale e che nel futuro potremo disporre di meno materie prime per i nostri consumi. Relativamente ad alcuni stati, i dati dell'impropnta pro-capite sono i seguenti: Usa 9,6ha, Svezia 6,6ha, Canada 5,8ha, Francia 5,6ha, Italia 4,2ha. Il dato va raffrontato con la biocapacità media mondiale che è di 1,78 ettari pro capite.
Indice di prestazione energetica di un edificio (IPE).
L'indice di prestazione energetica per la climatizzazione invernale, o più semplicemente "indice di prestazione energetica" (in acronimo IPE), è un parametro architettonico che viene usato per valutare l'efficienza energetica di un edificio. In particolare questo indice tiene conto del rapporto tra l'energia necessaria per portare un ambiente alla temperatura di 18 °C e la sua superficie utile o volume lordo, in caso di locali non residenziali. Per superficie utile si intende la superficie netta calpestabile dell'ambiente. L'indice di prestazione energetica viene quindi espresso in kWh/m2 per anno, o kWh/m3 per anno per locali non residenziali. In merito alla recente tendenza al risparmio energetico l'Unione europea ha notificato la strada da percorrere in materia edile ai suoi paesi membri con la direttiva 2002/91/ce “rendimento energetico nell'edilizia” o la direttiva 2006/32/ce “efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici”. Per adeguarsi a queste nuove disposizioni anche in Italia sono state emanate alcune leggi che stabiliscono dei valori convenzionali del'IPE che devono essere soddisfatti nell'ambito della realizzazione di nuovi edifici. Nel particolare il decreto del Presidente della Repubblica dpr 59/09, specifica alcuni valori dell'IPE che vanno certificati in corso d'opera. Dal 1º gennaio 2012, nel caso di offerta di trasferimento a titolo oneroso di edifici o di singole unità immobiliari, gli annunci commerciali di vendita devono riportare l'indice di prestazione energetica contenuto nell’attestato di certificazione energetica. L’obbligo deriva dall’art. 13 del Dlgs 3 marzo 2011, n. 28 che ha apportato modifiche al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192. L'IPE si presta infine a essere utilizzato come riferimento contrattuale nei servizi di aumento di efficienza energetica che le Energy Service Company realizzano per conto del cliente.
Indisponibilità di un elemento della rete
Stato nel quale un elemento della Rete non è utilizzabile da parte del Gestore per l’attività di trasmissione.
L’indisponibilità si distingue in:
- programmata, se è prevista nel piano annuale delle indisponibilità o nel piano trimestrale per le indisponibilità e ha una durata inferiore a cinque giorni;
- occasionale, se non è prevista nel piano annuale ma è prevista nel piano trimestrale delle indisponibilità e ha una durata superiore o uguale a cinque giorni; non è prevista nel piano trimestrale ma è prevista nel piano mensile.
L’indisponibilità occasionale si distingue in:
- differibile se è relativa ad una manutenzione occasionale differibile;
- indifferibile se è relativa ad una manutenzione occasionale indifferibile;
- su guasto, se è conseguente al verificarsi di un guasto;
- per causa esterna, se dovuta ad esigenze di terzi o ad eventi non attribuibili al Titolare; ad esempio: lavori o prove richiesti da gestori/titolari di reti limitrofe o da altri operatori, calamità naturali, provvedimenti di autorità pubbliche.
Induttanza
Una corrente elettrica i che scorre in un circuito elettrico produce un campo magnetico nello spazio circostante e un flusso magnetico Φ attraverso il circuito. L'induttanza del circuito è quindi il rapporto tra il flusso magnetico generato e la corrente passante. Il termine fu utilizzato per la prima volta da Oliver Heaviside nel Febbraio 1886. L'induttanza si indica con la lettera L maiuscola. La definizione operativa di induttanza di una spira di corrente è data dalla seguente relazione:
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In onore di Joseph Henry, all'unità di misura dell'induttanza è stato dato il nome henry (H) : 1 H = 1 Wb /1 A. L'induttanza è anche detta coefficiente di autoinduzione del circuito.
Induttore
E' un componente elettrico che genera un campo magnetico al passaggio di corrente elettrica (continua o alternata o impulsiva). Nella teoria dei circuiti l'induttore è un componente ideale (la cui grandezza fisica è l'induttanza) in cui tutta l'energia elettrica assorbita è immagazzinata nel campo magnetico prodotto. Gli induttori reali, realizzati con un avvolgimento di un filo conduttore, presentano anche fenomeni dissipativi e capacitativi di cui si deve tenere conto. Gli induttori sono impiegati in una varietà di dispositivi elettrici ed elettronici, tra i quali i trasformatori ed i motori elettrici nonché in svariati circuiti a corrente alternata ad alta frequenza.
Induzione elettromagnetica
La legge di Faraday o legge dell'induzione elettromagnetica è una legge fisica che quantifica il fenomeno dell'induzione elettromagnetica, ovvero l'effetto di produzione di corrente elettrica in un circuito posto in un campo magnetico variabile oppure un circuito in movimento in un campo magnetico costante. È stata scoperta nel 1831 dal fisico inglese Michael Faraday, ed è attualmente alla base del funzionamento dei comuni motori elettrici, generatori elettrici e trasformatori.
Intelligenza artificiale (IA)
Vedi articolo specifico.
Inverter
Un inverter è un apparato elettronico in grado di convertire corrente continua in corrente alternata eventualmente a tensione diversa, oppure una corrente alternata in un'altra di differente frequenza
Inverter fotovoltaico
Si tratta di un tipo particolare di inverter progettato espressamente per convertire l'energia elettrica sotto forma di corrente continua prodotta da modulo fotovoltaico, in corrente alternata da immettere direttamente nella rete elettrica. Queste macchine estendono la funzione base di un inverter generico con funzioni estremamente sofisticate e all'avanguardia, mediante l'impiego di particolari sistemi di controllo software e hardware, che consentono di estrarre dai pannelli solari la massima potenza disponibile in qualsiasi condizione meteorologica. Questa funzione prende il nome di MPPT, un acronimo di origine Inglese che sta per Maximum Power Point Tracker. I moduli fotovoltaici infatti, hanno una curva caratteristica V/I tale che esiste un punto di lavoro ottimale, detto appunto Maximum Power Point, dove è possibile estrarre tutta la potenza disponibile. Questo punto della caratteristica varia continuamente in funzione del livello di radiazione solare che colpisce la superficie delle celle. È evidente che un inverter in grado di restare "agganciato" a questo punto, otterrà sempre la massima potenza disponibile in qualsiasi condizione. Ci sono svariate tecniche di realizzazione della funzione MPPT, che si differenziano per prestazioni dinamiche (tempo di assestamento) e accuratezza. Sebbene la precisione dell'MPPT sia estremamente importante, il tempo di assestamento lo è, in taluni casi, ancor più. Mentre tutti i produttori di inverter riescono ad ottenere grande precisione sull'MPPT (tipicamente tra il 99-99,6% della massima disponibile), solo in pochi riescono ad unire precisione a velocità. È infatti nelle giornate con nuvolosità variabile che si verificano sbalzi di potenza solare ampi e repentini. È molto comune rilevare variazioni da 100W/m² a 1000-1200W/m² in meno di 2 secondi. In queste condizioni, che sono molto frequenti, un inverter con tempi di assestamento minori di 5 secondi riesce a produrre fino al 15%-20% di energia in più di uno lento. Alcuni inverter fotovoltaici sono dotati di stadi di potenza modulari, e alcuni sono addirittura dotati di un MPPT per ogni stadio di potenza. In questo modo i produttori lasciano all'ingegneria di sistema la libertà di configurare un funzionamento master/slave o a MPPT indipendenti. In genere l'impiego di MPPT separati fa perdere qualche punto percentuale di rendimento elettrico medio della macchina, che è costretta a funzionare a pieno regime anche con irraggiamento scarso. Tuttavia non è infrequente che la superficie dei pannelli solari non possa essere esposta al sole uniformemente su tutto il campo perché disposto su due diverse falde del tetto, oppure che i moduli non possano essere distribuiti su stringhe di uguale lunghezza. In questo caso l'utilizzo di un solo MPPT porterebbe l'inverter a lavorare fuori dal punto di massima potenza e conseguentemente la produzione di energia ne sarebbe danneggiata. Un'altra caratteristica importante di un inverter fotovoltaico, è l'interfaccia di rete. Questa funzione, generalmente integrata nella macchina, deve rispondere ai requisiti imposti dalle normative dei diversi enti di erogazione di energia elettrica. In Italia, ENEL ha rilasciato la normativa DK5940, attualmente giunta all'edizione 2.2. Questa normativa prevede una serie di misure di sicurezza tali da evitare l'immissione di energia nella rete elettrica qualora i parametri di questa, siano fuori dai limiti di accettabilità.
IPEX (Italian Power Exchange)
Detto anche Borsa elettrica, è il mercato fisico per lo scambio "all'ingrosso" di quantità stabilite di energia, basato su un meccanismo di asta e sulla definizione di programmi di immissione e di prelievo dalla rete di trasmissione nazionale. I programmi e le quantità di energia scambiate vengono regolati sulla base di un libero sistema di domanda e offerta, previa verifica della loro rispondenza ai vincoli della rete da parte del Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale.
Irraggiamento
Radiazione solare istantanea (quindi una potenza) incidente sull’unità di superficie. Si misura in kW/m2. L’irraggiamento rilevabile all’Equatore, a mezzogiorno e in condizioni atmosferiche ottimali, è pari a circa 1.000 W/m2.
IUPAC
Acronimo di International Union of Pure and Applied Chemistry (in italiano Unione Internazionale di Chimica Pura ed Applicata), è una organizzazione non governativa internazionale, dedita al progresso della chimica. I suoi membri sono le varie società chimiche nazionali. La IUPAC opera in accordo ed armonizza la propria nomenclatura e terminologia, ove necessario, con la IUPAP e l'ISO ed adotta il Sistema Internazionale SI di grandezze ed unità di misura. È un'autorità riconosciuta che si riunisce periodicamente per aggiornare le regole riguardanti la nomenclatura chimica degli elementi e dei composti, attraverso il Comitato Interdivisionale per la Nomenclatura e i Simboli. È inoltre membro del Consiglio Internazionale per le Scienze (ICSU).
IUPAP
L' International Union of Pure and Applied Physics (IUPAP) è una organizzazione non governativa che si impegna nell'avanzamento della fisica. È stata creata nel 1922 e la sua prima Assemblea generale è avvenuta nel 1923 a Parigi. L'IUPAP è membro dell'International Council for Science (ICSU). Gli obiettivi dell'IUPAP sono:
- promuovere e stimolare la collaborazione internazionale nello studio della fisica
- patrocinare meeting internazionali e collaborare all'organizzazione di comtati
- incoraggiare la preparazione e pubblicazione di abstract e documenti sulle costanti fisiche
- promuovere accordi internazionali sull'uso comune di simboli, unità di misura, nomenclature e stadard
- promuovere la libera circolazione degli scienziati
- incoraggiare la ricerca e la didattica
L'unione è governata da un'Assemblea generale che si riunisce ogni 3 anni. Il concilio è l'organo esegutivo più importante e supervisione le attività delle 19 commissioni internazionali e delle tre commissioni affiliate. L'unione è composta da membri (attualmente 49) rappresentanti diverse comunità di fisici. La commissione SUNAMCO dello IUPAP ha pubblicato il libro Symbols, Units, Nomenclature and Fundamental Constants in Physics, scritto da E. Richard Cohen e Pierre Giacomo, conosciuto anche come red book, I.U.P.A.P.-25, o SUNAMCO 87-1. Il sito web del SP Technical Research Institute of Sweden ha reso l'edizione del 1987 disponibile in rete.
Joule
Il joule (simbolo: J.), è un'unità di misura derivata del Sistema internazionale (SI). Il joule è l'unità di misura dell'energia, del lavoro e del calore (per quest'ultimo è più frequente la caloria), ed è definito come 1 kg·m2/s2 = 1 N·m = 1 W·s. Prende il nome dal fisico James Prescott Joule.
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Un joule è il lavoro richiesto per esercitare una forza di un newton per una distanza di un metro, perciò la stessa quantità puo essere riferita come newton metro. Comunque, per evitare confusione, il newton metro è tipicamente usato come la misura della coppia di torsione e non dell'energia. Un altro modo di visualizzare il joule è il lavoro richiesto per sollevare una massa di 102 g (una piccola mela) per un metro, opponendosi alla forza di gravità terrestre. Un joule è anche il lavoro svolto per produrre la potenza di un watt per un secondo, esattamente come se qualcuno impiegasse un secondo per sollevare la suddetta mela.
1 joule equivale a:
- 6,24150975·10exp18 eV
- 107 erg
- 1 W·s (watt secondo)
- 1 N·m (newton metro)
- 1 Pa·m3 (pascal metro cubo)
- 2,39·10-1 calorie
- 9,48·10-4 British thermal unit
- 2,78·10-7 chilowattora (1 chilowattora equivale esattamente a 3 600 000 J)
Kirchhoff (Prima legge di)
La legge di Kirchhoff delle correnti (LKC o LKI) afferma che, definita una superficie chiusa che attraversi un circuito elettrico, la somma algebrica delle correnti che attraversano la superficie (con segno diverso se entranti o uscenti) è nulla. In ogni istante di tempo si ha quindi: sommatoria estesa alla superficie sigma delle ik(t) ( ik(t) è il valore della k -esima corrente che attraversa σ all'istante t) èuguaòe a zero. In una formulazione semplificata, e definendo una superficie che racchiuda un singolo nodo del circuito, si può dire che in esso la somma delle correnti entranti è uguale alla somma delle correnti uscenti. Indicando con Ie le correnti entranti e con Iu le correnti uscenti, in formula si scrive:
Ad esempio, prendiamo un nodo a cui giungono quattro rami del circuito e chiamiamo le correnti i1, i2, i3 ed i4. Decido che da un solo ramo uscirà corrente (i4), quindi la formula sarà:
- i1 + i2 + i3 = i4
che trasformata nella forma canonica dà
- i1 + i2 + i3 - i4 = 0
In questo caso essendoci un'unica uscita, i4 sarà la somma di tutte le altre correnti. La somma algebrica totale sarà quindi nulla. Se risolvendo il circuito otteniamo un valore negativo di corrente questo significa che il verso effettivo con cui la carica percorre il ramo è l'opposto di quello ipotizzato all'inizio. Se il circuito è in corrente continua la somma va intesa come somma algebrica. Se il circuito è in regime sinusoidale (vedi anche corrente alternata) la somma può essere fatta anche sui fasori corrispondenti alle correnti (quindi come somma vettoriale). La prima legge semplicemente riflette il fatto che la carica non può essere dispersa. Se vengono indicati tutti i possibili tragitti lungo i quali il trasferimento della carica è possibile, e se si è certi che una emissione effettiva di elettroni o effetti collaterali non esistono, allora la carica netta spostata verso un nodo, deve uguagliare quella che vi si allontana. Conseguentemente, la velocità totale con cui la carica entra in un nodo, ovvero la corrente in entrata, deve uguagliare la velocità totale della carica che lo lascia, ovvero la corrente in uscita.
Kirchhoff (Seconda legge di)
Nella formulazione più semplice la legge di Kirchhoff delle tensioni (LKT o LKV) afferma che, in un circuito a parametri concentrati planare, è definito il concetto di potenziale elettrico (vedi anche differenza di potenziale o d.d.p.). Equivalentemente, la somma algebrica delle tensioni lungo una linea chiusa (con il segno appropriato in funzione del verso di percorrenza della maglia stessa) è pari a zero. Se le grandezze elettriche del circuito sono rappresentate nel dominio del tempo (per esempio se è in corrente continua) la somma va intesa come somma algebrica. Se il circuito è in corrente alternata e le grandezze elettriche sono rappresentate da fasori la somma può essere fatta anche sui fasori corrispondenti alle tensioni (quindi come somma vettoriale.). Indicando con Vi le tensioni, in formula si può scrivere:
.
Una maglia è un percorso chiuso di una rete elettrica che partendo da un nodo torna allo stesso senza attraversare uno stesso ramo due volte, non è necessario che tra due nodi successivi di una maglia ci sia un componente "effettivo" (anche perché si può sempre immaginare la presenza di un componente circuito aperto). Questa legge corrisponde alla legge di conservazione dell'energia per un campo conservativo, in quanto afferma che il lavoro compiuto per far compiere ad una carica un percorso chiuso deve essere uguale a zero