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Privatizzazione delle imprese di stato, errori e superficialità

Nessun impegno intelletuale può produrre effetti salutari se si ignora la frugalità, e la frugalità è una sorta di povertà volontaria.

Seneca Lettere morali a Lucilio


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Il libro verde, con il quale Amato, nel 1992, aveva tracciato le linee della sua politica economica in tema di privatizzazioni, prevedeva la nascita di nuovi soggetti dall'aggregazione di piccoli e medi imprenditori attorno alle imprese pubbliche che sarebbero state privatizzate.
Le intenzioni erano buone, ma il processo di privatizzazione è stato condotto, spesso, nella totale mancanza di strategie, con una serie di errori e sottovalutazioni che meravigliano, considerando che, tra le intenzioni dei programmatori, le imprese pubbliche avrebbe dovuto creare la crema della managerialità imprenditoriale del Paese.

Primo errore, si avviano le privatizzazioni con la maggior parte delle banche in mano pubblica, gestite con criteri di rigidità e di inefficienza e quindi inadatte a sostenere il processo di rifondazione dell'economia nazionale; inoltre le banche sono possedute dalle fondazioni, volute da Amato, che fungono da paravento per interessi che nulla hanno a che fare con l'interesse delle banche. Se le azioni delle banche pubbliche fossero andate al tesoro, la loro privatizzazione sarebbe stata relativamente facile, come mostra la cessione del controllo dell'Imi. Ma i banchieri pubblici, sotto la pressione della politica e dell'opinione pubblica che reclamavano le privatizzazioni, si fanno "furbi" (1) , e creano le fondazioni.
Sfruttando questa formula i presidenti delle banche di diritto pubblico riescono ad evitare i fastidi derivanti da un "azionista vero" e a costruirsi una cassaforte nella quale mettere le azioni della loro banca, al sicuro da mani "pericolose". Se i banchieri conseguono l'obiettivo della difesa da possibili scalate, il sistema finanziario, al riparo dalla concorrenza che inevitabilmente crea efficienza, ne subisce le conseguenze negative: al Nord si cristallizza ulteriormente un sistema statico e parrocchiale, al Sud si arriva al tracollo del sistema creditizio (2).
L'inefficienza del sistema finanziario italiano si manifesterà con il trasferimento di molte imprese nazionali in mano estera: la Innse alla Mannesmann, il Pignone alla Ge, la Sme alla Carrefour, la Bertolli all'Unilever, la Elsag all'Abb, la Siv alla Pilkington, gli acciai speciali della Ast alla Krupp, ai francesi di Pont-à-Mousson la Tubi ghisa.
I gioielli del sistema bancario italiano, Comit e Credito Italiano vengono cedute a Mediobanca (mezza pubblica e mezza privata) per il cosiddetto piatto di lenticchie.
Fortunatamente la siderurgia di stato, un bubbone che nessun manager di stato era riuscito a sanare, trova acquirenti in grado di assorbirne anche i debiti. La privatizzazione dell'Ilva ha luogo tra il '92 e il '96. Lucchini acquista la A.F. di Piombino, i francesi di Pont-à-Mousson la Tubi ghisa, la Krupp acquista la Ast, Marzorati la Cogne acciai speciali, Riva l'Ilp, Rocca la Dalmine. La disponibilità dei privati a farsi carico di rami d'impresa strutturalmente deficitari e delle loro 25 mila unità lavorative apparve temeraria, la perdita netta di tutte le imprese ammontava a 1.450 milioni di Euro nel '92, 2.745 nel '93, a 745 nel '94. Ma, dal '95 fino a tutto il 2000 quest'insieme di imprese presenta utili netti tra i 300 e i 600 milioni di Euro all'anno. Solo dieci anni prima, quando la siderurgia era di stato, si diceva che il settore era strategico, che al management doveva essere concessa la massima autonomia e che occorrevano incentivi per mantenere in vita le imprese. Oggi la politica industriale della siderurgia italiana è fatta con la logica dei bilanci in nero e con il rafforzamento della competitività.
È stata realizzata la privatizzazione parziale di Finmeccanica, che controlla imprese aerospaziali, ferroviarie, energetiche, elettroniche, per un incasso di 11.022 miliardi. Un miglioramento della struttura finanziaria di Finmeccanica è stato ottenuto con l'incorporazione della Mei, che detiene una quota rilevante della St-microelectronics. La permanenza, in Finmeccanica, di una forte quota pubblica (32,3%) e l'introduzione della golden share sono state motivate dall'esigenza di tutelare interessi strategici nazionali; il virus del controllo pubblico su alcuni settori industriali è difficile da combattere, specialmente perché è un virus che subisce mutazioni più veloci degli interventi adottati per debellarlo (3).
Il processo di privatizzazione dell'Eni è bloccato, lo stato detiene, infatti, ancora il 35,33% delle azioni; inoltre, il presidente Gros-Pietro, affermando «Non siamo disposti a vederci espropriare i nostri asset (4) se non per ragioni di pubblica utilità», si batte contro l'imposizione di tetti al mercato del gas tentando di perpetuare il regime di monopolio. D'altra parte l'autorità per l'energia e il gas ha deciso, il 19 maggio del 2000, l'apertura del mercato del gas alla concorrenza; nel novembre 2000 l'Eni ha deciso di quotare in borsa la società che possiede la rete di trasporto ad alta pressione del gas; quando vedremo l'Eni cedere anche il controllo della società, sarà stato compiuto un passo decisivo verso la liberalizzazione di questo mercato.
Nel novembre '99, il tesoro cede il 31,74% delle azioni dell'Enel (incassando 31.045 miliardi), mantenendo la golden share; gli ambienti economici paventano che, utilizzando la scatola Enel e la parolina magica multiutility, lo stato voglia far risorgere l'Iri. Infatti, Enel, oltre alle tradizionali attività in campo elettrico (5) opera nella telefonia con Wind e con Infostrada, con l'acquisizione del controllo del gruppo Camuzzi (il 16 ottobre 2001, con il governo di destra) è il secondo operatore in Italia dopo Italgas. Ha acquistato acquedotti che le consentono di servire quasi cinque milioni di utenti, ha costituito Enel.it per la fornitura di servizi informatici e telematici, Sfera per attività di formazione, Elettroambiente per il trattamento di rifiuti industriali e urbani, Enel.Si per attività di servizio sugli impianti elettrici dei grandi utilizzatori e Enel.Hydro per la gestione di reti idriche. Possiede Sei, una delle prime società immobiliari e di servizi per le imprese in Europa, ha tentato l'ingresso in Telepiù, ha cercato di comprare Telemontecarlo, ha preso in considerazione di rilevare la Sisal. Le acquisizioni sono state compensate dal sacrificio di liberarsi delle attività di gestione della trasmissione dell'energia elettrica confluite nella Grtn (di proprietà del tesoro al 100%), anche se le reti per la trasmissione dell'energia elettrica restano nella Terna, e dal vincolo comunitario di mettere sul mercato centrali per 15.000 megawatt. Il duo, Testa-Tatò, invece di concentrarsi su una politica di modernizzazione del sistema elettrico (6) e di rilancio della società sui mercati esteri, ha preferito, con l'incondizionato appoggio dei vari governi, sul fronte elettrico, procedere a indiscriminate e violente riduzioni del personale e, sugli altri fronti, approfittare della situazione privilegiata di imprese di stato per entrare in settori non strategici e nei quali sarebbe opportuno che lo stato non intervenisse. Il 23 luglio 2001, Endesa, il primo produttore elettrico spagnolo, e Ams di Brescia si aggiudicano Elettrogen la prima delle  Genco (7) messa sul mercato; 5.100 miliardi di cinque centrali per complessivi 5.439 MW.
Con l'ingresso di Enel nella distribuzione del gas, l'Eni, coglie l'occasione per fare quadrato attorno a Italgas. Se l'amministratore delegato, Mincato, aveva lasciata aperta la porta ad eventuali offerte di acquisto della società di distribuzione del metano, la minaccia dell'Enel trasforma Italgas in un asset irrinunciabile per Eni.


(1) Secondo la definizione einaudiana.

(2) La relazione annuale della Banca d'Italia, nel marzo del '94, osserva che in Italia le istituzioni finanziarie detengono l'11% delle proprietà industriali, metà del valore detenuto in Germania, un quarto rispetto a Usa e Giappone, un quinto rispetto alla GB.

(3) Anche il governo liberista di Berlusconi prosegue nella politica della difesa degli "interessi strategici".  Nell'agosto del 2002 la Finmeccanica acquista due società private la Marconi Mobile dalla britannica Marconi Plc e la Telespazio da Telecom Italia per complessivi 854 milioni di Euro.

(4) Beni e attività

(5) Raggruppate nelle seguenti società: Enel Produzione, Erga, Enelpower, Enel Factor, Terna, Enel Distribuzione, Enel Trade, So.Le, Enel.FTL, Conphoebus, e Cesi.

(6) In Italia l'energia elettrica costa enormemente più che all'estero.

(7) Tre raggruppamenti (Eurogen, Elettrogen e Interpower) in cui sono stati suddivisi, dall'Enel, gli impianti da mettere sul mercato.



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